Licenziato Alfonso Sabella

 

Carceri, quel dossier che scotta

 

Il j’accuse è di Sabella, il magistrato rimosso da Castelli per contrasti col direttore del DAP Tinebra. Nove pagine di accuse che riaprono la guerra ai vertici dell’amministrazione penitenziaria.

 

Il Nuovo on line, 29 dicembre 2001

 

La verità secondo Alfonso Sabella è contenuta in quelle nove pagine inviate al Consiglio superiore della magistratura. Nove pagine pesanti, in cui il magistrato (silurato dall’incarico di responsabile dell’ufficio ispettivo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria) spiega il chi, dove, come, quando e il perché di una situazione deficitaria. Ed emerge un dietro le quinte fatto di contrasti proprio con il direttore del DAP, il suo collega siciliano Giovanni Tinebra che da qualche mese ha preso il posto che fu di Giancarlo Caselli.

Un contrasto, quello tra Sabella e Tinebra che è aumentato col passare dei mesi, un rapporto che si è via via incancrenito fino a spingere il magistrato palermitano a essere riammesso nei ruoli della magistratura ordinaria. Ed è stato subito accontentato dal ministro di Grazia e giustizia Roberto Castelli, che evidentemente non vedeva di buon occhio un soggetto che si era messo contro il direttore voluto dal governo.

Sabella, che sarà ascoltato dal CSM l’8 gennaio, ha ricostruito tutta la vicenda nel dossier ed è partendo da quel dossier che si confronterà con i componenti del Consiglio superiore della magistratura. Perché in quel documento ci sono parecchi fatti pesanti: a partire dalla trattativa che pezzi dello Stato hanno avviato con i boss mafiosi. E poi la gestione dei penitenziari, la gestione del personale. Insomma, quanto basta per provocare un terremoto ai vertici dell’amministrazione penitenziaria.

Nel carteggio, per esempio, è contestato il provvedimento con cui ai primi di dicembre Tinebra ha anticipato il riordino dell’ufficio cancellando la direzione dell’ispettorato, l’ufficio di Sabella appunto, e ne ha assunto la titolarità.

Ma è sulla gestione dell’ufficio che l’ex PM palermitano insiste di più: "Sono state individuate tra le strutture esistenti - scrive Sabella - alcune migliaia di posti che, per ragioni di comodo, non vengono sfruttate adeguatamente per allocarvi i detenuti (che si preferisce tenere ammassati in poche sezioni) o di cui le direzioni degli istituti non hanno segnalato l’esistenza e, in qualche caso, hanno persino arbitrariamente variato la destinazione".

Una situazione grave, accuratamente documentata da Sabella che rilancia: "L’esito del monitoraggio disposto potrebbe anche dimostrare l’inutilità della realizzazione di nuove strutture penitenziarie, la cui progettazione dipende, talvolta, solo da sollecitazioni e interessi localistici". Un fronte caldo, quello delle strutture penitenziarie, sul quale Sabella insiste: "Ho sostenuto l’opportunità di modificare alcuni piani di strutture penitenziarie di nuova concezione, attualmente utilizzati per improbabili uffici o inutili magazzini, per destinarli a sezioni definitive. Ho segnalato la paradossale situazione per cui i detenuti del circuito alta sicurezza venivano allocati in camere singole o al massimo doppie, a differenza dei detenuti comuni".

E infine il capitolo del personale, con il dito puntato sulla esiguità del procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti trovati assenti durante la visita fiscale "a fronte di un numero di assenze per malattie del personale che non ha riscontri nel panorama italiano".

Per chiudere, il problema dei distacchi: "Viene distaccato o inviato in missione un numero di unità di personale praticamente pari a quelle che, dallo stesso istituto, sono state distaccate o mandate in missione presso altre strutture". E se da un lato Gianni Tinebra minimizza e punta a sostenere che il caso Sabella non esiste ("La vicenda non c’è – commenta Tinebra – e per il resto si commenta da sola"). Dall’altro Sabella registra un dato che mette in relazione il suo siluramento con la relazione: "I primi esiti di tale attività, diffusi formalmente con una mia nota del 24 ottobre 2001, hanno presumibilmente prodotto reazioni negative in parte della dirigenza periferica del DAP".

