Tra lavoro e non lavoro

 

Tra lavoro e non lavoro

di Licia Rita Roselli e Monica Vitali

 

7.1 - Il nuovo lavoro penitenziario tra pubblico e privato

 

In una ideale breve storia del lavoro penitenziario, sono riscontrabili fasi diverse caratterizzate da un particolare atteggiamento del legislatore nei confronti del fenomeno del lavoro penitenziario, nei suoi due aspetti fondamentali del lavoro intramurario, svolto all’interno dell’istituzione carceraria, alle dipendenze dell’amministrazione stessa o di altri soggetti, pubblici o privati, rispetto al lavoro extramurario, svolto fuori dalle mura del carcere, utilizzando gli strumenti di esecuzione alternativa della pena, quali il lavoro all’esterno e la semilibertà.

Come è agevole ricavare dai dati statistici, si tratta in ogni caso di una casistica estremamente limitata, dal momento che la percentuale dei detenuti occupati in attività lavorativa è in costante diminuzione né potrebbe essere altrimenti, sostanzialmente per due ordini di motivi.

Nel primo caso, interno all’organizzazione dell’istituzione, rientrano sia la circostanza che il numero dei posti di lavoro disponibili negli istituti in lavori domestici, cioè in quelli che corrispondono ai compiti necessari per far funzionare la macchina carcere, è stabile e invariato, malgrado l’aumento esponenziale del numero dei carcerati e il mutamento della sua composizione, segnato in larga parte da detenuti stranieri, privi di prospettive giuridiche ed economiche di inserimento nella realtà esterna italiana. Nel secondo caso, esterno e legato al mutamento della realtà sociale e del mondo del lavoro, rientrano sia il sostanziale fallimento delle lavorazioni, cioè del lavoro di produzione interno agli istituti, privo di convenienza economica per le imprese esterne, sia la realtà del mondo del lavoro attuale, caratterizzato da una flessibilità in entrata che non si concilia con i tempi elefantiaci e le rigidità dell’amministrazione penitenziaria e della Magistratura di Sorveglianza.

L’evoluzione legislativa sembra aver recepito queste modificazioni del carcere e della realtà esterna, configurando una ulteriore fase storica del lavoro penitenziario: nella fase precedente, quella conseguente alla Legge Gozzini del 1986, ci si era orientati verso l’aumento delle misure alternative nella convinzione di un parallelo aumento delle occasioni di lavoro extramurario per i detenuti.

Quando la legislazione si è successivamente indirizzata verso un restringimento delle possibilità di accesso ai benefici, si è parallelamente assistito ad un corrispondente allargamento delle ipotesi di lavoro intramurario, in correlazione alle ridotte possibilità di svolgimento di attività lavorative all’esterno per le note limitazioni introdotte con l’art. 4 bis OP.

Questa evoluzione è approdata al suo punto finale nel giugno 2000 con l’adozione del nuovo Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 e l’approvazione della L. 22 giugno 2000 n. 193, la cosiddetta Legge Smuraglia.

Al di là della valutazione positiva o meno della scelta legislativa e, soprattutto, della reale volontà politica di renderla operante in concreto, va rilevato come con questi provvedimenti l’impianto legislativo sia giunto al suo punto di massima espansione: da questo punto di vista, non è possibile immaginare allo stato un ulteriore sforzo in termini legislativi per colmare il divario tra il lavoro libero ed il lavoro penitenziario assistito. La strada prescelta è quella della privatizzazione del carcere attraverso l’ampliamento dello spazio di operatività del privato sociale e imprenditoriale da settori più propriamente produttivi a settori tradizionalmente di diretta gestione pubblica, quali appunto i lavori domestici, incentivando l’ingresso di nuovi soggetti dalla società civile. In particolare, il nuovo regolamento recepisce in materia di organizzazione del lavoro l’impostazione già contenuta nelle modifiche alla legge penitenziaria del 1993, specificando le regole per la gestione delle lavorazioni penitenziarie, all’interno e all’esterno degli istituti, e dei servizi interni all’istituto, assunta in proprio e direttamente dagli imprenditori pubblici o privati e dalle cooperative sociali.

Gli aspetti più rilevanti sono in primo luogo quello della duplice possibilità per le lavorazioni di essere organizzate e gestite o dalle direzioni degli istituti, secondo le linee programmatiche determinate dai provveditori, ovvero da imprese pubbliche e private e da cooperative sociali, in locali concessi in comodato dalle direzioni. In secondo luogo, quello della possibilità di configurare un sistema differenziato di gestione dei servizi interni da parte di cooperative sociali convenzionate. Lo strumento introdotto in queste ipotesi per regolare i rapporti tra direzioni e imprese o cooperative è quello delle convenzioni, largamente presente anche nella Legge Smuraglia. I detenuti in questo caso divengono diretti dipendenti delle imprese o cooperative che gestiscono le lavorazioni o i servizi interni cui sono addetti. Lo scopo palese è l’allargamento delle possibilità di operatività del privato sociale ed imprenditoriale che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe orientarsi non solo verso i settori produttivi tradizionali, ma anche verso i settori tradizionalmente oggetto di diretta gestione pubblica.

