Mediazione culturale a Palermo

 

Mediazione culturale e cooperazione internazionale

Seconda Casa Circondariale di Palermo - Associazione Culturale Next

 

Presentazione

Associazione Culturale Next

Intorno alla comunicazione

Scheda sul modulo di Approfondimento Linguistico

Diario di bordo, a cura di Seydou Traore

Mediatore/mediatrice linguistico culturale: primi cenni su ruolo e funzioni

Funzioni del mediatore, di Mafi Jalal

Diario di bordo, a cura di Zatout Samir

Il ramadan nell’Islam, di Noureddine Merrany

La cooperazione allo sviluppo

Il problema dello sviluppo e dell’emergenza nei paesi del terzo mondo

Un intreccio di storie, di Mohamed Hossein e Firozi Bandpey

L’ultimo giorno di corso, di Noureddine Merrany

Hanno partecipato al corso

Presentazione

 

Questo libretto raccoglie parte del materiale prodotto durante il corso di "Introduzione alle attività di auto-aiuto e di orientamento alla formazione nell’ambito della mediazione culturale e della cooperazione internazionale" progettato dall’Associazione Next e rivolto a cittadini stranieri detenuti presso la Seconda Casa Circondariale di Palermo, dal mese di ottobre 2001 al mese di marzo 2002.
I testi che seguono sono stati elaborati in varie occasioni dai docenti e dagli allievi come testimonianza di un percorso individuale e collettivo, di un’esperienza fatta insieme, di un dialogo attraverso i temi della differenza e della mediazione tra individui e tra culture. Per non cancellare la complessità di questo dialogo e le tracce delle nostre differenze, abbiamo deciso di non intervenire sugli scritti degli stranieri, limitandoci a correggerne l’ortografia. Questo è dunque una specie di diario di bordo fatto di resoconti parziali e spontanei di un viaggio appena iniziato e del quale speriamo di poter raccontare altre tappe.

 

Maurizio Giambalvo Simone Lucido e Seydou Traore

Associazione Culturale NEXT

 

Cosa è NEXT? NEXT è una associazione culturale con sede a Palermo che si occupa di ricerca, di animazione socioculturale e di formazione.

Cosa vuol dire NEXT? Il nome NEXT nasce dall’unione delle iniziali di Nuove Energie X il Territorio, parole che esprimono la volontà di agire prendendo come punto di riferimento il Territorio locale, la città in cui viviamo, ma in una prospettiva globale anche la Terra. NEXT allude inoltre al significato della parola inglese e rimanda quindi all’idea di futuro e di possibilità.

Di cosa si occupa NEXT? Recentemente NEXT in collaborazione con il CRESM (Centro Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione) di Gibellina e il CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud) di Palermo ha presentato un progetto FSE (Fondo Sociale Europeo) per la formazione di mediatori linguistico-culturali, ed è attualmente impegnata in attività formative per detenuti stranieri all’interno del Pagliarelli e progettazione di iniziative pubbliche (seminari, conferenze) dedicate a studenti, cittadini stranieri, insegnanti e operatori dei servizi sociali.

 

Percorso formativo

 

1) Modulo Socializzazione. Nell’ambito di tale modulo i partecipanti avranno modo di approfondire la conoscenza reciproca e di valutare aspettative e bisogni.

2) Approfondimento linguistico. Corso intensivo di Lingua italiana, finalizzato alla rapida acquisizione del lessico tecnico dei diritti di cittadinanza e dei servizi.

3) Modulo tecnico-giuridico. Legislazione regionale, nazionale e comunitaria sull’immigrazione, contro la discriminazione e per l’integrazione.

4) Mediazione culturale, educazione allo sviluppo e cooperazione internazionale:

a) concetto di mediazione e storia della mediazione culturale in Italia

b) educazione all’interculturalità

c) la relazione Nord-Sud

d) Teorie e strumenti della cooperazione internazionale: il ruolo delle istituzioni nazionali ed internazionali e delle organizzazioni non governative

5) Accesso alla rete dei servizi: Informazione sui servizi socio-sanitari esistenti nel territorio, in particolare:

a) servizi socio-sanitari per le tossicodipendenze;

b) servizi sociali per immigrati;

c) agenzie pubbliche e sportelli per l’avvio al lavoro.

Intorno alla comunicazione

Il modulo "socializzazione", di Aurora Mineo

 

La comunicazione come confronto di idee, di esperienze, di culture: questo il "taglio" che il modulo sulla socializzazione ha preso nel percorso del gruppo. All’interno di un discorso sulla mediazione, dove i "linguaggi" – oltre che le lingue – sono centrali, era importante soffermarsi sugli aspetti relazionali e psicologici della comunicazione, partendo dall’esperienza del gruppo.

I membri del gruppo avevano già avuto modo di conoscersi, in altri contesti formativi o ricreativi, e c’erano state tra loro già tante comunicazioni significative, anche attorno al tema della diversità di culture e religioni. Non è stato difficile, quindi, trovare contenuti su cui lavorare; un po’ più arduo è stato trovare un modo per affrontare e non evitare il conflitto, arricchendo la comunicazione.

