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Giustizia: autunno caldo, ordinamento giudiziario e nuovi processi
Italia
Oggi, 9 agosto 2004
In autunno sprint della Casa delle libertà sulle riforme sulla giustizia. Con l'opposizione pronta a dare battaglia sull'ordinamento giudiziario ma anche discutere del resto senza pregiudizi. La riforma della magistratura è al voto finale senza modifiche, quella del processo civile è vicina a un accordo tra camera e senato, che la traghetterà in porto senza passare dalle rispettive aule. È prevista la revisione a tappe forzate della legge fallimentare, rilanciata dal Documento di programmazione economica e finanziaria, per la quale si profila l'approvazione in deliberante, con l'accordo del governo, nella commissione giustizia del senato. Nel settore del diritto commerciale è anche in calendario il decreto correttivo sulla riforma del diritto societario. C'è inoltre l'accordo per sbloccare la riforma delle libere professioni, mentre è pronto l'avvio dell'istruttoria al ministero delle giustizia e in commissione giustizia della camera per la predisposizione di una legge di attuazione del giusto processo e la presentazione della parte generale della riforma del codice penale. Mai come quest'anno la fine dei lavori parlamentari è coincisa con la predisposizione di un'agenda dettagliata dei prossimi interventi di governo e parlamento in materia di giustizia. Agenda che Italia Oggi anticipa oggi dopo aver parlato con i diretti interessati e che riprenderà per fare il punto sullo stato dei lavori con riferimento alle singole riforme in rampa di lancio, in La Legge del 12 agosto. Ordinamento giudiziario. Un'agenda che è da una parte sempre condizionata alla situazione politica e al probabile esito del rimpasto di governo, e dall'altra almeno per qualche provvedimento contribuirà a riaccendere la tensione tra maggioranza e opposizione: sull'ordinamento giudiziario, infatti, le distanze sono siderali e il centro-sinistra si metterà di traverso all'approvazione con tutti i mezzi da regolamento parlamentare. Non solo. Il 22 e 23 settembre i magistrati si asterranno dalle udienze per protesta, e alle due giornate seguirà a Napoli un congresso straordinario. Un avvio dei lavori ad alta tensione, come ha sottolineato giovedì lo stesso guardasigilli Roberto Castelli: "Sarà un autunno caldo". La maggioranza, comunque, ha intenzione di andare avanti senza cedimenti. Il testo, attualmente alla commissione giustizia del senato, è considerato blindato, anche se c'è l'assenso del ministro ad accogliere, come riferisce il presidente della commissione Antonino Caruso (An), in una raccomandazione l'impegno a predisporre subito dopo dei disegni di legge correttivi dei passaggi meno condivisi. L'opposizione è pronta a dare battaglia. "È un testo folle e l'intenzione della Cdl di approvarlo pensando già a come correggerlo è la diretta conferma", sottolinea la responsabile giustizia dei Ds Anna Finocchiaro. "Questa riforma evoca un assetto costituzionale e una figura di giudice che è lontano anni luce dalle nostre richieste. Non è possibile nessuna partita di confronto". Sulle altre riforme, quella del cpc, del fallimentare e delle professioni, la Finocchiaro è più possibilista. "Su questi temi il centro-sinistra ha formulato proposte nella dialettica anche con il governo", dice, ma sul processo penale avverte: "La precondizione per discutere di attuazione del giusto processo è che si azzeri il testo Pittelli (presentato nel 2002, scatenò una battaglia politica perché conteneva disposizioni che erano ritenute dalla magistratura punitive contro i giudici e contrarie al principio della celerità dei processi, ndr). Diritto societario e fallimentare. Nell'ultima settimana si sono susseguite riunioni tra i responsabili che per il governo e in parlamento seguono il settore. Il sottosegretario alla giustizia Michele Vietti (Udc) si è incontrato con il presidente della commissione giustizia Antonino Caruso (An) per pianificare il futuro delle revisione della legge del '42 sulla crisi d'azienda. Inoltre ha convocato la commissione per la revisione del diritto societario a metà settembre, per fare il punto sulle correzioni (che Vietti vorrebbe minime) ai decreti legislativi numero 5 e 6 del 2003. "Le opzioni di lavoro che abbiamo davanti sono quattro: lavorare sulla proposta di disegno di legge Trevisanato, con un allungamento dei tempi. Accantonare la