Quanto alla Legge Smuraglia, allo stesso modo si propone di promuovere un più agevole accesso da parte dei detenuti alle opportunità lavorative attraverso un sistema di incentivazione fiscale e contributivo: non potendo agire sulla retribuzione, si è scelto di introdurre un sistema di aliquote contributive ridotte per le retribuzioni corrisposte ai detenuti e internati negli istituti penitenziari, ivi compresi gli ammessi al lavoro all’esterno, mentre resta fermo l’azzeramento dei contributi dovuti dalle cooperative sociali agli ammessi alle misure alternative alla detenzione che lavorino all’esterno dell’istituto, in affidamento, semilibertà o detenzione domiciliare.

Gli sgravi contributivi si applicano anche per un periodo ulteriore di sei mesi dalla data di scarcerazione. Questo sistema differenziato viene esteso anche alle imprese pubbliche e private che organizzano attività produttive o di servizi all’interno degli istituti impiegando dipendenti detenuti o internati. Il disegno è evidente: ridurre, se non colmare interamente, la debolezza intrinseca del lavoro dei detenuti rispetto a quello libero, consentendo e favorendo la privatizzazione non solo delle attività produttive in senso proprio, bensì anche dei servizi negli istituti attribuiti tradizionalmente alla diretta gestione dell’amministrazione penitenziaria.

La conseguenza ultima di una simile scelta di fondo sarà quella della possibile coesistenza all’interno di un istituto di identiche posizioni lavorative, quanto alle mansioni, sono sottoposte però a trattamenti giuridici ed economici diversi e a un diverso livello di diritti e tutela, a seconda della modalità scelta per la gestione del servizio, cioè pubblica, privata o attraverso le convenzioni con cooperative sociali. In questa fase, è difficile ipotizzare se uno scenario del genere si tradurrà in un livellamento verso il basso o verso l’alto della disciplina standard del lavoro per i detenuti, perché la mancata emanazione dei decreti in cui vengono stabiliti annualmente le modalità ed entità delle agevolazioni e degli sgravi fiscali, sulla base delle risorse finanziarie stanziate, ha frenato, per non dire bloccato, la concreta applicazione delle norme. Comprensibilmente, il mondo produttivo vuole capire qual è lo spazio di convenienza economica prima di intraprendere una gestione di servizi e attività produttive con l’impiego di manodopera carceraria: questo spazio può essere solamente in termini di agevolazioni contributive e fiscali e la sua mancata concretizzazione impedisce sul nascere ogni concreta iniziativa imprenditoriale.

 

7.2

Il ruolo dei servizi pubblici per l’impiego

e gli altri soggetti coinvolti

 

Fra le innovazioni introdotte dal D. Lgs. 469/97 (art. 10) e in conseguenza del recepimento delle indicazioni dell’Unione europea, si è concluso il monopolio della gestione esclusivamente pubblica del cosiddetto "collocamento". Anche soggetti privati, debitamente qualificati, attrezzati e autorizzati dal ministero del Lavoro, possono svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro.

L’apertura al "privato" non deve tuttavia disconoscere un ruolo essenziale che resta in capo ai Servizi pubblici territoriali per l’impiego. Le più tradizionali prassi amministrative stanno sempre più cedendo il passo ad azioni d’informazione, promozione, sostegno, orientamento, riqualificazione, rimotivazione e sviluppo della professionalità dei soggetti, accanto alla gestione di agevolazione ed incentivi alle imprese, nonché di misure per il sostegno e l’avvio del lavoro autonomo o per lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali.

In questo quadro però è fondamentale attivare sinergie fra risposte pubbliche e private. Infatti in molti contesti locali sono presenti iniziative, sperimentazioni e buone prassi avviate da operatori o strutture territoriali, sia afferenti ai servizi sociali comunali, o alle ASL, sia al terzo settore, e costituisce un patrimonio di esperienze da conoscere e valorizzare, e soprattutto da incentivare, la creazione di reti integrate territoriali, fra pubblico e privato e tra privato e privato, che lavorino insieme per portare a compimento percorsi i quali giungano fino alla piena integrazione lavorativa e sociale del soggetto svantaggiato.

Le intuizioni dei soggetti afferenti al terzo settore e al privato sociale, spesso più sensibili a determinate istanze dell’area dello svantaggio e più agili sul territorio, possono costruttivamente connettersi ai compiti ed alle funzioni delle strutture pubbliche preposte all’impiego, ma è essenziale che si costruisca una relazione armonica e paritaria, rispettosa delle reciprocità, non cristallizzata ma sinergica, capace di progettare risposte innovative grazie al portato specifico dei differenti attori, in grado di modulare le attività in relazione ad un’attenta analisi dei bisogni e delle opportunità.

 

7.2.1 Annotazioni sul lavoro all’interno degli istituti penitenziari

 

La quasi totalità del lavoro negli istituti si svolge per cooperative sociali e per l’amministrazione penitenziaria. Per le aziende, allo stato attuale, è poco conveniente e spesso troppo macchinoso realizzare posti di lavoro all’interno degli istituti. Rimangono le cooperative sociali di tipo B, in costante ricerca di commesse per sopravvivere. Bisogna trovare i modi e le occasioni strutturali di sostegno non assistenziale, giacché si prendono l’incombenza di tenere e mantenere il lavoro all’interno degli istituti. Ad esempio, l’Amministrazione penitenziaria e gli enti locali possono affidare parte delle commesse di lavoro dato all’esterno a queste cooperative.