Abbiamo cominciato il nostro percorso insieme parlando di "comunicazione verbale e non verbale" e delle differenze culturali nella gestualità e nella prossemica (distanze sociali). All’interno del gruppo ognuno ha confrontato le proprie "misure sociali" e ne ha riconosciuto l’origine essenzialmente culturale.

L’emergere di disaccordi e di tematiche "scottanti" per il gruppo (eravamo in piena guerra "contro il terrorismo") ha consentito di affrontare subito il tema del conflitto, degli stili per affrontarlo, del modo per utilizzare una comunicazione "rappresentativa" e ascoltare l’altro nel rispetto della diversità. Attraverso una serie di simulate sull’ascolto (in situazioni conflittuali e di mediazione) i membri del gruppo hanno sperimentato una comunicazione "possibile", e si sono posti talora nel ruolo del mediatore, talaltra in quello dell’osservatore, o del conduttore/facilitatore di una discussione di gruppo. Il tentativo di Chad - nel ruolo di mediatore – di corrompere regalando tappeti il direttore di una scuola che non voleva accogliere il figlio immaginario di Noureddine è rimasta una delle immagini-simbolo del corso, per il candido tentativo di risolvere le cose "per la strada più breve" ed aiutare il papà malcapitato, che non mostrava affatto di preoccuparsi.

Noureddine come mediatore del gruppo, con il suo modo autorevole e deciso di dare e togliere i turni, Seydou come operatore del Sert, pronto a dare una mano al suo utente, che non aveva nessuna voglia di guardarlo (ma per rispetto!!), e poi i ripetuti chiarimenti tra Seydou e Noureddine, gestiti secondo la comunicazione efficace, e risolti nell’arricchimento del gruppo e nella ricerca di un maggiore dialogo… sono tutti momenti che hanno affrontato, sciolto, esaminato gli "intoppi" comunicativi in gruppo e creato un clima di condivisione e fiducia.

Più avanti le esercitazioni e le riflessioni si sono incentrate su comunicazione e mediazione, sul confronto fra culture, sull’integrazione delle diversità, sul ruolo di mediatore come facilitatore della comunicazione e filtro "imparziale", sui modi in cui è possibile applicare il problem solving alle situazioni concrete nella mediazione. Il "filo rosso" e insieme il paradosso che ogni volta bisognava affrontare era il tema del non poter comunicare e del non sentirsi ascoltati nell’istituzione penitenziaria, per cui il rischio poteva essere quello di creare "un’isola felice" isolata dal resto. In questo senso è stato determinante all’interno del corso l’intervento del personale interno alla struttura, proprio per promuovere una comunicazione immediata ed una risposta concreta.

L’esperienza del modulo si è poi conclusa con un momento di elaborazione personale e gruppale dell’esperienza attraverso tecniche di arteterapia, utilizzate come strumento per facilitare la cristallizzazione e la chiusura dei temi aperti in precedenza.

Scheda sul modulo di Approfondimento Linguistico

a cura di Maurizio Giambalvo

 

Ho interpretato le finalità di questo modulo in relazione a due distinte esigenze:

  1. necessità di fornire in tempi brevi almeno gli elementi fondamentali del lessico tecnico della mediazione, dei servizi sociali ecc.;

  2. promuovere nel frattempo la formazione del gruppo e avviare i processi di socializzazione del percorso formativo

 

Il metodo di lavoro proposto ha privilegiato quindi, da un lato, il confronto con testi e codici linguistici di varia complessità attraverso la lettura e la scrittura individuale e collettiva e l’analisi lessicale, grammaticale e sintattica; dall’altro lato, la partecipazione interattiva e lo sviluppo di strategie cooperative finalizzate alla decostruzione e discussione dei testi considerati ed alla produzione di materiali scritti.

In sintesi gli elementi di metodo utilizzati sono stati i seguenti:

lavoro di gruppo

costruzione e decostruzione delle parole

traduzione

racconto, lettura e scrittura

 

Gli strumenti di cui ci siamo serviti invece sono stati:

Giornali e riviste

Testi di legge

dizionari

Moduli, stampati, ecc.

 

Primo incontro (24 Ottobre)

 

Presentazione del modulo, definizione degli obiettivi, del metodo e degli strumenti. La pluralità delle lingue come prima risorsa di una società multiculturale. Sappiamo cosa è la diversità biologica? C’è un rapporto tra diversità biologica e diversità culturale? Il ruolo delle lingue. Necessità di salvaguardare la pluralità linguistica per evitare che la convergenza verso modelli di maggioranza conducano un numero sempre maggiore di persone agli stessi "punti ciechi culturali" (situazioni inavvertite in cui il modello culturale prevalente non riesce a fornire soluzioni adeguate ai problemi sociali) e le monoculture della mente: "È mettendo insieme le risorse di molte intelligenze che può nascere una conoscenza più attendibile…l’accesso a queste prospettive si ottiene meglio attraverso una diversità di lingue" (Mühlhäusler).