 

 

Carceri, il ministro "licenzia" il magistrato antimafia

 

CORRIERE DELLA SERA, 22 dicembre 2001

 

L’informazione è arrivata l’altra mattina al Consiglio superiore della magistratura: in poche righe il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha comunicato di aver "messo a disposizione" un altro magistrato distaccato in via Arenula con la precedente gestione. Si tratta di Alfonso Sabella, ex pubblico ministero antimafia a Palermo e braccio destro di Caselli quando era direttore delle carceri. "Conformemente a quanto da lui richiesto", ha scritto il Guardasigilli annunciandone il "licenziamento", ma una ben più corposa lettera inviata al CSM dallo stesso Sabella racconta un’altra storia. Una storia che mette insieme le ultime iniziative intraprese da Sabella in qualità di responsabile dell’Ufficio centrale dell’Ispettorato, tra le quali spicca un allarme: alcuni detenuti mafiosi sottoposti al "41 bis" stanno nuovamente organizzandosi per ottenere una legge sulla dissociazione, sconti di pena e l’alleggerimento del regime di "carcere duro". La manovra, ha scritto Sabella al CSM e al ministro, si evince da alcuni episodi verificatisi nell’ultimo mese. Solo che, proprio mentre lui ne veniva a conoscenza, il nuovo direttore delle carceri Giovanni Tinebra ha soppresso il suo ufficio, lasciandolo di fatto senza incarico e senza poteri.

A far scattare l’allarme è stata una strana richiesta del detenuto Salvatore Biondino, l’"autista" di Riina arrestato insieme al boss corleonese il 15 gennaio del ‘93, mafioso di rango e già capo-mandamento di Cosa Nostra. Biondino è un "41 bis", detenuto nel carcere romano di Rebibbia, e a novembre ha presentato la domanda per svolgere il lavoro di scopino all’interno della sua sezione. Di certo, annota il magistrato, l’"uomo d’onore" forse più legato a Riina non ha bisogno delle poche migliaia di lire di paga settimanale previste per quell’impiego, che semmai rappresenta una perdita di prestigio all’interno dell’associazione mafiosa. E allora?

Allora è realistico ipotizzare che, dietro la "domandina" di Biondino, ci fosse l’esigenza di circolare più liberamente nel carcere dove sono rinchiusi Pietro Aglieri, Giuseppe Madonia, Salvatore Buscemi e Giuseppe Farinella, i boss che - insieme a Pippo Calò - un anno e mezzo fa tentarono di avviare una trattativa con lo Stato per ottenere la dissociazione. In quell’operazione, proprio a Biondino era stato attribuito il ruolo di mediatore, anche nei confronti di detenuti appartenenti ad altre organizzazioni criminali.

Nel gennaio 2000, secondo notizie non smentite, lo stesso Biondino s’era incontrato con il procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna, al quale avrebbe offerto la possibilità di una dissociazione da Cosa Nostra sua e degli altri boss, per ottenere benefici senza diventare "pentiti" e quindi senza accusare nessuno. L’iniziativa, all’epoca, non ebbe seguito, anche per il deciso "no" dell’allora ministro Fassino e dell’ex direttore del DAP Caselli, finché a settembre di quest’anno una lettera del "cassiere della mafia" Pippo Calò ha riproposto il tema della dissociazione.
Ma il Biondino aspirante scopino, forse per contattare gli altri mafiosi, non è l’unico segnale. Nello stesso periodo il capo della ‘ndrangheta calabrese Antonino Imerti aveva inviato al DAP e alla Procura di Reggio Calabria una lettera nella quale si dice pronto a "chiudere con il passato" e a "rispettare le leggi dello Stato", in cambio degli sconti di pena concessi ai terroristi dissociati.
Per Sabella ce n’era abbastanza per far scattare l’allarme, avvertire Tinebra e sollecitare una maggiore sorveglianza dei detenuti sottoposti al carcere duro ed evitare contatti tra chi non appartiene agli stessi "gruppi di socialità". L’informazione era giunta anche al direttore dell’ufficio detenuti del Dipartimento - Francesco Gianfrotta, pure lui in uscita dal ministero - il quale ha sottoscritto le considerazioni di Sabella e ha aggiunto un particolare non irrilevante: Biondino e Imerti, a Rebibbia, vivono nella stessa cella.

