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Progetto di ricerca-intervento
"Nuovi bisogni informativi e nuove modalità di comunicazione sul tema dell'HIV nella popolazione detenuta italiana attraverso l'attivazione della rete dei giornali del carcere nella lotta all'AIDS" (Istituto Superiore di sanità, Accordo di collaborazione scientifica 60b / 1.21)
Le pagine informative realizzate: "a proposito di HIV e AIDS…"
Se ne è parlato tanto! Forse sai già tutto quello che c’è da sapere…
Noi del Coordinamento nazionale dei giornali del carcere e del Centro studi del Gruppo Abele abbiamo proposto circa 900 questionari sull’HIV/AIDS ad altrettanti detenuti e detenute in diverse carceri d’Italia, e abbiamo visto che, se su molti aspetti le informazioni erano corrette, e le persone in carcere non sono meno informate di quelle fuori, su altri c’erano dubbi e incertezze e su alcuni anche informazioni non corrette. Così, prima di voltare pagina, dai un’occhiata per vedere se c’è qualcosa di nuovo o qualche informazione che può chiarirti dubbi o domande ancora senza risposta. Essere informati aiuta a vivere meglio e protegge la nostra salute.
Per cominciare: cos’è l’HIV e cos’è l’AIDS?
HIV e AIDS
L’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) è un’infezione causata da un retrovirus chiamato HIV che procura un forte indebolimento delle difese immunitarie. Quando queste difese sono troppo deboli l’organismo diventa vulnerabile a molte infezioni.
Come fa l’HIV ad entrare nell’organismo?
L’HIV si trasmette da una persona ad un’altra attraverso alcuni liquidi corporei: il sangue (compreso quello mestruale), lo sperma, le secrezioni vaginali. L’HIV si trasmette anche da madre sieropositiva al feto (circa nel 15% dei casi). Il virus è presente anche nella saliva, ma in concentrazioni così basse che non sono risultate sufficienti per essere veicolo dell’HIV. Possiamo affermare che la saliva non trasmette l’HIV.
L’HIV è un virus da cui possiamo proteggerci solo attraverso comportamenti corretti e non rischiosi, perché a tutt’oggi non c’è un vaccino che possa tutelarci. Per fortuna, l’HIV è un virus che non si trasmette facilmente nella vita quotidiana.
Infatti, come non si trasmette l’HIV:
Nessun familiare o convivente di una persona sieropositiva è mai stato infettato solo perché condividevano una casa o una cella. In caso di convivenza con una persona sieropositiva é sufficiente rispettare le comuni norme igieniche: non usare oggetti che possono entrare in contatto con il sangue, cioè spazzolini da denti e oggetti taglienti come forbici, rasoi ecc. L’infezione non si trasmette attraverso bicchieri, piatti, posate, stoviglie e materiali da cucina. Il virus responsabile dell’AIDS non resiste a lungo al di fuori dell’organismo umano. Comunque, il normale lavaggio con acqua e detersivo dei piatti e delle altre stoviglie è in grado da solo di eliminarlo, qualora fosse presente. Lo stesso vale per qualsiasi tipo di indumento, capo di biancheria, asciugamani, lenzuola, ecc.
Non risultano casi nei quali l’infezione sia stata trasmessa attraverso la preparazione o la manipolazione di alimenti. È per questo che anche le persone con HIV possono svolgere lavori che hanno a che fare con la distribuzione o la preparazione dei cibi.
Come si può trasmettere l’HIV e cosa si può fare per evitarlo
Rasoi, forbicine e tagliaunghie, spazzolini da denti: questi oggetti potrebbero avere sulla loro superficie piccolissime dosi di sangue lasciate durante l’uso. Dato che il sangue è veicolo del virus HIV, è rischioso un uso in comune con altri di questi oggetti.
In carcere la pratica di tatuarsi è piuttosto diffusa, nonostante il regolamento penitenziario non lo consenta. Il fatto di farlo in modo spesso "artigianale", con strumenti di fortuna e non sterilizzati, può esporre a rischi per la salute. Un tatuaggio in condizioni non igieniche può procurare infezioni e trasmettere anche il virus dell’HIV. In carcere, non c’è alcuna possibilità di avere strumenti sterilizzati a dovere. Bisogna che almeno ogni strumento venga utilizzato per una sola persona.