La conoscenza della lingua della società di accoglienza è uno strumento di integrazione e di salvaguardia dei propri diritti. Il ruolo della lingua italiana, qui e ora: funzione "ponte"

 

Secondo incontro (29 Ottobre)

 

Lettura e analisi di un lungo articolo apparso sul quotidiano L’Unità contenente una storia di vita di un posteggiatore marocchino. Lessico: Nomi Verbi Aggettivi.

 

Terzo incontro (31 Ottobre)

 

Analisi del testo. Uso dei post-it per comunicare gli elementi fondamentali del racconto. Brain Storming. Divisione in gruppi per la costruzione di una scheda di intervista ‘ideale’ ad un immigrato.

 

Quarto incontro (5 Novembre)

 

Analisi e correzione dei post-it della lezione precedente. Divisione in due gruppi per la lettura e analisi di due pieghevoli informativi (uno sullo SP.IN del CSSA; un altro tratto dall’opuscolo Etnie – Centro delle Culture, sul lavoro)

 

Quinto incontro (7 Novembre)

 

Divisione in due gruppi che hanno proceduto autonomamente alla lettura e analisi lessicale e contenutistica di un articolo apparso su Vita "Immigrati è l’anno di chi vuol restare", sulle tendenze evidenziate dal Dossier Immigrazione 2001 della Caritas. Elenco di nuovi termini uno degli allievi si offre di fare una ricerca sul loro significato.

 

Sesto Incontro (12 Novembre)

 

Parole nuove, resoconto dei risultati sulla ricerca lessicale. Analisi del testo. Emerge una riflessione spontanea sulla questione del ritorno e sui problemi di interazione culturale derivanti dalla permanenza (educazione dei figli, confronto con abitudini culturali nuove e trasmissione delle proprie tradizioni). In vista del Ramadan propongo di costruire un breve testo informativo da presentare agli operatori e ai detenuti del Pagliarelli. Affido ad alcuni allievi dei testi di storia dell’Islam da analizzare individualmente. Organizzazione preliminare del lavoro da svolgere nell’incontro successivo e focalizzazione dei punti fondamentali da considerare per la scrittura del testo.

 

Settimo incontro (14 Novembre)

 

Lavoro finalizzato al documento informativo: senso dell’azione in relazione agli obiettivi generali del corso, destinatari, contenuti, utilizzo. Segue una discussione partecipata e intensa sul Ramadan. Attraverso un momento di confusione e disaccordo si giunge con la mia mediazione ad una fase di costruzione di significato condiviso. Uso dei post-it e ricomposizione in un resoconto unanime. Scrittura preliminare della parte del documento sul Ramadan.

 

Ottavo incontro (21 Gennaio)

 

Discussione dei materiali su Islam e Ramadan e approvazione di un testo definitivo da includere nell’opuscolo finale del corso.

Diario di bordo

a cura di Seydou Traore

 

Dopo tanti anni di noncuranza della modernità, finalmente si è dovuto prendere coscienza dello stretto legame tra la diversità biologica e quella culturale. Per biologia intendiamo lo studio di quelle leggi generali che regolano l’esistenza dei viventi. Alla base della constatazione d’un numero maggiore di flora e di fauna laddove sono sopravvissute le lingue locali è emersa l’esigenza immediata di agire in favore della salvaguardia delle lingue locali che con la colonizzazione e la sua politica d’assimilazione linguistica le ha messe ha rischio di scomparsa. Per poter adattarsi all’ambiente ospitante e interagire con esso è inevitabile una conoscenza intima mediante le lingue che oltre a servire alla sua descrizione contribuisce alla sua modellazione. In poche parole, la vita in un ambiente dipende dalla stretta capacità di parlarne. Allora, si può tranquillamente affermare che l’Uomo attraverso la lingua crea, preserva l’ecosistema che traccia le frontiere. Tale binomio Uomo- Ambiente è il fondamento dell’identità delle popolazioni locali. Purtroppo, l’assorbimento delle tradizioni, delle Culture indigene da fattori esterni come ad esempio l’imposizione di uno stile di vita del colonizzatore porta all’allontanamento dalla terra. Con la conseguenza di troncare quel contatto intimo degli indigeni con il loro ambiente originario. E così si assiste all’estinzione dell’esperienza.

Inoltre, un peso di dura colpevolezza grava sullo sfruttamento selvaggio ai fini economici in quanto accelera la perdita delle culture tradizionali e reca dei danni spesso irrimediabili all’ecosistema. Come conclusione possiamo trarre che la diversità delle lingue è una ricchezza a condizione di non ambire a nessuna assimilazione ma all’integrazione. Alla luce di tutto ciò, si è chiamati a conservare la diversità linguistica ai fini di non farsi intrappolare nella rete delle "monocolture della mente" che proprio per la loro convergenza su modelli di maggioranza, perciò senza alternativa, rischiano di farci approdare a punti ciechi culturali.

