|
Modena: cronaca di una giornata contro la pena di morte di Cecilia Negri
Dopo mesi di lavoro, il 14 maggio 2005 Modena ha potuto assistere alla conferenza tenuta dai più grandi abolizionisti americani che, insieme all’intervento della Coalizione Italiana, per la prima volta si sono trovati insieme, uniti, ad ascoltarsi a vicenda. Nonostante la pioggia che ha iniziato a cadere alle 15.30, ora prevista per l’inizio della marcia per le vie del centro, gli abolizionisti italiani, insieme a quelli americani, hanno camminato, chiedendo a gran voce l’abolizione della pena di morte; nonostante il numero limitato di persone, l’attenzione suscitata nei negozianti e nelle persone di passaggio è stata notevole. Purtroppo, proprio per il maltempo improvviso, il corteo ha dovuto cambiare il suo punto di arrivo, previsto in Piazza Matteotti, per spostarsi invece in una sala conferenze presso il Palazzo dei Musei. Giusto il tempo di riorganizzare il tutto e la conferenza ha avuto inizio grazie all’intervento toccante e coinvolgente del giornalista Marco Cinque che ha interpretato alcune poesie scritte da condannati a morte, accompagnando la sua voce con diversi strumenti etnici. Al suo fianco Phyllis, moglie di Shujaa Graham, dava voce ai brani in lingua originale. Dopo che tutti i presenti avevano chiuso gli occhi, ascoltando l’ultima poesia, per riuscire a vedere le immagini raccontate, come richiesto dal giornalista stesso, è intervenuta l’assessore alle Politiche Sociali Francesca Maletti, sottolineando la grande attenzione del Comune di Modena per queste tematiche, seguita quindi dal primo dei relatori provenienti direttamente dagli Stati Uniti. Dave Atwood, direttore della Texas Coalition Against The Death Penalty ha potuto fornire una visione d’insieme sul problema della pena capitale, raccontando delle sue esperienze dirette nell’assistere all’esecuzione di un essere umano: "immaginatevi un uomo steso su un lettino, mentre il veleno scorre nelle sue vene, senza che possa liberarsi"; "la pena di morte è ingiusta, anche perché colpisce i poveri, i diseredati ed è caratterizzata da un forte razzismo". Dopo questo intervento, concluso con le parole di una canzone spesso utilizzata durante le dimostrazioni per l’abolizione della pena capitale, "we shall overcome", è stato il gruppo di danza Hip hop "Young blak soulz" che ha presentato il relatore successivo, attraverso lo stesso strumento con cui questo cerca di dare una alternativa ai ragazzi di strada, la danza hip hop appunto. Tra questo momento e l’intervento di Magdaleno Rose Avila, il Sindaco di Modena Giorgio Pighi è intervenuto per sottolineare l’ingiustizia della pena di morte e focalizzare l’attenzione sulla necessità di fornire uguali diritti a tutti gli esseri umani. Dopo di lui il discorso di Magdaleno Rose Avila ha coinvolto tutti i presenti: ex membro di una gang e ora impegnato, a fianco degli altri abolizionisti e di Suor Helen Prejan (con cui ha fondato la Moratorium Campain 2002), nella lotta alla violenza. Magdaleno, in piedi davanti al pubblico, ha raccontato la sua storia, da quando girava per le strade armato di due pistole ( " ero un uomo molto violento") a come ora utilizzi proprio questa sua esperienza per comunicare con i giovani di strada che incontra e a cui cerca di mostrare un modo alternativo di vivere rispetto alla violenza della gang. " Dobbiamo mostrare ai nostri ragazzi che esiste un mondo di pace". E collegandosi a queste parole, Bill Pelke, nipote della vittima di Paula Cooper ha mostrato la foto di sua nonna Ruth. "Paula e le sue amiche, dopo aver bevuto e aver fatto uso di droghe, andarono a bussare alla porta di mia nonna in cerca di denaro da spendere nella sala giochi. Una volte entrate, chiedendo di poter assistere a una delle sue lezioni sulla Bibbia, la colpirono e la accoltellarono a morte. Paula cooper venne condannata a morte all’età di 15anni". "Per