I lavori svolti per l’Amministrazione penitenziaria hanno la caratteristica di essere lavori di basso profilo professionale, e in ritardo costante nei pagamenti dei compensi dovuti. Inoltre sono impieghi per poche ore al giorno, senza un meccanismo trasparente di assegnazione, per lo meno sconosciuto alla gran parte dei detenuti. Esistono invece per legge delle commissioni, formate anche da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, che indicano, valutano le liste e i criteri di assegnazione. Spesso nelle carceri queste commissioni non sono rinnovate o non sono nemmeno istituite.

 

7.3

Le esperienze in atto

 

Frequentemente i servizi di orientamento e di inserimento lavorativo di detenuti sono poco pubblicizzati, nel senso che non ci si conosce anche sullo stesso territorio, ed è difficile avere rapporti tra territori ed esperienze diverse. La conoscenza è importante, sia per "sfruttare" le buone prassi avviate, sia per "fare rete" anche a livelli più ampi.

La nostra pratica ci conferma che è difficile e poco produttivo esportare modelli di servizi da altri luoghi così come sono stati concepiti, ognuno deve trovare la sua formula a partire dalla conoscenza e dalle attività già presenti e soprattutto dalle risorse disponibili, quindi mutuare strumenti, procedure e obiettivi. Questo è il momento adatto per fare in modo che i territori si attivino per implementare attività di orientamento e di inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. Proprio per attuare le leggi esistenti di gestione decentrata del Collocamento, ogni Provincia dovrebbe garantire e finanziare questi servizi, decidendo modalità e procedure: se gestirle in proprio, se affidarlo al privato sociale, se in forma mista, anche con il coinvolgimento di altri enti pubblici (Comune, ASL, Amministrazione penitenziaria).

Per ottenere risultati al meglio delle possibilità i servizi esistenti hanno bisogno di norme e leggi da utilizzare in modo sequenziale ed armonico, mentre spesso si lavora con strumenti carenti, o leggi che talvolta collidono o si sovrappongono. Inoltre le legislazioni regionali sono molto differenti fra loro, quindi alcuni territori possono utilizzare buone norme decentrate mentre altri si devono affidare alla normativa nazionale, spesso mancante sul piano attuativo, con il risultato sotto gli occhi di tutti di avere carceri sovraffollate di cittadini senza speranze e che i casi andati a buon fine sono numericamente sproporzionati all’impegno profuso dagli operatori, privati e pubblici.

 

7.3.1. Il PILD di Firenze

 

Il PILD è un servizio ideato nel 1994 dall’Associazione Container per fornire ai detenuti una conoscenza basilare dell’insieme del mondo del lavoro e, contemporaneamente, dare delle prime risposte immediate o comunque degli indirizzi concretamente percorribili. Ciò tenuto conto della diversità di figure e problematiche spesso coincidenti (immigrati, tossicodipendenti etc.) accomunabili in linea di massima da una scarsa conoscenza della realtà lavorativa, della cultura che vi sottintende, dei meccanismi di ingresso nel mercato occupazionale, dei diritti e doveri che lo regolano, della richiesta formativa emergente e così via.

Tale funzione propedeutica, volta a fornire gli strumenti informativi per iniziare ad orientarsi e ad evidenziare tanto i limiti personali in tal senso quanto i punti di forza da cui partire, deve necessariamente affrontare tutti gli altri aspetti strettamente collegati e che rappresentano quegli ostacoli alla partenza che impediscono l’avvio di un percorso. Fattori obiettivi di svantaggio possono essere diversi, ed è bene partire da questi reali bisogni per costruire modelli operativi sufficientemente elastici. Allo stesso modo, la figura dell’operatore deve essere eclettica, in grado di spaziare su settori diversi, e mobile anche fisicamente per andare incontro a chi difficilmente si presenta spontaneamente nei luoghi istituzionalmente deputati.

La possibilità di accedere all’indennità di disoccupazione per quanti lavorano in carcere o di ottenere una pensione di invalidità, sono aspetti fondamentali per l’approccio al lavoro. Diritti spesso difficili da ottenere dovendo seguire i normali iter burocratici e che quindi vanno ad alimentare quella sfiducia personale che si somma ai motivi oggettivi dello svantaggio.

Pertanto il servizio a cui è chiamato un "operatore sociale del lavoro", stante l’ampiezza delle problematiche da dover conoscere e affrontare, non può che essere di pre-orientamento, lasciando alle figure professionali specifiche gli eventuali sviluppi nel campo della formazione, dell’orientamento al lavoro o degli altri ambiti collegati.

A questa seconda fase ovviamente accede quel target più ristretto di persone che hanno trovato soluzioni adeguate attraverso l’iniziale attività di informazione allargata e volta a garantire le conoscenze essenziali e i diritti minimi a tutti. Quanti presentano i prerequisiti basilari per presentarsi sul mercato del lavoro ed affrontare i passaggi obbligati della formazione, del rapporto con i diversi canali per l’impiego, di ricerca personale del lavoro hanno oltremodo bisogno di quel sostegno graduato caso per caso che l’operatore in qualità di tutor deve assicurare. Il superamento della condizione comune di precarietà, infatti, passa dall’acquisizione pura e semplice di un bagaglio informativo alla messa in atto di azioni coerenti, risentendo della scarsa abitudine a muoversi tra i canali privati e pubblici del lavoro, della difficoltà nella ricostruzione di un profilo professionale accettabile e dell’insieme di strascichi giudiziari o sociosanitari di origine diversa. Ecco che il momento di incontro con un datore di lavoro può essere facilitato dalla capacità del tutor di "contrattare" la forma più adeguata di inserimento, ricorrendo alle normative che possano agevolarlo. Pertanto l’operatore nel seguire la persona da reinserire deve intervenire contemporaneamente nei rapporti con i soggetti del pubblico e del privato, cercando soluzioni agili per superare gli iter più complessi o costruendo, ad esempio, una rete di rapporti con imprese disponibili a favorire l’ingresso di soggetti svantaggiati. Ciò impone dall’altra parte, la costituzione di un albo delle professionalità che tenga conto delle condizioni sociali e dei per corsi precedenti.

