Gli sportelli informativi dei C.S.S.A

 

Gli sportelli informativi dei C.S.S.A.: una risorsa sul territorio

 

Da "Autonomie locali e Servizi sociali" n° 3 - 2002 (Il Mulino)

 

Negli ultimi anni l’area esterna dell’esecuzione penale ha visto una forte espansione e, se si osserva il totale dei condannati definitivi, il numero dei soggetti ammessi a misure alternative alla detenzione ammonta ad una percentuale ormai superiore a quello dei ristretti in carcere.

I centri di servizio sociale adulti (C.S.S.A.) del Ministero di giustizia, agenzie che hanno estesa e prioritaria competenza sull’area dell’esecuzione penale esterna, hanno quindi visto aumentare considerevolmente il carico di utenti.

Ciò ha comportato un ampliamento dell’organico recentemente e la predisposizione di strumenti in grado di agevolare gli interventi e le risposte, tra questi si possono annoverare gli sportelli informativi (Sp.In.), avviati in forma sperimentale, a partire dal 1999. Di seguito si presenta un contributo curato dalla Direzione generale del!’esecuzione penale esterna e da S. Spanò, del C.S.S.A. di Genova, in cui al punto A) si offre una sintesi generale della sperimentazione presentata al Convegno nazionale "Sp.In., una risorsa sul territorio, analisi dei risultati" (attività 2000 - 2001) e al punto B) l’esperienza dello sportello informativo genovese, descritta, oltre che dalla stessa Spanò, anche da L. Botto, S. Chiarenza, E. Piazza, A. Rebagliati, S. Rivara.

 

 

A) Le esperienze sperimentali degli sportelli informativi (Sp.In.) presso i C.S.S.A.

 

Considerazioni introduttive

 

La descrizione dell’esperienza degli sportelli informativi va preceduta da alcune considerazioni sull’origine della stessa è a tutti noto come la progressiva espansione dell’area penale esterna, il crescente numero dei condannati che afferiscono alle misure alternative direttamente dallo stato di libertà, senza alcun passaggio dal carcere, anche a seguito delle modifiche all’art 656 del c.p.p., impongono ai C.S.S.A di adeguare la propria operatività al nuovo bacino di utenza, e soprattutto di attivarsi al fine di poter disporre al proprio interno di risorse e strumenti concreti e reali che siano di efficace supporto all’attività del servizio sociale professionale.

Credo sia condiviso da tutti che la metodologia di intervento deve essere quella che si avvale del modello operativo di rete, affermazione del resto recepita nelle circolari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che nel 1998, a firma dell’allora direttore generale dott. Margara, espresse la volontà di favorire ed incentivare ogni possibile iniziativa di integrazione con le risorse del territorio, sia pubbliche che private, dedicando particolare attenzione a quelle iniziative dirette a rendere concreta una collaborazione con i C.S.S.A.

Considerazione fondamentale, in questo contesto, è stata la consapevolezza che il settore penitenziario cosiddetto intramurario è sempre stato oggetto di interesse, sia da parte del volontariato che del privato sociale, ragione per cui il detenuto è stato ed è oggetto di interventi qualificati durante la permanenza in carcere: in carcere il condannato è destinatario di numerosi interventi da parte di singoli volontari, così come di gruppi od associazioni, che spesso raggiungono un risultato anche con la stessa loro presenza, contribuendo a sottrarre il detenuto alla solitudine fisica, psicologica, emotiva, coinvolgendolo in attività ricreative, culturali ed altro, mentre per contro "fuori" è sempre stato più difficile reperire volontari disposti ad impegnarsi in una collaborazione concreta con i C.S.S.A., rivolta a soggetti appartenenti all’area penale esterna.

Negli ultimi anni però vi è stata un’apertura, si sono letti segnali di tipo diverso, segnali di attenzione da parte del mondo del volontariato e del privato sociale anche al settore dell’esecuzione penale esterna, segnali che si sono voluti raccogliere e convogliare in una prospettiva di lavoro integrato elaborando progetti d’intervento stabili, volti a dare risposta a bisogni concreti espressi dall’utenza dei Centri di servizio sociale per adulti, bisogni sintetizzabili prima di tutto come necessità di informazione su problemi correlati all’esecuzione di una pena, e quindi riforme, procedure, modalità per produrre le istanze e così via, e sui servizi socio-sanitari e assistenziali esistenti sul territorio.

