Zona 508 - luglio 2004

 

Periodico interno della Sezione Femminile

del carcere di Verziano - Brescia

 

Sommario

 

C’era una volta…

Talento sprecato

Giro di chiave

Un passo, seppur piccolo, verso la libertà

Promesse

Mulla il liberatore

Never give in

Premio Bulloni

Buon compleanno, Madre Mirella!

Alla memoria del dottor Zappa

Grazie di tutto, presidente Zappa

In memoria del Giudice Giancarlo Zappa

Antonella

Una serata eccezionale

Realtà

Valentina

Cose strane

Rievochi

Ci sentiamo inutili

La voce del carcere…

Pensiero del mattino 1 e 2

Ieri, Oggi, Domani

Le streghine

Sogno (1)

Per le mie amiche…

Riceviamo una lettera

Sogno (2)

Poesia

Per la dottoressa Gloria Manzelli

Pittrici e imbianchine

Al nostro comandante

Teatro in carcere

Messaggi

"C’era una volta..."

 

Ciao! Sono Elisa e sono nata 25 anni fa a Cremona e da allora ho sempre abitato in un paesino di provincia, conta circa 5.000 abitanti, è in mezzo alla campagna; c’è la ferrovia, tanti bar, due oratori (maschile e femminile), una grande piazza con la chiesa e il campanile, uno dei più alti della Lombardia (circa 67 m). Piano piano questo paesino si è allargato, modernizzato, fin troppo per i miei gusti! E quando cammino per le vie mi accorgo che è cambiata anche la gente: guardo le ragazzine e non so neanche chi sono, tanti amici e conoscenti se ne sono andati e questo mi da nostalgia, mi dispiace non incontrarli più, e più il tempo passa più il saluto viene a mancare...prima ad ogni passo che facevo c’era un "CIAO! TUTTO BENE? S’E’ VEDUM, CIAO!" (ci vediamo), delle volte mi fermavo a parlare e incontravo qualche amico che mi invitava al bar per bere qualcosa; nei bar poi trovavo sempre la compagnia per fare due chiacchiere, giocare al flipper, a carte, insomma, non ero mai sola, anche perché conoscevo praticamente tutto il paese. Di sera si usciva, passavamo a chiamarci o ci si trovava in giardino con la bici per poi radunarsi tutti "A LA GRANDA", mitico bar (una volta anche ristorante) che ora non c’è più e non ce ne sarà mai uno simile, perché era unico, veramente si stava troppo bene e, poi per noi, era una seconda casa, eravamo di famiglia con i proprietari.

Nel week-end, verso mezzanotte e dopo qualche canna, si andava a ballare e d’estate giù all’Oglio per fare la grigliata e il bagno...quanto ci divertivamo, stavamo proprio bene, spensierati un po’ stupidi (nel senso buono) ma eravamo LIBERI da tutto, la nostra mente era libera...eravamo delle anime innocenti.

A scuola era stupendo: ridere, giocare, studiare anche (poca voglia !!!); l’emozione di prendere il treno, di bigiare (marinare la scuola), la trasgressione nel fare cose di nascosto, proibite, di copiare i compiti, di prendere in giro i professori; gli scioperi (per stare a casa o in giro con i tuoi compagni), la gioia del treno in ritardo, ecc...sapete...mi sono proprio divertita, sono stata da Dio!!! Che bei tempi...

Ed ecco che arriva il momento di crescere e TUTTO CAMBIA, soprattutto TU! E chi ha voglia di crescere?! Io ho avuto paura e ce l’ho tutt’ora! La testa cambia, cominci a pensare in modo diverso, vedi le cose sotto un altro aspetto e questo ti spaventa, ma spaventa a morte!

Io credo di aver sempre cercato una via per fuggire dalla realtà, non ho ancora accettato il fatto che le cose, le persone, tutto sia cambiato e si evolve; si fanno nuove esperienze e ci si conosce sempre di più, si scoprono cose nuove del proprio aspetto, del proprio carattere e bisogna imparare ad amarsi, ad accettarsi; certo, i ricordi restano ma non bisogna continuamente rimpiangere il passato, si deve guardare al futuro con serenità, prendere la vita con gioia, essere consapevoli che crescere fa bene e non si può tornare indietro o restare perennemente infantili.

Ogni giorno c’è un nuovo mondo da scoprire e le esperienze ti insegnano a viverci, ad affrontarlo per costruirsi una vita e fare delle scelte. Purtroppo io ho scelto la via più facile, meno faticosa, che mi ha portato a non concludere niente, e invece di andare avanti, piano piano regredivo; così, senza accorgermene mi sono privata della mia libertà, IN TUTTI I SENSI!!! Ero vincolata dalla droga, imprigionata nel mondo che la circonda, ero schiava di me stessa e non ho saputo reagire. Solo ora mi accorgo che non ho voluto reagire perché avevo paura, paura di crescere, di cambiare, di prendere le mie responsabilità, non volevo accettare il fatto che tutto fosse cambiato, diverso; avevo troppa nostalgia della mia gioventù, della mia spensieratezza, dei miei amici, che tali lo sono ancora, però sono cambiati ed è giusto!!! Sono io che sono rimasta indietro e non ho capito che SI DEVE CRESCERE !!!

Sono stata una stupida e mi sono comportata da ipocrita con me stessa! Ho tanti difetti ma altrettanti pregi e uno di questi è che sono capace di trarre sempre qualcosa di positivo da ogni esperienza negativa e questo mi ha aiutato a non abbattermi, a non mollare mai per nessun motivo e ringrazio me stessa (e mia madre che nonostante tutto mi è sempre vicina, GRAZIE MAMI!) per aver avuto il coraggio e la forza di andare avanti sia nel bene che nel male!

Dopo la mia ultima esperienza negativa in carcere ho finalmente capito che non si può restare fermi a guardare mentre il mondo va avanti, basta! Piangere sul latte versato, se voglio realizzare i miei sogni e costruire qualcosa di buono nella vita devo farmi coraggio e lasciarmi tutto alle spalle; raccogliere ciò che ho imparato e riordinare le idee e poi...via verso una NUOVA VITA, QUELLA MIGLIORE, TANTO DESIDERATA E TEMUTA...e, modestia a parte, so di essere una ragazza intelligente, simpatica, divertente, carina e in gamba, con tutte le carte in regola per spaccare il mondo! E allora perché non giocarsele fino in fondo, giusto?!? Ho un lavoro fantastico, il lavoro del futuro, e lo so fare molto bene, chi mi conosce lo sa!

Basta aspettare...è ora di andare...MUOVITI ELY !!!

Concludo questo mio sfogo (se così si può dire) dicendovi grazie di avermi ascoltata e se vi ho annoiato, beh...non me ne frega un c...avolo! DI’ SEMPRE CIÒ CHE PENSI E PENSA SEMPRE CIÒ CHE VUOI! PENSA ANCHE A CIÒ CHE DICI, PERÒ!

Ciao e alla prossima.

 

Elisa

Talento sprecato

 

Rieccomi ancora insieme a voi..."Anno Nuovo, Vita Nuova", ho un sacco d’idee da sfornare per questo nuovo anno, mi sento autentico vulcano pronto ad eruttare...La mia nonna mi dice sempre che il mio è tutto talento sprecato, le mie compagne di viaggio penso che ne farebbero davvero a meno.