Se qualcuno si ferisce, può esserci il rischio di entrare in contatto con il virus attraverso il sangue. Tuttavia, questo rischio esiste nel caso in cui anche chi soccorre ha qualche ferita aperta, che consente il contatto sangue-sangue. Il rischio non c’è se la pelle del soccorritore è integra. In questo caso non c’è motivo di non prestare aiuto! Basta osservare le normali norme igieniche, lavando accuratamente le mani dopo l’intervento, smaltendo con attenzione i materiali usati per la medicazione e curando la pulizia e l’igiene dell’ambiente.
I dentisti da sempre adottano particolari precauzioni negli interventi. L’utilizzo di strumenti sterilizzati e di guanti sono norme che ogni operatore odontoiatrico normalmente segue, e che comunque qualunque paziente, anche se detenuto, deve far rispettare
Lo scambio tra due o più persone di siringhe, fiale e filtri è un comportamento molto rischioso, perché consente la possibile introduzione di sangue infetto nell’organismo. Un comportamento corretto implica:
Attenzione
Tutto quello che stiamo dicendo sui comportamenti a rischio HIV vale anche per altre malattie, per esempio epatite B e epatite C, che sono molto più diffuse dell’HIV. L’epatite B è un virus che attacca il fegato e può dare seri problemi anche nel lungo periodo. Le via di trasmissione sono le stesse dell’HIV: sangue, via sessuale e da madre a bambino. Tuttavia per l’epatite B esiste un vaccino: puoi chiederlo anche in carcere se non hai già contratto il virus e pertanto sei diventano immune e se ti senti esposto al rischio di infezione Anche l’epatite C danneggia il fegato, spesso in modo serio. Si trasmette attraverso il sangue, mentre sono stati osservati rarissimi casi di trasmissione per via sessuale. Per l’epatite C non è ancora stato trovato un vaccino.
Queste indicazioni possono essere utili per chi decide di usare droghe durante i permessi, o le misure alternative (ma ricordati che rischi la revoca del beneficio). Tuttavia anche in carcere capita di usare droghe: la cosa migliore in questo caso per evitare l’eventuale trasmissione di virus è ricordare che esistono anche altri modi di usare droghe, ad esempio fumare oppure sniffare; forse non danno lo stesso flash… ma i rischi sono molto minori, proteggi la tua salute e - almeno per quanto riguarda l’eroina - riduci l’intensità delle crisi di astinenza. Ricorda poi che usare materiale sporco può danneggiare le vene, causare infezioni gravi, ascessi, "febbre ossea" e mettere a rischio la tua vita. Se proprio decidi di usare la siringa già usata da altri, puoi disinfettarla:
Sesso non protetto
Oltre allo scambio di sangue, espone al rischio HIV anche il contatto tra liquidi sessuali, quali sperma e secrezioni vaginali. Sono a rischio i rapporti che implicano la penetrazione (sia vaginale che anale) se effettuati senza la protezione del preservativo, e sono a rischio - sebbene più basso - anche i rapporti orali, soprattutto se le mucose hanno piccole ferite e entrano in contatto con i liquidi sessuali. Durante i rapporti sessuali è bene usare sempre il preservativo: è l’unico strumento efficace che abbiamo a disposizione per proteggerci!
Attenzione
Molti studi hanno rilevato che le donne sono maggiormente esposte al rischio di infezione nei contatti sessuali, anche perché lo sperma contiene quantità di virus superiori a quelle contenute nelle secrezioni vaginali (la quantità di virus aumenta nel periodo mestruale a causa delle presenza del sangue). Tutti è bene che si proteggano con il preservativo, ma le donne e le ragazze anche di più!
Come vedi, in fondo le norme da seguire sono poche e molto semplici. Alcune in carcere possono essere più difficili da rispettare che fuori. Ci sono alcune cose che puoi fare per aiutarti a stare in salute:
Ricorda
I medici e gli infermieri anche in carcere hanno l’obbligo della riservatezza e del rispetto dell’anonimato, lo dice chiaramente anche la legge sull’AIDS (n. 135 del 1990). Tutto ciò che tu racconti loro non può essere comunicato ad altri, se non ad altro personale medico infermieristico nel caso tu debba ricorrere a delle cure. Ricorda dunque che il medico è a tua disposizione e può aiutarti.