Dopo la lettura di un articolo di giornale riferito alle condizioni di vita e al sogno di un ragazzo immigrato in Italia di nome Abdul, i corsisti si sono rispecchiati in lui denunciando la convergenza delle loro aspettative e del loro stato di vita. Volevano sapere di più della parola "clandestino". allora si è detto che la parola "clandestino" dopo gli anni bui italiani è diventata di senso comune a partire dagli anni ‘90 con l’avvento dell’immigrazione. In questo senso tale parola viene accostata alla Criminalità. Viene da chiedere come mai un uomo per il fatto d’esistere possa essere considerato criminale. Ma il fatto più allarmante è la posizione del governo italiano che nell’intento di mantenere il consenso sociale e politico vorrebbe considerare la clandestinità come un reato penale. I corsisti hanno subito fatto presente la mancanza di una struttura sociale votata all’accoglienza e all’uguaglianza. Sempre secondo loro il clandestino viene tollerato finché viene sfruttato e accetta senza protestare la propria sottomissione al lavoro nero. Gli immigrati sono etichettati e considerati come dei nemici reali o potenziali e questo pregiudizio viene esplicitato fortemente in base a ciò che possiede l’immigrato. Sentono i loro sforzi per integrarsi cozzare contro la diffidenza della cittadinanza. E tutte le volte che si è parlato di integrazione è stato per ribadire implicitamente la loro presunta inferiorità. Un corsista ha espresso sotto la scorta degli anni trascorsi in occidente il timore di perdere la propria cultura, di assimilarsi a quella ospitante nell’illusione d’essere integrato. Dopo queste denunce e alla luce della comunanza dei progetti, che l’immigrazione nasce dal bisogno di realizzarsi, di sfuggire a condizioni insostenibili di vita… Ma attraverso l’esempio di Abdul, ragazzo colto, con dei progetti da realizzare e che malgrado le difficoltà è rimasto onesto, gli immigrati dimostrano che non esiste una identità collettiva.

Dopo la lettura delle statistiche del Dossier immigrazione 2001 della Caritas, riportate in un articolo della rivista Vita intitolato "Immigrati, è l’anno di chi vuole restare", i partecipanti al corso hanno rielaborato criticamente i dati riportati nell’articolo, cercando di darne un’interpretazione fondata sulle esperienze proprie. E così è emerso che l’autrice Barbara Fabiani intendeva riferire ai suoi lettori, sulla base delle statistiche, il processo di mutamento del panorama socio-culturale dell’Italia grazie ad un nuovo profilo dell’immigrazione che diventa sempre più stabile e non solo transitoria. Nel denunziare l’inadeguatezza della politica del sospetto preventivo verso gli immigrati, l’autrice manifesta la necessità d’una chiara politica d’integrazione degli stranieri nel tessuto sociale italiano irrimediabilmente proiettato verso l’interculturalità. L’articolo invita implicitamente il lettore ad acquisire una consapevolezza realistica della positiva incidenza degli immigrati nel contesto sociale italiano contrariamente all’irrazionale convinzione, di senso comune, che considera l’immigrato come colui che ruba il posto di lavoro all’italiano. Inoltre, conferisce agli immigrati il merito d’un arricchimento culturale traducibile in termini d’interscambio con le future generazioni italiane. Richiama ad una matura coscientizzazione di fronte al nuovo volto della realtà italiana che impone la distinzione tra colui che è connotato, suo malgrado, fuori dall’ordinamento giuridico ovvero il clandestino e chi commette un atto delittuoso. L’articolo prosegue evidenziando come l’elevato numero degli immigrati nelle carceri italiane non sia interpretabile come prova d’una loro maggiore propensione a delinquere quanto più ad un meccanismo sociale della colpa che fa di loro un bersaglio facile.

Mediatore/mediatrice linguistico culturale: primi cenni su ruolo e funzioni

a cura di Maurizio Giambalvo

 

La mediazione linguistico culturale è, almeno in Italia, una nuova professione, che, attingendo alle diverse discipline del sociale, serve a costruire una dimensione adeguata e innovativa nella relazione fra italiani e stranieri, comunità e gruppi sociali per il rispetto delle regole, la fruizione dei servizi, l’inserimento e una integrazione non assimilazionista. L’attività di mediazione non comporta il sostituirsi agli operatori o agli utenti dei servizi né si limita alla mera funzione di interpretariato e traduzione: essa consiste nel promuovere la reciproca conoscenza e comprensione, una relazione positiva tra soggetti di culture diverse per evitare conflitti e discriminazioni. Gli ambiti di mediazione sono la comunicazione, la relazione, la fiducia, su questi tre elementi si struttura la professionalità del mediatore.

 

La mediazione è dunque una attività complessa. Ma cosa fa in concreto un mediatore o una mediatrice?

  1. crea le condizioni di pari opportunità nell’accesso ai servizi;

  2. favorisce la conoscenza delle culture degli immigrati ed il mantenimento della loro identità culturale;

  3. aggancia gli immigrati della propria o di altra etnia caratterizzati da scarsa integrazione;

  4. collabora con le istituzioni per il coordinamento delle attività e per la realizzazione di un flusso informativo costante;

  5. suggerisce possibili soluzioni, adeguate agli specifici contesti, finalizzate a far emergere la concretezza dei valori e delle diversità delle culture;

  6. costruisce una rete di comunicazione con i Paesi d’origine e l’avvio di rapporti con le ambasciate.