 

Ricerca del lavoro

 

Per i detenuti le possibilità immediate sono offerte principalmente dalle cooperative sociali presenti sul territorio o riconsiderando conoscenze di lavoro precedenti con cui tentare un approccio. Per gli esterni si possono indicare anche le Agenzie interinali se possiedono qualche specifica competenza. Quindi indicare i Centri per l’Impiego o altri luoghi dove trovare informazioni utili (annunci vari) e personale preparato. Utile può essere suggerire come contattare un’azienda, preparare un curriculum vitae e affrontare un colloquio di lavoro. In quest’ultimo caso è bene far conoscere le modalità di contratto e agevolazioni varie che possano favorire l’azienda nell’assunzione.

 

7.3.2. Il CILO di Rebibbia Penale di Roma

 

Il senso dello sportello CILO (Centro di iniziativa locale per l’occupazione) di Rebibbia è di offrire un «servizio di orientamento ed assistenza tecnica all’inserimento e reinserimento per detenuti o ex detenuti nel mercato del lavoro».

Uno sportello che è già attivo in carcere e vuole ridurre il distacco fra carcere e società. Un distacco che produce a sua volta effetti di disorientamento. Lo sportello CILO Rebibbia, istituito con delibera di giunta del 30 maggio 2001 è stato affidato dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche per le periferie, per lo Sviluppo locale, per il Lavoro, a seguito di apposita convenzione sottoscritta il 12 giugno alla società consortile Informagiovani, capofila della ATI con la società Soluzioni.

Il consorzio Informagiovani a r.l. ha già gestito dal 1996 al 1999 i CILO del Comune di Roma. La società Soluzioni si è occupata anche del decollo di cooperative composte da detenuti. L’oggetto della convenzione riguarda la costituzione di un servizio di orientamento e assistenza tecnica all’inserimento e reinserimento per detenuti ed ex detenuti nel mercato del lavoro. La struttura fornisce informazioni, orientamento alle scelte e consulenze ai detenuti al fine di rafforzarne le capacità di autonomo inserimento al lavoro in collaborazione con la rete dei servizi per l’impiego e le sezioni circoscrizionali per l’impiego e per il collocamento agricoltura (SCICA). Il servizio vuole altresì orientare la domanda lavorativa verso centri specializzati nell’assistenza e nel collocamento, in collegamento con il provveditorato agli studi, i distretti scolastici, i laboratori di quartiere interessati dall’amministrazione comunale. Cura, al momento della dimissione dei detenuti, la presentazione dell’utente ad uno degli sportelli presenti sul territorio, svolge l’analisi dei bisogni formativi e occupazionali, rileva le competenze individuali e le valorizza, fornisce informazioni sistematiche su percorsi di reinserimento specifici, tirocini e borse di studio, legislazione in materia di diritto del lavoro, pari opportunità, legislazione nazionale e regionale in materia di autoimprenditorialità.

Lo sportello intende valorizzare quindi le capacità progettuali del detenuto e porsi quale soggetto canalizzatore di risorse. Il progetto prevede una struttura organizzativa composta da una direzione tecnica che sovrintende la gestione complessiva del progetto e da 4 operatori, due esperti di orientamento, un consulente di impresa e uno psicologo. Il progetto prevede una suddivisione in fasi: una fase preliminare, una fase di informazione e orientamento, percorsi specifici di orientamento, l’attivazione di laboratori di ricerca attiva sul lavoro, l’attivazione di laboratori di impresa e del servizio di documentazione. Ha avuto inizio il 16 luglio 2001.

Lo sportello, attivo in carcere, funziona per diciotto ore settimanali durante le quali esperti di orientamento svolgono colloqui mirati con i detenuti, cercando anche di scoprirne le capacità nascoste. Un locale esterno al carcere, che è stato attrezzato con computer, fax, stampante, fotocopiatrice, linea telefonica, internet, funziona da back office. In tale ufficio è stata installata la banca dati che contiene informazioni su: concorsi pubblici, siti lavorativi, esperienze significative nel campo della detenzione, avvisi pubblici, graduatorie di esami, contratti di formazione lavoro, corsi di formazione professionale, borse di studio, corsi di laurea e di specializzazione, tirocini e stage, gazzette ufficiali, offerte di lavoro.

Dopo i primissimi mesi di lavoro sono stati svolti 40 colloqui individuali. Per 30 persone detenute è stato compilato il questionario. 5 sono gli stranieri che si sono rivolti allo sportello. 6 detenuti hanno manifestato l’intenzione di dar vita ad una propria attività imprenditoriale. La maggior parte di coloro che si sono rivolti allo sportello (66 %) ha conseguito in carcere un diploma di scuola media superiore o di qualifica professionale, il 21 % dispone di un titolo di scuola media inferiore, il 13 % non ha concluso le scuole dell’obbligo. Le esperienze lavorative pregresse alla detenzione sono saltuarie e discontinue. Le aspirazioni professionali sono le più svariate. Sempre l’Assessorato al Lavoro, attraverso il CILO, fornisce animazione all’autoiprenditorialità rispetto a prospettive di finanziamento di progetti e idee imprenditoriali.

