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Ieri sono saliti al Quirinale Francesco e Giulia firme storiche di "Ristretti Orizzonti" di Padova
Avvenire, 25 novembre 2003
Francesco si preoccupava di non avere una cravatta. A Giulia, invece, sempre in jeans e scarpe da ginnastica, la sartoria del carcere della Giudecca, a Venezia, ha regalato un bel tailleur-pantalone. Quando hanno iniziato l’avventura della rivista Ristretti Orizzonti - lui nel ‘97, lei nel ‘99 - tutto si aspettavano fuorché di essere ricevuti al Quirinale. E per ricevere un premio da 15 mila euro, per di più. è stato proprio Francesco, durante un permesso (lui ha 39 anni, il suo fine pena è il 2020), a notare il bando e tentare la sorte. E ieri pomeriggio il sogno si è avverato: sono saliti al Colle per ritirare l’assegno che li aiuterà a far decollare nuovi progetti. "Fonderemo una cooperativa a Padova - rivela Ornella Favero, la volontaria che coordina la redazione - che, dall’esterno, si occuperà di informazione, grafica e convegni. Sempre per il reinserimento dei detenuti". Francesco è tra i soci fondatori del bimestrale del carcere di Padova, con "ufficio di corrispondenza" a Venezia, nella Casa di Reclusione femminile, edito dall’associazione "Il granello di senape". La più longeva e costante tra le riviste carcerarie, che da un anno è anche on line (www.ristretti.it), con 4.500 pagine e 60 mila visite registrate. "Ristretti è nato nel ‘97 - racconta Ornella Favero - con l’idea di informare sul carcere in modo diverso dai giornali già esistenti dietro le sbarre, complicati e per addetti ai lavori. Noi ci siamo subito rivolti al mondo esterno, tramite le testimonianze dei detenuti, le interviste a magistrati e medici carcerari, il racconto dei progetti che in Italia mirano a reinserire chi torna libero". Sono partiti con tre vecchi computer regalati, poi i detenuti hanno seguito corsi di scrittura, grafica e programmazione di pagine web, e oggi sono un’autentica redazione di ventidue persone, ognuno con il suo PC. "Manca solo Internet - precisa Ornella - ma il sito lo aggiornano loro, poi mi danno i dischetti e io metto il contenuto in rete". Anche le interviste si fanno per iscritto, via e-mail. E mentre gli abbonati crescono, Ristretti è sbarcato alle librerie Feltrinelli di Padova e presto a Venezia. Nella casa di reclusione di via Due Palazzi sono poche le pene brevi. "Ma prima o poi usciremo tutti - dice Francesco - ecco perché Ristretti è anche un progetto di riduzione del danno. Perché offre un percorso di reinserimento, dà competenze e di questo, in futuro, si avvantaggerà la società che si troverà ad accoglierci". Ristretti ha intrecciato una rete capillare: i detenuti sfruttano i permessi per tenere seminari nelle scuole, parlare di prevenzione della devianza dalla posizione "privilegiata" di chi sa cosa significhi l’espressione "vita deragliata". Ricevono in redazione giornalisti e scrittori, organizzano convegni. Non è un passatempo, né un giocare a fare i giornalisti: "Per chi ha tanti anni da scontare - spiega Ornella Favero - questa attività dà senso alla giornata e alla vita. Permette di stringere relazioni culturali e coltivare interessi". Per evitare di ritrovarsi, a fine pena, di nuovo con tanta rabbia pronta a esplodere. Sull’ultimo numero di Ristretti, per esempio, c’è il dossier "Morire di carcere", sui suicidi in cella. Attivissima anche la redazione femminile della Giudecca, che sta per pubblicare un libro sulla condizione della donna reclusa. Giulia è una delle firme di punta, con articoli contro corrente. Nell’ultimo smonta il luogo comune per cui la semilibertà (la possibilità di stare tutto il giorno fuori, svolgendo un lavoro, per rientrare la sera) sarebbe un premio che un criminale non merita: "Invece è un modo di vivere schizofrenico, non sei né carne né pesce" sostiene lei, che di mattina fa volontariato al "Granello di senape" e poi lavora al bar di un quartiere difficile di Venezia.
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