Cosa assolutamente non serve fare per prevenire il contagio
Può capitare di pensare che, se sappiamo chi sono le persone sieropositive che ci vivono accanto, ci sarà più facile proteggerci, perché con loro "staremo più attenti". Questo modo di pensare rischia non solo di non proteggerci per niente, ma anzi di farci rischiare di più. E rischia anche di isolare inutilmente le persone sieropositive. Infatti:
Attenzione
Il periodo finestra è quel periodo di tempo - da tre settimane a sei mesi, mediamente di tre mesi - in cui una persona può essere già sieropositiva, ma il test non lo rileva, perché l’organismo non ha ancora sviluppato gli anticorpi, che sono proprio quelli che il test ricerca per dirci se c’è stato contagio o no. Dunque è un periodo di tempo in cui la persona può già trasmettere il virus, ma non lo sa e non ha alcun sintomo di malattia.
Ricorda
In ogni caso, l’unica prevenzione davvero sicura è comportarsi come se tutti fossimo sieropositivi! È facile, non comporta rinunce particolari e mette tutti al riparo dai rischi.
Attenzione
Le regole per una buona prevenzione valgono anche per chi è sieropositivo. Esistono infatti diversi ceppi di virus HIV, e re-infettarsi è una cosa da evitare. Inoltre una persona con HIV è molto più a rischio infezioni di una sieronegativa, perché le sue difese sono più deboli. Proteggere la propria salute è importante qualunque sia il proprio stato sierologico e tenere un ambiente pulito e sano aiuta le persone con HIV e rischiare di meno.
Come si può sapere se si è venuti a contatto con il virus?
Si può essere venuti a contatto con il virus ma non avere alcun sintomo e star bene anche per periodi molto lunghi. Sottoporsi ad un esame del sangue per verificare se il nostro organismo ha sviluppato anticorpi contro il virus HIV è il modo sicuro per conoscere se vi è stata trasmissione del virus. Il nostro organismo sviluppa questi anticorpi in un periodo di tempo, chiamato periodo finestra, che varia dalle 3 settimane ai 6 mesi; anche se nella maggior parte dei casi ciò avviene entro i primi tre mesi. Quindi il risultato del test eseguito durante il periodo finestra potrebbe non essere certo e andrebbe ripetuto.
Ricorda
All’ingresso in carcere o in qualsiasi momento durante la carcerazione puoi chiedere al medico di effettuare il test. Il test è gratuito e coperto da anonimato. Al momento dell’ingresso, durante la prima visita può anche accadere che ti sia proposto, tra gli altri, anche il test HIV (che si chiama Test Elisa): il test HIV non è obbligatorio e richiede che tu firmi per dare il tuo consenso. Chiunque è libero di rifiutarsi, come previsto dalla legge sull’AIDS n. 135/90. Il consenso dovrebbe essere "informato", cioè ti deve essere spiegato con chiarezza cos’è e a cosa serve il test, e fornite tutte le informazioni che tu ritieni di chiedere. Inoltre, tutte le informazioni riguardanti il tuo stato di salute sono tutelate per legge, ed è vietato divulgare informazioni di questo tipo se non dietro autorizzazione dell’interessato. L’esito del test deve essere comunicato a te solamente: anche questo è previsto chiaramente dalla legge. Tutte queste norme valgono anche in carcere.
Se l’esito è negativo: significa che nel sangue non sono stati riscontrati gli anticorpi contro il virus HIV. Occorre però ricordare che se si è eseguito il test dopo una pratica a rischio, l’essere risultato negativo non significa essere immuni da future possibilità di contagio e quindi è bene non ripetere quel comportamento. Puoi discuterne con il medico, se ti servono nuove informazioni Se l’esito è positivo: significa che si è entrati a contatto con il virus e che il nostro organismo ha prodotto gli anticorpi anti-HIV e si è diventati sieropositivi. Essere persone sieropositive significa quindi che si è contratto il virus ma non significa avere l’AIDS. In questo caso la persona dovrebbe sottoporsi a controlli clinici più specifici per valutare lo stato del suo sistema immunitario e l’opportunità di iniziare una terapia farmacologia.
Importante!