Si è ipotizzata quindi la creazione di una sorta di struttura intermedia, attraverso la quale il C.S.S.A. potesse offrire all’utenza un servizio concreto da realizzarsi in integrazione con il volontariato e con il privato sociale.

Si è prevista quindi la costituzione di punti di informazione stabilmente strutturati in grado di dare informazioni ed aiuto alla redazione di istanze, nonchè di informazioni sulle risorse, rivolte a cittadini non in carico ai Centri di servizio sociale per adulti (ad es. già condannati, o necessitanti di informazioni e aiuto relativamente a situazioni giuridiche correlate all’esecuzione penale, come il lavoro sostitutivo, etc.).

Sono nati perciò in via sperimentale gli sportelli informativi, la cui realtà organizzativa verrà di seguito descritta attraverso un’analisi comparativa delle varie realtà di sperimentazione.

 

L’analisi delle esperienze Sp.In.

 

L’analisi delle esperienze svolte a livello sperimentale nell’ambito dei centri di servizio sociale per adulti - Dipartimento amministrazione penitenziaria, è stata condotta utilizzando la documentazione fornita da alcuni Centri interessati dalla sperimentazione: Alessandria, Campobasso, Cuneo, Torino, Messina. Siena, Pescara, Salerno, Sassari, Palermo. Sull’esperienza di Genova relazionerà lo stesso C.S.S.A. Al fine di procedere all’analisi comparativa delle varie esperienze è stata utilizzata, quale strumento metodologico di lavoro, una griglia di lettura costituita da una serie di elementi ritenuti significativi per lo scopo proposto.

 

L’inizio

 

Le attività degli Sp.In. sono state avviate in via sperimentale a partire dal 1999 su iniziativa dei C.S.S.A. di Alessandria e Sassari; l’ultimo Sp.In. è stato attivato dal Centro di Palermo nel mese di luglio 2001, mentre tutti gli altri sportelli hanno iniziato la loro attività nell’arco del 2000.

 

Il protocollo d’intesa/convenzione

 

In alcuni Centri l’iniziativa è partita in seguito alla stipula di un protocollo d’intesa, o di una convenzione, con associazioni di volontariato, cooperative sociali ed Enti locali; tali accordi risultano importanti al fine di formalizzare intese legislative ed operative, nell’ottica di una valorizzazione delle reciproche competenze istituzionali.

Il Centro di Alessandria ha firmato una convenzione con l’associazione di volontariato Betel, il Centro di Torino ha stipulato un protocollo d’intesa con il Comune di Torino ed il Gruppo Abele, mentre il Centro di Siena ha firmato una convenzione con l’associazione Onlus "Sobborghi di Siena" ed un protocollo d’intesa con il Centro di Solidarietà (CEIS) di Grosseto, infine il Centro di Palermo ha stipulato una convenzione con la cooperativa sociale "Azzurra".

 

La gestione

 

Nell’ambito della strutturazione e gestione del servizio sono scaturite varie tipologie, riferibili sia all’ubicazione dello sportello che al personale concretamente impegnato nello svolgimento dell’attività.

Si evidenziano le seguenti modalità organizzative e gestionali:

  1. lo Sp.In. è ubicato all’interno del C.S.S.A. e gestito da personale appartenente all’amministrazione penitenziaria, in genere assistenti sociali, come viene sperimentato nelle realtà di Pescara e Campobasso;

  2. lo Sp.In. è ubicato all’interno del Centro e gestito sia dal personale dell’amministrazione penitenziaria che da soggetti appartenenti al privato sociale, al volontariato, nonché da obiettori di coscienza, come avviene nelle realtà di Cuneo ed Alessandria;

  3. lo Sp.In. è ubicato all’interno del C.S.S.A. e gestito da personale esterno all’amministrazione penitenziaria appartenente al volontariato, al privato sociale e dagli obiettori di coscienza, come si evince nelle realtà di Siena e di Palermo. In particolare nell’esperienza palermitana occorre evidenziare la multi professionalità degli operatori, con particolare riferimento all’utilizzo di esperti in orientamento al lavoro, in problematiche inerenti all’immigrazione e, tra questi, un mediatore culturale di nazionalità araba, nonché operatori che lavorano nel settore della tossicodipendenza e rappresentanti del volontariato penitenziario;

