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In catene davanti al carcere i medici penitenziari italiani
La Nazione, 12 dicembre 2002
Il gesto è simbolico. La catena no. Gli anelli di acciaio che cingono il camice bianco del dottor Francesco Ceraudo sono veri, così come il lucchetto che gli chiude. Ancora una volta il presidente nazionale dell’Associazione medici dell’amministrazione penitenziaria italiana (Amapi) è costretto ad un’azione plateale di protesta. Ma questa volta non è solo. Con lui ci sono tutti i medici e gli infermieri penitenziari italiani che ieri si sono astenuti dal lavoro per protestare contro i tagli di 20 milioni di euro alla medicina penitenziaria previsti dalla Finanziaria 2003. "Tagli - afferma il dottor Ceraudo che, insieme al suo collega e segretario nazionale dell’Amapi Pasquale Paolillo, si è incatenato davanti al carcere "Don Bosco" - che rischiano di diventare i tagli che ogni detenuto farà sul proprio corpo in conseguenza della mancanza di risorse per la medicina penitenziaria. Oggi scioperiamo perché all’interno delle carceri c’è un clima di assoluta invivibilità, con 20 mila detenuti in sovrannumero e il governo che vuole toglierci 20 milioni di euro di risorse. Questo provvedimento danneggerà soprattutto i detenuti affetti da patologie gravi, come l’Aids o l’epatite virale, o quei disturbati mentali privati dei farmaci antipsicotici". Una situazione "esplosiva" , secondo Ceraudo anche nella casa circondariale della nostra città. "Il Don Bosco - dice il medico - è sempre stato un carcere vivibili, ma anche noi da due anni a questa parte ci troviamo in una situazione di sovraffollamento che rischia di paralizzare tutto e di lasciare in uno stato di abbandono, e dunque di pericolo, i singoli detenuti. E questo nonostante ognuno di noi cerchi di fare quello che può con spirito di iniziativa". A sostenere la protesta dei medici penitenziari ieri, fuori dal "Don Bosco", c’era anche una delegazione di Radicali, composta dal segretario nazionale Daniele Capezzone, dalla presidente del partito Rita Bernardini e da Sergio D’Elia, segretario dell’associazione "Nessuno tocchi Caino". "Siamo al quarto giorno di sciopero della fame - spiega Capezzone -, quello che chiediamo è che il Parlamento, dopo due anni di parole e di promesse, decide in modo chiaro con un sì o con un no ad un provvedimento di indulto, sollecitato anche con forza dal Pontefice". A portare il suo saluto e la sua adesione alla protesta è arrivato anche il segretario provinciale dei Democratici di sinistra, Giancarlo Lunardi. Uscendo dal "Don Bosco", dove si era recato a salutare il suo amico Adriano Sofri, si è fermato a parlare con il dottor Ceraudo anche il giornalista Gad Lerner. Medicina penitenziaria, protesta contro i tagli
Il Messaggero, 11 dicembre 2002
Giornata di sciopero per i medici e gli infermieri in servizio nel
penitenziario. Assicurate solo le urgenze. Perché? La Finanziaria ha colpito
duro e si corre il rischio di non poter più assicurare le necessarie cure ai
detenuti che in Italia sono 59.000 ristretti in strutture costruite per
accoglierne 39.000, al massimo 40.000. E tra questi c'è una marea di gente
affetta da una congerie di patologie che gli addetti ai lavori non sanno più
come fronteggiare senza fondi. Quest'anno, infatti, la Finanziaria usa le cesoie
invece delle forbici per tranciare via di netto circa 20 milioni di euro, ovvero
40 miliardi delle vecchie lire, dai budget sanitari di tutte le carceri. Scoppia
così la protesta dell'Amapi (Associazione medici amministrazione penitenziaria
italiana) che ha indetto per oggi in tutte le carceri l'astensione dal lavoro
per tutti gli operatori. Per chiarezza, diciamo che non dipendono dal Servizio
sanitario nazionale, escluso il settore Igiene e prevenzione e il Sert. «E' una
situazione insostenibile - prorompe Franco Lepri, responsabile della sanità a
Mammagialla - e lo dimostra l'adesione compatta a questo sciopero di tutti gli
operatori per cui oggi assicureremo solo le urgenze. A Mammagialla siamo
arrivati a seicento detenuti con problematiche di ogni genere: dal paziente che
ha necessità del by pass coronarico, a quello che deve subire un intervento di
protesi all'anca, al portatore di epatite, al malato di Aids, al disadattato
mentale e al tossicodipendente ovvero circa il 30 per cento della popolazione
carceraria. A proposito di tossicodipendenti: quasi tutti hanno la dentatura
rovinata e hanno bisogno di protesi dentarie ma io con i fondi che ho posso
farne solo 7-8 all'anno. E gli altri? Ci hanno tolto anche i fondi per i farmaci
basilari per la cura degli infettivi, abbiamo un budget per i medicinali del
tutto insufficiente e andiamo avanti alla "volemose bene" e tiriamo a campare.
Ma così ci va di mezzo la salute dei detenuti che sono anche dei pazienti». Allarme dei medici: i tagli uccidono i reclusi
Alto Adige, 2 dicembre 2002
È la denuncia contro il governo fatta in occasione della giornata mondiale dell’Aids dal presidente dei medici penitenziari italiani Francesco Ceraudo, che ha annunciato una protesta davanti ai penitenziari. "C’è poco da celebrare - spiega Cerando, che è direttore sanitario al carcere di Pisa - i drastici tagli avranno un effetto devastante. Questa è pura follia, non voler rendersi conto delle gravissime conseguenze che ne deriveranno anche sul piano della sicurezza". Per l’amministrazione penitenziaria questo è un momento di "grosso affanno, con un sovraffollamento di detenuti mai registrato e con esigenze di salute che vanno dall’Aids all’epatite virale e alla Tbc, senza contare i 20.000 tossicodipendenti e 9250 disturbati mentali". "La responsabilità del governo e del ministro della giustizia - sostiene Ceraudo - devono essere evocate in tutta la loro gravità".
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