delega e andare avanti con la mini-riforma all'esame del senato o mandare avanti entrambe. Ma in questo caso si creerebbero problemi di compatibilità", spiega Vietti. La soluzione che va profilandosi, e che sembra la più accreditata presso Vietti e Caruso, è quella di innestare sul testo Caruso qualche elemento di novità tratto dalla proposta Trevisanato: il concordato, la revocatoria, magari anche la revisione dell'ordine dei privilegi. "Nessun problema a rivedere il testo già in parte votato con modifiche coerenti e di qualità", apre Caruso. Processo civile. Passando alla riforma del processo civile, il capogruppo di Forza Italia in commissione giustizia alla camera, Luigi Vitali, ha concordato con Caruso un'intesa di massima per garantire una approvazione lampo alla mini-riforma del processo civile anche con il concorso dell'opposizione. Ne ha già parlato con Francesco Bonito (Ds). Il piano è quello di votare già al senato gli emendamenti concordati con la camera. E dunque per questa via assicurare una approvazione lampo a Montecitorio. Questa evenienza segnerà l'accantonamento, almeno per questa legislatura, del testo Vaccarella che rivoluziona il cpc, affidando alle parti la trattazione delle causa. Processo e codice penale. Il presidente della commissione giustizia della camera, Gaetano Pecorella (Fi), ha conferito a Gianfranco Pittelli (Fi) l'incarico di abbozzare uno schema di disegno di legge per l'attuazione dell'articolo 111 della Costituzione. Si dovrebbe riprendere il testo Pittelli, eliminare le norme più controverse e introdurre disposizioni chiare sulla valutazione della prova. A partire dal principio dell'onere della prova che spetta al pm "al di là di ogni ragionevole dubbio". Sullo stesso fronte del cpp, il 29 luglio il ministro guardasigilli ha firmato il decreto per l'istituzione di una commissione ministeriale, presieduta da Andrea Dalia (ordinario a Salerno), che entro dicembre dovrà proporre uno schema di ddl sempre sul giusto processo con particolare riferimento al tema della valutazione delle prove. Qualche giorno prima aveva firmato anche il decreto di proroga (a dicembre) della commissione presieduta da Carlo Nordio, in modo da accompagnare la parte generale del codice penale con quella speciale. Cento (Verdi): affollamento a Regina Coeli, fallimento dell’indultino
Ansa, 9 agosto 2004
Carenza di personale e sovraffollamento nelle celle. È quanto ha constatato durante una visita nel carcere romano di Regina Coeli il deputato Verde Paolo Cento, secondo il quali l’indultino è stato un fallimento. Secondo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, "a Regina Coeli, agosto è il mese peggiore dell’anno. Ho constatato una preoccupante carenza di personale e un sovraffollamento nelle celle dovute anche alla ristrutturazione in corso di un padiglione. Lo stesso indultino, da una verifica fatta in questo carcere, si è rivelato un fallimento, come per altro i Verdi avevano sostenuto, non riuscendo ad intervenire né per diminuire la popolazione carceraria, soprattutto per quei detenuti che hanno commesso reati minori, né per accelerare le decisioni dei tribunali di sorveglianza sull’accesso alle misure alternative al carcere". Particolarmente pesante, ha aggiunto il deputato, è "la situazione nel reparto dove si trovano detenuti particolari o in isolamento, sottoposti spesso a restrizioni nel trattamento che ne peggiorano le condizioni sanitarie e psico-sociali". Oristano: per il carcere di piazza Manno neanche un euro
L’Unione Sarda, 9 agosto 2004
Altro che 27 milioni di euro: per la realizzazione del nuovo carcere cittadino non ci sarebbe in cassa un solo centesimo. All’ennesimo annuncio del deputato di Forza Italia, Giovanni Marras, fa eco la smentita del deputato diessino Francesco Carboni. La versione, ovvio, è completamente diversa. Il primo parla dell’avvio imminente degli interventi per il trasferimento del penitenziario, grazie alla disponibilità di un consistente finanziamento da parte del ministero della Giustizia e di quello alle Infrastrutture. Il secondo, invece, dice esattamente il contrario e precisa che i 27 milioni di euro di cui parla Giovanni Marras sarebbe solo una previsione di spesa. Cioè la somma che, secondo il ministero, sarebbe necessaria per la ristrutturazione della casa circondariale. Ma che per ora non è disponibile. Nel gennaio 2001, quando alla guida del governo c’era ancora il