un anno ho cercato la vendetta. Poi la notte del 2 novembre 1986, mentre ero al lavoro in acciaieria, iniziai a riflettere. Mia nonna era credente e come tale non avrebbe mai voluto la morte di un altro essere umano. Fu quella notte che iniziò il mio percorso di guarigione – from violence to healing-, perché compresi che per guarire dalla mia sofferenza dovevo perdonare Paula". Bill Pelke da quella notte non ha mai smesso di lottare per l’abolizione della pena di morte, riuscendo a fare commutare la sentenza di morte di Paula che ora sta scontando una pena a sessant’anni, e portando in giro per il mondo il suo messaggio di pace e perdono. A questo punto Chiara Silva, membro della Coalizione italiana per l’abolizione della pena di morte, ha potuto, ancora una volta, mostrare il lato più umano dei condannati a morte, raccontando l’esperienza della corrispondenza. E al termine della conferenza, l’ultimo intervento,quello di Shujaa Graham, ex dead man walking. Con la voce rotta dal pianto ha rivissuto insieme a coloro che erano venuti ad ascoltarlo, la sua lotta per la sopravvivenza nei lunghi 14 anni passati in carcere:" quando vi raccontano delle storie sul braccio della morte sappiate che è tutto reale". Ha mostrato a tutti come sia possibile trasformare un’esperienza ai confini dell’umana sopportazione in un’opera per l’umanità. " sono un uomo distrutto" ha affermato, ma è proprio da questo che Shujaa trae la forza per parlare con le persone, affinchè certi orribili atti non debbano accadere mai più. Una conferenza piena di emozioni, in cui i relatori stessi si sono commossi ascoltandosi a vicenda, e che ha portato un forte messaggio di pace a tutti coloro che hanno voluto ascoltare le parole di uomini e donne che combattono affinchè il diritto alla vita sia difeso in ogni momento e in ogni luogo. E ora permettete che vi racconti il "dietro le quinte", ovvero tutte le emozioni, i momenti passati insieme a un gruppo meraviglioso di persone che mi hanno fatto comprendere come il mio desiderio di cambiare il mondo non sia semplicemente un sogno ma possa realizzarsi. In questi 10 giorni in cui sono stata insieme a Magdaleno, Bill, Shujaa, Dave, ho potuto assistere all’espressione totale dell’amore e del rispetto per tutti gli uomini e le donne. Arrivati il 13 maggio all’aeroporto di Bologna, nonostante ore di ritardo, io, Katia e Monica (con cui si è lavorato per rendere tutto questo possibile) abbiamo passato quella sera seduti a un tavolo con Shujaa, sua moglie Phyllis, e Bill Pelke. Gli altri, Dave Atwood e sua moglie Peggy, insieme a Magdaleno Avila, sarebbero arrivati alle 2 di notte. E non so se riuscirò mai a trasmettere le sensazioni che si possono provare stando, senza alcun timore o imbarazzo, seduti in circolo, mangiando insieme ad alcuni dei più grandi abolizionisti americani e parlando di pena di morte. Sì, questa è stata una delle scoperte più belle che ho fatto; un ex condannato a morte, un parente di una vittima, insieme poi ad un’abolizionista e ad un ex appartenente ad una gang nei giorni successivi, quando si trovano insieme, tra una birra e un boccone, parlano di come fare a rendere questo mondo migliore. A un certo punto della cena ho pensato di trovarmi in un film: ognuno che condivideva le proprie esperienze con gli altri, come se fossimo sempre stati insieme, come se ci conoscessimo da una vita. Purtroppo raccontarvi tutto quello che è successo in 10 giorni sarebbe impossibile; posso solo condividere con voi alcuni momenti. Posso solo dirvi con certezza che in questo periodo sono successi tanti piccoli miracoli che possono solo giungere quando davvero si sta percorrendo la strada giusta. Posso raccontarvi delle lunghe chiacchierate che ho fatto con Shujaa, l’ex dead man walking. Posso dirvi che, come lui stesso afferma, è davvero un uomo distrutto. Ogni volta che parla della sua esperienza non può fare a meno di piangere, sia che siate tu e lui, che sia nel mezzo di una conferenza. È un uomo che ha passato 14 anni in galera perché combatteva per i diritti dei neri negli Stati Uniti. È un uomo da cui ho sentito raccontare cosa ha realmente vissuto dietro quelle sbarre…un uomo a cui hanno cercato di togliere ogni briciolo di dignità, un uomo che ha passato 9 anni in isolamento totale, passando dalla sua cella alla doccia e dalla doccia alla sua cella. 