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"Solo l'indulto salverà le carceri" Intervista a Ovidio Bompressi
Il Manifesto, 13 settembre 2002
Per chi sta fuori, il carcere non esiste? Nonostante gli sforzi di molte buone persone, è così. Il carcere è come la morte. Non si può capire cos'è, se non si è toccati personalmente o negli affetti più vicini. La sofferenza, la pena si conoscono solo provandole. Per manifesta incompatibilità con il regime carcerario, da febbraio sei in detenzione domiciliare. Stai meglio? Che rapporti hai mantenuto con chi sta in carcere? "Mi
trovano meglio quando sto peggio". La frase l'ho letta nel diario di
Giuseppe Pontiggia sul Sole 24 ore e mi si attaglia. Sto un po' meglio
fuori, ma il fuori non corrisponde al dentro. Sono in contatto con molti
detenuti a Pisa e a Massa, in particolare con quelli che hanno problemi concreti
da risolvere. Ho un rapporto quasi quotidiano con i volontari che fanno gli
assistenti o gli insegnanti in carcere. I problemi sono quelli noti:
trasferimenti, salute, ricerca di un lavoro esterno. In peggio. Per l'aumento della popolazione, per la tipologia dei reati e delle malattie, per la presenza sempre più consistente degli immigrati, i più deboli tra i deboli. Per sfoltire le carceri l'idea che va per la maggiore è di costruirne di nuove. E' una pessima idea. Per i costi, per i tempi e soprattutto perché eternizza un'ottica punitiva e segregante. Così le pene alternative restano un argomento da convegno e si elude il nocciolo del problema. Che è questo: in carcere dovrebbe strarci solo chi è davvero socialmente pericoloso, un'esigua minoranza di quelli che ora ci stanno. Da una settimana in diverse carceri è in corso una protesta dei detenuti. A qualcuno le loro richieste paiono troppo alte, vanno incontro a sicura delusione. La
protesta è giusta e condotta in modo civile. Purtroppo riceve poca attenzione.
La "piattaforma rivendicativa" è alta perché la sordità delle
istituzioni ha trascinato per troppo tempo i problemi, li ha accumulati invece
di risolverli. Ora i problemi fanno massa. Mi auguro venga raccolta la
ragionevole richiesta di un indulto generalizzato o di un'amnistia. E' l'unico
modo per mandare fuori in tempi rapidi un po' di gente che non merita di stare
in galera. Il sovraffollamento rende i detenuti e gli agenti penitenziari più
cattivi. E' un cane che si morde la coda, una spirale che va interrotta. E'
un'osservazione che condivido. Berlusconi, purtroppo, è riuscito a far
diventare i suoi problemi personali problemi di un intero paese. Però la
giustizia non si esaurisce in Berlusconi e nella legge Cirami. Ha dato voce a un senso comune ben sedimentato a destra e anche in vasti settori della sinistra. Ci vuole un grande lavoro dal basso per modificarlo. L'8 ottobre il tribunale di sorveglianza di Firenze deciderà se devi o no tornare in carcere. L'istruttoria per la domanda di grazia, firmata da tua moglie e da tua figlia, è ultimata. Castelli, che ha bocciato la tua precedente istanza, deve decidere se inoltrarla al Quirinale. Cosa ti aspetti? Alla luce delle passate esperienze non mi aspetto granché. Vivo questa attesa dentro una sofferenza più grande che non è solo mia. Per questo insisto sull'indulto. |