 

7.3.3. Lo Sportello di Brescia

 

L’Associazione Carcere e Territorio di Brescia gestisce lo Sportello d’orientamento al lavoro per persone detenute o ex detenute grazie ad una convenzione con l’Amministrazione provinciale di Brescia, di durata annuale e rinnovabile, stipulata nell’ambito del "Progetto Carcere", promosso dalla Provincia di Brescia stessa e sottoscritto da varie parti sociali ed istituzionali interessate all’esecuzione penale e all’individuazione di opportunità lavorative per persone condannate e detenute o in misura alternativa al carcere o ex detenute (associazioni, sindacati, CSSA, Direzione penitenziaria, Tribunale di Sorveglianza, etc.). Attivo da settembre 2001.

L’attività dello Sportello d’orientamento al lavoro del detenuto, si sostanzia in due fasi principali. La prima fase è quella della segnalazione del soggetto che può avvenire attraverso differenti canali, la famiglia, operatori sociali delle cooperative che conoscono il progetto e/o aderiscono a consorzi di cooperative sociali convenzionate con Carcere e Territorio, gli stessi operatori penitenziari, educatori che lavorano all’interno delle due carceri di Brescia, assistenti sociali del centro di servizio sociale adulti, volontari della stessa associazione Carcere e Territorio oppure della Caritas di Brescia. L’obiettivo è quello di costruire una rete, fra vari enti pubblici e privati, in modo tale da riuscire a ricongiungere i singoli interventi sulla persona condannata, al fine di evitare sovrapposizioni fra le stesse parti e nel tentativo di ottimizzare le risorse predisponendo, dove è possibile, percorsi il più vicino possibile alle esigenze e alle condizioni del soggetto.

Nella fase successiva vengono coinvolte imprese industriali o artigianali, con le quali esistono pregressi rapporti di conoscenza, o cooperative sociali che attualmente si dimostrano lo strumento elettivo per la realizzazione di percorsi di inserimento sociale di persone sottoposte ad esecuzione penale per proporre la persona in carico, tenendo conto delle caratteristiche personali e professionali espresse dalla persona stessa.

Una prima valutazione propedeutica all’azione di orientamento avviene attraverso l’effettuazione di colloqui all’interno del carcere con gli operatori dello sportello, o attraverso incontri esterni nel caso di arresti domiciliari o di detenzione domiciliare.

Una volta disegnato il profilo della persona si cerca di individuare la realtà maggiormente consona alle caratteristiche del soggetto. Se la domanda e l’offerta s’incontrano, la presa in carico del detenuto e l’inserimento nell’impresa possono sostanziarsi. Nel caso invece in cui non si abbia un esito positivo, le persone vengono inserite nell’archivio dello sportello per essere successivamente ricontattate e per monitorare periodicamente la loro situazione, ponendo attenzione all’esigenza di riaggiornare le priorità processuali.

Per poter risultare maggiormente fruibile, come servizio sul territorio, ed ottimizzare il proprio operato, l’Associazione Carcere e Territorio ha stipulato una convenzione con il consorzio di cooperative sociali TENDA, attraverso la quale intende implementare l’attività di orientamento al lavoro del detenuto, sfruttando le risorse dello Sportello di Integrazione e Lavoro del consorzio già attivo e cercando quindi di rispondere al meglio ai molteplici bisogni espressi dai detenuti ed anche dalle loro famiglie. Lo sportello prevede un’apertura al pubblico a Brescia, in locali all’uopo messi a disposizione dall’Amministrazione Provinciale, per due mattine alla settimana, oltre alla disponibilità costante proveniente dallo sportello aperto dal consorzio TENDA nel proprio territorio. La supervisione scientifica dello sportello è affidata al vicepresidente dell’Associazione Carcere e Territorio, criminologo, docente della locale Università.

 

7.3.4. Il Servizio di Palermo

 

Progetto IDS, Integra al Servizio dei detenuti: il CRESM e il Comune di Palermo, hanno realizzato uno sportello di informazione, orientamento e collegamento, collocato all’interno della Casa circondariale Pagliarelli. Il progetto è partito nel 1998 ed è terminato nel 2000 come Integra, mentre prosegue l’attività in convenzione fra il Comune di Palermo e l’Istituto Pagliarelli. Il progetto proseguirà nell’ambito di un progetto Equal.

In stretta collaborazione con gli operatori del carcere, il servizio segue un iter articolato:

pubblicizzazione dell’iniziativa tramite una locandina da affiggere nei locali della casa circondariale;

somministrazione, con il supporto degli educatori, di una prima scheda sintetica per la raccolta dati dei beneficiari che richiederanno di usufruire di tale servizio;

incontri individuali di valutazione tra i beneficiari e consulenti per una prima valutazione e somministrazione di una seconda scheda ai fini dell’individuazione dei relativi percorsi formativi e lavorativi;

analisi dei percorsi individuati da parte di consulenti esperti nella promozione d’impresa e/o di ammortizzatori sociali che individueranno i vari settori di attività su cui lavorare.