centrosinistra, il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto aveva firmato un decreto con l’elenco di tutti i carceri italiani da dismettere. E tra i ventuno figuravano anche cinque sardi: Cagliari, Sassari, Oristano, Tempio e Lanusei. E in un apposito capitolo della finanziaria erano stati messi a disposizione circa 900 miliardi di vecchie lire. Con la manovra economica successiva, invece, il Governo Berlusconi ha rimodulato i finanziamenti e modificato l’elenco delle strutture da chiudere e ricostruire. All’appello a quel punto manca Lanusei e le sarde sono diventate 4. Differente anche la somma prevista: 300 milioni di euro, parte dei quali già utilizzati per la progettazione delle nuove carceri di Varese, Bollate, Lecco e Pordenone. "Per la Sardegna, insomma, non ci sono soldi e i ogni caso l’apposita commissione ha già stabilito che la priorità nell’isola spetta a Sassari - ha spiegato il deputato Francesco Carboni, componente della Commissione giustizia della Camera e vicepresidente del Comitato Carceri - Quella somma di cui parla il collega rappresenta la somma necessaria solo per la progettazione. Peccato, però, che in finanziaria non siano state previste risorse. E se ce ne fossero verrebbero utilizzati prima di tutto per il San Sebastiano". Sulla dismissione del casa circondariale di piazza Manno, dunque, si scatena la polemica. Ciò che è certo e che le promesse fatte in passato, finora non sono state mantenute. Verona: allarme Tbc in carcere, finora due casi accertati
Tg Com, 9 agosto 2004
Scatta l’allarme tubercolosi nel carcere di Montorio (Verona). La malattia da tempo debellata in Italia è ricomparsa per colpa dell’abbondante afflusso nell’istituto di pena di immigrati da Paesi dove non esiste la vaccinazione contro il virus. Sono due i casi di contagio finora accertati, ma la situazione potrebbe degenerare presto visto che un’altra decina di detenuti potrebbe avere contratto la malattia che si trasmette per via aerea. Nella casa circondariale veneta, costruita per ospitare 450 detenuti, ne sono al momento presenti poco meno del doppio, di cui il 70% sono cittadini extracomunitari. Le celle che ospitano tre o quattro persone ciascuna sono strette, con un unico bagno, e rappresentano l’ambiente ideale per contrarre la Tbc. Oltre ai due casi di contagio acclarati (uno dei quali avrebbe preso la malattia fuori dal carcere) e i dieci da appurare, dai controlli eseguiti sugli altri detenuti, 268 hanno dato esito positivo al test. Per i negativi è previsto un controllo tra quaranta giorni. "Siamo preoccupati - spiega Giovanni Sicilia, ispettore di polizia penitenziaria e rappresentante regionale del Sappe -. Passiamo ore qui dentro dove possiamo contrarre la malattia e diventare portatori di Tbc all’esterno. Siamo in tutto 330 agenti e prima di fare i controlli a noi li hanno fatti ai detenuti, senza che ci fosse detto nulla". Ad allarmare il personale che opera a Montorio è infatti il fatto di non essere stati sottoposti alla vaccinazione per il morbo, da tempo sospesa nel nostro Paese. Sotto accusa anche le condizioni igienico sanitarie di Montorio. "Al di là delle malattie - prosegue Sicilia - quello che più ci allarma e ci fa vivere male è la scarsa igiene della nostra casa circondariale. A causa dei tagli l’amministrazione ha ridotto il numero di ore di pulizia. Ora c’è sporcizia ovunque". Marco Pannella: è ora di riprendere in mano situazione di Sofri
Ansa, 9 agosto 2004
"È ora di riprendere in mano questa situazione sul caso Sofri, sennò faranno marmellata del Presidente della Repubblica", ha detto Pannella. "Io non mi sono occupato tanto di Sofri - ha continuato Pannella - quanto della legalità delle istituzioni, del problema del potere di grazia del presidente della Repubblica e della malagiustizia, del mancato monitoraggio della esecuzione della pena, della condizione dei detenuti. Per questo - ha concluso - è ora di riprendere in mano questa situazione". Rimini: Francesca Mambro e Nadia Mantovani a confronto
Avvenire, 9 agosto 2004
"Un’altra opportunità". S’intitola così l’incontro che lunedì 23 agosto alle 11.15 vedrà allo stesso tavolo del Meeting di Rimini due protagoniste degli anni di piombo, la "nera" Francesca Mambro e la "rossa" Nadia Mantovani che qui sotto anticipano alcuni temi del faccia a faccia. Coordinerà il confronto il sociologo Luigi Manconi, ex di "Lotta continua", oggi garante delle persone private della libertà per il Comune di Roma.
