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La storia della Sesta Opera San Fedele
La Sesta Opera San Fedele è una delle più antiche associazioni italiane di
volontariato carcerario. Nel 1923 un gruppo di liberi professionisti
della Congregazione Mariana dei Professionisti (oggi Comunità di Vita
Cristiana "Mater Ecclesiae") - che allora aveva sede presso l’Istituto
Leone XIII a Porta Volta, oggi in San Fedele - dopo aver frequentato un corso di
esercizi spirituali a Triuggio, tenuto dal gesuita padre Beretta, decise di
dedicare alcune ore alla settimana ai reclusi del carcere di San Vittore,
ottemperando così al precetto evangelico di visitare i carcerati. Nessuno di
loro avrebbe mai pensato che questa iniziativa potesse avere uno sviluppo così
significativo e duraturo. a)
colloqui con i reclusi sia maggiorenni che minorenni; b)
scuola per gli analfabeti; c)
scuola per i minorenni. Con
l’esperienza dei primi anni di attività, i volontari compresero che sarebbe
stato opportuno dividere i detenuti minorenni dagli adulti, e una proposta in
tal senso fu accolta nel 1930 dalla Direzione. Ci si rese poi conto che
non bastava portare conforto e cultura professionale, ma bisognava aiutare i
detenuti nelle loro necessità pratiche, in particolare quando, al termine della
pena, dovevano affrontare il difficile reinserimento nella società. Prese
corpo, allora, l’idea dell'assistenza post- carceraria e in pieno accordo con
la Procura furono creati:
Fra gli interventi del gruppo negli anni Trenta vale la pena ricordare l'impianto radiofonico donato nel 1938 al carcere di S. Vittore. L'impianto resisterà più di mezzo secolo, e il suo ammodernamento, avvenuto nel 1987 su richiesta del Cappellano don Giorgio Caniato (oggi Ispettore Generale dei Cappellani delle Carceri Italiane presso il Ministero della Giustizia), si è realizzato ancora con il contributo della Sesta Opera.
Nel 1942 gli eventi bellici costrinsero alla sospensione dell'attività,
che fu riavviata alla fine della guerra quando il gruppo chiese alla Direzione
di San Vittore di poter riprendere l'antico impegno. La Direzione accolse
favorevolmente la richiesta, proponendo però di iscriversi a due Associazioni
laiche, che nel frattempo erano sorte per iniziativa di ex detenuti politici e
che in quel momento erano le sole autorizzate a entrare nel carcere. Il gruppo prese atto
della situazione, si iscrisse alle due associazioni e nel 1946 riprese
a entrare in carcere con il nome di "Patronato di Assistenza Carceraria e
Post Carceraria". Le
due Associazioni laiche si chiamavano "Rinascita Sociale" e "Patronato
Suor Maria Enrichetta", a ricordo della suora che tanto fece durante la
guerra a favore dei reclusi politici. La Associazione
"Rinascita Sociale" svolgeva prevalentemente una attività di studio e
di statistica, mentre la Associazione "Suor Maria Enrichetta"
organizzava corsi professionali per meccanici, elettricisti, lucidatori di
mobili e rilegatori. I nostri volontari seguivano gli allievi e le loro
famiglie nel sostegno morale e materiale. Nel 1948 i
volontari, su invito del direttore di S. Vittore, Comm. Borgioli,
promossero la ricostruzione del Centro Clinico offrendo le attrezzature
radiologiche ed odontoiatriche. Una lapide nel carcere ricorda l'iniziativa.
In quell'anno il sodalizio si trasferì dall'Istituto Leone XIII a Piazza S.
Fedele 4, nuova residenza dei Padri Gesuiti. Dopo un periodo di
collaborazione il nostro gruppo si staccò dalla Associazione "Rinascita
Sociale", non condividendo il tipo di lavoro che essa svolgeva; proseguì
invece la collaborazione con il "Patronato Suor Maria Enrichetta", finché,
istituita ad opera dello Stato la scuola professionale in carcere, il
Patronato non ebbe più ragione di esistere e si sciolse. Anche la Associazione
"Rinascita Sociale" sospese in quel periodo la sua attività e pertanto il
nostro Patronato tornò ad essere il solo ad operare nel carcere. Nel 40° anno di
fondazione del Gruppo e per la ventennale attività della Sesta Opera San
Fedele il Comandante del carcere venne a Milano per la consegna di una
statuetta voluta e realizzata dai militari in segno di ringraziamento. Preoccupati per
questi orientamenti, i volontari decisero di costituirsi giuridicamente in
Associazione, ritenendo che questa fosse la maniera migliore per far sentire
la loro voce. Fu così che il 30
novembre 1963, presso il notaio Domenico Moretti, venne formalmente
costituita la Associazione "Sesta Opera San Fedele". I
soci fondatori furono: Luigi Bigliano (geometra, anno di nascita 1911); Enzo
Costantini (ragioniere, 1904); Cesare Cucchiani (ragioniere, 1892); Rosolino
Ferrari (impiegato, 1925); Cesare Frezzini (avvocato, 1922); Giovanni Lazzati
(imprenditore, 1905); Francesco Legnani (imprenditore, 1910); Giovanni
Battista Legnani (imprenditore, 1926); Giuseppe Legnani (ragioniere, 1937);
Luigi Manfrinati (impiegato, 1898); Alfredo Torre (medico, 1900); Silvio Medda
(colonnello, 1906); Ruggero Ascoli (professore, 1904); Luigi Gatti
(imprenditore, 1934); Eugenio Genovese (professore, 1927); Enzo Porcellini
(perito industriale, 1925); Ferdinando Porta (imprenditore, 1904). Il
primo Comitato di Presidenza era così costituito: Cav. G. B. Legnani
(Presidente); Geom. L. Brigliano (Vice Presidente); Rag. E. Costantini
(Tesoriere); Dott. M. Dovera (Consultore); Sig. R. Ferrari (Consultore); Rag.