 

Seguono:

 

incontri individuali tra i beneficiari e consulenti relativi ai vari gruppi tematici individuati;

costruzione del piano di lavoro e individuazione dei finanziamenti necessari.

 

La metodologia applicata si articola in due fasi.

 

Prima fase

 

Inquadramento: l’operatore è consapevole che la persona che si trova di fronte ha un bisogno individuale che presenta una forte rilevanza collettiva. Da questo assunto, nel ricostruire il quadro esistenziale prima e problematico poi, l’operatore struttura un intervento che tiene conto sia che il soggetto relazionato è segnalatore dei problemi dei suoi contesti, sia dei campi di azione da indagare e privilegiare (persona, reti e ambienti di appartenenza).

Analisi della realtà del soggetto e del suo sistema di relazioni: la persona vive all’interno di sistemi di relazioni diversi, cui si sente appartenente e da cui deriva il senso della propria identità. Tali sistemi coinvolgono soggetti della famiglia propria o d’origine, dell’ambiente vicinale, amicale, del contesto del tempo libero ecc. Il reticolo personale rappresenta;

il senso di identità (chi sono io);

la competenza (riconoscimento delle capacità e possibilità di apprendere);

l’autonomia (capacità di autonormarsi);

la socializzazione, la possibilità di sviluppare e approfondire le relazioni con gli altri.

 

Seconda fase

 

L’azione collettiva rivolta alle risorse del territorio (GOL) prevede l’attivazione di una rete di supporto per la fruizione di risorse pubbliche e private.

L’operatore fornisce:

informazione;

orientamento;

project work;

attivazione di ammortizzatori sociali;

ricerca e progettazione per l’acquisizione di finanziamenti a sostegno di nuove attività;

l’avvio di percorsi formativi personalizzati;

consulenze di settore, accompagnamento, inserimento, promozione di associazionismo e cooperazione.

 

7.3.5. Gli Sportelli nella provincia di Milano

 

Progetto Sportelli d’informazione e supporto all’inserimento al lavoro per soggetti ristretti nella libertà dell’Agenzia di Solidarietà per il Lavoro e il Progetto Cercare Lavoro dell’ATS.

 

Il Progetto Sportelli

 

Il Progetto Sportelli, ideato e attuato dall’Agenzia di solidarietà per il Lavoro di Milano (AgeSoL), nasce nel 1999, con il sostegno dell’ Amministrazione provinciale di Milano:

da un’analisi dei bisogni dell’utenza carceraria, frutto di anni di attenta osservazione e di lavoro in rete negli istituti penitenziari da parte delle organizzazioni socie fondatrici (API Milano, APA Confartigianato, CNA Confederazione Nazionale Artigianato, AGCI, Confcooperative, Lega Coop Lombardia, CGIL CISL UIL Milano, Caritas Ambrosiana, Sodalitas, Gruppo di Lavoro di San Vittore);

dalla necessità di coordinare gli interventi che, nelle carceri milanesi, associazioni di volontariato, servizi pubblici e privati, amministrazione penitenziaria svolgono per i detenuti in diversi ambiti;

dalla volontà di stabilire un rapporto organico di collaborazione e sinergia, per rendere efficace e per non sovrapporsi nell’azione, con i centri e i servizi che si occupano nel territorio milanese di sviluppare politiche attive del lavoro;

dalla volontà di stabilire un rapporto organico di collaborazione e sinergia con gli operatori del ministero della Giustizia, con le strutture e le iniziative dell’Amministrazione penitenziaria ai diversi livelli (ad esempio Progetto Polaris);

dall’idea di collocare il servizio in un progetto sociale che veda impegnati diversi attori, nell’intento di inserire nel tessuto produttivo e sociale detenuti ed ex detenuti.

 

Obiettivi principali del Progetto:

 

creare un’area di servizio sugli aspetti motivazionali egli aspetti di orientamento al lavoro;

preparare percorsi di inserimento, mirati e personalizzati basati sull’analisi dei bisogni del singolo utente che richiede l’intervento durante l’espiazione della pena e dopo la scarcerazione;

preparare una mappatura e fornire informazioni sui servizi di sostegno al reinserimento (pubblici, privati e del volontariato) operanti sul territorio di appartenenza dell’utente;

mettersi in rete con gli interventi attivati dentro e fuori dal carcere;

fornire informazioni e procedure per l’accesso al mercato del lavoro;

offrire informazioni e procedure per la ricerca del lavoro;

fornire informazioni sulle opportunità di formazione e qualificazione professionale (dentro e fuori il carcere).

 

Il Progetto Sportelli si articola su due piani: un piano motivazionale e un piano informativo.

Il piano motivazionale: riuscire a sviluppare la cultura del lavoro, laddove per cultura del lavoro s’intende non solo la conoscenza del mondo del lavoro stesso, ma anche lavoro come alternativa al reato, vissuto come unica fonte di sostegno. Riuscendo nell’obiettivo si potrà permettere ai detenuti un migliore e adeguato reinserimento sociale al momento dell’uscita, sia a fine pena sia utilizzando le misure alternative al carcere, al fine di orientarli, anche in termini formativi a un possibile inserimento lavorativo.