Mambro: "Noi abbiamo pagato. I terroristi all’estero invece no"
Avvenne il medesimo agosto: la strage di Bologna (per la quale ha ricevuto una condanna insieme al marito Giusva Fioravanti) e il primo Meeting dell’Amicizia. Non potrà fare a meno di ricordarlo Francesca Mambro – la "primula nera" dei Nar, vent’anni di carcere su 45 di vita, ora ad arresti domiciliari che le permettono di stare con la figlia di 3 anni e di lavorare nell’associazione "Nessuno tocchi Caino" - quando sarà a Rimini.
A poca distanza, di spazio e di tempo, due eventi che hanno a che fare con la sua vita. Significa qualcosa, signora Mambro? "Beh, nel 1980 c’è anche Ustica, allora, e diversi altri morti (il pilota libico in Calabria, ad esempio) che nessuno ha ancora spiegato... Voglio dire che in quell’anno si vissero scenari che potrebbero spiegare molte cose, se prima o poi qualcuno ci dirà cos’è accaduto davvero. Quanto al Meeting, quei giovani sono appunto la mia speranza che la nostra storia sia finalmente raccontata nel modo giusto".
Lei parlerà insieme a Nadia Mantovani, che ha definito "vecchia e cara amica". È amica anche di Adriana Faranda e con Anna Laura Braghetti ha scritto addirittura un libro. Come mai tante frequentazioni "rosse"? "A lungo ho nutrito per la sinistra un odio veramente feroce. Io sono cresciuta nel Msi e ricordo perfettamente che la nostra vita non era semplice; non c’era spazio nemmeno per esprimere le proprie idee. Durante la detenzione invece, soprattutto nei primi anni in cui finivo sui giornali come "il mostro della strage di Bologna", ho trovato nelle brigatiste delle donne che dovevano essere nemiche e tuttavia si rivelavano non così lontane da me. Ci siamo parlate e il nostro mondo è venuto a contatto; la voglia stessa di incontrarsi fa cambiare le persone, del resto. E poi loro non hanno mai creduto alle accuse di Bologna, sapevano che il processo era politico".
Però lei marca anche una differenza coi brigatisti: dice di aver sempre ammesso le sue responsabilità – quelle vere – e gli errori commessi, mentre i bierre anche "pentiti" non sempre hanno fatto lo stesso. Come giudica allora il caso Battisti? "Noi abbiamo pensato di dover rendere conto di ciò che avevamo fatto; gli altri rispondano alla loro coscienza. Ci sono molti brigatisti che hanno pagato per le loro colpe, che sono tuttora in carcere senza mai essere usciti. Battisti non ha risposto delle sue responsabilità ed è difficile immaginare un suo ritorno senza problemi. Ma non vorrei parlare di chi sta in condizioni diverse dalle mie; oggi mi sembra già così assurdo definirsi "prigionieri politici"...".
Né lei né Giusva avete mai voluto definirvi "pentiti" o "dissociati". "Perché il pentimento giudiziario non è stato legato a una vicenda interiore, ma a un do ut des che ha portato a grandi disastri nella giustizia. Nei tribunali non si cercava più la verità, bensì il pentito che confermasse un teorema. Penso invece che la dissociazione sia stata importante perché chiudere l’esperienza della lotta armata ha spezzato una catena. Cosa che purtroppo nelle Br non è avvenuta".
Appunto: come giudica le nuove Br? "Mi sembra tutto così lontano, astratto... Non c’è contatto con la realtà. È come se avessimo a che fare con persone che non riescono a vedere altro che l’ideologia e non si confrontano con nessuno".
Si sente addosso il giustizialismo della gente? E lei, che giustizia si applicherebbe? "No. Il Paese non è così rancoroso come mi è sembrato il processo per la strage di Bologna. Là eravamo in gabbia e gli avvocati portavano scolaresche e gruppi a vedere "i fascisti"; era deciso che quello doveva essere un processo politico. Invece il Paese vero sa che siamo estranei a quella strage, sennò non saremmo usciti dal carcere. Quanto alla giustizia: ho scontato vent’anni, credo di aver dato conto delle mie colpe. Se poi qualcosa devo ancora espiare, ce l’ho nel mio cuore e non riguarda più la giustizia".
Lei ha scritto sul terrorismo: "Non sono mai stata convinta che fosse la cosa giusta". "Vuol dire che per certi versi non potevamo tornare indietro. Diventa difficile, dopo che sei stato al funerale di un amico ucciso in piazza, trovare una soluzione pacifica. Pacifico non era più niente, c’era solo una grande disperazione. Mi chiedo sempre, ci fosse stato il volontariato negli anni Settanta, se le cose non sarebbero andate diversamente. Questa non è una giustificazione, però. Il fatto è che dopo la fine della seconda guerra mondiale l’odio di classe dei vincitori sui vinti non fu mai veramente superato, non c’era stata riconciliazione. E chi non era comunista non poteva aver spazio".