Ho deciso, questo sarà un anno di autentica riflessione, revisione e soprattutto di pulizia (e non intendo a livello igienico ma psicologico), non voglio sprecare tutta questa carica energetica perché fuori da qui me ne servirà molta e quindi posso iniziare a pensare a come la incanalerò...Conosco i miei limiti e le mie capacità quindi sarà senz’altro difficile per me astenermi emotivamente da ciò che forzatamente mi circonda, io tanto donna e ancora di più bambina sempre pronta ad ascoltare ma astenendomi dal consigliare perché mi hanno insegnato che ognuno è in grado di sbagliare da solo, tendo spesso a sovraccaricarmi di problemi che non sono i miei...spesso mi sento un uccellino in gabbia (o meglio un’aquila, vista la stazza e l’impronta caratteriale, ereditata da papà!) in attesa di tornare in volo alla fine dell’inverno, mai triste e sempre maestosa e fiera di essere così, pronta alle sfide che con gli anni ha deciso di affrontare trasformando la rabbia in grinta tipicamente partenopea un GRAZIE va di nuovo al mio stupendo papà.

Quindi calandomi nelle vesti dei saggi profeti RIFLETTERO’...

E’ vero che tendo a sdrammatizzare ma questo non deve essere sinonimo di assenza di maturità, affrontare un viaggio di questo tipo, sorridendo può sembrare a qualcuno che io non abbia tutte le rotelle che viaggiano nel senso giusto, invece ho imparato che il detto "Gente allegra il ciel l’aiuta" dovrebbe essere preso come modello di vita e se qualcuno non la pensa così mi dispiace per lui... Va bene tutto sommato penso che questo 2004 sarà ricco di talento!!!

 

Natascia

 

Giro di chiave

 

Passo dopo passo, in un cubo di cemento, cammino, ma sopra di me ci sono nuvole, cielo e magari qualche punta di albero.Penso, niente di più, penso solamente. Chissà perché ho in mente il circo, lo zoo; forse perché sto vivendo una realtà dal sapore felliniano, maschere grottesche e animali feroci? Forse la costante andatura quasi rasente ai muri mi fa ricordare un orso visto allo zoo di Torino quando ero bambina. Eppure io non mi sto mostrando a nessuno, sono completamente sola e sto aspettando. Aspetto un GIRO DI CHIAVE che mi dice che l’ora d’aria è finita, poi andrò su in sezione per aspettare un altro giro di chiave che scandirà un altro momento e così via.

"UN GIRO DI CHIAVE" è un movimento semplice alla portata di tutti che si fa quotidianamente, un pezzo di metallo entra in un buco, un giro muove un meccanismo e...CHIUSO.

Cosa è che chiudiamo e perché?

Si chiude casa, la macchina, gli oggetti di valore, i documenti importanti, il diario dei segreti, gli uccellini in gabbia, le bestie feroci, i pazzi e tra le tante altre cose anche quelli che hanno sbagliato, come me.

I perché sono tanti: per proteggere, per non perdere, per vanità, per nascondere, per paura, per rieducare e per tanti altri perché.

Per noi detenuti questa responsabilità non è consentita, per noi un paio di chiavi sono tabù... chissà: sarà un bene o un male?

Logicamente ognuno di noi vorrebbe possedere le magiche chiavi della libertà, ma il cancello per noi si aprirà con altro metodo che non un semplice movimento meccanico. Ci vorrà lavoro, impegno, determinazione, speranza e tanta fiducia da parte di chi ha la chiave in mano.

Il discorso si allarga a macchia d’olio: se invece parliamo della vera libertà, tocca tutti indistintamente e ognuno ha la sua chiave.

Ricordo, mia madre mi raccontava che i suoi nonni davano un giro di chiave alla dispensa, chiudevano il pane e altri viveri come se fossero beni preziosi, ma l’uscio di casa rimaneva aperto notte e giorno, era una cosa normale.

Ora le cose sono cambiate, sono mutati i parametri di necessità e anche i valori.

Mi viene in mente un episodio accadutomi un po’ di tempo fa: ero in giro con la mia famiglia e, passando vicino ad un parco giochi per bambini, ho visto una gabbia posizionata nel centro. Sono rimasta alquanto perplessa! Quella gabbia era destinata a contenere il gioco di qualche bambino. Non riuscivo a capire se doveva accogliere i bambini magari un po’ più vivaci o se indistintamente era un luogo di gioco per tutti i bambini e se così perché? Il motivo era per un gioco sicuro, eppure era un parco già recintato e sorvegliato; ammetto che la mia perplessità non è svanita. Forse per me le sbarre hanno un peso diverso, le ho assaggiate sulla mia pelle; non sto dando giudizi, sto solo pensando.

Così io che ho sbagliato mi trovo qui all’aria sotto un giro di chiave; come posso pensare che in un mondo dove c’è una gabbia un parco giochi possa non rinchiudere una come me?

Devo dire che di bestie feroci qui non ne ho conosciute, i buoni e i cattivi ci sono qui dentro come fuori. Ho conosciuto però tante bestie impaurite e disorientate, frutti nel bene e nel male dei loro sbagli, capaci però di sognare e sperare.

Sono convinta che i giri di chiave più pericolosi sono quelli che ognuno di noi ha nella propria testa, allentare le mandate dettate dalla paura, dal pregiudizio dalla chiusura, non è un’utopia ma un sogno, un semplice pensiero nell’ora d’aria in un cubo di cemento ma con nuvole e cielo come tetto.

 

Barbara

 

Un passo, seppur piccolo, verso la libertà

 

"Venga, il Comandante ha chiesto di lei". Questa è stata la frase che ha dato inizio ad un beneficio che sto godendo dal dicembre 2003 e, spero che sia per tutto il periodo della mia detenzione.

Vi spiego il tutto; quando noi veniamo chiamate in udienza con il Comandante, con qualche Ispettore o Direttrice, ci agitiamo chiedendoci il perché. Sarà per una buona o cattiva notizia? Comunque, quel giorno andai in udienza con il Comandante, dopo i soliti convenevoli mi chiese di leggere un foglio. Al momento non mi resi conto di che cosa era, ma dopo una sua esauriente spiegazione capii che si trattava dell’articolo 21 attenuato, cioè potevo lavorare fuori dalle sezioni e questo, in lingua carceraria, si chiama essere "sconsegnati" cioè siamo liberi di girare, per lavoro, fuori dalle sezioni e non solo, si può andare oltre i cancelli e la portineria, praticamente dalla strada ci separa solo un cortile e un cancello.

Non potevo crederci, ero felice, e nello stesso tempo timorosa di non essere in grado di svolgere il lavoro a me assegnato. Praticamente devo pulire il bar degli agenti e la loro mensa ed altri locali, compresa la caserma delle agenti donne. Dopo la prassi burocratica, inizia il mio lavoro: quella prima mattina mi sembrava di volare, mi sentivo ringiovanita ed avevo, e ho, tanta voglia di fare; sono felice e la galera mi sembra più leggera, sono più serena, insomma è bello!!!

Oltretutto, ho l’onore di essere la prima donna, qui a Verziano che ha ottenuto questo beneficio, prima ne usufruivano solo i compagni maschi, ed è un beneficio riservato alle persone che vanno già in permesso.

Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutte le persone che hanno permesso che questo accadesse, dalla Dottoressa Gloria Manzelli al Comandante Giuseppe Di Blasi, l’Ispettore Renata ed infine, un grazie anche al Magistrato di Sorveglianza Dott. Alessandro Zaniboni per aver autorizzato il tutto.