Il piano informativo: riguarda la normativa vigente sul lavoro, previdenza, iscrizione al collocamento e relativi aggiornamenti. Sono usati materiali, quali volantini, che i detenuti possono conservare a seguito degli incontri. Il piano informativo, inoltre, è gestito sia con contatti individuali, sia organizzando gruppi nelle varie sezioni degli istituti.

Al primo colloquio si chiede ai detenuti di compilare volontariamente un questionario in cui indicano i loro dati generali, dalla scolarità all’esperienza lavorativa, alle loro eventuali aspettative e desideri. Sono attivi gli sportelli negli Istituti di Opera, Monza, San Vittore e uno esterno presso la sede operativa.

L’apertura degli sportelli, per ogni carcere e per la sede, è di una volta la settimana.

 

La gestione e l’organizzazione

 

Negli sportelli interni, per quanto riguarda la raccolta delle "domandine", un primo incontro per selezionare gli effettivi bisogni, il back office e la compilazione dei questionari, ci si avvale della collaborazione volontaria di 3 detenuti/e per istituto, con scolarità media, formati con un corso, per circa 30 persone, di 400 ore denominato "Meglio Fuori", finanziato dal ministero per gli Affari Sociali e promosso dalla Provincia di Milano, con l’AgeSoL come ente attuatore;

Per i colloqui e la presa in carico vera e propria degli utenti, collaboratori esterni gestiscono gli sportelli interni agli istituti e lo sportello esterno presso la sede operativa. Questi ultimi sono stati individuati secondo un profilo professionale adeguato a svolgere tale ruolo.

I referenti esterni hanno svolto nella fase sperimentale (di sei mesi) la loro attività turnandosi nella gestione dei 4 sportelli e come tutor del corso di formazione "Meglio Fuori". Dopo la fase sperimentale, terminata nella primavera del 2000, ci si è avvalsa anche della collaborazione di un operatore per la sensibilizzazione del mondo delle imprese.

 

Fasi attuative e di sviluppo

 

  1. Giugno/agosto 1999: implementazione della banca dati; avvio della fase formativa degli operatori interni detenuti.

  2. Settembre/dicembre 1999: apertura sperimentale con operatori esterni, corso di formazione degli operatori interni detenuti.

  3. Febbraio 2000: verifica fase sperimentale, individuazione degli spazi negli istituti.

  4. Marzo 2000: apertura a regime con detenuti volontari interni in stage, mappatura delle risorse.

  5. Settembre 2000: termine del corso "Meglio Fuori" e inserimento degli operatori detenuti nell’attività degli sportelli, inserimento di un supporto operativo per la sensibilizzazione delle imprese.

  6. Settembre 2000/maggio 2001: consolidazione del progetto. Avvio di contatti con altri soggetti presenti sul territorio per la formazione di un’ATS per partecipare al bando di appalto della Provincia di Milano per la gestione del servizio nelle carceri milanesi.

 

Dati persone inserite

Il lavoro è svolto su percorsi d’inserimento personalizzati sulla singola persona. L’obiettivo del Progetto Sportelli di promuovere percorsi d’inserimento "mirati" si scontra talvolta sia con una limitata varietà di offerte lavorative sia con la professionalità della maggioranza degli utenti, che risulta piuttosto generica. Si può costruire un progetto più aderente alla persona quando si riesce ad avere anche opportunità di uno step formativo, di tirocinio o di stage.

I casi trattati non sono omogenei, alcuni possono essere esauditi rapidamente, altri necessitano d’interventi complessi; il bisogno preponderante rilevato è sicuramente una collocazione lavorativa "urgente".

Gli inserimenti avvenuti, a seguito di progettazione di un percorso, dall’avvio dell’attività sono stati 117. Gli inserimenti si differenziano in diverse forme di contratti:

51 utenti cui è stato attivato un percorso che ha portato ad un inserimento lavorativo con contratto a prestazione d’opera, come soci di cooperative e in Borsa lavoro;

21 utenti cui è stato attivato un percorso che ha portato ad un inserimento lavorativo con contratto a tempo indeterminato/determinato;

45 utenti circa per cui è attivo (a stadi diversi) un percorso verso una collocazione lavorativa stabile.

AgeSoL è essa stessa luogo di formazione ed inserimento lavorativo:

5 persone hanno svolto stage durante percorsi formativi presso la nostra sede (di cui una detenuta in misura alternativa e successivamente collocata presso una cooperativa e una persona che collabora su progetto con AgeSoL);

2 persone hanno svolto un tirocinio lavorativo presso la nostra sede;

2 persone detenute ed ex detenute sono inserite stabilmente nell’organico di AgeSoL.

 

Facendo un’indagine a campione sugli inserimenti effettuati si è riscontrato che: il 70 % ha mantenuto il lavoro, il 15 % svolge un lavoro precario con un contratto a termine ed il restante 15 % sta cercando una nuova occupazione.

Molti interventi hanno richiesto percorsi articolati che hanno occupato tempo e diverse riprogettazioni in itinere, col coinvolgimento di molteplici attori sociali. Gli utenti, pur arrivando da svariate esperienze di lavoro, in prima battuta sono disponibili ad accettare lavori d’ogni genere, e questo se da un lato può apparire un elemento positivo, dall’altro pone incertezze sulla tenuta dell’opzione lavorativa nel lungo periodo, quindi va molto ben indagata questa disponibilità.

