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Carceri, divieto di curarsi Il governo blocca la riforma sanitaria per i detenuti
Il Manifesto, 22 giugno 2002
Il passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale, previsto dalla riforma Bindi, rischia di restare lettera morta con conseguenze drammatiche per i 58.00 detenuti ristretti nelle carceri italiane in condizioni di affollamento e di disagio al limite della sopportazione. L’allarme è stato lanciato ieri a Roma nel corso di una conferenza stampa alla quale erano presenti molte associazioni che lavorano nel carcere, tra cui il CESV (Centro servizi per il volontariato), Conosci Onlus (Coordinamento nazionale operatori per la salute nelle carceri), Cittadinanza Attiva, Antigone. Nel corso della conferenza stampa è stato anche presentato un appello, al quale hanno aderito oltre mille associazioni, rivolto al governo perché provveda immediatamente ad emanare il decreto finale che consentirebbe finalmente il trasferimento al servizio sanitario nazionale del personale, delle risorse economiche e delle attrezzature. Il prossimo 30 giugno scade infatti il termine ultimo della sperimentazione, considerata dalle associazioni più che soddisfacente. Durata ben quattro anni, la sperimentazione era stata prevista per favorire il passaggio di tutte le competenze sanitarie, mentre per il trattamento dei tossicodipendenti e la prevenzione, la legge disponeva il passaggio immediato. Don Luigi Ciotti, presidente del gruppo Abele, ha fatto notare come sia il carcere stesso a produrre malattia, complice anche l’intollerabile condizione di sovraffollamento, e ha denunciato il rischio di tornare indietro. Anche Francesca Danese, del Cesv, ha denunciato la gravità della situazione. "Oggi - ha detto - in carcere manca persino l’aspirina. Ci sono detenuti che vivono in uno stato di totale abbandono farmaceutico, soprattutto quei pazienti, come ad esempio quelli affetti da Aids, che hanno bisogno di farmaci particolari. Moltissimi detenuti muoiono di cancro senza aver visto neanche l’oncologo e senza aver fatto una sola seduta di chemioterapia". A preoccupare ancora di più c’è la notizia che il ministero della giustizia ha istituito una propria commissione, che dovrebbe valutare gli esiti della sperimentazione. Non solo: le associazioni hanno annunciato che il Comitato di medicina penitenziaria, che doveva proprio monitorare i risultati della sperimentazione, è stato sciolto dal ministro della giustizia Castelli il 16 maggio 2002 senza nessuna comunicazione. "L’amministrazione penitenziaria non ha mai voluto questa riforma - commenta Stefano Anastasia, presidente di Antigone - e si sta attrezzando di conseguenza". Secondo Sandro Libianchi, medico penitenziario e presidente di Conosci, "dal varo della legge delega fino ad oggi è stato fatto tantissimo, molte regioni hanno avviato progetti, hanno investito in risorse, personale, progettazione. Siamo estremamente preoccupati che tutto questo lavoro vada in fumo per la mancanza dei decreti". Eppure, per Libianchi, sarebbe semplicissimo. E cita il caso della Francia, in cui una riforma analoga è stata attuata con successo in soli quattro mesi. Secondo Stefano Anastasia il dissesto della sanità penitenziaria pone innanzitutto un problema di legittimità della pena. "La pena dovrebbe essere pienamente rispettosa della vita umana", commenta. "Se non viene tutelato il diritto alla salute, che è il primo dei diritti fondamentali, la pena detentiva perde la sua stessa legittimità". Al Sig. Ministro della Giustizia Al Sig. Ministro della Salute
Roma, 21 giugno 2002
Il Coordinamento Nazionale degli Operatori per la Salute nelle Carceri Italiane (Co.N.O.S.C.I. - Onlus)" nell’ambito della emanazione dei decreti collegati all’art. 5 della Legge delega n° 419/98 in tema di riordino della medicina penitenziaria, pur rinnovando l’espressione della propria soddisfazione per gli insperati risultati sinora raggiunti in tutte le regioni italiane per ciò che attiene alla terapia dei tossicodipendenti e nelle sei regioni che sperimentano il trasferimento di tutte le competenze sanitarie, tra cui il Lazio, la Campania, l’Emilia, il Molise, la Toscana e le Puglie, esprime ancora una volta la sua viva preoccupazione
Nel contempo, è necessario continuare a prestare la massima attenzione sia da parte del Governo e dei Sigg. Ministri interessati, anche su altri importanti aspetti de1la annosa vicenda che ben tre Governi non hanno ancora portato a compimento:
Per quanto suesposto, quindi i firmatari
CHIEDONO
Co.N.O.S.C.I. Onlus - Il Presidente (Dr. Sandro Libianchi)
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