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Espulsioni e possibilità di ricorso

 

In Italia ci sono tre diversi tipi di espulsione, che hanno destinatari diversi e diverse possibilità di ricorso (articoli 13, 15 e 16 del decreto legislativo 23.7.1998 n° 286/98, Testo Unico sull’Immigrazione).

 

Espulsione amministrativa (articolo 13)

 

1) Espulsione amministrativa data dal Ministero dell’Interno (dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli Affari Esteri).

 

Destinatari:

chi costituisce un pericolo alla sicurezza dello Stato o per l’ordine pubblico, anche se non residente nel territorio dello stato e se titolare del permesso o della carta di soggiorno (permesso permanente). La discrezionalità, in merito, del Ministero dell’Interno e dei suoi rappresentanti (i Prefetti) è totale.

 

Conseguenze:

accompagnamento immediato alla frontiera tramite le forze dell’ordine.

 

Ricorso:

Nessun ricorso che blocchi l’espulsione. Entro 30 giorni si può ricorrere (anche personalmente) al T.A.R. del Lazio, tramite il consolato italiano del paese d’origine.

 

2) Espulsione amministrativa data dal Prefetto

 

Destinatari:

chi è entrato clandestinamente;

chi è entrato legalmente, ma non ha richiesto un permesso di soggiorno entro 8 giorni dal suo ingresso;

chi ha il permesso scaduto da più di 60 giorni e non ha chiesto il rinnovo;

chi ha il permesso revocato o annullato;

chi non può provare che il suo reddito proviene da fonti lecite e quindi può essere sospettato dalla polizia di vivere con soldi illegali (art. 13 legge 646/82), anche se ha il permesso o la carta di soggiorno;

chi è sospettato dalla polizia di appartenere ad associazioni di tipo mafioso (art. 2 legge 327/88), anche se ha il permesso o la carta di soggiorno;

chi è già stato espulso con un foglio di via e non se ne è andato entro 15 giorni;

chi è già stato espulso, è tornato nel suo paese, ma è ritornato in Italia prima di 5 anni, senza la speciale autorizzazione del Ministero degli Interni (l’unico che può autorizzarlo a rientrare prima).

 

Conseguenze:

foglio di via (decreto di intimazione a lasciare l’Italia entro 15 giorni) se:

  1. è la prima volta che I"immigrato viene espulso;

  2. ha con se un documento d’identità valido (passaporto o attestato consolare di nazionalità) e la polizia ritiene che abbia un buon inserimento sociale, familiare e lavorativo.

accompagnamento immediato alla frontiera, tramite le forze dell’ordine, se l’immigrato fermato:

aveva già avuto un foglio di via e non se ne è andato entro 15 giorni:

non ha nessun documento valido che dice di che paese è e chi è (dichiarazione consolare d’identità o passaporto);

non ha un buon inserimento (non ha casa, non ha lavoro, non ha famiglia) e quindi, secondo la polizia, è probabile che scappi.

 

Ricorso:

contro il foglio di via: entro 5 dalla data in cui si è ricevuto il decreto di espulsione si può fare ricorso al Giudice Unico del Tribunale (del luogo in cui la polizia ha dato l’espulsione), che deve rispondere entro 10 giorni, dopo un’unica udienza in cui l’immigrato può essere sentito. Il ricorso può essere scritto dall’immigrato. L’espulsione non è bloccata dal ricorso, ma non può essere eseguita prima che passino i 15 giorni dalla notifica del decreto, quindi l’immigrato che ricorre non può essere espulso prima di aver ricevuto la risposta del giudice. Se si perde il ricorso si può andare in Cassazione, ma trascorsi i 15 giorni l’espulsione può essere eseguita, perché il ricorso in Cassazione non ha effetto sospensivo.

contro l’accompagnamento immediato: nessun ricorso che blocchi l’espulsione. Entro 30 giorni si può ricorrere (anche personalmente) al T.A.R. tramite l’ambasciata italiana o il consolato dal paese d’origine. Chi vince ha il diritto a rientrare, ma deve farlo in modo legale (con permesso o visto).

 

Espulsione a titolo di misura di sicurezza (art. 15)

 

Data dal Giudice in aggiunta alla condanna penale, al momento in cui emette la sentenza del processo, viene citata nel dispositivo della sentenza.