La condizione socioeconomica prevalente degli utenti evidenzia la stretta necessità di un lavoro e di un reddito pieno e continuato, inoltre non tutti hanno la possibilità di muoversi con un mezzo proprio e questo limita ulteriormente il ventaglio delle possibilità d’inserimento lavorativo in un territorio vasto come il milanese.

Altro capitolo sono i detenuti od ex detenuti stranieri la cui problematicità primaria risiede nel possesso o meno del permesso di soggiorno, e in situazioni abitative instabili o, spesso, inesistenti.

I profili dei detenuti in stato di restrizione comportano il confronto con: avvocati, operatori sociali, educatori e direzioni, per comprendere l’effettiva fattibilità di accedere ad una misura alternativa al carcere. Questo dilata notevolmente i tempi d’attuazione di un progetto, in contrasto con i tempi delle aziende e che comunque vogliono avere un contatto diretto con i candidati, per valutare e selezionare le persone da inserire nel loro contesto lavorativo.

 

Cercare Lavoro: progetto integrato per l’offerta di servizi di orientamento e sostegno all’inserimento lavorativo intra ed extramurario alle persone detenute nelle

carceri della provincia milanese e a quelle in esecuzione penale esterna

 

Partnership di gestione del Progetto: ATS (Associazione Temporanea di Scopo) formata da: Agenzia di Solidarietà per il Lavoro- AgeSoL, Consorzio Cascina Sofia, Consorzio Lavorint, Consorzio Nova Spes, Consorzio SIS.

Appalto siglato con: Provincia di Milano

Obiettivi:

  1. fornire servizi di orientamento finalizzato al reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti;

  2. supportare i soggetti ristretti nella libertà nella ricerca di opportunità lavorative a loro idonee;

  3. informare le persone detenute dei cambiamenti del mondo del lavoro;

  4. supportare lo sviluppo in ognuno di autonomia e capacità progettuale;

  5. offrire l’opportunità alla persona di sviluppare maggiore coscienza di se al fine di anticipare il confronto con la realtà lavorativa.

Destinatari:

le persone recluse negli Istituti di Milano-San Vittore, Opera, Bollate e Monza;

ex detenuti residenti in provincia di Milano;

detenuti presso il domicilio in provincia di Milano;

detenuti in affidamento territoriale in provincia di Milano;

detenuti che, già usufruendo di misura alternativa, si trovano in difficoltà di mantenimento del posto di lavoro;

persone soggette a vincoli nella libertà residenti nella provincia di Milano;

minori in corso di misure restrittive, segnalate dagli operatori competenti;

individui ristretti nella libertà o ex detenuti, che a seguito di un progetto di inserimento lavorativo presso una cooperativa sociale, aspirano al passaggio ad un’altra occupazione.

Tempi: un anno, 12 mesi da luglio 2001 a luglio 2002.

Modalità:

attività interne agli istituti di pena: sportelli di informazione e orientamento sulla realtà lavorativa e formativa; costruzione di progetti di inserimento lavorativo con bilancio di competenze e confronto con gli operatori penitenziari;

attività esterne agli istituti di pena: sportello di informazione e inserimento lavorativo per ex detenuti e detenuti in esecuzione penale esterna al carcere.

individuazione delle opportunità lavorative.

accompagnamento e supporto all’inserimento lavorativo.

sportello di consulenza, assistenza normativa e procedurale alle imprese.

sensibilizzazione e ricerca delle opportunità lavorative.

assistenza per l’elaborazione di piani d’impresa.

 

7.3.6. Lo Sportello di orientamento e sostegno di Torino

 

Sportello S.O.S. per ex detenuti: è parte integrante del progetto "Intervento per persone dimesse dal carcere con problemi di alcol-tossicodipendenza" realizzato dal Comune di Torino e finanziato dalla Regione Piemonte.

Partnership e gestori del progetto: Associazione Gruppo Abele, Consorzio Sociale Abele Lavoro, Ser.T, ASL 3 e Associazione Solidarietà Giovanile.

Lo sportello è una prima accoglienza rivolta ai dimessi dal carcere e si pone come ponte tra la detenzione, la scarcerazione e il riorientamento della persona ex detenuta, con particolare attenzione ai soggetti alcol o tossicodipendenti e affetti da HIV. Il progetto offre anche una prima accoglienza in una casa alloggio gestita dall’Associazione Solidarietà Giovanile.

Gli obiettivi:

offrire una prima accoglienza alloggiativa;

offrire informazioni, orientamento, sviluppare abilità e facilitare il raccordo con le agenzie sul territorio;

offrire consulenza e sostegno nella ricerca del lavoro;

offrire opportunità relazionali, counseling di ascolto per chi ha dipendenza da sostanze;

sviluppare capacità di autonomia, creatività di ognuno.

La metodologia:

attività di consulenza ed informazione;

attivazione delle risorse dell’utente;

lavoro di rete.

L’equipe di lavoro: due operatori del Gruppo Abele, un Operatore del Consorzio Abele, con funzioni di orientamento e consulenza sui temi del lavoro, un altro operatore.

I dati relativi al periodo di apertura ottobre 19991 settembre 2001:

Totale passaggi: 270 uomini, 257 donne 13.

Numero di volte in cui la stessa persona è passata:

1 volta: 136;

2 volte: 53;

3 o più volte: 81.

Richieste riportate:

accoglienza abitativa: 112;

lavoro: 154;

informazioni legali: 61;

informazioni sanitarie: 6;

soldi: 50