Negli ultimi anni sono state trovate terapie molto efficaci, che consentono di curarsi e mantenere una qualità della vita buona e per lungo tempo. È importante allora in caso di comportamenti a rischio fare il test e in caso positivo ricorrere subito al medico, chiedere visite specialistiche con un infettivologo e seguire le terapie prescritte: anche in carcere il diritto alla cura è garantito a tutti, affermato e tutelato dalla nostra Costituzione. Fanne buon uso e difendilo per proteggere la tua salute!
Le terapie
I farmaci antiretrovirali in uso
L’utilizzo in combinazione di farmaci anti retrovirali ha di fatto rappresentato una svolta nella lotta all’HIV, allungando la vita e migliorando le condizioni fisiche delle persone sieropositive. Se è vero che nessun farmaco utilizzato da solo - monoterapia - è in grado di contenere la replicazione virale, l’uso associato di più farmaci (cocktail o terapie combinate), risulta efficace nel contrastare l’infezione. È ragionevole ipotizzare che tra poco tempo si potrà definire l’infezione da HIV un’infezione cronica. Anche in carcere si ha diritto alle cure con farmaci antiretrovirali senza dovere sostenere alcuna spesa. Una visita con l’infettivologo permetterà l’individuazione della terapia più adeguata. È importante che l’assunzione dei farmaci sia corretta e rispettosa degli orari prefissati affinché l’efficacia della cura non venga ridotta.
Medicina alternativa e complementare
Ricorda
Le terapie si sono rivelate importanti per prevenire il contagio da madre a bambino durante la gravidanza: anche grazie ad esse, oggi c’è l’85 - 90% di possibilità per una mamma con HIV di partorire un bambino sano. È importante quindi che le donne incinte che pensano di aver avuto comportamenti a rischio effettuino subito il test e che quelle che sanno di essere sieropositive chiedano subito al medico la terapia migliore per aiutarle a proteggere se stesse durante la gravidanza e il loro bambino dal rischio di sieropositività.
In caso di AIDS… cosa dice la legge
Come per altre malattie, anche per l’AIDS è possibile chiedere l’ammissione a misure alternative in caso di AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria. È una possibilità introdotta dalla legge n° 231 del 1999, che ha modificato l’ordinamento penitenziario (art. 47 quater O.P) A norma dell’art. 47 quater O.P. i condannati affetti da Aids conclamata o da grave deficienza immunitaria, i quali intendono intraprendere un programma di cura e assistenza, possono essere ammessi all’affidamento in prova o alla detenzione domiciliare, qualsiasi sia la pena da scontare.
Nota bene!
In caso di Aids conclamata o da grave deficienza immunitaria si può accedere alle forme alternative al carcere indipendentemente dall’entità della pena da scontare, in pratica oltre i tre anni per l’affidamento in prova, e i quattro anni per la detenzione domiciliare.
L’istanza
deve essere corredata da certificato medico rilasciato dal servizio sanitario
pubblico competente, o dal servizio sanitario penitenziario che attesti le
condizioni di salute e l’attuabilità del programma di cura e assistenza
presso strutture ospedaliere o altre strutture impegnate secondo i piani
regionali nell’assistenza ai casi di AIDS. Le
prescrizioni adottate dal Tribunale di sorveglianza nell’ordinanza di
concessione riguardano sia la misura alternativa sia le modalità di esecuzione
del programma di cura e assistenza. Ci
sono dei casi in cui, nonostante la malattia, l’alternativa al carcere non
viene concessa:
Se ci si allontana dal luogo di detenzione domiciliare (abitazione privata o altra struttura) si commette il reato di evasione: la denuncia per tale delitto importa di diritto la sospensione del beneficio, mentre la condanna ne comporta la revoca.
Quando esci e sei finalmente libero/a…
Ricorda di proteggere la tua salute dal rischio di contagio da HIV o epatiti B e C:
In carcere, per altre informazioni di tipo sanitario rivolgiti al medico: è a tua disposizione e rispetterà la tua privacy. Se vuoi saperne di più sulla legge in materia di HIV e AIDS, chiedi all’educatore i testi delle leggi n. 135/90 (legge sull’AIDS) e n. 231/99 (legge sulla incompatibilità) e l’Ordinamento Penitenziario. Se credi che alcuni diritti non siano rispettati o vi siano carenze dal punto di vista dell’assistenza dovuta, rivolgiti alla direzione e alla magistratura di sorveglianza.
Grazie per la tua attenzione.
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