 

Destinatari:

chi ha avuto un processo penale, per qualsiasi reato previsto dall’art. 380 del Codice di procedura penale (arresto obbligatorio in flagranza di reato) o dall’art. 381 (arresto facoltativo in flagranza di reato) e sia considerato dal Giudice socialmente pericoloso. La legge dà al Giudice una discrezionalità totale in merito, non ha importanza il tipo di reato di cui l’imputato si è reso colpevole.

 

Conseguenze:

espulsione, eseguita con accompagnamento in frontiera, alla fine della pena.

 

Ricorso:

Si può ricorrere in Appello e in Cassazione, insieme al ricorso contro la condanna ricevuta, ribadendo e motivando la non pericolosità sociale.

Quando la condanna è definitiva, si può ricorrere al Magistrato di Sorveglianza, nel momento in cui si hanno elementi per dimostrare una cessata pericolosità sociale: buona condotta in carcere, progetto di reinserimento, punti di riferimento positivi fuori, etc.

È importante presentare questo ricorso circa un anno prima del fine pena, perché il Magistrato deve decidere in udienza, sentiti P.M. e difensore, prima che la persona esca dal carcere (i documenti si possono aggiungere anche all’ultimo momento, ma l’udienza deve essere chiesta prima). Il ricorso non ha effetto sospensivo: se il detenuto esce prima dell’udienza viene espulso, anche se la data dell’udienza è già stata fissata.

Non ci sono termini per questo ricorso: essendo legato al riesame della pericolosità sociale, il ricorso può essere proposto in teoria anche dopo che il detenuto è uscito dal carcere da mesi o da anni. È impossibile però oggi che un immigrato possa presentare il ricorso dopo il fine pena, perché questo tipo di espulsione viene sempre eseguita andando a prenderlo in carcere e portandolo nei centri di detenzione, oppure direttamente al suo paese.

Dato che fino a un anno fa queste espulsioni invece non venivano eseguite tutte, può capitare di incontrare un ex detenuto allo stato libero che ha questo problema, in questo caso si consiglia di metterlo subito in contatto con un avvocato e fargli fare il ricorso.

 

Espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione (art. 16)

 

Data dal Giudice al momento della condanna penale, quando decide la sentenza del processo: questa espulsione sostituisce il carcere.

 

Destinatari:

chi viene condannato per un reato se la pena è inferiore a due anni, se non si può applicare la condizionale e solo se il cittadino straniero è clandestino o irregolare (chi ha il permesso di soggiorno deve espiare interamente la pena). Questa espulsione non può essere chiesta o rifiutata dallo straniero: è il suo avvocato che deve chiederla al giudice, se lo straniero vuole, oppure spiegare al giudice perché lo straniero non vuole essere espulso (e preferisce scontare la pena detentiva).

 

Conseguenze:

accompagnamento immediato alla frontiera tramite le forze dell’ordine, anche se la sentenza non è ancora definitiva. In nessun caso la persona espulsa può tornare prima di 5 anni.

 

Ricorso:

Nessun ricorso possibile.

 

Centri di permanenza temporanea (art.14)

 

Chi può essere portato nei centri di detenzione

chi non ha con sé nessun documento di identità;

chi dovrebbe essere accompagnato immediatamente in frontiera o respinto, ma non è in buone condizioni di salute, e quindi deve essere prima soccorso, poi espulso;

chi dovrebbe essere accompagnato immediatamente in frontiera, ma per ragioni organizzative della polizia, non si può accompagnare immediatamente.

In pratica, la discrezionalità della polizia su chi portare è totale.

 

Conseguenze:

Detenzione nel centro (chiamata "trattenimento" nella legge), per 30 giorni massimo (impossibilità di uscire all’esterno);

Espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera, tramite le forze dell’ordine.

 

Ricorso:

1) Contro la detenzione, cioè contro il decreto di convalida della detenzione:

Entro 48 ore dall’arresto (trattenimento nel centro) la polizia deve darne notizia al Giudice Unico del Tribunale (del luogo dove si trova il centro di detenzione), che deve sentire lo straniero e decidere sulla convalida del trattenimento nelle successive 48 ore. Nel momento in cui vede il Giudice lo straniero avrà un avvocato e può opporsi alla convalida, tramite un ricorso.