Dunque riaggancia il terrorismo alla resistenza, come molti comunisti... "Senz’ombra di dubbio. L’odio di quegli anni ha generato odi successivi. Anche la sentenza di Bologna è frutto dello stesso principio: non poteva esserci un "triangolo rosso" per noi, ma ci fu un processo in cui siamo stati condannati in quanto fascisti".
E in questa contrapposizione i cattolici che parte hanno avuto? "Sono quelli che paradossalmente hanno avuto più coraggio degli altri. Hanno visto per primi quei meccanismi, hanno cominciato a studiare il problema senza pregiudizi. E si sono posti in atteggiamento critico, mentre gli altri erano tutti allineati".
Mantovani: "Le nuove Bierre? Gente ferma a trent’anni fa"
Dice che non vuol parlare delle nuove Bierre, né di Desdemona Lioce, e nemmeno del caso di Cesare Battisti: il terrorista in attesa di estradizione dalla Francia. Ma chissà se sarà d’accordo la platea del Meeting, cui Nadia Mantovani – classe 1950, dirigente di spicco delle Brigate rosse, arrestata con Renato Curcio la prima volta nel 1978, condannata a 23 anni e "dissociata" dal 1985, da un ventennio collaboratrice nell’associazione "Verso casa" di Bologna ed ora in campeggio con la figlia quattordicenne avuta dall’ex br Roberto Ognibene – si prepara a presentarsi il prossimo 23 agosto.
Signora Mantovani, coi ciellini lei ha combattuto, però dall’altra parte della barricata. Come si presenterà dunque al Meeting? "Ho letto il tema (la frase di san Bernardo può essere riassunta nell’idea che nella vita non è mai finita, c’è sempre da lottare per cambiare) e mi ha fatto piacere che dei giovani si propongano un argomento del genere. Mi pare un discorso che non appartiene a nessuna bandiera in particolare, è una verità per tutti. E io, probabilmente per la vita che ho fatto, confesso che mi sento molto in cammino e assai poco "arrivata".
E le barricate? "Non è la prima volta che mi incontro con persone che stavano su posizioni diverse. Ma in genere io parto da ciò che sono ora, quanto a ciò che ho fatto spiego le mie motivazioni e poi ascolto. Oggi non sono in guerra con nessuno e non mi sento su alcun fronte. Il Meeting poi mi ha sempre incuriosito; Cl è molto distante da me, però mi attira perché interessa tanto i giovani".
Si confronterà anche con Francesca Mambro. "Sì, e penso che la nostra esperienza possa essere una traccia importante per i giovani che ci staranno a sentire. Siamo partite infatti da punti diversi, ancora oggi conduciamo vite divise, ma ci siamo incontrate e siamo diventate amiche. Abbiamo condiviso alcuni eventi del carcere, una quotidianità di tante altre donne in prigione, e abbiamo constatato che le differenze politiche non incidevano sul nostro rapporto. Poi c’è la strage di Bologna; personalmente sono sempre stata convinta che Francesca sia innocente. Non so certo chi sia stato a mettere la bomba, ma per me resta un fatto piovuto dall’alto, da equilibri internazionali che comunque non riguardavano le nostre militanze".
Le nuove Br colpiscono tra l’altro proprio a Bologna, la sua città. La impressiona? "Mi impressiona, ma non tanto perché si tratta della città in cui vivo. Mi colpisce soprattutto che ci siano ancora persone ferme a un’esperienza che per me è di 20 o trent’anni fa. Se mi riconosco in loro? Assolutamente no. Del resto mi sono chiamata fuori moltissimi anni fa e non vedo come potrei sentire oggi delle analogie. E poi, se devo essere sincera, non vedo neanche molta continuità tra la Lioce e noi".
Che cosa pensa invece del caso Battisti? "Che sarebbe ora di risolvere faccende del genere. Ci sarebbe bisogno di una misura generale che risani la situazione, come hanno fatto in molti altri Paesi. In genere, quando finisce una guerra, sia pure tra virgolette, si cerca di risolvere le pendenze in modo politico, no?".
Lei lavora in un’associazione che si chiama "Verso casa" e, quando uscì di prigione nel 1993, disse che finalmente si sentiva "una signora" perché aveva una casa e una figlia piccola. Ma oggi la sua "casa" dov’è? "Io mi colloco in una strada in cui cambia continuamente il paesaggio. Mia figlia ormai è quasi grande, tra un po’ se ne andrà dalla mia casa, insomma la mia vita è una faccenda in movimento e mi fa piacere che sia così. Perché col cambiamento mi sento viva".