9 anni. 365 giorni per 9. E quando senti certi racconti da chi davvero li ha vissuti, non puoi che trovarti catapultato in quel mondo. Lo puoi vedere Shujaa, 30enne, che per essere trasportato da un area all’altra del carcere veniva ammanettato, mani e piedi, e poi passava tra gli altri detenuti del carcere. Senti la guardia che urla " dead man walking" e gli altri detenuti, quelli della popolazione "normale " del carcere, che gridano il suo nome, esultano, tifano per lui. E lui che viene colpito, perché fa loro un cenno del capo… Li vedi i suoi compagni, a cui preparava la cena nella sua cella, dividendo con loro il cibo… Lo vedi, quando gli dissero:" Ora sei libero. Ti portiamo fuori". Lo vedi dire" No. Aspettate" e sedersi ancora nella sua cella, cercando di capire che l’incubo è finito, che non sarà ucciso dallo stato, che ora può rifarsi una vita. Che ora può vivere. Due ore per comprendere che non è un sogno e per trovare il coraggio di uscire alla luce del sole, in mezzo alla folla di persone che lo ha sostenuto per 14 anni e che lo aspetta fuori dal carcere. E correre da Phyllis, l’infermiera del carcere di cui si era innamorato e che lo amava. Gli credi quando ti dice che negli 8 anni che hanno seguito la sua liberazione lui non ha mai voluto parlare di tutto questo; dei soprusi, delle umiliazioni, del sangue e della sofferenza visti e vissuti. Gli credi quando ti dice che in vent’anni non ha mai trascorso una notte senza incubi. Sono vent’anni che i suoi fantasmi tornano, e lo circondano. Ha un’anima ferita a morte Shujaa…ma credetemi se vi dico che non ho mai conosciuto un uomo così ricco di amore e di forza da condividere con il mondo. Un grande uomo, che è riuscito a trasformare l’odio per i suoi aguzzini e tutta la sofferenza provata in amore per gli uomini di questo mondo. Ogni volta che parla, vive, Shujaa. Lo vedi agitarsi, infervorarsi, lo vedi trasmetterti tutto quello che c’è dentro di lui. Lo vedi parlare di fratellanza umana, di un altro mondo possibile se tutti crescessimo dalle esperienze altrui, uniti in una catena forte come una grande famiglia. Quando l’ultima sera gli chiesi: " dimmi come posso aiutare Roger, il mio corrispondente" lui mi rispose :" Condividi con lui un sogno. È tutto quello di cui i condannati a morte hanno bisogno per sopravvivere." Solo un sogno… Questo è Shujaa Graham, che accanto a sua moglie Phyllis e insieme all’amore dei suoi figli cerca di convivere con il suo passato, che ancora torna, a volte, sotto forma di razzismo. E poi c’era Bill Pelke…quando la domenica dopo la conferenza siamo andati al parco per un picnic tutti insieme abbiamo parlato a lungo. Mi ha raccontato dell’assassinio di sua nonna, dei particolari terrificanti, della violenza usata da Paula per uccidere una donna che neppure quasi conosceva. E subito senti che a questi ricordi riesce a unire le parole perdono, amore, compassione. Capisci quale sia il potere enorme che questi sentimenti possono avere sull’animo umano. Lo vedi soffrire e commuoversi il giorno della conferenza, dedicata a lui e a Ruth, sua nonna, nel 20esimo anniversario della morte. Ma sai che dietro quella sofferenza c’è pace, perché ha perdonato, perché è riuscito a non far uccidere Paula, che ora è una donna cresciuta e diversa. Ti rendi conto che se è lui a dirti che le persone possono cambiare allora non c’è più alcun dubbio. Pensi che se tutti ragionassero così e trovassero la sua forza, questo mondo