G. Legnani (Consultore); Avv. C. Frezzini (Segretario). Collegio
Revisori: C. Cucchiani; L. Manfrinati, S. Medda. La
Sesta
Opera San Fedele nasce come associazione apolitica, senza fini di lucro, con
lo scopi di: a)
visitare e assistere i detenuti; assistere le loro famiglie; assisterli al
momento della liberazione; b)
stabilire il collegamento e il coordinamento con Enti e Associazioni, pubbliche
o private , aventi per scopo la assistenza carceraria e post carceraria; c)
collaborare con gli organi statali, centrali e periferici; con i cappellani e
con l’ispettorato dei cappellani; d)
studiare i problemi riguardanti la assistenza carceraria e post, allo scopo di
contribuire alla formulazione di nuove norme legislative in materia carceraria; e) svolgere attività divulgativa tendente ad attenuare nella opinione pubblica i pregiudizi nei riguardi degli ex detenuti, sensibilizzandola ai loro problemi. Nel 1968 la Azione Cattolica Italiana si fece promotrice - soprattutto
su impulso della Sesta Opera - del coordinamento degli enti e dei singoli
volontari impegnati nell'assistenza carceraria, costituendo un Segretariato
Enti Assistenza Carceraria (S.E.A.C.). Forte
della adesione di 120 Enti, il S.E.A.C. poté far pressione sul legislatore
perché riconoscesse nel volontariato carcerario la forma migliore di
operatività per la rieducazione del detenuto. Nella
nuova legge vennero formulati e inseriti gli articoli 17, 45, 46, 78 medianti
i quali gli assistenti volontari furono formalmente istituiti per legge. Dall’inizio degli anni settanta ad oggi, tre nuove e inaspettate emergenze
irruppero nella realtà sociale e quindi carceraria : il terrorismo, la
diffusione della droga, gli extra - comunitari. Negli anni del
terrorismo delle Brigate Rosse, in San Vittore nacquero, per desiderio dei
brigatisti reclusi e dei detenuti comuni, i laboratori di serigrafia,
pelletteria, falegnameria e la redazione del giornale "Senza titolo".
I detenuti invitarono la Direzione ad interpellare la Sesta Opera perché
potesse collaborare con loro e tenere la amministrazione di queste attività.
La Sesta Opera collaborò inoltre attivamente all’acquisto dei materiali
necessari e di alcune macchine. Sullo slancio nacque
l’idea di creare all’esterno un laboratorio di pelletteria per dare al
detenuto, in procinto di uscire dal carcere, la possibilità di un lavoro. La Sesta Opera fondò
la cooperativa "Tirem Innanz" per la lavorazione di pelletteria,
acquistando i macchinari; fu inoltre ristrutturato un vecchio capannone
dotandolo di un modernissimo impianto elettrico che assicurava la sicurezza
sul lavoro. Nel 1996 la Sesta Opera accoglie la proposta di diventare Editore del
giornale di San Vittore, che viene chiamato "Magazine 2". Da parecchi anni la
Sesta Opera, su espressa richiesta dei detenuti responsabili della attività
sportiva di San Vittore, amministra il contributo che il Comune di Milano
assegna alla sezione sportiva.
la
Sesta Opera gestisce un appartamento che offre ospitalità ai familiari dei
detenuti in visita ai loro congiunti e non in grado di sostenere le spese di
soggiorno in città. L'appartamento è destinato anche ai detenuti in
"permesso premio".
la Sesta Opera ha attivato, presso la sede di Piazza San
Fedele 4, Milano, un Centro
d'Ascolto e assistenza a famiglie di detenuti o a ex detenuti. Nel 2001 è
entrato in funzione un nuovo appartamento destinato a ex detenuti nella prima
prima fase di reinserimento "dopo e fuori" l'esperienza carceraria. Il 7 dicembre 1978, festa di Sant’Ambrogio, patrono di Milano, a
riconoscimento dei suoi 55 anni i attività assistenziale a favore dei detenuti
e dell'apporto alla creazione del Centro Clinico di San Vittore,
l'Associazione venne premiata dal Comune di Milano.
