Come nasce

 

Come nasce un Ufficio Stampa - Centro Studi 

all’interno del carcere

 

Tutto è iniziato nell’estate del 1999, nella redazione di Ristretti Orizzonti, giornale "dalla" Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova.

Già da due anni lavoravamo assieme, cercando d’imparare il mestiere di giornalista e compensando, con la passione, una professionalità "in via di maturazione". L’attività della redazione è stata (ed è ancora) una importante occasione di crescita individuale e collettiva, non solo per quanto riguarda strettamente la scrittura; ha valore emancipativo a trecentosessanta gradi, permettendo di instaurare rapporti più interessanti e costruttivi con i compagni, gli operatori del carcere e la "gente di fuori".

Ovviamente, incontriamo anche delle difficoltà, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro: le ore della giornata nelle quali possiamo stare in redazione sono le stesse a disposizione per andare "all’aria", o per fare attività sportive; chi sceglie di collaborare al giornale, deve rinunciare a tutto il resto.

Altro problema è rappresentato dal "ricambio del personale": i compagni che sono scarcerati, o trasferiti in un altro carcere, lasciano dei vuoti in redazione che possono essere colmati soltanto con il tempo, perché i loro sostituti devono imparare il lavoro cominciando praticamente da zero.

Infine, c’è la "questione paga": il giornale è fatto esclusivamente con il lavoro di volontari, detenuti ed esterni, e questo sarebbe un particolare molto apprezzabile, se non fosse che la maggior parte dei detenuti è senza soldi e, quando gli manca la possibilità di guadagnare, deve dipendere in tutto dai propri familiari, che spesso non navigano nell’oro.

(Per integrare il vitto dell’amministrazione e comperare poco altro, spendi dalle trecento alle settecento mila lire mensili. Se non li hai, o trovi qualche compagno che ti aiuta, oppure devi adattarti a vivere al limite della sopravvivenza).

A tutti questi problemi, stiamo cercando una soluzione: l’ampliamento degli orari d’ufficio, in modo sia possibile trascorrere un paio d’ore all’aria e lavorare ugualmente in redazione; l’apertura di una sede fuori dal carcere, che permetta ai compagni scarcerati, se lo vogliono, di continuare la collaborazione con il giornale dall’esterno, il reperimento di finanziamenti maggiori, per assicurare ai redattori un minimo compenso (fino ad oggi, tutti i soldi raccolti sono bastati appena per le spese di tipografia, di spedizione e per le attrezzature).

Sembra ci siano prospettive interessanti su ognuno di questi fronti, anche grazie alla disponibilità delle istituzioni e degli enti locali; in redazione c’è molto fermento, molta progettualità, si stabiliscono contatti e collaborazioni in ogni direzione, per farci conoscere e per raccogliere notizie.

Lo scorso mese di agosto, in redazione è arrivato, tramite l’associazione di volontariato Il Granello di Senape (che è l’editore del giornale) un Bando regionale che chiedeva la presentazione di progetti per attività culturali e ricreative da svolgersi all’interno delle carceri del Veneto.

Per noi, le "attività culturali", non sono una maniera di passare il tempo ma lo strumento principale per mettere a frutto le risorse personali; ci siano posti, quindi, due obiettivi: migliorare la qualità del nostro lavoro e rapportarci in modo nuovo con le istituzioni.

Abbiamo presentato il progetto "Marco Polo", che prevede lo svolgimento di corsi di formazione (scrittura creativa e marketing) e l’attivazione di un Ufficio Stampa, che diffondesse le informazioni raccolte nelle carceri, i risultati delle indagini statistiche, le proposte per il superamento delle situazioni di particolare disagio riscontrate.

Ciò che distingue il Marco Polo dagli altri progetti (una ventina), compresi nello stesso programma regionale di interventi, è soprattutto il fatto che proviene dal carcere, essendo ideato direttamente dai detenuti (con la supervisione del Granello di Senape).

Oltre alla rivista Ristretti Orizzonti, è coinvolto nel progetto anche un Gruppo che svolge un’attività di Rassegna Stampa, sempre nella Casa di Reclusione Due Palazzi: le due iniziative sono riunite nel Centro di Documentazione Due Palazzi ed il "Marco Polo" serve a questa struttura nel suo complesso.

Cosa si propone e come funziona l’Ufficio Stampa - Centro Studi

 

Da tempo avevamo capito il bisogno di uno strumento non istituzionale di osservazione e verifica, che operasse all’interno del carcere per ottenere una maggiore trasparenza dell’informazione: spesso, è evidente la sproporzione tra le risorse destinate alle carceri ed i risultati conseguiti, in termini di recupero sociale dei detenuti.

Lo Stato spende varie centinaia di migliaia di lire al giorno per ogni "ospite" negli Istituti di Pena, riuscendo, con questa cifra, soltanto a garantirgli quattro ore di vita fuori dalla cella (di solito, trascorse in un cortile asfaltato) e tre pasti, che costano complessivamente 3.500 lire: il resto serve tutto per il costo della custodia.

La legge penitenziaria prevede che tutti i detenuti con pena definitiva abbiano l’obbligo di lavorare: in realtà ne lavorano soltanto il 10 % e pure con orari ridotti al minimo.