sarebbe sicuramente diverso. E poi c’era Dave Atwood; a vederlo in foto sembra il classico inglese rigido e un po’ freddino…altro che freddino! Dovevate vederlo mentre stuzzicava Magdaleno al parco mentre si era addormentato, complice Shujaa. David che ha lavorato con noi a questa conferenza e che ha creduto in noi. Sì, quella giornata al parco è stata speciale. E pensate che loro non si erano mai trovati tutti insieme… già, a volte accadono le cose più strane nelle nostre vite. E che dire di Magdaleno… pensarlo ventenne messicano, con due pistole in tasca a capo di una gang mi ha fatto un po’effetto. E pensare che ha il coraggio di combattere, con solo la sua voce, i trafficanti di droga, presentandosi agli incontri, è qualcosa che fa venire i brividi. Pensare che cerca di trasformare le gang (non di abolirle ma di trasformarle) in un gruppo ispirato dall’amore invece che dalla violenza, mostrando a dei 14enni armati fino ai denti che esiste un’alternativa, è qualcosa di incredibile. È stato grazie a lui che è successo uno dei piccoli miracoli di cui vi parlavo, una di quelle cose inaspettate che non si sono volute. Come scoprire che Steve Earl, cantante country molto famoso negli States nonché abolizionista dichiarato, è amico di Magdaleno e che guarda caso è proprio in concerto a Modena quando il nostro amico è ancora qui… una telefonata, e giù a scrivere una petizione in 5 minuti contro la pena di morte perché Steve non solo poi ci incontrerà e ci farà assistere al concerto ma è riuscito a far mettere un banchetto per la raccolta di firme!! Beh, vi garantisco che è stato stupendo: avere la gente che si fermava a chiedere, a leggere, a dire NO alla pena di morte. E poi sentire Steve Earl che dal palco ci ringrazia e invita tutti a firmare. Beh, mi ha proprio convinto del fatto che la conferenza dovesse essere solo il primo passo di un lavoro molto più grande! Già,anche perché come abbiamo tutti detto ormai la famiglia si è allargata. Quando parli con persone di questo genere ti rendi conto che non ci sono barriere, non ci sono limiti; che l’oceano che divide noi dagli States è solo un piccolo fiume e che in realtà ci stiamo tenendo tutti per mano. Vorrei condividere con voi un’ultima bellissima esperienza; lunedì 16 abbiamo portato i nostri relatori a Reggio Emilia perché c’era un’altra conferenza a cui partecipava anche Rick Halperin, della Texas Coalition. Rick è tra i più grandi abolizionisti al mondo; la sensazione conoscendolo di persona è semplicemente meravigliosa. Non ho mai abbracciato una persona che mi desse così tante emozioni positive tutte insieme. Voglio solo dirvi cosa mi ha detto quando, dopo la cena insieme e lui e agli altri sono andata a ringraziarlo. L’ho ringraziato perché quando il mio corrispondete Bobby Swisher della Virginia ebbe fissata la data di esecuzione lui mi rimase vicino, scrivendo per darmi ogni informazione ricevesse rispetto all’esecuzione… Bene, Rick abbracciandomi mi ha risposto: "Non devi ringraziarmi perché siamo tutti una grande famiglia. Ogni volta che avrai bisogno, chiamami, dimmi cosa ti serve e io lo farò". Questo è esattamente ciò che è accaduto anche a Katia, quando lo ha avvicinato ricordandogli quanto aveva fatto quando il suo corrispondente Tracy venne giustiziato; aiutandola nel fare arrivare a Tracy le lettere più velocemente, le permise di stare vicino a quest’uomo fino agli ultimi attimi. Ho vissuto per 10 giorni su quella che mi piace definire un’isola; un’isola in cui esiste l’amore, il rispetto, in cui si crede nella non violenza e si resta uniti, sempre. Questo è lo spirito con cui tutti loro vivono e lavorano. Questo è lo spirito di coloro che credono ancora di poter cambiare il mondo. Non so a voi, ma a me piace continuare a crederci. E come mi ha scritto Magdaleno sul suo libro: Love the truth and dream the impossible. Ama la verità e sogna l’impossibile. Sempre.
|