Appello per grazia a Sofri e Bompressi

 

Sofri - Bompressi, un appello per la grazia

 

Lettera aperta di Franco Corleone al presidente Ciampi

 

Illustre presidente, ricorderà che le indirizzai una lettera sul caso di Adriano Sofri e di Ovidio Bompressi e sulle ragioni a favore della concessione della grazia il 27 novembre del 2001. Le preannunciavo la mia intenzione di promuovere una catena di solidarietà per respingere il rischio dell’assuefazione di fronte ad una detenzione inutile, iniqua, senza senso e significato.

L’8 gennaio del 2002 su suo incarico il professor Salvatore Sechi, consigliere per gli Affari Giuridici, mi inviò una risposta meditata e di grande valore per le indicazioni espresse. Infatti non solo si affermava che ella "è consapevole della mutazione teleologica che la pena subisce quando venga irrogata a lunga distanza di tempo dai fatti, soprattutto se restrittiva della libertà personale"; ma si auspicava "il formarsi di un largo consenso politico e sociale sull’esigenza di chiudere definitivamente capitoli dolorosi della storia della Repubblica" e infine si suggeriva una strada da percorrere: "In questa direzione, dunque, occorre muoversi per trovare soluzione al problema umano da lei rappresentato, per il quale la via processuale è ormai preclusa».

Solo dopo questo segno di attenzione e come attestazione di fiducia e rispetto istituzionale, assunsi la responsabilità di dare il via a una iniziativa chiamata "un digiuno contro l’oblio" che è giunta oggi al 200° giorno con la partecipazione di 1.155 persone dalle più diverse estrazioni politiche e culturali per un totale di 3.430 giornate di digiuno; sono in attesa di subentrare già altre 333 persone.

Cento persone, tra parlamentari, intellettuali e comuni cittadini hanno aderito all’Agosto contro l’oblio, a partire dal primo agosto, giorno in cui Adriano Sofri ha compiuto 60 anni. Per molti risulta intollerabile attendere per la liberazione di Sofri il 30 marzo 2017, che è la data del suo fine pena e che non è azzardato dire che equivale a un terribile fine pena mai.

In questi sei mesi sono accadute molte cose nel nostro Paese e nel mondo e in molti casi le parole di Sofri hanno aiutato a capire e a riflettere sul senso della politica nel nostro tempo. Molti ritengono che Sofri libero costituirebbe una risorsa per creare un clima meno cattivo e relazioni umane più ricche.

Forse è anche per questa consapevolezza che centinaia di consigli comunali, provinciali e regionali hanno approvato documenti per sollecitare una soluzione a un vero e proprio paradosso italiano, con voti spesso unanimi e sempre trasversali. Signor presidente, vivo con sempre maggiore angoscia la sensazione che al paradosso di una carcerazione che non risponde al dettato costituzionale relativamente al reinserimento sociale come finalità della pena, si aggiunga il paradosso che nulla si fa per mettere fine a tale situazione pur essendo quasi totale l'accordo e marginalissimo il dissenso.

Le chiedo con rinnovata fiducia e umiltà di esaminare le ragioni dell’umanità e della cultura che lei, solo, ha il privilegio non di invocare ma di poter esercitare.

C’è ormai un fatto nuovo: da quasi due mesi si è conclusa l’istruttoria sulla nuova domanda di grazia presentata dalla moglie e dalla figlia di Ovidio Bompressi dopo la scarcerazione per motivi di salute. Il ministro Castelli che ha la responsabilità della proposta di concessione della grazia è sicuramente cosciente dell’attesa e dell’attenzione con cui in tanti seguiamo gli sviluppi di una vicenda che già ha rischiato di volgersi in tragedia.

Abbiamo evitato scrupolosamente di assumere atteggiamenti che potessero avere la forma o l’apparenza di una pressione indebita. Certo non può essere ritenuto offensivo il fatto di attenderci una decisione in tempi ragionevoli, anche perché a ottobre il Tribunale di sorveglianza di Firenze dovrà pronunciarsi in via definitiva sulla sospensione della pena di Bompressi.

Sono certo che nel momento della trasmissione della proposta di grazia per Bompressi e per tutti quei casi, conclusi giudiziariamente e senza che la grazia assuma il sapore di un nuovo grado di giudizio, lei darà il segno di una Repubblica forte e giusta, capace di cogliere il mutamento della società e degli individui, delle condizioni del Paese, dei percorsi politici e umani che nei decenni hanno subito svolte profonde.

Caro presidente, la grazia non è solo uno strumento per concedere clemenza a qualcuno, ma ancor più rappresenta una scommessa sul futuro, sulla vita per tutti e non solo per il singolo interessato. Abbiamo bisogno tutti di riconquistare uno stato di grazia e di riconciliazione. Il suo atto troverà una accoglienza serena perché i tempi sono maturi e rafforzerà il senso della giustizia di cui l’Italia ha grande bisogno. Signor presidente, siamo consapevoli che i giorni di digiuno che compiamo non hanno nulla di eroico, ma hanno la forza di una testimonianza morale e civile che sarebbe ingeneroso mortificare solo perché disarmata.

 

Un saluto cordiale.

 

Franco Corleone

 

 

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