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Grazia a Sofri e Bompressi Ciampi chiede il fascicolo a Castelli
Reuters, 1° aprile 2004
Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha chiesto al ministro della Giustizia Roberto Castelli il fascicolo concernente l’istruttoria condotta sulle istanze di grazia presentate da Ovidio Bompressi, la cui posizione è connessa a quella di Adriano Sofri, con lui condannato per l’omicidio Calabresi. È quanto riferisce una nota del segretariato generale della Presidenza della Repubblica, precisando che la richiesta del capo dello Stato è stata formulata lo scorso 30 marzo. "Tenuto conto che la posizione di Bompressi è connessa a quella di Adriano Sofri, il presidente Ciampi ha anche chiesto di conoscere se siano state svolte sul punto attività istruttorie", spiega ancora la nota. "In caso affermativo, per ottenere l’invio del relativo fascicolo; in caso negativo, per invitare il ministro Castelli ad aprire la procedura prevista dall’articolo 681 del codice di procedura penale", spiega ancora la nota del Quirinale. La questione della grazia a Sofri è da mesi al centro di una polemica politica. Il mese scorso la maggioranza ha affossato una proposta di legge avanzata da Marco Boato, concepita proprio per favorire la clemenza all’ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri, in carcere per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. La proposta il cui articolo centrale, che accordava al presidente della Repubblica il potere di clemenza verso un detenuto senza il preventivo parere del ministro della Giustizia, è stato bocciato, aveva ricevuto inizialmente il sostegno del centrosinistra e di Forza Italia, mentre An e Lega si erano dichiarate contrarie. Ad avversare la grazia a Sofri è prima di tutto il Guardasigilli, Roberto Castelli, e con lui il suo partito la Lega Nord.
Grazia a Sofri e Bompressi: il Quirinale riprende il potere di grazia
La Repubblica, 2 aprile 2004
Il
capo dello Stato, con una lettera irritualmente resa pubblica, chiede al
ministro di Giustizia che gli siano inviati "i fascicoli" per la
concessione della grazia a Ovidio Bompressi e Adriano Sofri. Con
quest’iniziativa, Carlo Azeglio Ciampi sembra voler liquidare finalmente le
due anomalie che hanno finora impedito la soluzione del "caso Sofri".
Anche se oggi la questione - soprattutto per il coraggio e la determinazione di
Marco Pannella - va ben oltre il destino di un detenuto e interpella, come ha
scritto il leader radicale, "l’esercizio di un potere
costituzionale" e "lo stesso principio di legalità".
Sorprendentemente il ministro Castelli nega ogni collaborazione al presidente della Repubblica. Pronto a concedere la clemenza, Ciampi pubblicamente dice di avere già la penna in mano. Castelli decide di lasciarlo con la penna a mezz’aria. Per molti, questa è già la mossa ostile, e abusiva, che impone di modificare la prassi per ritornare alla lettura autentica del dettato costituzionale, quindi alla riappropriazione da parte del presidente della Repubblica di un potere che oggi gli appartiene in modo esclusivo, come ieri era esclusivo potere del sovrano. Ciampi
non ama gli strappi istituzionali e decide di aggirare l’ostacolo chiedendo al
Parlamento di approvare una legge che gli assegni ciò che è già suo per la
Carta e che glielo assegni anche se il detenuto non avanzi una domanda di
clemenza. Quindi con una modalità già ora presente nella legge ("La
grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta", codice
di procedura penale, art. 681). Anche questo tentativo di sminare il terreno
evitando un conflitto istituzionale va a vuoto. La maggioranza boccia la
proposta avanzata da Marco Boato: gli uomini di An pensano ancora che per avere
un atto di clemenza bisogna abiurare; i leghisti sono in perenne campagna
elettorale; Berlusconi tace e s’eclissa. Non è un male che le Camere
affondino il pasticcio. Con
la sua iniziativa, Ciampi ribadisce che il potere di grazia è una assoluta,
esclusiva prerogativa del suo ufficio. Ricorda che la collaborazione del
ministro si limita all’istruzione e all’invio del fascicolo al Quirinale e
non può trasformarsi in potere di interdizione. Sono mosse chiare, inequivoche
e necessarie, che tuttavia avviano un percorso istituzionale, ma non sollecitano
all’ottimismo. La conclusione di questo affare potrebbe ancora non essere
rapida né priva di conflitti. Ha ragione Marco Pannella. In questa storia, c’è ancora spazio per altri trabocchetti. Ha torto, però, il leader radicale a non vedere, nella lettera firmata da Ciampi, il "gesto che inequivocabilmente dimostra che il presidente è tornato libero di fare quello che la Costituzione gli chiede e gli consente di fare". Rinunci oggi allo sciopero della sete. La difesa della Costituzione da illegittimi poteri d’interdizione o di indirizzo politico potrebbe richiedere il suo coraggio domani.
Videocassette esplosive indirizzate al Dap ritrovate in un ufficio postale di Roma
Reuters, 1° aprile 2004
Due pacchi bomba indirizzati a funzionari del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap) sono stati individuati in un ufficio postale della capitale e sono stati disinnescati, riferiscono fonti della polizia. Si tratta di due videocassette con all’interno dell’esplosivo, trovate nell’ufficio postale di via Arcelli - quartiere Bravetta. Secondo gli investigatori, la polvere e gli inneschi sono simili a quelli della videocassetta bomba recapitata lo scorso 16 ottobre alla Questura di Roma, a sua volta disinnescata dagli artificieri. Le buste sono indirizzate al direttore del Dap, Giovanni Tinebra, e al direttore dell’ufficio detenuti, Sebastiano Ardita. Su una delle buste c’è un falso indirizzo, via Edoardo Massari, che è in realtà il nome di un anarchico suicidatosi alla fine degli anni Novanta in carcere a Torino e noto come Baleno.
Asca, 1° aprile 2004
Due pacchi bomba indirizzati al direttore del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra e al direttore dell’ufficio detenuti dello stesso dipartimento sono stati scoperti e disinnescati dalla Polizia all’interno di un ufficio postale di Roma. Contenevano altrettante videocassette riempite con polvere e pirica e dotate di un innesco a strappo, del tutto simile a precedenti plichi esplosivi che gli inquirenti hanno attribuito all’area anarco-insurrezionalista. "Posso dire quel che penso? Non me ne può frega’ de meno". Si affida ad una battuta in romanesco il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra, rispondendo ai giornalisti a margine dell’inaugurazione del secondo corso per vice commissari della polizia penitenziaria, Tinebra ha quindi aggiunto di non sentirsi impaurito per il nuovo attentato. ‘Le intimidazioni non raggiungeranno il loro scopo. Ho risposto così perché è una cosa che non mi riguarda. Io faccio il mio lavoro e continuerò a farlo. È chiaro che questo tipo di lavoro attira antipatie e simpatie. Ma questo - ha concluso Tinebra - è messo nel conto".
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