Nel gennaio 1998
l'Associazione ha organizzato il convegno "Con loro: Volontariato
carcerario e detenuti stranieri", cui hanno partecipato il Cardinale C.
M. Martini, numerosi consoli e l'emerito Presidente della Corte Costituzionale
Giovann
i Cons I soci della Associazione si distinguono in:
La
Associazione è governata da un Comitato di Presidenza, eletto dalla Assemblea
dei soci, che rimane in carica per tre anni. I momenti di
formazione sono molto importanti perché il volontario agisca, oltre che con
il cuore, anche con professionalità. Occorre un consistente bagaglio
culturale da costituire con un iniziale corso di formazione, da aggiornare poi
periodicamente in modo da essere sempre al corrente delle innovazioni
legislative (dalle norme su tossicodipendenti ed extracomunitari, alle misure
alternative). A partire dal 1981, ogni 3 anni, si sono tenuti corsi formativi
ed informativi per aspiranti assistenti volontari, a cura di docenti
provenienti dal mondo universitario, giudiziario e penitenziario.
La Associazione richiede mezzi finanziari notevoli perché il soccorso
materiale abbia un minimo di efficacia. I mezzi provengono dalle quote sociali
dei soci, da amici degli stessi volontari, da ditte e da Enti cui la
Associazione si rivolge. Tuttavia si deve dire che non è facile ottenere aiuti per i detenuti: non c’è molta pietà verso di loro. Anzi spesso c’è astio e cieco desiderio di punizione. Spesso ci si sente dire "tu sei un pazzo ad aiutare quella gente: che stia in galera, che soffra". Oppure "loro stanno meglio di noi; hanno tutto, anche la televisione". Non sanno cosa vuol dire restare 21 ore su 24 in cella con altre tre o quattro persone. E talvolta può anche accadere che non siano colpevoli: in ogni caso sia da noi lontana la tentazione del giudizio morale. Nella situazione attuale - che vede in tanti casi i volontari impegnati a fare opera di supplenza delle Istituzioni - molte risorse sono destinate alle quotidiane necessità dei detenuti, soprattutto dei tossicodipendenti e degli extracomunitari. Queste due categorie quasi mai hanno alle spalle una famiglia, per cui sono privi di tutto: posseggono sono quello che hanno indosso al momento dell’arresto. I volontari debbono procurare loro biancheria intima, ciabatte, scarpe, jeans, bluse, etc. e inoltre qualche aiuto economico per fronteggiare la quotidianità. I problemi del reinserimento, poi, sono così complessi e difficili, da richiedere uno sforzo enorme anche per conseguire i più piccoli risultati: reinserire ex detenuti è un compito che si scontra con difficoltà quasi proibitive. Noi continuiamo a sollecitare le Istituzioni a non eludere questo problema cruciale, che richiede risorse e strutture fuori dalla portata del volontariato. Un forte e reale impegno dello Stato per il reinserimento sociale del detenuto, consentirebbe alle forze di volontariato, in particolare quello cristiano, di concentrarsi maggiormente sul terreno in cui si esprime la sua più forte identità e vocazione: portare amicizia, solidarietà, conforto. Nessun carcere, nessun Stato, anche il più socialmente avanzato, potrà mai alleviare la mancanza degli affetti, che è la cosa che più fa soffrire il detenuto. I volontari, con la loro azione totalmente gratuita, sono gli interlocutori ideali non sostituibili dagli educatori, dagli assistenti sociali, dagli psicologi, che fanno parte della struttura carceraria in cui devono svolgere il loro compito in modo imparziale e inevitabilmente "impersonale". L’amicizia invece, in quanto selettiva e frutto di affinità, è parziale e personale, è relazione io-tu: "La condizione fondamentale per l'istituirsi di una vera conversazione è che ognuno consideri il suo interlocutore come quest'uomo, proprio questo. Intuisco lui, intuisco ciò per cui egli è altro, essenzialmente altro da me, in questo modo unico, caratteristico, suo proprio, essenzialmente diverso da me, e accetto l'uomo che ho intuito, così da potere in tutta serietà indirizzare a lui, in quanto lui, la mia parola" (Martin Buber). I problemi del "dopo e fuori" costituiscono una sfida alla quale, comunque, il volontariato non può sottrarsi: occorre affrontarla senza velleitarismi, ma consapevoli della indispensabilità del proprio ruolo. La capacità di mobilitare nuove risorse e trovare nuovi strumenti di intervento, è un impegno che la Sesta Opera affronta oggi con lo spirito di cui gli iniziatori di questo cammino ci hanno trasmesso l'eredità di cui siamo grati al Signore.
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