In una vecchia intervista dichiarò di non volere che sua figlia si facesse miti: "Non deve pensarmi come Robin Hood". "Già, anche questa è una questione in movimento. Dalla fase Robin Hood siamo passati a un periodo di critica anche molto difficile: lei non condivide, non giudica (perché mi vuole bene) ma ogni tanto mi chiede che cosa ho fatto. Allo stesso modo ai giovani di Rimini spiegherò che cosa volevo fare e che non sono arrivata dove volevo; ma tutto sommato rivendico l’onestà degli intenti di partenza. Per il resto, a vent’anni si possono commettere errori". Palermo: l’Ulivo riparte dall’antimafia, legalità e trasparenza
La Sicilia, 9 agosto 2004
"Dobbiamo far rinascere l’idea che la legalità è conveniente". L’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha indicato la nuova frontiera della politica del centrosinistra. Le diverse componenti uliviste si sono date appuntamento ieri nell’aula del Consiglio provinciale per tornare a parlare di lotta alla mafia e di sostegno reale alle forze dell’ordine che la combattono quotidianamente, ma spesso con mezzi inadeguati. I capigruppo di Margherita e Sinistra Democratica Alberto Scuderi e Giacomo Tranchida hanno chiamato in causa la loro coalizione per confrontarsi su una piattaforma programmatica, scaturita dall’approvazione di un ordine del giorno da parte dell’intera assemblea provinciale sul tema: "Cultura e Legalità. Trapani, Provincia di Frontiera". Per Orlando il documento del Consiglio può essere il punto di partenza per una nuova stagione di politica antimafia. "Indica – dice – che in questo territorio mancano uomini e mezzi per contrastare Cosa Nostra. Ma dice soprattutto che c’è una mafia di serie A, che viene affrontata con strutture di serie B, anche se gli uomini dello Stato sono da squadra prima in classifica nel massimo campionato". L’ex sindaco ha anche denunciato "un processo di normalizzazione che deve essere bloccato. Qui c’è un elemento di ulteriore preoccupazione. Non c’è la mobilitazione della gente. A Trapani non protestano neanche gli Lsu. Bisogna rianimare la società locale". L’on. Nino Papania si è invece soffermato su quella che chiama "area della neutralità indifferente. E’ un’ampia zona grigia che non si schiera, ma che rischia di essere determinante per far vincere chi non crede nella legalità". Anche lui parla di normalizzazione: "Ha preso la sua forza da anni di sottovalutazione di fenomeni importanti. Oggi abbiamo la consapevolezza che il voto è perfettamente controllabile, soprattutto nelle piccole realtà. Dobbiamo reagire. Un segnale importante arriva dalla costituzione delle associazioni antiracket, ma bisogna creare un coordinamento provinciale". Il vicesegretario regionale dello Sdi Giovanni Bruno ha chiamato in causa il sottosegretario agli Interni Antonio D’Alì: "Non è concepibile che in una città che ha un rappresentante del Governo così importante, il problema di uomini e mezzi della Questura di Trapani debba essere segnalato dal centrosinistra. Dovrebbe essere lui a segnalare le questioni e a trovare le soluzioni". Il confronto nel centrosinistra ha coinvolto anche Rifondazione Comunista, con il suo europarlamentare Giusto Catania: "La lotta alla mafia deve tornare ad essere un elemento d’identità della coalizione. Trapani non è la culla della mafia ma la sua lavatrice. Non uccide con la lupara, ma con il suo sistema creditizio". Ha detto la sua pure il presidente del Consiglio comunale di Paceco Totò Pellegrino, vittima di un atto intimidatorio. Da qualche giorno non ha più i suoi alberi d’olivo: "Serve una svolta alla Regione. La legge sui Prg deve essere modificata. Le norme di salvaguardia non devono scattare all’adozione del Prg ma alla consegna da parte del progettista". La politica ha ascoltato i sindacati di polizia e penitenziari e dagli interventi di Maurizio Camilleri e Vincenzo Lucchese del Siulp e di Gioacchino Veneziano della Uil Penitenziari è riemerso un quadro allarmante. In carcere il regime del 41 bis è sempre più blando ed i boss possono comunicare. Le carenze di organico sono state confermate dai sindacalisti. Tossicodipendenze: il ministero An dell’internamento
L’Unità, 9 agosto 2004