  4. lo Sp.In. è ubicato all’esterno del C.S.S.A. (sportello carcere) e gestito dagli obiettori di coscienza, operanti presso il C.S.S.A., come avviene nella realtà di Torino;

  5. lo Sp.In. è ubicato all’esterno del C.S.S.A. e gestito da operatori appartenenti sia all’amministrazione penitenziaria, assistenti sociali del C.S.S.A., sia al privato sociale come avviene nell’esperienza di Sassari e Salerno che attualmente svolge l’attività tra diverse sedi operative; presso il Comune di Salerno, settore politiche sociali, presso l’associazione La Tenda Onlus di Salerno e presso la cooperativa Iskra di Sala Consilina;

  6. lo Sp.In. è ubicato all’esterno del Centro e gestito da volontari come avviene nelle realtà di Messina e di Siena (per quanto riguarda la sede grossetana dello sportello, collocato presso il CEIS di Grosseto) ed a Sassari, realtà in cui lo sportello è ubicato presso l’Assessorato ai servizi sociali del Comune.

 

Le attività formative

 

Alcuni dei Centri considerati hanno affrontato ed effettuato un percorso formativo per coloro che successivamente avrebbero gestito l’attività, come è avvenuto nelle esperienze dei Centri di Alessandria, Palermo, Pescara, Torino e Siena.

In particolare nell’esperienza senese i primi mesi di attività sono stati dedicati alla formazione degli operatori sulle tematiche penitenziarie e sulle esigenze da soddisfare anche da un punto di vista tecnico (compilazione di istanze), natura delle misure ai cui sono sottoposti i condannati, etc.), mediante il contributo del personale di servizio sociale, avvocati etc..

 

La tipologia degli sportelli

 

Per quanto riguarda la tipologia degli sportelli informativi possono essere evidenziati tre modelli di riferimento nei quali si collocano le esperienze fino ad ora avviate:

  1. sportello informativo finalizzato alla informazione ed al sostegno nella compilazione delle istanze, come previsto negli obiettivi generali individuati nella parte introduttiva della relazione. In tale modello confluiscono le esperienze di Salerno, Siena, Campobasso e Palermo;

  2. sportello informativo il quale, oltre alle funzioni di informazione evidenziate nel modello precedente, svolge un’attività di orientamento e di informazione in ordine alle risorse ed alle possibilità lavorative presenti nell’ambito territoriale. In questa tipologia di servizio rientrano le esperienze dei Centri di Torino, Alessandria e Cuneo;

  3. sportello informativo e di consulenza per l’orientamento lavorativo. I dati che di seguito verranno riportati sono contenuti nella relazione redatta dal Centro di Pescara. La realtà. sperimentale scaturita nell’ambito del Centro suddetto rientra nelle iniziative previste dal Progetto Multiregionale Polaris realizzato dal DAP nel 1998 e dalle attività previste dal progetto A.P.O.L. elaborato dai referenti del P.R.A.P. di Pescara con la previsione di implementare il sistema dei servizi per l’orientamento dei condannati e degli ex detenuti in alcuni Istituti e servizi del territorio di competenza.

In tale ambito è stata avviata al Centro di Pescara, dal mese di dicembre 2000, la realizzazione di uno sportello informativo e di consulenza nel tentativo di sviluppare competenze specifiche circa le metodologie e gli approcci per l’orientamento al lavoro con riferimento allo specifico target.

Il progetto prevede interventi che si caratterizzano per essere:

differenziali per livello di qualificazione, specializzazione e competenza;

composi li per la presenza di multiprofessionalità;

integrati per un costante collegamento tra interno ed esterno.

Nell’ambito di tale servizio è stato previsto un primo livello di intervento per fornire informazioni di base sull’esistenza, la composizione ed il funzionamento del servizio di orientamento attraverso sia colloqui individuali, sia l’elaborazione, sia l’organizzazione e l’offerta di prodotti formativi avente per oggetto dati e chiarimenti sul mercato del lavoro, sugli uffici ed istituzioni che operano in materia di lavoro, sulle opportunità occupazionali locali, regionali, nazionali e sulla consultazione di documenti legislativi.