Provenendo dagli stessi paesi di origine dei migranti, gli MLC assicurano interventi non solo di interpretariato linguistico, ma anche di orientamento culturale.

Il MLC svolge quindi una "funzione ponte", rappresentando un canale di comunicazione privilegiato. L’azione del MLC non si limita infatti alla comunicazione a tre nel colloquio fra operatore e utente ma partecipa attivamente all’intero processo di mediazione dalle fasi preliminari, all’intervento, alla verifica. Il suo compito consiste dunque nell’aiutare la relazione di aiuto, operando nella prospettiva dell’empowerment.

 

Tra le funzioni del mediatore possiamo individuare:

Funzione di Diagnosi: capacità di osservazione e di ascolto; capacità di analisi della domanda dell’utenza; conoscenza della cultura ed organizzazione dei servizi pubblici (con particolare attenzione ai servizi assistenziali, servizi relativi all’inserimento lavorativo e alla formazione) e del privato sociale.

Funzione di Progettazione: capacità di programmazione del proprio lavoro; capacità di redigere un piano o progetto

Funzione di Erogazione: conoscenza di nozioni tecniche sulla legislazione che regolamenta la posizione della persona immigrata nel contesto italiano ed europeo e di nozioni relative al processo comunicativo; competenze psicologiche, psicosociali ed educative relative alle situazioni di mediazione; capacità di empatia, capacità di gestione di un gruppo e dei conflitti personali e istituzionali, capacità di adattare il proprio linguaggio verbale e non verbale ai codici dell’interlocutore.

Funzione di Valutazione e Monitoraggio: capacità di leggere i dati di un sistema di valutazione o di una ricerca.

Funzione di promozione: Capacità di motivare gli appartenenti di una organizzazione o di un gruppo alla collaborazione, capacità di lavoro di équipe e di rete; conoscenza degli strumenti legislativi per la creazione d’impresa; sviluppo delle abilità imprenditoriali.

Funzioni del mediatore

di Mafi Jalal sulle lezioni di mediazione

 

Rendere più agevole la comunicazione tra comunità appartenenti a culture e lingue diverse. Può essere indicato a produrre cambiamenti legislativi o procedurali che consentono ad ottenere un adeguato rispetto delle diversità culturali, linguistiche e religiose.

Azione ponte in virtù della conoscenza di entrambi i contesti linguistici, culturali sia dell’immigrato che del paese ospitante

Mediatore = ponte

Tra l’immigrato e il paese ospite

Il mediatore gioca un ruolo importante nella società in entrambi i livelli

Nel primo livello, il mediatore funge da facilitatore della comunicazione tra l’immigrato e le istituzioni del paese ospitante.

Quali sono i posti dove il mediatore esercita la sua funzione-ponte?

Centri d’accoglienza, servizi sanitari, scuola, uffici del lavoro e della previdenza sociale, uffici postali, associazioni di volontariato sociale, nei tribunali, in ospedale, in carcere…

 

Importanza del mediatore nelle carceri italiane

 

in tanti istituti di pena italiani, la maggioranza dei detenuti sono di diverse estrazioni culturali e linguistiche: un detenuto straniero ha difficoltà a scrivere una domandina o una istanza per richiedere quei benefici che gli spetta di diritto; egli trova difficoltà nel spiegare chiaramente la sua situazione all’avvocato. La presenza del mediatore è importante per facilitare il dialogo fra loro. Può fargli capire come si scrive una domandina , una istanza, un modulo…

 

In campo politico

 

la funzione della mediazione culturale è indispensabile alla luce dell’inesorabile processo di multiculturalità dovuto all’immigrazione. Essa assume una importanza ancor maggiore in un paese come l’Italia la cui lingua non è riuscita a varcare più di tanto le proprie frontiere.

 

Approfondimento linguistico del mediatore

 

obiettivo: facilitare la conoscenza tecnica della comunicazione tra l’immigrato e il paese ospitante.

La lingua è un strumento fondamentale per il mediatore nel promuovere il raggiungimento delle soluzioni ai problemi; più egli conosce la lingua del paese ospitante più facilita e approfondisce il dialogo elaborando con chiarezza i termini dei problemi tra le due culture.

 

Mediatore culturale – ponte

 

La funzione-ponte è svolta da una persona che conosce bene gli usi e i codici della cultura dominante ossia del paese ospitante.