Dato che in questi centri si può telefonare liberamente, appena arrivato lì lo straniero può chiamare il suo avvocato di fiducia e chiunque possa essergli utile perché ha dei documenti che lo riguardano. Questo è importante perché il colloquio con il Giudice è molto breve e bisogna pensare prima alla propria difesa. Se si vince lo straniero viene liberato, se si perde si può ricorrere in Cassazione, ma l’espulsione può essere eseguita comunque.

Se in 20 giorni la polizia non è riuscita a eseguire l’espulsione può chiedere al giudice di prorogare la detenzione nel centro per altri 10 giorni: in questo momento si può fare un nuovo ricorso al Giudice, se si vince l’immigrato viene lasciato libero, se si perde si può sempre ricorrere in Cassazione, ma l’espulsione può essere eseguita comunque.

Se alla fine dei 30 giorni la polizia non è riuscita a eseguire l’espulsione, l’immigrato viene comunque lasciato libero.

 

2) Contro l’espulsione:

Entro 5 giorni dall’arrivo nel centro si può fare ricorso al Giudice Unico del Tribunale (del luogo in cui di trova il centro), anche se è già stata convalidata la detenzione, il Giudice deve rispondere entro 10 giorni: se annulla l’espulsione automaticamente si esce dal centro.

L’espulsione però può essere eseguita prima dei 15 giorni, quindi la polizia può caricare lo straniero sull’aereo prima che arrivi la risposta del giudice. Anche per questo ricorso si può andare in Cassazione se si perde, ma la risposta arriva quando lo straniero è già al suo paese.

Per chi viene portato lì dal carcere prima di fare il ricorso bisogna accertarsi che l’espulsione sia solo amministrativa: se invece è una misura di sicurezza (andare a controllare la sentenza di condanna) bisogna infatti attivare il ricorso al Magistrato di Sorveglianza e non quello al Giudice Unico del Tribunale, e se l’immigrato ha tutti e due i tipi di espulsione vanno tentati tutti e due i differenti ricorsi. Qualsiasi informazione o documento che possano dimostrare che l’ex detenuto non è più pericoloso socialmente va prodotto in ambedue i ricorsi.

 

Durata dell’espulsione

 

Il divieto di ritornare in Italia vale per 5 anni. Quando si presenta il ricorso contro l’espulsione si può chiedere di ritornare dopo 3 anni, motivando la richiesta.

Se si vince il ricorso in Cassazione quando si è ormai stati espulsi, si può tornare anche subito, ma con le regole previste dal proprio paese (permesso o visto). Si può chiedere al Ministero degli Interni l’autorizzazione speciale a tornare in Italia, anche prima che scada il divieto, se c’è un motivo molto grave e urgente. Lo straniero che è stato espulso con sanzione sostitutiva della detenzione non può tornare in nessun caso prima dei 5 anni.

Chi vuole tornare per assistere a un processo che lo riguarda, deve chiedere l’autorizzazione al Questore del luogo dove si tiene il processo: la richiesta può essere fatta tramite il proprio avvocato o tramite il consolato italiano e deve essere accompagnata dalla documentazione sul processo (art. 17 del testo unico, D.L. 23.7.1998 n° 286/98).

 

Chi non può "quasi mai" essere espulso (art. 19)

 

i minori di anni 18, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi (verso i minori non accompagnati può essere disposto il rimpatrio assistito dal Tribunale dei Minori o dal Comitato per i minori stranieri che ha sede a Roma. Il Comitato ha la responsabilità di accertarsi che il rimpatrio non pregiudichi gli interessi del minore;

chi ha la carta di soggiorno;

chi convive con parenti entro il quarto grado, o con il coniuge, di nazionalità italiana;

le donne in stato di gravidanza, o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio a cui provvedono.

I cittadini stranieri che appartengono a queste categorie possono essere espulsi solo con l’espulsione amministrativa data dal Ministero dell’Interno, che è un caso raro.

 

Chi non può "mai" essere espulso (art. 19)

 

chi può essere perseguitato per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali;

chi, quando torna al suo paese, può essere mandato in un altro paese dove può essere perseguitato per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

 

 

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