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Il buco nero dei manicomi criminali
A Barcellona Pozzo di Gotto mancano i soldi non solo per acquistare farmaci, ma anche per il cibo dei ricoverati: sono a disposizione solo 2 euro al giorno
Avvenire, 5 gennaio 2004
Mancano anche i soldi per farmaci e cibo nell’ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), uno dei sei istituti in Italia dove si trovano complessivamente circa 1250 persone. Persone dimenticate dalla società e dalle istituzioni e che si preferisce togliere dalla circolazione piuttosto che curare. Il taglio dei fondi infatti ha comportato una riduzione del 45% in tre anni delle risorse disponibili. A ricordarsi di loro è stata l’arcidiocesi di Messina, nel cui territorio si trova il "Madia" di Barcellona Pozzo di Gotto, con una serie di iniziative nel tempo di Avvento e Natale. I reclusi negli Opg sono malati che potrebbero e dovrebbero essere curati: esistono psicofarmaci in grado di combattere le loro infermità, terapie riabilitative in grado di apportare miglioramenti alle loro condizioni. Invece, si ritrovano isolati dalla società, internati in una struttura chiamata ospedale ma che assomiglia a un carcere e che non è in grado di curarli. Rinchiusi in una piccola cella, dalle finestre inferriate e una porta pesante, circondati da personale preparato alla custodia carceraria e non alla terapia riabilitativa. Così diventano spesso apatici. Il 60% di loro si trova in Opg per reati lievi: resistenza a pubblico ufficiale, atti osceni in luogo pubblico, maltrattamento in famiglia, danneggiamento di cose. Atti compiuti dall’ammalato in periodi in cui non seguiva la terapia ed era scompensato: quindi, vicende che avrebbero potuto essere evitate. Nessuna persona "normale" sarebbe rinchiusa per questi reati ma un malato mentale, macchiatosi di questi "crimini", una volta dentro difficilmente riuscirà a uscire: la misura di sicurezza provvisoria in attesa del processo dura anche anni. Dopo avere scontato la pena, invece, se la famiglia non vuole o non può prendersene cura e il Dipartimento di salute mentale non dispone sul territorio di strutture in grado di accoglierlo, il giudice potrà prorogargli la misura di sicurezza per anni, anche sino alla morte. All’ospedale psichiatrico giudiziario l’arcidiocesi ha dedicato il tempo di Avvento e Natale con iniziative di sensibilizzazione, momenti di preghiera, visite agli internati, raccolta fondi. Attività culminate con la Santa Messa celebrata dentro l’Opg di Barcellona e presieduta dall’arcivescovo Giovanni Marra. Momenti importanti per fare breccia nel muro di indifferenza che circonda gli Opg soprattutto ora in cui ai problemi storici di queste strutture se ne sommano altri: il taglio dei fondi, ha comportato, infatti, il 45% in meno di risorse disponibili nell’arco di tre anni. Non ci sono soldi a sufficienza per le medicine, per pagare più ore alle prestazioni specialistiche di psichiatri e medici… Una istituzione totale quella degli ospedali psichiatrici giudiziari tutta da riformare ma dimenticata sia dalla legge dei manicomi (180/78), sia dall’ordinamento penitenziario. Così come dimenticate sono state diverse riforme proposte in Parlamento. Ma il problema di fondo è l’inefficienza dei servizi di salute mentale che dovrebbero, ovunque, provvedere a sostenere le famiglie dei malati di mente, curarli a domicilio o accogliendoli in semiresidenze, o residenze. E poi ci sono la paura e i pregiudizi di tutti noi. Ma manca anche il vestiario che facilmente si usura addosso a un ammalato di mente e addirittura pure il cibo: un internato per i pasti giornalieri ha a disposizione solo 2 euro. Con la mancanza di fondi si sono ridotte pure le possibilità di far lavorare questi ammalati. Il lavoro è occasione d’inserimento della società, motivazione a vivere e terapia. Così come avviene in altri ambiti in Italia, dove non arrivano le istituzioni arriva il volontariato che provvede al vestiario, al cibo, ad attività di vario tipo.
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