Dopo un primo periodo di avvio del servizio il progetto prevede inoltre la possibilità di sperimentare altre attività di orientamento complessivamente realizzabili mediante lo sviluppo di specifiche competenze quali quelle relative alla valutazione (Assesment) ed all’inserimento (Placement), attività questa che verrà gestita da uno psicologo esterno alla struttura con esperienza almeno quinquennale nell’area della formazione professionale e dell’orientamento al lavoro in stretta sintonia con gli operatori dello sportello.

 

Le modalità di apertura

 

Lo sportello informativo è aperto al pubblico con frequenza differenziata nell’ambito delle singole esperienze. A tale proposito si possono distinguere le seguenti modalità di apertura al pubblico:

  1. settimanale, come avviene nelle realtà di Palermo, Alessandria, Cuneo e Siena (sede del C.S.S.A.);

  2. bisettimanale, propria della realtà di Salerno, Pescara e Siena (sede CEIS - Grosseto);

  3. vi sono delle singole realtà che prevedono una maggiore o minore fruibilità del servizio rispetto a quelle evidenziate come lo sportello di Torino, aperto nell’arco di quattro giorni settimanali, lo sportello di Sassari, con apertura bimensile e lo sportello di Campobasso, che prevede un’apertura giornaliera; occorre peraltro evidenziare come in quest’ultimo servizio la funzione informativa sia collaterale all’attività di segretariato, peculiare nella professionalità dell’assistente sociale.

 

I destinatari

 

Nelle esperienze analizzate l’attività dello sportello è rivolta alle seguenti categorie di destinatari:

  1. soggetti maggiorenni sottoposti a condanna penale non ancora esecutiva, in attesa di udienza presso il Tribunale di sorveglianza competente (il cui numero è aumentato dopo l’introduzione della legge Simeone);

  2. soggetti condannati in esecuzione di misura alternativa esterna;

  3. soggetti detenuti che usufruiscono di un permesso premio;

  4. soggetti ex detenuti;

  5. soggetti svantaggiati con problematiche di tossicodipendenza;

  6. familiari dei sottoposti a condanna penale;

  7. tutti coloro i quali, a vario titolo, sono direttamente interessati all’esecuzione penale (risorse socio-assistenziali, enti, associazioni, cooperative sociali, studi legali, etc.).

 

I dati relativi all’affluenza

 

Per quanto riguarda l’affluenza dei destinatari, rilevata mediante le schede appositamente predisposte dal DAP, è emersa una sostanziale disparità numerica nell’ambito delle varie realtà considerate.

Il Centro di Campobasso ha segnalato solo 4 casi, motivando la scarsa frequenza con diversi fattori legati alla struttura geografica e demografica del territorio di appartenenza, con particolare riferimento all’elevato numero di paesi sparsi sul territorio, una popolazione prevalentemente anziana ed un limitato numero di soggetti con problematiche penali.

Il Centro di Palermo ha trattato 18 casi nell’arco di un mese di attività (specifichiamo che il servizio è stato interrotto dal mese di agosto 2001).

Il Centro di Alessandria ha trattato 24 casi.

Il Centro di Pescara ha trattato 33 casi.

Il Centro di Siena ha trattato 65 casi.

Il Centro di Salerno ha trattato 395 casi.

Il totale dei casi trattati (539) è tuttavia da intendersi quale dato ampiamente approssimativo per difetto, in quanto molti centri non hanno quantificato il numero degli interventi effettivamente svolti.