 

Mara

 

Promesse

 

Ciao a tutti anche quest’anno mi tocca...niente Cervinia ne tanto meno Bali...trascorrerò il Santo Natale a Verziano, tutto spesato e gentilmente offerto dal Ministero di Grazia e giustizia: è difficile sdrammatizzare ma cercherò di farlo. E’ strano come si diventa incredibilmente altruisti in questi hotel, pensi sempre a chi fuori di qui soffre per il tuo mancato rientro a casa.. sì perché, anche se può suonare strano a qualcuno (che ha la fortuna di non essere mai passato per le patrie galere) noi fuori abbiamo persone che ci amano... e molto! Io ho 2 stupendi bambini, Davide e Greta, sono il mio orgoglio, mi hanno dato molto e, ahimè, forse più di quanto io abbia dato a loro.

L’altro giorno sono stata in Camera di Consiglio, speravo di poter fare la mamma full-time, ma non è andata bene, anche se non mi hanno levato tutte le speranze per il futuro, ma per adesso dovrò rimanere qui e fare le mamma a distanza.

Non mi piace fare promesse perché è difficile poterle mantenere, specie da qui dove per altro l’ultima parola non spetta mai a noi, ma in questo momento ne ho bisogno perché è un modo per guardare avanti e non perdere di vista i miei obiettivi, quindi, cuccioli miei, la mamma Vi promette che questo è l’ultimo anno che trascorrerete senza di me e sappiate che Vi amo più di ogni altra cosa al mondo... a presto!

Alla fine di questo non posso dimenticare di promettere alla seconda sezione femminile che non sarò polemica come al solito (anche voi però non datemi spago!) anche perché quest’anno vi regalerò la mia ambita compagnia, quindi le feste saranno una festa!

 

Natascia

 

Mulla il liberatore

 

Circa duecento anni fa, in un villaggio del Congo, esisteva una grande miniera di diamanti, profonda approssimativamente 500 metri, da cui venivano estratti i diamanti più preziosi. Al suo interno vi erano celle in cui dormivano gli schiavi ed aveva un unico accesso di entrata e di uscita, era buia e tenebrosa poichè entrava un solo raggio di luce attraverso le poche camere d’aria: il padrone le aveva fatte costruire per evitare la morte per soffocamento. Lì lavoravano 50 schiavi di tutte l’età, vecchi, giovani e bambini, ognuno di loro portava nella mano una torcia e nell’altra un piccone che serviva per cercare i diamanti.

Uno degli schiavi si chiamava "MULLA", aveva circa venticinque anni, era nero e magro, ma aveva una grande forza fisica, le sue mani erano giganti e piene di calli; proveniva da una famiglia di schiavi. I suoi genitori lo avevano chiamato "MULLA" che nella lingua nativa significa " schiavo per sempre"... e così fu. Egli aveva trascorso tutta la vita facendo lo schiavo da una miniera all’altra; in quest’ultima aveva passato due anni e dal giorno che vi era entrato non ne era più uscito. Era un schiavo un po’ diverso degli altri, era rivoltoso ed era l’unico a pensare che un giorno la schiavitù sarebbe scomparsa, ma gli altri schiavi lo prendevano per matto. Un giorno decise di scappare dalla miniera, si nascose dalle guardie riuscendo ad uscire, ma senza fortuna poichè una guardia all’esterno lo sorprese e gli urlò : "Mulla! Il padrone tiene informati gli schiavi che nessuno può uscire e tu stai disobbedendo, o non è che...". Mulla un po’ spaventato cominciò a respirare profondamente e disse: "non è quello che lei pensa! Io volevo solo respirare un po’ d’aria fresca" .La guardia allora replicò: "vai dentro! Se vuoi respirare aria fresca dì a una guardia di lasciarti avvicinare a una camera d’aria, lì potrai respirare e non voglio rivederti fuori!". In quel momento, Mulla diresse lo sguardo verso l’orizzonte, nella sua mente pensava solo alla libertà, poi guardò verso l’entrata della miniera, ma ormai la sua idea era quella di scappare e così fu. Mulla cominciò a correre senza fermarsi, mentre correva urlava: "Sono libero! Sono libero!", ma la sua libertà non durò tanto. Nipù, il responsabile della miniera, informato della sua fuga prese il cavallo e andò a cercarlo; dopo un lungo inseguimento, lo raggiunse e gli urlò: "Fermo Mulla! Dove pensi di andare? Eri informato, non si può sfidare il padrone Gerard e tanto meno me che sono il dirigente, ora sarai punito!".

Nipù gli legò le mani e lo riportò alla miniera, poi riunì tutti gli schiavi e disse: "Questa è la punizione per chiunque tentasse di scappare" e cominciò a colpirlo; i colpi erano talmente forti che ognuno causava grandi ferite, ma Mulla non urlava, ne’ piangeva ed i colpi erano sempre più forti.

Fra gli schiavi che assistevano alla fustigazione c’era Tipù, il migliore amico di Mulla. Tipù con gli occhi pieni di lacrime piegò la testa e ad alta voce urlò: "Non posso guardare... il sangue, le ferite...Mulla amico mio, cosa hai fatto! Questa è una dura punizione per te, so che tu sei un ribelle e credi nella libertà, tu non vuoi essere più uno schiavo, ma questo è il nostro destino! Siamo nati schiavi e schiavi moriremo!".

Dopo averlo castigato lo portarono in cella; in quel momento arrivò Gerard e, rivolgendosi agli schiavi disse: "Io sono Gerard, proprietario di questa miniera e voi siete miei schiavi, ho pagato per ognuno di voi una moneta d’oro, a parte questo vi ho ospitato dandovi cibo per tanti anni e voi mi ripagate in questa maniera! Va bene! Colui che voglia recuperare la libertà dovrà pagare 20 monete d’oro". Un schiavo, dirigendosi verso gli altri, disse: "Moriremo schiavi di Gerard, mai avremo di che comprare la nostra libertà!", dopo di che Nipù disse: "Schiavi! già avete ascoltato il vostro padrone, chi vuole essere libero dovrà pagare; adesso continuate il vostro lavoro".

Tipù, preoccupato per il suo amico, trovò un po’ d’erba e andò a soccorrerlo, vedendolo in cella gli disse: "Amico ti ho portato un’erba per curarti le ferite, con queste guarirai presto, ma ascoltami: non rivelarti più, tu devi temere Gerard e principalmente Nipù, loro sono uomini spietati". Cominciò quindi a curargli le ferite e gli disse: "Se vuoi urlare fallo, la sofferenza non è un disonore". Mulla gli rispose: "non voglio che mi sentano urlare, devo essere forte per sopportare tutto questo, il dolore non mi fermerà! Sono sicuro che in nessun posto al mondo esiste la schiavitù, io scapperò e tornerò per te e per tutti gli altri; non continueremo ad essere schiavi di nessuno, saremo padroni della nostra vita e ciò che faremo sarà per noi stessi!".

Tipù lo guardò con faccia stupita e rispose: "Sei matto? Cosa stai dicendo? Non pensare fantasie che non saranno realtà! Inoltre non sfidare più il padrone; dove potresti andare? Gerard è potente, ti farà seguire, i suoi uomini ti prenderanno subito e questa volta ti puniranno con la morte!".

Mulla mettendogli la mano sulla spalla gli disse: "Preferisco morire piuttosto che continuare ad essere schiavo per il resto della mia vita!".