 

Caratteristiche ideali del mediatore

 

Aperto, disposto all’ascolto, empatico, promotore e facilitatore della comunicazione, paziente, possibilmente…

Diario di bordo

a cura di Zatout Samir

 

Milioni di persone sono costrette a lasciare il loro paese d’origine, causa la fame, la siccità e la mancanza di lavoro, le economie disastrate dei paesi del sud o paesi scomodi. Il loro arrivo negli stati del nord del mondo mette in moto un altro meccanismo di sfruttamento. Gli immigrati sono costretti ai lavori più usuranti tra cui , manovali, lavapiatti, braccianti agricoli e nell’industria pesante. Spesso, i datori di lavoro o meglio gli sfruttatori sono dei veri e propri usurai approfittando del lavoratore straniero per mancanza di documenti, difficoltà a trovare casa ecc. spesso, i datori di lavoro sfruttatori sono sostenuti dai poteri forti che chiudono un occhio. Un altro problema è il debito dei paesi poveri. L’occidente piuttosto che annullare i debiti dei paesi poveri li rafforza. 80% delle risorse mondiali è in mano al 10% della popolazione mondiale. Facendo bene i conti, direi che esiste un divario insostenibile. Negli ultimi decenni, come abbiamo visto, si sono sviluppate le società multinazionali tra cui Microsoft, Coca Cola, Pepsi, Fanta, Nike, Adidas ecc. i poteri forti delle multinazionali hanno messo in luce un altro problema grave: il sfruttamento minorile. Un altro problema grave dei tempi nostri è l’immigrazione.

Il ramadan nell’Islam

di Noureddine Merrany dopo una riflessione collettiva sull’Islam e sul Ramadan

 

Il ramadan è il nono mese del calendario lunare che è dietro di 11 giorni rispetto a quello solare. È uno dei cinque pilastri fondamentali dell’Islam e consiste a digiunare per un mese. In pratica ci si astiene dal cibo e dalle bevande dall’alba fino al tramonto. Al tramonto, viene consumato il primo pasto. La notte è dedicata ai pasti, ai piaceri e al divertimento e viene chiamata fotur. Prima dell’aurora, si consuma un pasto per rinforzarsi in vista del digiuno durante il giorno. L’arco della giornata dedicato al digiuno è chiamato sohur. Il digiuno deve essere preceduto dalla chiara intenzione di farlo e viene chiamata niyya. Non basta l’astinenza da cibo e bevande ma anche da qualsiasi contatto sessuale durante il digiuno; è anche raccomandato di non mentire e di non litigare, di non calunniare e di non concepire cattivi pensieri. Il ramadan è obbligatorio per tutti i musulmani esclusi i minorenni, i vecchi, i malati mentali e cronici, i viaggiatori, le donne gravide o che allattano e durante le mestruazioni. Ad eccezione dei bambini e dei pazzi, tutti gli altri devono recuperare i giorni di digiuno persi o riscattarsi dando dell’elemosina ai poveri. Le persone sane che non hanno digiunato devono recuperare ogni giorno perso con 2 mesi di digiuno o dando dell’elemosina a 60 poveri per ogni singolo giorno. Non bastano i calcoli per dichiarare l’inizio o la fine del mese di ramadan. Occorrono testimoni oculari che dichiarino davanti a un giudice di aver visto la falce della luna che indica l’inizio o la fine del digiuno. L’ultimo giorno è la festa chiamata id al fitr in cui si mangia fra famiglie e amici. Prima dell’alba si da la zakat al fitr come decime di libere donazioni a scopi caritatevoli.

La cooperazione allo sviluppo

a cura di Angela Alaimo

 

Il modulo si è svolto durante quattro incontri su unità tematiche diverse. Il primo incontro si è incentrato sull’analisi dei termini di "cooperazione" e di "sviluppo" con qualche accenno sulla storia della cooperazione internazionale. L’obiettivo principale di tale incontro era quello di ricostruire criticamente e storicamente il significato della cooperazione allo sviluppo, inquadrandola nell’ambito delle relazioni tra paesi cosiddetti del Nord e del Sud. Il metodo utilizzato è stato partecipativo con discussione di gruppo sui termini e sulla loro valenza. Partendo dall’immagine che ciascuno del gruppo si crea della relazione tra Nord e Sud, è stato possibile continuare il dibattito e la discussione sul tema proposto. La partecipazione degli studenti è stata attiva e vivace offrendo molti stimoli al dibattito. Questa prima unità è stata accompagnata da materiale bibliografico utilizzato in parte durante l’incontro.

Il secondo incontro si è soffermato sugli attori che agiscono nella cooperazione e più in particolare, dati i limiti temporali, sul ruolo svolto dalle ONG. L’obiettivo di questa unità era quello di riuscire ad individuare gli attori che operano in un determinato territorio, le loro possibilità d’azione in relazione alla scala di intervento.

Durante l’incontro ci si è soffermati, su stimolo del gruppo, sull’analisi degli attori. Tema molto importante anche nel momento in cui si deve analizzare un progetto. Partendo dal caso concreto di un progetto realizzato a Salé Bab-Lamrissa (Marocco) dall’ONG Enda Maghreb il gruppo è riuscito ad assimilare l’importanza dell’individuazione degli attori che potenzialmente possono fare parte del progetto. Grande interesse è stato rivolto al caso concreto sul quale è stato possibile riflettere valorizzando la conoscenza approfondita del contesto degli studenti maghrebini. Anche nell’analisi organizzazionale, con la presentazione dell’organigramma come strumento chiave per capire la struttura di un’organizzazione, gli studenti si sono dimostrati attenti. Forse, a questo punto, anche un po’ stanchi dato che il livello di attenzione è stato sempre ai massimi livelli.