Più della metà della popolazione detenuta è costituita da tossicodipendenti e stranieri, con relativi problemi nei rapporti con gli operatori e nella convivenza tra compagni di pena.

L’Ufficio Stampa, di fronte a questa situazione, promuove un’iniziativa che andrebbe estesa a tutte le carceri italiane: la "mappatura", cioè un’indagine statistica minuziosa, che contiene anche elementi di valutazione, di solito trascurati nelle ricerche svolte da soggetti istituzionali.

Il tempo di attesa per avere un colloquio con i vari operatori, o per essere visitati da un medico specialista; la frequenza delle ispezioni negli Istituti, da parte dei funzionari che sono autorizzati a farle (Consiglieri regionali, parlamentari, etc); il prezzo dei prodotti in vendita allo spaccio interno (sopravvitto): questi, e altri ancora, sono dati significativi, per capire se negli Istituti la qualità della vita è più o meno accettabile, ma difficilmente vengono divulgati, in alcuni casi per "comprensibili motivi".

Ad occuparsi dei detenuti, che sono circa 54.000, in tutta Italia, ci "pensano" 300 assistenti sociali, 500 educatori e 43.000 agenti: con questa composizione del personale, è facile capire il motivo per cui la pena consiste, soprattutto, nella segregazione delle persone e, in minima parte, nel tentativo di recuperarle alla convivenza sociale.

Una situazione che, a volte, peggiora ulteriormente, perché il personale "civile" (assistenti sociali, educatori, etc.), già scarso di numero, è poco motivato perché non vede prospettive di carriera e gratificazioni, in professioni spesso ridotte allo svolgimento di funzioni ripetitive, burocratiche.

Si tratta di un problema serio, che non riguarda soltanto i detenuti, perché, quando l’assistenza sociale non funziona, il danno prodotto finisce per riversarsi sulla società: le pene, terminano, prima o poi; i condannati tornano liberi e, se hanno trovato un qualche sostegno durante la detenzione, ci saranno maggiori probabilità che si comportino bene, altrimenti escono incattiviti, disillusi, poco propensi a… socializzare!

Anche in questo campo, ci si affida spesso all’iniziativa del volontariato, tuttavia bisogna guardarsi dal rischio che la presenza dei volontari ed il loro lavoro diventi il pretesto, per gli organi istituzionali, di demandare i propri compiti, di coprire l’inefficienza e gli sprechi: il volontariato deve "affiancare" le istituzioni, non sostituirsi ad esse; deve stimolarne costantemente l’attività, senza diventarne supplente.

Il Rapporto mensile dell’Ufficio Stampa - Centro Studi

 

Il lavoro dell’Ufficio Stampa si concretizza nella produzione di Comunicati Stampa, che sono spediti ai giornali e agli altri mezzi di comunicazione, ed in un Rapporto mensile, che viene inviato al D.A.P. (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), agli Enti Locali e ad altri Uffici pubblici.

Nel Rapporto, oltre alle indagini statistiche sulla qualità della vita negli Istituti, sono ripresi, con un "taglio" più tecnico, i temi trattati da Ristretti Orizzonti: dalle politiche sociali, alla cultura, al lavoro, alla salute.

Infine, ogni mese è esaminato approfonditamente un argomento di dibattito legislativo, tra quelli di maggior interesse penale e penitenziario: abbiamo già preso in considerazione la normativa sugli immigrati e la proposta di introdurre un difensore civico carcerario, sul modello degli "ombudsman" esistenti in altri paesi europei.

Nei prossimi mesi saranno trattati temi come il dibattito sulla depenalizzazione delle droghe, la riforma sanitaria nelle carceri, la revisione del Codice Penale, ed altri ancora.

Tutti questi argomenti sono illustrati da un nutrito materiale documentario, raccolto attraverso vari canali, e sono accompagnati da proposte (elaborate con la consulenza di "esperti del settore", come avvocati, magistrati, operatori del Ser.T.), che vogliono indicare strade percorribili per attenuare, se non è possibile risolvere, i problemi e le tensioni sociali, dentro le carceri ma anche fuori da esse.

Per realizzare questi studi, è necessaria la collaborazione di tutti coloro che si occupano, a vario titolo, del recupero sociale dei detenuti: dall’associazionismo, alle strutture pubbliche, ai singoli cittadini impegnati nel settore, per questo, invitiamo coloro che hanno idee, progetti, esperienze significative, a raccontarcele, spedendo i materiali all’Ufficio Stampa.

Queste proposte ed esperienze potranno così essere conosciute da un più vasto pubblico e, magari, essere d’esempio per quanti, a livello istituzionale o privato, cercano soluzioni per realizzare interventi più efficaci.

L’Ufficio Stampa è attivo anche in iniziative che cercano di coinvolgere maggiormente il territorio padovano nella realtà del carcere, attraverso contatti ed incontri con i rappresentanti del Consiglio di Quartiere, degli Enti Locali, con scuole, gruppi culturali, biblioteche, etc., anche con l’uscita in permesso di alcuni detenuti.

 

 

 

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