"Ma
noi poliziotti ci crediamo"
Il
Resto del Carlino, 29 luglio 2002
MILANO
— «Prima di condannare o promuovere un sistema come quello del braccialetto
elettronico è meglio conoscere i dati, le statistiche su tutto il territorio
nazionale. Milano non può fare testo, potremmo avere una visione parziale e
sbagliata dell’esperimento».
Il questore Enzo Boncoraglio preferisce rimanere prudente nelle valutazioni sul
ricorso al braccialetto elettronico per controllare i detenuti agli arresti
domiciliari. Anche dopo che il secondo detenuto, a Milano in un anno, è evaso.
«Milano potrebbe non fare testo e magari scopriamo che nel resto d’Italia il
sistema è efficace».
Quindi?
«Prima vediamo i dati complessivi e di lungo periodo e poi valutiamo meglio».
Ma come mai a Milano ci sono stati solo due episodi, due soli esperimenti.
Mancano i fondi, gli strumenti oppure...
«I soldi ci sono e anche la nostra volontà di proseguire nell’esperimento,
ma sono i magistrati che danno il via, bisognerebbe chiedere a loro perché non
ci pensano. Magari ci vuole un po’ di rodaggio. Come in tutte le cose nuove,
bisogna abituarsi col tempo. Forse...»
Ma voi poliziotti, in teoria, ci credete ancora in questo sistema?
«Noi sì. Abbiamo fiducia perchè il braccialetto elettronico ha due effetti
positivi. Il primo è quello di consentirci di recuperare molti agenti
destinandoli a controllare il territorio, razionalizzando le risorse a nostra
disposizione. Il secondo riguarda la filosofia che sta dietro all’idea del
controllo a distanza senza l’impiego di personale obbligato a frequenti
passaggi nell’abitazione del detenuto».
In questo caso il braccialetto è stato affidato ad un killer mafioso condannato
all’ergastolo. Quasi sicuramente per motivi di salute.
«Il magistrato di Messina che ha scelto questo detenuto per provare il
braccialetto è a conoscenza delle situazioni personali dello stesso che lo
hanno portato a adottare tale misura prevista dalla norma di legge. Bisognerebbe
chiedere a lui».
In ogni caso la vostra valutazione rimane positiva.
«Ribadisco di sì. Anche perché statisticamente la quota di evasione dagli
arresti domiciliari è fisiologicamente contenuta. In certi casi si grida allo
scandalo, ma i numeri non sono così allarmanti come spesso si legge sui
giornali. Anche se tutte le evasioni sono seguite dalla polizia e ci adoperiamo
affinché il loro numero sia ridotto al minimo».