Progetto "ESSER-CI" a Torino

 

"ESSER-CI" - Proposta operativa

 

Esser-ci è un progetto approvato dal Ministero della Giustizia nell'ambito delle linee di intervento predisposte al trattamento e alla prevenzione della devianza comportamentale (tossicodipendenza ed alcolismo) tra la popolazione carceraria extracomunitaria.

La scelta della Direzione, già in fase progettuale, è stata quella di utilizzare le risorse aggiuntive per completare, migliorare ed estendere alcune attività trattamentali che già si svolgono presso l'Istituto Penitenziario: in particolare presso la sezione femminile un primo esperimento è stato attuato con il Progetto PIGOTTA UNICEF, ove uno degli obiettivi dell'iniziativa è stato proprio quello di instaurare un rapporto comunicativo tra persone di diversa età, condizione e provenienza culturale.

Il Progetto Esser-ci, che prevede il coinvolgimento di Psicologi e di Mediatori culturali, si concentra su alcuni contesti significativi, all'interno dei quali è possibile, attraverso l'intervento degli specialisti, migliorare la qualità delle risposte che si possono offrire per venire incontro al disagio vissuto da quelle detenute particolarmente sofferenti.

 

Linee di intervento

 

Nell'ambito delle attività di alfabetizzazione e consolidamento linguistico realizzate direttamente nelle sezioni dagli insegnanti del "C.T.P.", si prevede l'intervento di:

- Mediatori culturali con la funzione di
1. Partecipare all'allestimento della biblioteca per straniere
2. Partecipare alle attività artistiche del laboratorio di pittura
3. Intervento nel contesto scolastico ove se ne rilevi la necessità al fine di dare un supporto nell'apprendimento linguistico
4. Gruppi di riflessione e di incontro con gli operatori penitenziari al fine di agevolare la comprensione del progetto comune
5. Supporto alla comprensione piena delle regole e della struttura carceraria
6. Attività di mantenimento delle relazioni con la cultura di appartenenza (comunità locali, rassegna stampa da giornali in madre lingua, etc.)
7. Attività di conoscenza della cultura di appartenenza rivolte sia agli altri detenuti stranieri sia ai detenuti italiani.

- Psicologi con la funzione di

1. Supporto all'inserimento nel gruppo di utenti in difficoltà
2. Partecipare alle attività di produzione del laboratorio sviluppando, qualora possibile e su richiesta degli interessati, percorsi individuali o di piccolo gruppo che attraverso la manualità del fare recuperino aspetti personali e culturali delle persone (giocattoli in stoffa, sogni, desideri, fiabe)
3. Partecipare, in collaborazione con i responsabili della custodia, all'individuazione delle detenute da inserire nelle varie attività
4. Offrire supporto psicologico individualizzato
5. Attivare gruppi di riflessione e pilotaggio del laboratorio di pittura con particolare attenzione verso il recupero della "creatività".


Le azioni da finanziare riguardano:
a) i progetti di mediazione culturale della Cooperativa Sociale "ETA BETA"
b) i percorsi psicologici relativi a comportamenti di dipendenza.
L'intervento dei mediatori è previsto per un monte ore complessivo di 298 da ripartirsi nel periodo 20 febbraio 2002 - 20 luglio 2002 / 20 agosto 2002 - 20 dicembre 2002, mentre quello dell'esperto (una psicologa) per un monte ore complessivo di 463 da ripartirsi sempre nel periodo 20 febbraio 2002 - 20 luglio 2002 / 20 agosto 2002 - 20 dicembre 2002.
Le detenute coinvolte nel suddetto progetto sono circa 70, di varia nazionalità:


"ETA BETA"

 

La Cooperativa Sociale "ETA BETA" è nata in carcere (nella Casa Circondariale "Le Nuove" di Torino), nel 1987 da un gruppo di detenuti e da operatori esterni appartenenti al mondo sociale, culturale e politico al fine di dare un'opportunità di lavoro esterno ai detenuti. L'esperienza si è poi consolidata e nel 1991, a seguito della legge n.381, la Cooperativa è diventata "Sociale", di tipo "B", inserimento lavorativo. Oggi occupa 50 soci lavoratori di cui il 30% svantaggiati con tre tipologie:
-persone con percorsi di tossicodipendenza
-handicap fisici
-persone in misure alternative al carcere.
L 'attività si diversifica sui servizi informatici e le persone con percorsi di svantaggio sociale vengono inserite nelle linee produttive attraverso l'accompagnamento e la formazione.

Per quanto riguarda l'attività di Mediazione Culturale, la Cooperativa "ETA BETA" ha fatto dal 1995 ad oggi diverse esperienze rivolte sia ai minori stranieri che agli adulti stranieri, sia alle donne straniere normoinserite che ristrette in carcere.
I Mediatori Culturali provengono dagli stessi paesi di origine dei/delle detenuti/e stranieri/e (quali ad esempio Maghreb, culture dell'Est Europeo e non, Africa), con un bagaglio culturale alto (lauree e diplomi) e con esperienze consistenti in questo campo svolte in diversi contesti.

E' opinione comune che la Mediazione culturale sia una delle modalità e uno degli strumenti che possono essere utilizzati per aiutare coloro che si trovano ad affrontare in contesti specifici (come il carcere) la complessa realtà di incontro tra culture diverse.
Proprio per quanto riguarda il carcere la realtà è molto più "aggressiva" che in altri contesti: in concreto la/il detenuta/o straniera/o difficilmente si trova a vivere una condizione detentiva uguale a quella di una/un utente italiana/o.
Nella C.C. "Le Vallette" di Torino, esistono già diverse attività rivolte a detenuti stranieri con problemi di tossico/alcol dipendenza i quali cercano di affrontare le complesse problematiche imputabili ad una pregressa e cattiva integrazione sociale nel territorio ospitante.


Conclusioni

 

Come scrive Duccio Demetrio, "ciascuno, più inconsapevolmente che razionalmente, comunicando, traduce il proprio modo di pensare sempre e in tutti i casi letteralmente lo trasferisce da se stesso agli altri e attua, così facendo, sempre, una mediazione culturale".
Quando, però, ci troviamo di fronte ad una situazione educativa o sociale noi abbiamo a che fare anche con operatori, professionisti che dovrebbero avere consapevolezza di tale processo e dovrebbero, quindi, impegnarsi con altrettanta consapevolezza non tanto e non solo a tradurre (trasformare un messaggio da un codice all'altro) quanto piuttosto inventare un metodo, una zona franca ed intermedia che permetta agli uni ed agli altri di comprendersi indipendentemente dai pregiudizi e dalle convinzioni reciproci.

 

L'Ed. Coord.re, Dott.ssa M. Franchitti


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