 

I finanziamenti

 

Da quanto emerso dalle informazioni pervenute dalle varie realtà si rileva quanto segue:

il gruppo di lavoro palermitano, attraverso la cooperativa sociale "Azzurra", ha ottenuto l’approvazione di un finanziamento dal Comune di Palermo, attualmente sospeso causa commissariamento dell’ente locale; recentemente il C.S.S.A. di Palermo, attraverso il progetto "Sole", finalizzato all’inserimento lavorativo dei soggetti, ha ottenuto un finanziamento sul programma Equal - Ministero del Lavoro, che può essere utilizzato anche per sostenere le attività dello sportello;

lo sportello di Torino, nato dalla collaborazione tra il C.S.S.A., il Comune ed il gruppo Abele, ha ottenuto un finanziamento nell’ambito della legge n. 309/90;

lo sportello di Messina, in base al progetto di collaborazione con le comunità terapeutiche della città, è stato finanziato con il Fondo nazionale di intervento di lotta alla droga;

lo sportello di Siena (sede C.S.S.A.), attivato mediante una convenzione stipulata con l’associazione Culturale Sobborghi - Onlus, ha ottenuto, sia nell’anno 2000 che nell’anno 2001, un finanziamento dall’amministrazione provinciale di Siena;

lo sportello informativo e di consulenza per l’orientamento lavorativo di Pescara ha recentemente ottenuto un finanziamento dalla Regione Abruzzo per l’implementazione delle attività di orientamento al lavoro. Il C.S.S.A., infatti, ha elaborato, a tal fine, il progetto P.O.I.L. (percorsi di orientamento per l’inserimento lavorativo).

 

Le reti di rapporto sul territorio

 

In generale si è rilevata una significativa collaborazione tra gli sportelli e le risorse istituzionali e socio-assistenziali presenti sul territorio. La rete di relazioni che si è andata creando, sia con gli enti pubblici (Comuni, Province e Regioni) che con le associazioni di volontariato e di privato sociale, è stata rafforzata anche dalla presenza, in alcuni casi, di protocolli di intesa e di convenzioni con i C.S.S.A. In effetti, presupposto necessario per garantire l’efficacia di un progetto è sviluppare una modalità collaborativa con le risorse locali con le quali individuare una strategia di lavoro in rete.

 

Le modalità di pubblicizzazione del servizio

 

Elemento non trascurabile e di sicuro interesse, che, come vedremo, rappresenta uno specifico nodo problematico, è costituito dalla necessità di pubblicizzazione e conoscenza dello sportello informativo nell’ambito della cittadinanza interessata al servizio. Dalle esperienze analizzate è emerso l’impegno di molti servizi ad affrontare il problema individuando differenziate modalità di pubblicizzazione del servizio appena costituito:

  1. seminariale. I Centri di Alessandria e Siena, hanno organizzato, rispettivamente nei mesi di ottobre 1999 e marzo 2000, un seminario di divulgazione dell’iniziativa in collaborazione con le associazioni interessate e la Provincia;

  2. diretta tra operatori. Nell’esperienza salernitana, durante la prima fase del lavoro, si sono svolti, presso il Comune, incontri tra il C.S.S.A. ed i responsabili delle politiche sociali ai fini della pubblicizzazione;

  3. diretta all’utenza. La divulgazione dell’iniziativa è avvenuta anche mediante la partecipazione dell’assistente sociale, presso il Centro di solidarietà Onlus di Salerno, associazione che ha collaborato a tale progetto, all’I.D.M. (incontro del mattino), in cui sono presenti utenti nella fase trattamentale dell’accoglienza. Inoltre segnaliamo che buona parte dell’utenza è stata informata dell’esistenza del servizio direttamente dall’assistente sociale per via telefonica, o a seguito di colloquio individuale durante l’attività di segretariato;

  4. mediante strumento cartaceo. Alcuni Centri hanno elaborato e distribuito depliant informativi e illustrativi del servizio. In altri casi è stato pubblicata la notizia della presenza sul territorio dello sportello su quotidiani locali.

 

Problematicità e prospettive

 

Dall’analisi delle esperienze emergono alcuni nodi problematici riconducibili prevalentemente alla scarsa diffusione della conoscenza del servizio offerto; emerge la chiara necessità di pubblicizzare lo sportello presso l’utenza, attraverso i servizi ai quali l’utenza si rivolge e che possono fungere da filtro e invio, o comunque punti chiave quali le procure, i Ser.T. o altre strutture socio-assistenziali che possono fungere da tramite per la conoscenza.

Altro aspetto di problematicità rilevabile, è costituito dalla scarsa dimestichezza del volontariato con gli adempimenti considerati di tipo burocratico: è successo perciò che interventi effettuati dallo sportello non siano stati rilevati attraverso la modulistica a ciò predisposta, perdendo quindi una parte dei dati di rilevazione di fatto necessari per la valutazione qualitativa e quantitativa del servizio svolto.

