IPM Treviso: record d'immigrati

 

Carcere minorile, record d’immigrati

 

La Tribuna di Treviso , 13 dicembre 2002
 

La criminalità minorile sul nostro territorio ha matrice quasi totalmente extracomunitaria: lo dicono i numeri. Il carcere minorile di Treviso è unico caso, su scala nazionale, ad ospitare solamente tre italiani. Tre su ventidue detenuti presenti all’interno dell’istituto. Ovvero, circa il 92% dei minorenni incarcerati sono immigrati. E la maggior parte dei reati commessi rientrano nel campo della microcriminalità. Il dato è emerso ieri mattina, all’istituto Canossiano, nel corso della "Festa del corpo di polizia penitenziaria". Presenti gli agenti di polizia penitenziaria che ogni giorno lavorano a contatto con questa realtà delicata, multiculturale ed in costante crescita. "Una trincea avanzata, nella rete degli istituti minorili presente in Italia".

Così Vittorio Paraggio, vice capo del dipartimento di Giustizia minorile, ha definito l’istituto di detenzione trevigiano. Lo stesso dipartimento ha appena portato a termine un’indagine conoscitiva, da cui è emerso un’inadeguatezza strutturale ed un’insufficienza dell’organico. Per risolvere queste lacune lo stesso Paraggio assicura "un intervento del dipartimento per garantire un’adeguata strutturazione a questa città così particolare". Paraggio non è l’unico a lamentare una carenza d’organico: gli stessi agenti trevigiani, pur riconoscendo nella mancanza di personale un problema nazionale, sentono il peso della situazione locale: "Noi siamo in 24, - spiega l’ispettore capo Arcangelo Spera - ma il numero ottimale sarebbe 35. Inserito nell’istituto c’è poi anche il centro di prima accoglienza, che dovrebbe essere una realtà separata. In questo modo s’impiegano nostri agenti preposti all’ordine dell’istituto, limitando ancora di più le risorse disponibili". "Risorse" che molto devono e fanno per questi ragazzi disagiati.

Il plauso maggiore lo rivolge il direttore dell’istituto penitenziario minorile e del centro di prima accoglienza, Alfonso Paggiarino: "La polizia penitenziaria è un corpo altamente preparato per affrontare dei ragazzi cresciuti in fretta, lottando contro adulti che li vogliono sfruttare. Gli agenti, con loro, hanno un approccio diretto che non si limita al mantenimento dell’ordine, ma è rivolto ad attività rieducative e di reinserimento". Questo superando difficoltà con la lingua straniera ed abitudini diverse: "Il loro contributo si sta rilevando fondamentale - continua il direttore - per il lavoro di gruppo portato avanti da educatori e psicologi. Sono in continua crescita, grazie anche ad una formazione adeguata". Anche i rappresentanti della Cgil sottolineano l’importanza di una continua educazione degli agenti penitenziari: "Il settore della formazione è un elemento cardine per un’adeguata professionalità - spiega Salvatore Lihard, segretario regionale della Funzione pubblica - e la nostra vuole essere una sfida alle amministrazioni per legare gli incentivi alla formazione".

 

 

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