Quella notte Mulla non dormì pensando come scappare e allo stesso tempo sapeva che non poteva andarsene con le mani vuote. La mattina seguente prese la torcia e il piccone e andò a lavorare come se niente fosse accaduto; tutti gli schiavi lo guardavano e nessuno cercava di parlargli. Mulla cominciò a scavare come non aveva mai fatto prima, non si fermò neanche all’ora di pranzo; aveva pensato bene a ciò che voleva fare. Quel giorno trovò tre piccoli diamanti, ma alla fine della giornata ne consegnò uno solo a Nipù che, avendolo visto lavorare tutto il giorno, rimase sorpreso nel vederne uno solo, perciò gli disse: "Mulla, non sarà che stai rubando i diamanti?";

lo schiavo rispose con tanta serenità: "Signore, se lei vuole può perquisirmi! Inoltre a cosa può servire un diamante a un schiavo? Sono Mulla lo schiavo di Gerard e al mio padrone mai li ruberei!". Nipù lo perquisì per tutto il corpo senza trovare nulla.

Il giorno successivo continuò a lavorare con tutta la sua forza; quel giorno trovò quattro diamanti, ma ne consegnò due e così fece nei giorni successivi: ne trovava cinque e ne consegnava tre, ne trovava due e ne consegnava uno; mentre Tipù continuava ad andare tutti i giorni nella cella per curargli le ferite.

Un giorno mentre Mulla lavorava, sentì due anziani che parlavano, uno diceva all’altro: "Ieri Gerard ha permesso a mia figlia di venire a trovarmi, erano quindici anni che non la vedevo, lei lavorava nel palazzo del padrone: ti ricordi quel diamante che avevo trovato quando cominciammo a lavorare in questa miniera? Mia figlia mi disse che Gerard l’aveva nascosto in una scatola sotto il letto; quel diamante è il tesoro più grande che ha e il giorno che l’ho trovato lui mi ha promesso la libertà! Ma ora mi sono stancato di aspettare, la mia morte sarà fare lo schiavo per sempre!". Mulla dopo avere ascoltato si avvicinò a Tipù e gli disse: "Non sopporto più! Questa notte sarà la mia libertà, non finirò facendo lo schiavo, ho bisogno del tuo aiuto!". Tipù sorpreso gli domandò: "Cosa posso fare per aiutarti a scappare? Come pensi di fare?" Mulla gli rispose: "Ho bisogno che tu questa notte trattenga la guardia mentre io scappo attraverso le camere d’aria; non preoccuparti, tutto andrà bene, presto ritornerò e tutti voi sarete liberi!".

Il mattino seguente le guardie non trovarono Mulla, immediatamente chiamarono Nipù che lo fece cercare per tutta la miniera e nelle vicinanze, ma senza esito. Nipù mandò a informare Gerard della fuga di Mulla ed allora il padrone della miniera, dopo aver riunito tutti gli uomini, disse: "Mai nessuno è scappato, non permetterò che un schiavo si burli di me, voglio lo che lo riportiate vivo o morto! Chi mi porterà qui la sua testa lo ripagherò con il diamante più grande che possiedo!".

Mulla girò per vari giorni, sapeva che se lo avessero preso lo avrebbero ammazzato. Gli uomini di Gerard lo cercarono per tutti i confini del Congo, ma non lo trovarono.

Dopo un lungo cammino il fuggitivo arrivò in una grande città, affamato e stanco si sedette sotto un albero e da una delle ferite estrasse un piccolo diamante, lo pulì un po’ dal sangue e poi, avvicinatosi a un uomo che passava in una bella carrozza, gli mostrò il diamante; l’uomo nel vederlo rimase sorpreso, mai aveva visto un diamante così prezioso, era unico! Il colore del sangue di Mulla lo aveva impregnato, creando un gioiello unico. L’uomo gli disse: "Ti darò 20 monete d’oro per il tuo diamante e se ne hai altri te li comprerò tutti". Il povero schiavo sapeva che togliendoli tutti avrebbe potuto morire dissanguato, ma, pensando solo a dare la libertà agli altri schiavi, disse: "Ti vendo tutti i diamanti che ho in possesso nel mio corpo, ma solo se mi prometti che porterai l’oro fino alla miniera più grande del Congo e, una volta arrivato là, darai 20 monete a ogni schiavo che lavora nella miniera; un’altra cosa: porta la mia testa con te, ti daranno una ricompensa. Quando tutti gli schiavi saranno liberi non dire a nessuno che Mulla ha comperato la loro libertà!".

 

Arnaldo F.

 

1° premio al concorso letterario "Un racconto breve" - Istituto Tecnico per Geometri "Tartaglia"

 

"Never give in" -non mollare mai

 

Ciao sono Letizia. I lettori più fedeli di zona 508 forse si ricorderanno di me; scrissi alcuni articoli nei primi numeri. Dove sono stata in questo periodo di silenzio? Sempre qui a Verziano, ma ero, e sono tuttora, impegnata in una difficile ma bellissima impresa.

Dovete sapere che ho ripreso gli studi interrotti quando ero ragazzina e con molta fatica ho superato gli esami che mi hanno consentito di arrivare in quarta ragioneria.

Dopo la pausa natalizia ho ripreso a studiare e spero di poter dare gli esami tra giugno e settembre di quest’anno.

Chiaramente studiando da privatista devo sostenere le prove ogni anno e per tutte le materie.

Ho degli insegnanti volontari che mi impartiscono delle lezioni di due ore ciascuna quattro volte alla settimana.

In effetti sono molto poche e non per tutte le materie,quindi la maggior parte del lavoro devo compierlo da sola e comprenderete che la detenzione non è certo la condizione ottimale.

Per questo occorre essere più che motivate, ricorrere alla volontà più ferrea, avere costanza e determinazione per raggiungere l’obbiettivo finale: il diploma.

C’è da dire che quando ebbi l’idea di riprendere la scuola, la prima persona che credette in me fu Suor Mirella, che non finirò mai di ringraziare.

Lei attivò tutti quei meccanismi che la burocrazia concerne, con l’autorizzazione della Dottoressa Manzelli, Direttrice dell’Istituto, della Dottoressa Lucrezi, Vice Direttrice, e con l’appoggio del Dottor Russo, Educatore in carica in quel periodo.

Quando seppi in modo definitivo di dover espiare una condanna non breve, pensai a cosa avrei potuto fare per trascorrere il tempo in maniera costruttiva, oltre, naturalmente, a lavorare.

Quindi decisi di provare a realizzare il desiderio che purtroppo, da giovane avevo spezzato: studiare!

Studiare, per me, è innanzi tutto un accrescimento culturale personale, è ampliare le proprie conoscenze e impedire il fossilizzarsi dell’attività mentale e celebrale, cosa che in questo luogo è quasi inevitabile se non c’è reattività.

È un riscoprire argomenti che magari una volta si consideravano noiosi ed ora pieni di fascino, come la letteratura, oppure è quella eccitazione e soddisfazione che si prova nel riuscire a risolvere un problema di matematica finanziaria che all’inizio pareva irrisolvibile, o è quel mistero che avvolge tutti i filoni dell’economia o ancora è quell’apprendere la lingue inglese, tanto indispensabile in questo mondo multietnico.

È una conferma della mia grande passione che mi accompagna, fin da ragazzina, per il mondo della finanza, delle banche, delle attività contabili, passione che solo in parte ho espletato nell’attività lavorativa prima di entrare in carcere.

Punto non trascurabile è poi quello di poter avere un’opportunità in più nel mondo del lavoro, nella società, una volta fuori di qui il reinserimento sociale sarà molto duro, ma credo che con un diploma saranno sicuramente maggiori le possibilità e le varie strade da percorrere.

Ho sempre in mente una frase che l’insegnante di economia aziendale mi disse: "la cultura è il miglior riscatto" e questo è per me il ricorrente input per non mollare mai "NEVER GIVE IN" , appunto come dice sempre l’insegnante di inglese.