Altro elemento da considerare e sul quale lavorare è riferibile alla tipologia delle informazioni, poiché emerge in quasi tutte le esperienze la richiesta di avere informazioni e sostegno alla ricerca occupazionale, all’inserimento lavorativo: emerge quindi la necessità di ampliare l’offerta informativa alla dimensione del lavoro, con il coinvolgimento delle risorse locali a ciò deputate, come i Centri per l’impiego, o inserendosi all’interno di progettazioni più ampie, come gli Equal.

Le prospettive dunque sono potenziare il lavoro di informazione sul territorio per far conoscere il servizio, farsi conoscere presso i servizi, le associazioni, e soprattutto potenziare il servizio tenendo sempre ben presenti i bisogni del1’utenza, soprattutto in direzione dell’informazione sul lavoro.

 

 

B) L’esperienza dello Sp.In. di Genova

 

Un po’ di storia

 

L’idea dello sportello informativo prende avvio all’interno della Consulta carcere - città di Genova. Lo sportello nasce come luogo in cui accogliere le persone che si trovano a dover scontare una condanna, con la possibilità di accedere a misure alternative alla carcerazione. Il servizio, nelle intenzioni degli inizi, si poneva come duplice aiuto: da una parte nella redazione dell’istanza per l’accesso alla misura alternativa, per quanti già in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, dall’altra nella ricerca di possibili soluzioni per chi ne fosse, almeno in parte sprovvisto (per esempio senza un lavoro, o senza un luogo dove pernottare), immaginando che un numero significativo di persone potessero rinunciare ai benefici della legge Simeone perché non sufficientemente seguite ed indirizzate.

A breve tempo dall’attivazione del servizio, alla prova dei fatti, i dati raccolti sulla tipologia di richiesta già prefiguravano una differenza tra l’obiettivo per il quale lo sportello era stato progettato e le necessità delle persone che ad esso afferivano.

In particolare si notava come l’utenza comprendesse non unicamente persone alla soglia di una nuova carcerazione, ma, in generale, persone con problemi di giustizia sia attuali che pregressi. Chi si rivolgeva e tutt’ora si rivolge lo fa spesso spinto dalla necessità di essere sostenuto in un percorso di cambiamento. Lo Sp.In. viene inaugurato all’interno del C.S.S.A. di Genova il 1° marzo 2000, dopo numerosi incontri di lavoro ed un corso di formazione per i volontari.

Durante il corso si sono affrontati vari argomenti riguardanti: problemi giuridici e di inserimento sociale e lavorativo, le dipendenze e le patologie correlate, le risorse esistenti sul territorio.

 

Lo staff operativo

 

Esso è costituito da diverse realtà del volontariato e del privato sociale ed è estremamente variegato ed eterogeneo; Centro di Solidarietà di Genova, Comunità di San Benedetto al Porto, coop. Agorà, coop. Il Biscione, Coord. Ligure Persone Sieropositive, Croce Rossa Italiana, SEAC (coordinamento enti ed associazioni di Volontariato penitenziario), Veneranda Compagnia della Misericordia. Referenti istituzionali sono rappresentati dal Direttore e da alcune Assistenti sociali, coordinate dal C.S.S.A. di Genova.

La supervisione dei volontari, effettuata da un esperto, ha cercato di valorizzare gli aspetti individuali aiutando a creare delle modalità di lavoro comuni. Nelle periodiche riunioni di verifica, con la presenza delle assistenti sociali referenti del C.S.S.A., vengono affrontati eventuali problemi o situazioni che si sono presentate durante i colloqui con l’utenza o nei rapporti di collaborazione tra il servizio e lo Sp.In.

Per la realizzazione dello sportello è stato finanziato dalla Regione Liguria il "Progetto sestante", presentato dalla coop. Agorà e avente come partner le altre associazioni ed i referenti istituzionali.

 

La metodologia

 

L’obiettivo comune è stato quello di attivare il soggetto che si presenta allo sportello a districarsi nella confusione delle procedure istituzionali, semplificare i percorsi individuali, creando insieme una mappa personale delle priorità che si renda visibile e realisticamente percorribile. Dietro ogni persona che si presenta si costruisce un piccolissimo progetto che dà sollievo e riattiva un senso di realtà.