Il terzo incontro si è soffermato sull’analisi di un progetto. Come si costruisce un progetto utilizzando un metodo partecipativo? L’obiettivo era quello di soffermarci sul metodo PPO (programmazione per obiettivi) utilizzato nel campo della cooperazione internazionale. Data sempre l’esiguità del tempo a disposizione, il corso si è svolto facendo costruire agli alunni stessi un progetto legato ad un problema molto sentito in quel momento dai partecipanti: la mancanza dell’acqua. Ripercorrendo le tappe di formulazione dei bisogni, di discussione e di ideazione del progetto è stato possibile fare concretamente un progetto, rendendosi conto anche delle difficoltà della dimensione partecipativa nel momento in cui il grado conflittuale tra gli attori coinvolti è grande. Il tutto è stato supportato dalla lettura del materiale più teorico di accompagnamento. Durante il lavoro sul testo i partecipanti, tutti di madrelingua non italiana, hanno sottolineato l’importanza di approfondire lo studio linguistico per acquisire maggiori strumenti operativi. Anche durante quest’incontro la partecipazione è stata continuamente attenta e propositiva.

Il quarto incontro, programmato inizialmente per affrontare il tema del Micro-credito, si è trasformato in un momento di riflessione e di valutazione sul modulo svolto. Data la stanchezza constatata e soprattutto l’intensità degli incontri precedenti, si è preferito lasciare quest’ultimo come momento di autovalutazione. Anche per me è stato importante ricevere un feed-back sul lavoro svolto in classe. In questo caso, praticando alcuni metodi di restituzione e di valutazione di gruppo, è stato, così, possibile presentare alcune tra le tecniche più utilizzate in questo campo. I risultati dell’incontro hanno messo in evidenza il grande interesse per l’argomento legato da un lato alla possibilità di riflettere in termini globali sulle relazioni tra i paesi del globo e dall’altro alla possibilità di rivolgere uno sguardo positivo sui paesi del Sud, dai quali provengono tutti i partecipanti al corso. Infatti il lavoro trasversale che ha accompagnato tutti gli incontri, è stato rivolto alla messa in discussione degli stereotipi che ciascuno di noi si costruisce sui temi riguardanti i paesi del Sud, la povertà e i motivi del loro "ritardo" di sviluppo. Con grande attenzione quindi rivolta sul "come" costruiamo tali immagini e su come queste ultime ci dicano più sul nostro modo di pensare il mondo che sul mondo stesso.

Come animatrice del modulo ringrazio i partecipanti che hanno saputo arricchire i nostri incontri con le loro personali esperienze e storie di vita, e che sono riusciti a seguire il mio ritmo a volte accelerato, legato da una parte alla difficoltà di ridurre tutto il materiale sull’argomento ad incontri di poche ore e dall’altra all’entusiasmo nel ritrovarmi a parlare di questo argomento che riguarda una parte importante del mio percorso di vita.

Mi resta da questi incontri non solo la soddisfazione per la simpatia e l’impegno sempre costante di tutti quelli che vi hanno partecipato, ma anche la consapevolezza che anche in luoghi ristretti e angusti, si possa costruire collettivamente un orizzonte capace di andare oltre le mura.

Il problema dello sviluppo e dell’emergenza nei paesi del terzo mondo

a cura di Mafi Jalal

 

La povertà, la mancanza economica, la mancanza dei servizi sociali e culturali, il problema della disoccupazione, la mancanza di lavoro, la mancanza di servizi medicali dove non ci sono ospedali e medicine abbastanza per tutti.

Un paese del terzo mondo come uno stato chiuso non può avere la possibilità di sviluppo da solo senza l’intervento dei paesi ricchi, industriali, di farli uscire dalla povertà e dall’ignoranza verso un futuro migliore.

Per ottenere un risultato come questo abbiamo bisogno d’una rete costruita ad alto livello. Ma prima di tutto, dobbiamo essere sicuri che questi paesi e i loro politici sono in grado di far uscire i paesi dalla povertà.

Gli attori della cooperazione:

facilitatore di redazione

attore esterno

ambiente

salute

istruzione

economico

Qui entra il ruolo delle O.N.G. una rete, fondazioni, mediazione tra gli attori locali e quelli esterni, ideazione del progetto realizzazione del progetto gestione dei fondi e delle risorse umane. A questo punto, si chiede un prestito dalla banca mondiale per costruire scuole, ospedali, fabbriche, offrire il lavoro per diminuire la disoccupazione.

Nel terzo mondo, sta morendo tanti bambini per mancanza di medicine, cibo, acqua. Tanti giovani arrivano alla maggiore età analfabeti. Qui che dobbiamo rafforzare il nostro lavoro per far crescere un paese e farlo uscire dalla povertà. Ma non basta dare a questi paesi un debito economico dalla banca mondiale senza avere un progetto pronto da affrontare.