La catena delle "coincidenze temporali" non si ferma qui. L’8 dicembre, nel carcere palermitano dell’Ucciardone, è andata in scena una protesta dei detenuti contro il sovraffollamento e per l’abolizione del "41 bis". E il giorno dopo, sempre a Palermo, da un pacco di patatine in vendita in un supermercato è saltata fuori una siringa; un episodio sul quale la Procura ha aperto un’inchiesta, e che potrebbe essere del tutto slegato dagli altri fatti, se non ci fosse un precedente inquietante: il progetto mafioso di disseminare di siringhe sporche di sangue le spiagge italiane nel 1993, all’indomani dell’arresto di Riina, quando Cosa Nostra voleva imporre allo Stato una trattativa dopo la stagione delle stragi.

La soppressione dell’ufficio che dirigeva, scrive Sabella, ha impedito al magistrato di seguire gli sviluppi della vicenda. Anche per questo, a metà dicembre, ha chiesto al ministro di valutare il provvedimento di Tinebra, ed eventualmente l’opportunità di rimetterlo "a disposizione del CSM". Pochi giorni dopo è arrivata la risposta di Castelli: non avendo nulla da dire su quanto deciso dal direttore del DAP, Sabella tornerà a fare il magistrato da qualche altra parte. Lontano dalle carceri.

Estromesso l’ex braccio destro di Caselli
Sabella si appella al CSM, verrà ascoltato l’8 gennaio

 

Il Piccolo, 23 dicembre 2001

 


ROMA - Scoppia un altro caso che riguarda la "ristrutturazione" degli uffici in corso. Alfonso Sabella, ex PM antimafia a Palermo e braccio destro di Caselli, ha scritto al CSM denunciando di essere stato estromesso, o comunque lasciato senza incarico e senza poteri dal nuovo direttore delle carceri Giovanni Tinebra. Sabella aveva appena denunciato manovre dei detenuti sottoposti al carcere duro previsto dal 41 bis, che si stavano organizzando per ottenere una legge sulla dissociazione e un regime meno severo.

Il CSM ascolterà Alfonso Sabella il prossimo 8 gennaio. Lo farà la terza commissione dell’organo di autogoverno della magistratura, che ha competenza sul collocamento fuori ruolo e sul rientro in ruolo delle toghe. Ufficialmente dunque - secondo quanto si è appreso - il CSM ascolterà l’ex responsabile dell’Ufficio centrale dell’ispettorato del Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP) per chiedergli quale sede vorrebbe che gli fosse assegnata per il suo rientro in ruolo. Non è tuttavia escluso che Sabella venga sentito anche su altre questioni.

Nella lettera ricevuta dal CSM, infatti, Sabella scrive che è "illegittimo" il provvedimento del nuovo direttore del DAP, Giovanni Tinebra, di sopprimere l’Ufficio centrale dell’ispettorato, e che tale provvedimento rischia di compromettere il suo lavoro di monitoraggio sulla dissociazione mafiosa. Sulla questione inoltre - sempre secondo quanto si è appreso - potrebbe essere competente anche la decima commissione del CSM che si occupa di criminalità organizzata.

Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, definisce "un caso montato sul nulla" la polemica del magistrato Alfonso Sabella che ha lamentato di essere stato estromesso dal ministero. Tenendo tra le mani le notizie delle agenzie, il ministro ha aperto la sua conferenza stampa a Napoli - dove ha incontrato i vertici degli uffici giudiziari e gli avvocati - affermando: "Tengo a precisare che ho ricevuto una lettera del dottor Sabella in cui mi chiedeva di rientrare in ruolo. Se il dottor Sabella vuole rientrare al ministero dove, peraltro, ha sempre ricoperto un ruolo secondario, può farlo domani mattina. Ma si sta montando un caso inesistente. Mi pare che qui siamo veramente al di là del bene e del male affermando che Sabella sarebbe stato licenziato da me".

 

 

 

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