Pronte le linee del nuovo dicastero: ricovero coatto dei tossicodipendenti, carcere per chi fuma lo spinello Trattamento sanitario obbligatorio per i tossicodipendenti, divieto dell’uso del metadone nei Ser.T., stop alla terapia della "riduzione del danno", carcere per chi fuma lo spinello. È solo un assaggio di quanto ci aspetta a settembre con la politica della droga nelle mani di tre colonnelli di An: il sottosegretario Mantovano, il direttore del Dipartimento Carlesi e il chirurgo Andrea Fantoma. Il ministero An: "Ti droghi? E io ti faccio internare". Non c’è nulla di casuale nella scelta delle persone che andrebbero a dirigere il ministero della Droga che ieri ha avuto anche il beneplacito del responsabile delle Riforme Roberto Calderoli: "Il tossicodipendente è un malato che deve essere obbligato a curarsi". I tre hanno un curriculum di tutto rispetto sulla materia e se ne occupano da diversi decenni. È cosa nota anche il loro pensiero: Mantovano è l’anima della svolta proibizionista di Alleanza Nazionale, Nicola Carlesi si è presentato alle elezioni per il collegio di Vasto con un programma che prevedeva l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’"uso facile" del metadone nelle strutture pubbliche e il ricovero coatto dei tossicodipendenti; Andrea Fantoma fin dagli albori, da quando era dirigente nazionale del Fuan, propagandava la chiusura dei Ser.T., definiti "Centri per lo spaccio di stupefacenti". Il blitz preparato da mesi in sordina è slittato a settembre quando anche la legge Fini andrà in calendario alle Camere. Il primo passo è stato costituire con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, il 10 aprile scorso, il Dipartimento per la lotta alle droghe. Il secondo, affidarne il coordinamento ai fedelissimi: l’ex deputato Carlesi che a sua volta ha scelto come stretto collaboratore il direttore dell’Osservatorio sulle droghe Fantoma. Loro due insieme agli amici della comunità di San Patrignano stanno scrivendo in questi giorni la bozza attuativa che prevede tra l’altro l’avocazione al dipartimento di tutte le deleghe (divise ora tra sei ministeri). Il terzo passo sarà la creazione del ministero con a capo Mantovano. Smentite non ne sono arrivate. Ma è la quarta mossa quella che preoccupa di più, il programma. Non ci vuole "Occhio di lince" per intuire cosa i colonnelli di An stanno preparando. Basta dare una scorsa ai programmi elettorali, ai comizi politici dei tre per capire che al primo posto, oltre al carcere per chi fuma lo spinello, c’è anche il ricovero coatto del tossicodipendente e la stretta sui Ser.T.. Ma se non fosse bastato, ieri la conferma è arrivata da due ministri del governo: quello delle Riforme Calderoli che ha caldeggiato il Tso (trattamento sanitario obbligatorio) anche per chi usa droghe leggere; quello delle Comunicazioni Gasparri che si è lamentato dell’esistenza "di troppe comunità che si occupano della tossicodipendenza in maniera virtuale". Gli amici sono avvertiti, anzi con il governo stanno scrivendo le nuove regole, i nemici anche. E non è una partita da poco se si pensa che saranno stanziati 31 milioni di euro in progetti di recupero. Anche i responsabili del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) che per primo ha denunciato il progetto del governo e che raccoglie una buona fetta delle comunità di assistenza si sente minacciato. Con il fondo del 2002 dal Welfare ha avuto finanziati due progetti, "Sostanze senza dimora" e "Maternità in-dipendente", ma domani cosa potrà accadere?
Chi sono i tre zar della droga, come la pensano e cosa intendono fare?
Alfredo Mantovano
Solo in apparenza più mite di Fini sul proibizionismo, Mantovano è la vera anima della legge sulla droga. È l’uomo che si è lanciato nella crociata contro i cantanti "falsi profeti dello spinello facile". È lui che ha chiesto l’abolizione della "modica quantità" e che presentò un disegno di legge (che poi sarà la proposta del Polo) prevedendo per i ragazzi sorpresi a fumare il divieto di rientrare a casa dopo le 21, quello di frequentare discoteche e il sequestro del motorino. È per l’eliminazione di ogni distinzione tra droghe leggere e pesanti e lo ha detto portando il suo programma alla quinta Conferenza mondiale contro la droga. Mantovano è cattolicissimo, anzi è un Lefebvriano. Milita in Alleanza Cattolica, un’associazione nata a Piacenza e fondata da Giovanni Cantoni, grande estimatore di Franco Freda. Nella stessa associazione c’è anche Agostino Sanfilippo che milita in Forza Nuova, ma soprattutto l’avvocato Mauro Ronco, citato persino nel progetto di legge sugli stupefacenti del sottosegretario di An. Oggi Ronco difende Carlo Maria Maggi nel processo per la strage di piazza Fontana.