Il motore che mette in moto questa fantastica macchina scolastica è composto da: Silvana F., Rita, Silvana G., Alessandro e Giovanni, i miei insegnanti, i miei amici che mi sostengono sempre e comunque. Grazie a tutti voi.

Vorrei che questa mia testimonianza stimolasse altre persone ad intraprendere qualche disciplina scolastica, a leggere, ad esplorare nuovi mondi attraverso i libri.

È molto stimolante conoscere, capire cose nuove, quindi capire meglio se stessi, scoprire e valorizzare altri lati del proprio carattere, della propria personalità e perciò capire meglio gli altri e tutto ciò che ci circonda e, perché no, sentirsi giovani e più vitali.

Concludendo vorrei nuovamente ringraziare tutti coloro che mi appoggiano e mi accompagnano in questa avventura, oltre al personale penitenziario che fa sempre il possibile per consentire lo svolgimento regolare delle lezioni.

E ricordate: "Never give in", non mollare mai!

 

Letizia

 

Giornale di Brescia, 18 dicembre 2003

Suor Mirella Roda,un angelo tra le carceri

Premio Pietro Bulloni

 

Il Premio Bulloni 2003 è stato assegnato quest’anno a Suor Mirella Roda di Brescia, Canossiana di via S. Martino della Battaglia, che da 27 anni svolge la sua missione apostolica tra le carceri di Canton Mombello e di Verziano. Per le detenute Suor Mirella rappresenta una figura fedele e fattiva: segue la vita di tutte le carcerate e per molte di loro ha contribuito al raggiungimento di importanti obiettivi di recupero e di formazione per il reinserimento nella vita sociale e comunitaria. Alcune carcerate, accompagnate nello studio da suor Michela e da insegnanti volontari da lei reperiti si sono diplomate ed altre hanno conseguito la laurea. Suor Michela in carcere ha organizzato e organizza incontri di catechesi con laici e con alcune consorelle; ha promosso corsi di inglese, taglio e cucito con la collaborazione di volontari. Aiuta nella compilazione dei permessi detenuti dei quali i magistrati richiedono la disponibilità, e li accompagna in eventi di particolare importanza e delicatezza (battesimi e altri sacramenti, funerali, malattie gravi di parenti). Sempre all’interno del carcere femminile ha partecipato alla realizzazione di un giornalino interno, intitolato "Zona 508". collaborando attivamente alla redazione. Ma la sua dedizione è andata oltre: è socia fondatrice del Vol.ca (Volontari carcere organizzato dalla Caritas diocesana di Brescia) e dell’associazione Carcere e Territorio, costituita nel maggio 1997. Spesso i detenuti si trovano in situazione di grave emarginazione e solitudine. Eppure il carcere, cioè l’espiazione della pena, dovrebbe redimere, rieducare, permettere il reinserimento nella società. L’opera di Suor Mirella Roda va esattamente in questa direzione. Un lavoro silenzioso, fondamentale, svolto con zelo, sensibilità e intelligenza, per il quale va manifestata, col Premio Bulloni, la profonda riconoscenza delle pubbliche istituzioni e della società civile.

 

Buon compleanno, Madre Mirella!

 

E’ Domenica ed è giorno della Catechesi, così doveva essere...voci di corridoio: è il compleanno di Suor Mirella!

Le ragazze di Verziano si improvvisano cuoche e pasticcere, anche le più impensate (Katia ha preparato un buonissimo tiramisù).

Tutte hanno partecipato e in meno di 2 ore la tavola della sezione era imbandita a festa (ogni occasione è buona per mangiare! Ciccione!).

E’ tutto pronto, c’è anche un enorme striscione con gli auguri, un regalo e una lettera per lei...

Alle 14,30 Suor Mirella varca il cancello e tutte intonano un bel "tanti auguri a te...sorpresa!"

Non sono mancate le lacrime e anche le risate...

E’ stata davvero una bella giornata e, dopo esserci abbuffate abbiamo consegnato il regalo che aveva fatto Giorgia, maniacalmente predisposta al punto croce: ha confezionato una tovaglietta. Mamy ha preparato un bel disegno perché è brava con penne e pennarelli e poi il discorso...Quello ve lo scrivo per chi quel giorno non c’era e perché descrive la nostra Mirella (e a chi non la conosce dico che è sfortunato) :

"Ciao Suor Mirella,

è difficile scrivere qualcosa a te senza che questo assuma toni degni di un concerto a violini, bene proviamo quindi a far suonare i nostri cuori e via i violini nelle custodie...

Intanto ti diciamo che siamo felicissime di poterti festeggiare, così almeno per una volta tutte possiamo dedicarci a te, tu lo fai sempre!

Oggi vogliamo portarti la nostra gratitudine, il nostro rispetto e la nostra infinita stima.

Sono tanti anni che ti dedichi a noi detenute e spesso troppo prese da quelli che sono i nostri bisogni ci scordiamo di dirti a voce quanto ti siamo grate.

Tu, ottima ascoltatrice e buona consigliera, tu con una pazienza infinita (le nostre mamme direbbero "Santa Donna").

Da poco hai ricevuto un premio importante e meritato dentro il quale c’era un pezzetto di ognuna di noi perché noi ti siamo vicine, con i nostri alti e gli innumerevoli bassi, con i nostri sorrisi e le nostre lacrime e tu ci sei sempre: sorella, madre, amica...sempre!

E’ importante per noi sapere che ci sei oggi, domani ma soprattutto sempre nei nostri cuori.

Ti vogliamo bene! Buon compleanno!!!

 

Le tue ragazze di Verziano

 

Sono contenta di aver potuto scrivere e leggere il discorso perché l’ho scritto con il cuore e con le emozioni che mi trasmettono le compagne quando parlano di lei. E’ stata una giornata speciale...grazie a Mirna perché c’è sempre con la sua solarità e le sue preziose ricette, a Letizia con il suo "pan di spagna", Nadia con la sua disponibilità, tutte le ragazze della seconda sezione femminile. Mara, della prima sezione, non era al corrente della festa, ma ha partecipato e ha reso tutto più simpatico... E un ennesimo grazie a Suor Mirella che anche oggi ci ha fatto stare bene !

 

Natascia

 

Alla memoria del dottor Zappa

 

Quando il pensiero va al Dottor Zappa, compianto magistrato di sorveglianza, ci sovviene una sola parola: GRAZIE !

-GRAZIE a chi ha dedicato tutta la vita ai detenuti di Verziano e Canton Mombello!

-GRAZIE a chi, incurante dei problemi personali, non ci ha mai trascurato!

-GRAZIE alla sua famiglia che ha condiviso con noi il privilegio di vivergli accanto!

-GRAZIE ai componenti dell’associazione carcere e territorio che sono diventati i depositari della sua eredità morale!

Questo ed altro ancora avremmo voluto potergli dire e, nella speranza che ci possa sentire, glielo scriviamo ora!

Troppe parole svilirebbero il dolore ed il rimpianto che proviamo, ci viene solo un sentito GRAZIE accompagnato dalla preghiera che, dal paradiso, volga lo sguardo su di noi e seguiti a starci vicino, per noi lei resterà indimenticabile.

Con tanta stima

 

Mara, Alda, Barbara, Laura, Adele, Natascia, Silvia, Barbara R.

 

Giornale di Brescia, 13 febbraio 2004

Da Verziano

Grazie di tutto, presidente Zappa!

