San
Vittore fa moda
Panorama,
2 aprile 2004
Nella
sartoria del braccio femminile di San Vittore nascono abiti splendidi. Che
finiscono nelle rinomate boutique del centro di Milano. Abiti, pelletteria,
gioielli: lavorare, per un detenuto, vuol dire occupare il tempo, che in cella
scorre altrimenti vuoto e senza scopo, imparare un mestiere e mettere da parte
dei soldi per quando uscirà. Un esempio: la principessa di De André.
San Vittore fa moda. E non tanto perché ci finiscono spesso personaggi famosi,
ma perché nella sartoria del braccio femminile nel carcere milanese nascono
splendidi abiti che finiscono nelle boutique del centro, oppure addosso a
ballerine, a cominciare dalle veline di Striscia la notizia.
Inoltre, nel laboratorio Ecolab, nel settore maschile, i carcerati producono
borse e borsette per marchi prestigiosi, come pure oggetti creati dalla fantasia
di chi è dietro le sbarre, per esempio la sacca arcobaleno della pace che
l'anno scorso spopolava tra le ragazze radical chic della città.
Cooperativa
Alice
A gestire la sartoria è la cooperativa Alice, nata nel 1992. Come l'Ecolab,
fondato nel 1999, ha due sedi: una dentro il carcere e una fuori, dove lavorano
persone in semilibertà o in affidamento ai servizi sociali.
Ecolab
e Alice: i nomi delle due sartorie, maschile e femminile, da cui nascono gli
abiti.
Lavorare,
per un detenuto, vuol dire occupare il tempo, che in cella scorre altrimenti
vuoto e senza scopo, imparare un mestiere e mettere da parte dei soldi per
quando uscirà. Tutta l'attività di Alice e Ecolab, a cominciare dal corso di
formazione professionale, è infatti, retribuita. A tutto questo si aggiunge la
gioia di creare qualcosa di bello.
Storia di Agata
"Questo lavoro mi piace" dice Agata, una delle sarte più stimate di
Alice "me ne accorgo perché non mi stanco mai". Agata è transessuale
e viene dal Brasile. A San Vittore è finita per avere accoltellato l'uomo che
la sfruttava e la faceva prostituire. "Sono venuta in Italia con la
promessa di un lavoro normale" racconta "per mantenre mia madre, perché
non ha un padre. e mi hanno sbattuto sul marciapiede".
Una prima occasione di riscatto l'ha avuta nel 1996, quando Fabrizio De Andrè
le fece cantare insieme con lui la canzone Princesa nell'album Anime salve.
"Fabrizio era un uomo meraviglioso" ricorda "e speravo che la
musica mi aiutasse a cambiare vita. Ma poco dopo l'uscita del disco c'è stata
quella maledetta rissa e poi il processo e il carcere".
Sogno da stilista
Ora Agata è in affidamento ai servizi sociali e sogna di diventare stilista, o
almeno sarta. "Con questo lavoro" spiega "sto bene e riesco anche
a mandare qualche soldo alla mamma, in Brasile.
Ma presto scadrà la mia condanna". E non è contenta? "No, perché
fin quando sono carcerata ho il libretto di lavoro, appena libera me lo
toglieranno e mi espelleranno dall'Italia, con la fedina penale sporca, così
non troverò più lavoro". E cosa pensi di fare? "Non lo so, io non
sono capace di rubare o di vendere droga. Credo che tornerò in Italia da
clandestina e ricomincerò a prostituirmi. Mi fa schifo, ma almeno farò male
solo a me stessa".La legge impone l'espulsione degli extracomunitari che
hanno commesso delitti, indipendentemente dall'eventuale recupero sociale.
"I politici" afferma Agata "si fanno belli col reinserimento
nella società dei detenuti. Ma per noi stranieri non c'è reinserimento.
Finiamo peggio di prima".
Il
lavoro cambia la vita
Fortunatamente per molti ex carcerati non è andata così. Dei 35 detenuti che
hanno lavorato nell'Ecolab dal 1999, 25 fanno gli artigiani con contratto di
lavoro a tempo indeterminato, mentre molte delle ragazze di Alice sono diventate
sarte o costumiste teatrali.