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In ricordo di Charles, detenuto gentiluomo
Il Gazzettino, 30 novembre 2001
Tre giorni fa, mentre rientrava in bicicletta al carcere Due Palazzi, un detenuto svizzero è stato travolto e ucciso. In ricordo di Charles, riceviamo e pubblichiamo questa lettera.
"Voglio ricordare Charles, morto l’altra notte in un banale incidente in via Due Palazzi. Voglio ricordarlo perché mancherà, credo, per lui in questi giorni l’usuale rito del dolore che accompagna chi muore. Mancherà, e non sarà colpa di nessuno, perché lui è: solo, svizzero in Italia, detenuto. Scrivo perché, a dispetto della sua solitudine, siamo in molti, nella Casa di Reclusione, a ricordarlo con affetto e simpatia. I detenuti, perché lui, ultrasessantenne, era con tutti squisito, generoso, disponibile, assolutamente non competitivo, nonostante eccellesse in tutto, qualunque cosa facesse: le torte (la cui fama era leggendaria al Due Palazzi) o i lavori, sia manuali che dell’intelletto. Gli operatori che ne ricordano la correttezza. Gli insegnanti, della scuola Parini e della scuola Gramsci che hanno conosciuto in lui la vivacità intellettuale, la cultura, la curiosità mai sopita per il sapere. Lo ricordo con piacere il suo esame di licenza media. Fu un lungo divertente colloquio, divertente ma molto serio. Nel dialogo interdisciplinare seguimmo il filo degli argomenti d’esame parallelamente al filo della sua lunga e complessa vita: passammo dalla via dei diamanti (geografia), alla gemmologia (scienze naturali), con divagazioni sulle casseforti (era piuttosto competente) e in francese sulla Svizzera. Fu un vero esame, basato sulla verifica delle conoscenze, ma giocato per tacito e istintivo accordo anche sul filo dell’ironia, del ricordo, della ricostruzione anche critica della propria esistenza. Un’ora di conversazione in cui lui ci sembrò, come sempre, intelligente, preparato e soprattutto, parola fuori moda e che poco si adatta a un delinquente, un gentiluomo. Quel poco che so della sua vita è quanto ricordo di quel colloquio: parlò di una famiglia agiata e per bene e del suo percorso nel mondo del crimine come sfida a quel perbenismo, come costruzione di una identità autonoma, e della sua vita come continuo apprendistato del vivere. Non cercava in noi coinvolgimenti, né giustificazioni. Si proponeva senza narcisismo, con senso critico e auto ironia e, soprattutto, dignità Nella sezione Semiliberi, dove pernottava, i detenuti hanno subito raccolto soldi per mettere dei fiori là dove è morto. Ma attenti, dice un compagno, non esageriamo con le nostre manifestazioni di dolore, Charles ne avrebbe sorriso, era un laico vero, non avrebbe dato troppo peso alla propria morte".
Rossella Favero, insegnante Centro Territoriale Scuola Parini di Camposampiero
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