 

Un ultimo saluto al presidente Zappa, dai ristretti/e di Verziano. I ristretti dalla Casa di reclusione di Verziano, con la presente intendono esprimere il loro dolore ai famigliari del loro caro Giancarlo. Un magistrato che ha sempre svolto il proprio lavoro con grande sensibilità verso i gravi problemi carcerari che affliggono i reclusi e le loro famiglie. Siamo certi che il suo ricco patrimonio culturale e umanitario, lasciato dal magistrato e presidente dell’Associazione carcere e territorio, verrà raccolto e continuato dai suoi degni collaboratori. Noi che lo piangiamo, diciamo che rispettiamo la sua volontà di non avere né fiori né cerimonie commemorative durante l’ultimo saluto, lo ricordiamo con l’umiltà e l’intelligente fermezza del Suo vissuto, nei nostri cuori vivrà a lungo il Suo grande senso di giustizia. Grazie di tutto Presidente.

 

I ristretti del maschile e femminile della Casa di Verziano

 

 

In memoria del Giudice Giancarlo Zappa

 

"I saggi splenderanno come il firmamento; i maestri di sapienza saranno come le stelle nel cielo. " Sapienza.

Ho conosciuto e iniziato a lavorare come volontaria con il Dottor Zappa negli anni ottanta, quando si stava dando timido inizio alla applicazione delle misure alternative a seguito della Riforma Penitenziaria.

Cercavo sempre qualcuno che, oltre ad avere qualità di competenza, fosse anche, per i miei protetti, un padre, con la sollecitudine e l’umanità che caratterizzano tale figura , e non sono stata mai delusa.

Il Dottar Zappa era sempre pronto, dietro le mie istanze a cercare e mettere in atto quegli aspetti della normativa, al limite della legalità, e spesso a proprio rischio, che potessero dare un po’ di sollievo alle persone recluse.

Insegnavo allora nelle nostre Scuole Superiori di via S. Martino, e avevo le finestre delle mie classi che guardavano negli uffici della Sorveglianza. Le Segretarie mi facevano cenno quando il Giudice era in arrivo per evitare una lunga coda e poter presentare il mio elenco di richieste. "Vediamo- mi diceva- cosa si può fare: lei conosce queste persone meglio di me, perché le vede tutti i giorni".

Alle udienze per la libertà anticipata, mi mettevo fra il pubblico e allungavo il collo per farmi vedere, lanciando verso la Corte che il Giudice presiedeva, occhiate imploranti clemenza, se la concessione dei giorni era in qualche modo compromessa.

Portata la sede del Tribunale di Sorveglianza a Brescia due, salivo al 7° piano con un po’ di soggezione e presentavo i miei casi che diventavano sempre più seri.

La legge Martelli costituiva una recrudescenza rispetto alla Riforma: il carcere duro rendeva sempre più pesante la detenzione anche per chi non aveva a che fare con fatti gravi di mafia o di terrorismo.

Il Dottor Zappa cercava di sdrammatizzare: "II 41 bis non lo toglieranno mai, ma vediamo di migliorare la situazione all’interno per chi non può fruire di alcun beneficio."

Non posso dimenticare che mi ha concesso un permesso per accompagnare per sette ore un padre, alla Prima Comunione del suo bambino, benché si faticasse a far rientrare il caso nei permessi menzionati essendo il detenuto colpito dalle sanzioni del carcere duro, e io, non avessi affatto le caratteristiche di un normale agente di polizia penitenziaria!

La nascita dell’ Associazione Carcere e Territorio, è stata un punto d’arrivo importantissimo , tanto desiderato e tanto necessario. Il fatto ha resa comunque sempre più stretta efficace ed organizzata la collaborazione tra il Volontariato.

La prima sede, al n° 11 dell’Istituto Canossiano di via S. Martino era piccola ed angusta, priva dì ogni comodità ma il fatto importante era che Brescia ha potuto finalmente gettare un ponte tra la struttura detentiva e l’Ente Pubblico, con l’importante conseguenza di imporre all’attenzione pubblica i gravi problemi della detenzione carceraria.

Veramente posso con commossa convinzione anch’io affermare ciò che è stato detto in una delle tante partecipazioni al lutto; "Piango un maestro di vita di statura morale incomparabile"!

Spontanea è la preghiera che nasce nel cuore di noi Volontari "Resta con noi, caro Dottor Zappa, resta con noi ad affiancarci nella nostra umile fatica!"

Fiduciosamente anche auguriamo che - nella casa del Padre dove vi sono molte dimore - ti sia concesso vicino al Grande Giudice, un posto particolare, così che tu possa continuare il tuo lavoro di distributore dì misericordiosa giustizia!

 

M. Mirella

 

Antonella

 

C’è una persona che da molti anni è nel mio cuore e nella mia vita "Antonella".

Ho deciso di dedicale due righe perché se le merita. Il nostro rapporto è l’esempio di vera amicizia, tante ne abbiamo passate insieme tra una litigata e l’altra, abbiamo cementato sempre più la nostra amicizia. Lei è la persona che nei momenti brutti era ed è sempre presente, come io sono e sarò sempre presente per lei. Ora che io sono ospite qui a Verziano è lei che sta vicino ai miei, sia moralmente che materialmente, quando poi vado in permesso cerchiamo di stare insieme più tempo possibile. Al mio rientro fa sempre in modo di mandare qualcosa di carino anche per le compagne a me più care. Finalmente siamo riuscite ad ottenere il permesso per i colloqui e, credetemi, quando entro nella sala colloqui e la vedo seduta insieme ai miei, il cuore mi si riempie di gioia. Anche con lei la vita non è stata generosa, ma tutte e due siamo delle rocce, quando cadiamo siamo sempre pronte a rialzarci. Ciao Antonella ti voglio un gran bene, grazie di tutto e soprattutto grazie di essere entrata tanto tempo fa nella mia vita.

 

Mara

 

Una serata eccezionale

 

Il 26 aprile è stata per me una giornata, anzi una serata speciale, perché quel pomeriggio alle 18 ho oltrepassato i cancelli del carcere per recarmi, in compagnia di Sara, Daniela e Stefi, al teatro S. Carlino, dove, là, avrei trovato altre persone importanti per me, che da circa 4 anni (praticamente da quando sono ospite a Verziano) sono entrati nella mia vita, e mi hanno aiutato e mi aiutano tutt’ora a sopportare la mia detenzione nel modo migliore possibile.

C’erano la dottoressa Gloria Manzelli, direttrice del carcere, il comandante Giuseppe Di Blasi, l’ispettrice Renata, l’educatrice Filomena Tammaro, il magistrato di Sorveglianza dottor Alessandro Zaniboni, il sovrintendente capo Marco, i volontari signor Canori, dottor Zucchelli e Madre Mirella, le due presidenti di Consiglio Comunale e Provinciale dottoresse Laura Castelletti e Paola Vilardi, e tante altre persone cui chiedo venia se non ho menzionato; inoltre tanto bel pubblico molto attento e caloroso.

Dopo aver visto il filmato dello spettacolo da noi interpretato lo scorso anno "... qui al Circo", sul palco sono saliti la dottoressa Manzelli, il dottor Zaniboni, le presidenti Castelletti e Vilardi, il dottor Zucchelli ed il regista Corrado Corradini, per commentare il filmato e spiegare l’importanza di tutto questo e per comunicare a chi è stato versato il denaro allora incassato.

Quindi sono stata chiamata anch’io sul palco: non vi dico l’emozione!!! Dopo un caloroso applauso sono riuscita a superare il tutto ed ho potuto parlare delle mie compagne e della nostra vita in carcere, e di come impieghiamo il tempo.