Nicola Carlesi
È nato a Pisa il 15 luglio 1950, coniugato, quattro figli, laureato nel ‘76 in Medicina e Chirurgia, specializzato in Psichiatria. Della lotta al permessivismo ha fatto il suo cavallo di battaglia, con An. Prima presentandosi nei comizi a fianco di Gasparri, poi da solo quando divenne deputato della destra. Scrive articoli come "Rivedere l’aborto e i valori della vita", chiaramente per l’abrogazione della 194; nel ‘99, da vice coordinatore del dipartimento Sanità e da medico, insieme a Gramazio presentò la proposta di legge per abrogare il decreto Bindi, quello che poneva la parola fine al egemonia dei "baroni" usi a dirottare pazienti nelle cliniche private. Il suo exploit politico quando, insieme a Gasparri, è l’apertura di un’indagine conoscitiva sull’uso del metadone. È primo firmatario insieme a Fini della proposta di legge numero 6529 che propone il divieto di utilizzare terapie con metadone al di fuori delle condizioni di degenza ospedaliera e il trattamento sanitario obbligatorio per i tossicodipendenti disposto con provvedimento urgente dal sindaco. Carlesi è noto per la sua posizione estremamente critica nei confronti dei trattamenti farmacologici sostitutivi e in generale delle strategie di "riduzione del danno". Nell’aprile scorso è nominato da Fini a capo del Dipartimento contro le droghe. In due interviste, chiarisce la sua posizione sulla prevenzione: i primi passi dopo il mandato? "Un piano nazionale prima di tutto, poi il supporto all’iter della legge Fini".
Andrea Fantoma
Scelto da Carlesi, anche lui di An. Medico, da tempo si occupa del problema tossicodipendenze anche per il partito. Nel ‘90 era dirigente nazionale del Fuan. "Chiediamo al governo che siano aboliti i Sert - è la linea a un convegno del Fronte della Gioventù nel ‘94 - devono essere trasformati da centri per lo spaccio a centri di assistenza e avvio alle comunità". È nel 2003 che, insieme ad altri operatori, presenta un suo progetto triennale finanziato da Storace che si chiama "Nuove droghe". Fantoma vuole informare i giovani sul male degli stupefacenti e formare professori. Il corso è aperto solo a cubiste, disc jockey e barman. Catania: Cannavò, la libertà vista da chi è dietro le sbarre
La Sicilia, 9 agosto 2004
Entra nel vivo la settima edizione del "Premio Mediterraneo" a Lauria. Il tono dei festeggiamenti è minore rispetto alle passate edizioni ma importanti gli ospiti e ricco il palinsesto degli appuntamenti previsti per questa sera. L’associazione Mediterraneo ha assegnato il premio a Candido Cannavò giornalista sportivo nato nel 1930 nel catanese. Ha iniziato la sua carriera di giornalista presso il quotidiano "La Sicilia" nel 1949, occupandosi di sport ma anche di problemi sociali e di costume. Assunto alla "Gazzetta dello Sport" nel 1955 ne ha scalato i vertici sino alla nomina di direttore il primo marzo 1983, carica che ha mantenuto fino al marzo 2002. Nel 1996, durante i Giochi di Atlanta, il CIO gli ha conferito l’ordine olimpico. Nel 1998 ha ottenuto il prestigioso Premio Ischia per il giornalismo, questa sera riceverà il premio mediterraneo. La manifestazione è iniziata ieri sera con "Incontro con l’autore" in piazza San Giacomo dove è stato presentato l’ultimo libro scritto da Cannavò "Libertà dietro le sbarre". In questo libro Cannavò racconta i lunghi mesi trascorsi nel carcere milanese di San Vittore facendo parlare i detenuti, cercando di capirne la sofferenza, ammirandone l’incrollabile speranza nel futuro, scoprendo un mondo di solidarietà che dall’altra parte delle sbarre, non si può neppure immaginare. Un universo quello raccontato dal giornalista catanese che lascia stupefatti per le esperienze umane, la solidarietà, i volontari che s’impegnano per rendere meno dura l’esperienza carceraria, i modi per fare passare il tempo senza sprecarlo. A presentare la serata Daniele Piombi a discutere dell’opera oltre all’autore l’onorevole Gianni Pittella, Gigi Scaglione (presidente corecom Basilicata) e Luigi Di Lauro (presidente assostampa).
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