Perché come vediamo, siamo nel 2002 e ancora indietro nel tempo, nel mondo ci sono bambini che muoiono di fame, di malattie che possiamo salvare con l’aiuto dei paesi ricchi. Ma fin da adesso, con tutto il lavoro che stanno tanti organi, reti, cooperativi importanti come quelli delle O.N.G. (medici senza frontiere…) e tanti altri cooperativi in Africa, in Sud America… ma ancora siamo indietro. Tutto questo dipende dalla politica internazionale che non si impegna al massimo per questi problemi. Perché non basta dare a un bambino il pane ma aiutarlo a sapere come può fare il pane per il futuro. Per arrivare a questo livello con questa finalità di crescita, questi paesi hanno bisogno di cooperazione allo sviluppo. Questa cooperazione è definita di crescita, di partecipazione, di collaborazione, di salvezza, di aiuto e dare man forte a questi paesi come ha annunciato il presidente Truman in un celebre discorso dando via a quello che oggi si chiamato: aiuto pubblico allo sviluppo. Il compito dei paesi occidentali, industrializzati è di fornire capitale e assistenza tecnica favorendo lo sviluppo di gran parte del mondo.

Un intreccio di storie

di Mohamed Hossein e Firozi Bandpey (Modulo intercultura)

 

La storia che avevo pensato per stimolare i racconti era la storia di Shahrazad, la narratrice de Le mille e una notte, colei che intreccia le storie di tante persone per superare la morte imminente, lei decide di non combattere il suo destino, bensì lasciarlo in ombra di altri racconti, Shahrazad racconta di notte, con l’alba si interrompe il racconto, per seguire la storia bisogna aspettare la notte.

Il re, il marito, l’assassino. È sul bivio, siccome aveva decretato uccidesse Shahrazad all’alba non saprà la fine della storia e se lascia vivere, può un’altra donna tradirlo, ma la forza del racconto è più forte, forse Sharyar finalmente si libera un attimo del suo personaggio e vive le storie altrui. I racconto di Shahrazad per noi come gruppo interculturale, ha avuto un ruolo importante. Oggi siamo tutti Shahrazad, persone che se non raccontassero sarebbero destinati ad una morte di identità, in una società dove per facilitare le relazioni, si creano grandi categorie dentro le quali giudicare il prossimo vicino o lontano. Con questa premessa, il laboratorio inizia con questa domanda: "Se fossimo Shahrazad come avremmo iniziato il nostro racconto?" Così avevamo 12 inizi di racconto che abbiamo cercato di continuare in cerchio. L’obiettivo del laboratorio tranne sperimentare il racconto come strumento di comunicazione è stato costruire cerchi di ascolto, dove il racconto toglie il giudizio che sempre siamo portati ad esprimere, le storie di Shahrazad non finiscono perché si intrecciano tra loro. Dall’incontro nasce la storia che continua fino all’altro incontro così i personaggi, i protagonisti cambiano, ma quello che resta è l’incontro…

L’ultimo giorno di corso…

 

Innanzitutto, colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che hanno partecipato al corso, insegnanti ed organizzatori, per l’impegno, la disponibilità, la simpatia e soprattutto la loro solidarietà. Credetemi, è stato un corso entusiasmante. Ci ha sottratto dall’oblio e dall’abbandono che c’è qua. È stato una fonte dove ci siamo dissetati con esperienza nuova e indimenticabile ricca di comprensione e di incontri. L’abbiamo frequentato con impegno e volontà e la voglia di scoprire e di imparare cose nuove e interessanti. Siamo diventati un gruppo disponibile e pronto ad ascoltare. E discutere e a comunicare con gli altri, anche se la durata del corso è poca, ci ha arricchito, di tante cose utili e nello stesso tempo ci siamo divertiti come si dice: quando la persona si diverte non si annoia sta attento e partecipa, ha il cervello acceso si interessa a quello che sta facendo e si impara facilmente, incoraggiato a continuare. Bisognerebbe cercare di mantenere questo stato d’animo nello studio e nella vita. Spero che siamo tutti soddisfatti e a nome di tutto il gruppo vi ringraziamo di cuore per il vostro sostegno e tutto quello che ci avete dato. Buona fortuna a tutti.

 

Noureddine Merrany

Hanno partecipato al corso

 

Docenti: Aurora Mineo, Cetti Genovese, Maurizio Giambalvo, Debora Fimiani, Mohamed Hossein Firozi Bandpey, Angela Alaimo, Rosanna Provenzano.

Codocente: Seydou Traore

Tutor: Simone Lucido

Coordinatore: Maurizio Giambalvo

Allievi: Bichry Noureddine, Chad Hicham, Charaf Mahmoud, Farouki Samir Jones Harold, Laroussi Said, Mafi Jalal, Merrany Noureddine, Samlal Alì Zatout Samir.

Educatore responsabile del progetto: Rosaria Puleo

Partner: CSSA (Centro Servizio Sociale Adulti) di Via Catania 20

 

NEXT (Nuove Energie X il Territorio)

C/o Biblioteca Claudio Gerbino, Via Filippo Parlatore 12 90145 Palermo

Tel 091.225971 e-mail: next2001@katamail.com

Stampato in proprio nel mese di marzo 2002

Cura editoriale: Maurizio Giambalvo e Seydou Traore

 

 

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