A sorpresa ho mostrato i lavori che alcune mie compagne stanno realizzando al fine di vendere sulla bancarella che allestiremo per il prossimo spettacolo pubblico, il cui ricavato andrà sempre in beneficenza per i bambini del Burkina Faso.

Dopo molti applausi ed abbracci, anche da persone a me sconosciute, sono stata invitata al ristorante e qui, veramente, mi sono sentita speciale, coccolata e soprattutto stimata, e non considerata una detenuta. Sì, tutto molto bello!!! Ma con un grande rimpianto: non poter condividere con le altre mie compagne questa bellissima serata.

Dimenticavo di raccontarvi un piccolo aneddoto: le mie amiche preferite, Barbara, Alda e Laura, pensavano che io dovessi rientrare alle 21. Quando videro che alle 21 e trenta non ero ancora arrivata, cominciarono ad agitarsi, della serie "mamma che aspetta la figlia alla prima uscita serale". Pensavano che mi fossi sentita male o che qualcuno mi avesse rapito, e già pensavano di dover dare loro dei soldi perché mi tenessero là, invece di pagare il riscatto... al massimo sarebbero andate a "chi l’ha visto"! Quando mi videro arrivare tranquilla alle 22.15, mi mandarono a quel paese... Grazie di tutto!

 

Mara

 

Realtà

 

Com’è difficile affrontare la realtà...Ho sempre cercato di sfuggire da essa ma ora che sono qua me la trovo di fronte e non posso fare a meno di viverla...Ormai non posso più rifugiarmi in altre cose...è si...si sballa e intanto non si pensa a tutti i guai che ci circondano...

D’altronde il mio modo irresponsabile di vivere la vita mi ha portato solamente qua!!! Perché essere responsabili, coerenti e soprattutto porre rimedio agli sbagli fatti è dura, troppo dura...Ma stavolta dovrò trovare la forza e il coraggio per risalire perché so di aver toccato il fondo...sarebbe più facile non pensarci e dimenticare, fare finta che sia solo un brutto sogno, ma purtroppo stavolta la realtà non mi lascia via d’uscita, devo affrontarla e viverla in modo migliore anche se mi costerà fatica...ma se penso che lo sforzo che farò sarà proporzionato a ciò che mi riserva il domani, ne vale la pena...

 

Elisa

 

Valentina

 

Sono io la chiave della tua esistenza

E mai ombra osa calare sulla tua esistenza.

Atto voluto e scelto dal destino (Dio)

Che affianca i passi tuoi accanto al mio cammino

Ai nostri rari incontri, che poco ci hanno uniti

Mi nutro di sbagli e deboli vagiti,

appago la mia sete bevendo i tuoi respiri

e sazio la mia mente dai tratti tuoi puerili.

Tu, frutto del mio amore, essenza mia di vita

Sei fonte del mio orgoglio. Sei luce partorita!

Alessandro

 

Cose strane

 

Tra le cose strane che mi sono successe questo mese non posso mancare di menzionare il cambio di sezione; per natura non sono una che si spaventa facilmente ma questo cambiamento (che ho voluto io!) è stato come tutti i cambiamenti "drastico"!

Senza falsa ipocrisia voglio dire che il mio terrore era prevalentemente dettato da quelle che chiamano "leggende metropolitane", insomma io al primo piano pensavo di trovare una massa di ORSI...da subito ho capito che non era così perché forse, un po’ per il mio carattere estremamente estroverso e tanto perché le ragazze mi hanno fatto una calda accoglienza (per ragazze intendo anche Mara che ha superato i 40 !).

Diciamo che uno dei confronti che più mi spaventava era quello con Mara, che nei pochi incontri tra sezioni, mi incuteva soggezione.

Bhè, adesso che l’ho conosciuta, vorrei spendere due parole, sotto quell’aria rigida c’è un cuore davvero grande. Grazie Mara mi hai fatto sentire a casa ( bhè non esageriamo!).

Un grazie alle ragazze con cui mangio nella saletta: la dolcissima e brava Adele, la pazza furiosa Patty, l’irreprensibile Silvia e poi c’è Cristina, ci si potrebbe scrivere un libro è senz’altro una buona ragazza (forse troppo) ed indiscutibile la sua originalità.

E’ da un mese che sono qui e la rincorro per farle scrivere qualcosa sul giornalino, ieri sera mi ha fatto leggere una sua poesia. Capirete da soli quanto è originale...

 

Natascia

 

Rievochi

 

Passeggiare con te

Tra i colori vivi dell’estate

Che dipingono le sponde del lago

Emanando profumi di fiori non ancora appassiti.

Il salice piangente sorride

Al rituale ripetuto nel tempo

Testimonia gli spazi d’amore

Quando seminascosta la luna capeggiava

All’orizzonte.

I nostri sospiri dispersi nel vento

Miscelavano l’acqua alla sponda.

Tanya!!!

Ansimando il tuo nome con respiri ripetuti e profondi

I nudi corpi, coperti da ombre

Senza pudore ne facevano scempio.

Passeggiare con te come allora, tra i colori

Sfumati e impazziti

Rimane solo un lontano ricordo

Che ritorna crudele a giocare con la mia mente.

Ma docilmente ripeto dentro di me:

tornerò a passeggiare con te !

Alessandro

 

Giornale di Brescia, 30 dicembre 2003

L’appello: "Ci sentiamo inutili. A Bergamo si lavora anche nei Comuni"

 

Le detenute definitive della Casa circondariale di Verziano, essendo venute a conoscenza del progetto "Albatros" attuato presso il Comune di Bergamo, avrebbero l’intenzione di esporre all’Istituto ed alle autorità competenti, l’idea di poter mettere in atto il medesimo programma in collaborazione con il Comune di Brescia.

Albatros è un progetto stipulato grazie alla convenzione tra la direzione della Casa circondariale di Bergamo, l’Associazione Carcere e Territorio, ed i Comuni. L’obiettivo è quello di promuovere ed accompagnare i percorsi di reinserimento sociale e lavorativo di persone sottoposte a misure limitative della libertà personale sia all’esterno del carcere (arresti domiciliari, affidamento ai servizi sociali) sia all’interno (misure alternative e art. 21), nonché gli ex detenuti nei sei mesi successivi al termine della pena.

L’anno scorso alcuni Comuni della Provincia di Bergamo hanno assunto, in via sperimentale, dei detenuti nei cui confronti esistono le condizioni all’ammissione del progetto per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Questo programma innovativo ha avuto degli ottimi riscontri: nello scorso anno sono stati occupati sei detenuti da parte di altrettanti Comuni, e dati i buoni risultati, da quest’anno i Comuni raddoppiano, inoltre sembra che abbiano firmato una convenzione triennale.

Vorremmo proporre questo progetto di lavoro e reinserimento con l’aiuto ed il sostegno dell’Istituto di Verziano, l’Associazione Carcere e Territorio, il Comune di Brescia e le autorità competenti. Stiamo azzardando questo obiettivo perché crediamo che il vero mezzo della rieducazione e del reinserimento sia il lavoro.

Purtroppo il carcere ci lascia spesso nella più completa inutilità. Dare un giusto senso alla detenzione non è un’utopia, chiediamo solo di dare prova della nostra attuale responsabilità.

Ringraziando per l’attenzione, porgiamo distinti saluti

 

Le detenute della sezione femminile

 

La voce del carcere…

 

I detenuti del carcere di Rebibbia hanno realizzato un cd-rom con un la registrazione della "Lettera al padre" scritta da Franz Kafka per regalarlo ai non vedenti in occasione del Natale. L’iniziativa potrebbe diventare un esempio e ispirarne altre analoghe.