La prassi consiste in un colloquio informativo - conoscitivo tra il soggetto e gli operatori in turno dello Sp.In. L’obiettivo primario è l’ascolto oltre ad ottenere una raccolta selettiva ed un’analisi precisa della persona, per poter comprendere il bisogno primario rispetto alla situazione attuale. Gli operatori forniscono le informazioni e le indicazioni sul tipo di percorso da realizzare, e si cerca di facilitare l’accesso della persona ai servizi del territorio.

La metodologia di lavoro è supportata dalla scommessa sulla valorizzazione di modalità e di pensiero portata dagli operatori e volontari che attraverso le loro caratteristiche individuali cercano di trovare un linguaggio comune che è quello dell’ascolto.

Spesso le persone che entrano in contatto con lo Sp.In. arrivano con grandi carichi di sofferenza e con molta confusione. Molti non sanno definire con precisione il proprio problema principale, né sanno a chi rivolgersi per provare a risolverlo. Capita che, procedendo nel colloquio, sostituiscano alla domanda principale altre domande che via via assumono peso maggiore. Talvolta sono persone non più appartenenti a specifiche categorie (ex detenuti, ex tossicodipendenti) che, non possono più essere presi in carico dai tradizionali servizi, ma ancora bisognosi di accompagnamento verso una strada di autonomia. In questi casi sono proprio i servizi che suggeriscono di rivolgersi allo Sp.In..

È necessario, dunque, mettere a proprio agio con comportamenti di accoglienza e non giudizio la persona che arriva dubbiosa ed immersa nelle difficoltà, dandogli modo di mettere a fuoco le proprie richieste e stabilendo le priorità di intervento. Quanto più il problema portato è quello davvero centrale, tanto più la risposta che verrà data sarà efficace.

Infine viene concordata la modalità di azione, cercando di avvicinate la persona al luogo ed alla situazione che meglio può rispondere alle sue necessità.

 

Prospettive future ed obiettivi culturali e sociali di riflesso

 

Il programma futuro dello sportello prevede il raggiungimento di più obiettivi, di cui i principali sono:

consolidamento e messa a regime dell’attività dello Sp.In. Da progetto pilota a modello sistematizzato di intervento;

la capacità del progetto Sp.In. di essere un osservatorio in grado di far emergere le aree critiche da sviluppare e potenziare attraverso progetti riconducibili a strategie di intervento condivise ed integrate con le attività istituzionali del C.S.S.A;

decentrare lo Sp.In., attraverso la realizzazione di uno sportello - carcere: essere presenti "dentro" per agevolare il passaggio informativo rispetto alle possibilità offerte da "fuori";

un incremento dell’utenza femminile (non solo con problemi di giustizia, ma anche facente parte di nuclei familiari comprendenti persone detenute) in collaborazione con enti che sviluppano politiche del mondo femminile;

un aumento dei contatti di rete che produca una informazione più efficace, un aumento dell’accesso ai servizi, con conseguente maggiore incisività degli interventi e realizzazione di reinserimento sociale e percorsi alternativi al carcere, con particolare riferimento all’utenza extracomunitaria e/o tossicodipendente e femminile;

attivare borse lavoro "atipiche", caratterizzate da flessibilità e rapidità di avvio al fine di integrare gli strumenti ad oggi a disposizione del settore;

un potenziamento delle competenze del gruppo di lavoro tramite formazione specifica.

Lo Sp.In. ha aperto uno spazio di condivisione sociale della devianza di sperimentazione di un nuovo rapporto penale e sociale per costruire nuove rappresentazioni dei problemi sociali, creando spazi di lettura condivisi. Affrontare i pregiudizi ed il disagio che sopportano le persone che hanno scontato pene detentive, spesso sommate a problematiche di dipendenza, disadattamento personale e sociale, cercando di vedere la persona e non la categoria che esprime.

Implicitamente lo Sp.In. ha cercato di rassicurare e di anteporsi all’esclusione sociale delle persone devianti, per umanizzare ed evitare discriminazioni e reazioni sociali di rifiuto.

 

 

 

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