 

di Irene Scalise

 

Kafka, i detenuti e i non vedenti. Sembra la trama di un libro ed effettivamente proprio i libri sono i protagonisti di una bella iniziativa che ha per attori principali i detenuti del carcere romano di Rebibbia. Sono loro, i detenuti appunto, che hanno letto e registrato "Lettera al padre" di Kafka e poi regalato un inedito ed ai non vedenti per un Natale di vera solidarietà.

A raccontare la vicenda è il quotidiano l’Unità, in un articolo del quattro di gennaio. "Una voce chiara e profonda, talmente espressiva che quando inizi ad ascoltarla rimani incantato e ti lasci trasportare dalle storie che racconta. Per i non vedenti il timbro di quelle parole sostituisce le pagine scritte di romanzi o favole - con la loro punteggiatura, le pause, i capitoli - e diventa un "libro parlato" che permette a chi non ha il dono della vista di conoscere la bellezza di certi autori classici, o la precisione di alcuni saggi scientifici o la dolcezza delle favole. Stavolta, però, il regalo di Natale per i non vedenti è un libro parlato un po’ particolare perché la voce che legge "Lettera al padre" di Franz Kafka è quella di Massimo Tata, detenuto nel carcere romano di Rebibbia, che ha realizzato per primo l’idea di Vincenzo Lo Cascio e Marco Santoro, entrambi poliziotti penitenziari del Gruppo operativo mobile (Gom). "Un libro, una voce", questo il nome dell’iniziativa, è il loro secondo progetto che coinvolge i carcerati ed è nato ancora una volta per offrire loro lavoro "

"Ci è stato segnalato Tata dal carcere di Rebibbia", racconta Lo Cascio, "perché già svolgeva attività teatrale, ma la nostra idea è quella di coinvolgere il maggior numero possibile di detenuti.

Vorremmo organizzare un concorso di voci a livello nazionale, farle sentire all’Uic (Unione italiana ciechi), e incentivare il detenuto alla lettura. Se poi Mondadori o Feltrinelli volessero darci una mano per aiutare i carcerati a cambiare vita ne saremmo molto felici".

Nei giorni natalizi ben 39, tra cd e cassette, sono stati consegnati all’Unione italiana ciechi. Ma qual è lo stato di salute dei libri parlati in Italia? Abbastanza buono. Dal 1957, infatti, esiste il Centro nazionale del libro parlato, che gode di un contributo annuo statale e ha centri di produzione e distribuzione sparsi in tutto il territorio. Anche Tommaso Daniele, presidente dell’Uic, è soddisfatto: "Esiste un catalogo di grande qualità, per il quale sono utilizzate le voci di attori speaker professionisti e un catalogo ‘usa e getta’ per le riviste. Qualche anno fa abbiamo realizzato un catalogo unico, una banca dati con i libri. Siamo molto felici di quest’iniziativa riteniamo solo importante tenere alta la qualità e chiederemo ai detenuti di selezionare le voci".

Il rapporto tra non vedenti e lettura, però, non è sempre facile. Nel corso dell’estate 2003 erano state parecchie le polemiche seguite a un’iniziativa di Paolo Pietrosanti, ex parlamentare radicale non vedente, Francesco Tranfaglia e Carlo Loiodice che avevano realizzato una copia digitale dei libri finalisti al Premio Strega, distribuendo il ed a tutti i parlamentari al solo costo del diritto d’autore, per sensibilizzare l’opinione pubblica ai problemi incontrati dai non vedenti per usufruire delle opere letterarie. L’Associazione italiana editori, in quell’occasione, aveva emesso un comunicato con il quale bocciava con decisione la clamorosa iniziativa del gruppo di non vedenti per rivendicare il diritto all’accesso al libro. "Consideriamo questa iniziativa immotivata e ingiustificata", aveva dichiarato Ivan Cecchini, direttore dell’AIE, "non solo non è ammessa dalla direttiva europea sul copyright, ma non ha senso poiché già nel 2001, in tempi non sospetti, è stato siglato un accordo quadro a questo proposito con l’Unione Italiana Ciechi e con la Biblioteca italiana per i ciechi Regina Margherita di Monza. L’accordo prevede la possibilità di trascrizione, copia o cambio di formato (comprese le sintesi parlate. Braille, Moon, stampa a larghi caratteri voce recitante registrata, file elettronico) necessari a consentire l’accesso personale dei non vedenti all’opera quando essa sia pubblicata e legittimamente ottenuta con l’acquisto o il prestito e non sia già disponibile in commercio in formato idoneo ai non vedenti. Molti di questi ultimi però sostengono che questa strada funzioni poco e male e insistono perché tutti i libri siano resi disponibili (normalmente in vendita) in formato digitale senza bisogno di procedure particolari.

 

Pensiero del mattino - 1

 

Buon giorno sorella e fratello che vivete dietro le sbarre della mia e delle altre città del mondo: la leggera luce del mattino vi raggiunga insieme al mio saluto.

So che per voi non sarà un lieto risveglio: niente vi risollecita ad iniziare la giornata:

non il saluto affettuoso dei vostri cari;

non l’allegra e svelta colazione per raggiungere il posto di lavoro;

non le chiacchiere con gli amici;

non l’attività alacre e impegnativa della giornata;

non lo scintillio delle luci natalizie dei negozi;

non la luce diretta del sole e il vento frizzante dell’autunno...

Tutto questo è negato a voi, che ristretti in carcere, dovete in ogni momento della giornata, fare i conti con lo spazio, con l’ordinamento interno, con l’assenza di beni, con l’umore di persone alle quali vi lega, non l’affetto, la parentela, ma solo la comune sventura.

Vi abbiamo rinchiusi e dimenticati, perché siamo dominati dalla paura per la nostra vita e per i nostri beni; allontanandovi dal nostro sguardo, abbiamo pensato di conquistare la pace.

Fornendoci di efficaci serrature e di polizze assicurative, pensavamo di dare tregua alla nostra ansia. Ma non è così!

La libertà che voi avete perduta ci porta spesso ad essere, ingiusti, manipolatori di persone deboli e indifese, frettolosi e indifferenti, privi di amore e di calore umano.

Forse voi, dal vostro piccolo osservatorio di sofferenza, potete più di noi riflettere, capire, consigliarci, darci delle indicazioni su che cosa veramente importa e come è possibile fare un uso meno sconsiderato della libertà. Noi non ne siamo più capaci!

 

Pensiero del mattino - 2

 

Buon giorno, sorella e fratello che vivete fuori dalle sbarre: dalla nostra piccola cella, nella quale con la debole luce del mattino si intravede un po’ di tutto, ricambiamo il nostro saluto.

Grazie per esservi ricordati di noi: non tutti buttano via con la chiave la memoria, e questo ci fa piacere!

Quanto avete detto, nelle considerazioni che hanno seguito il vostro saluto, è vero: niente o poco di ciò che muove la vostra vita di persone libere, caratterizza la nostra di ora.

Le umili cose di ogni giorno, la famiglia, gli amici, il lavoro, i rumori e le luci della città, restano nel nostro immaginario e sono, quindi, motivo di memoria, e di rimpianto. Manchiamo di beni, di spazio, di libertà, ma non è esatto dire che manchiamo di persone alle quali non ci lega l’affetto: qui, a differenza di quando eravamo in società, la fraternità, la condivisione e l’affetto sono il naturale risultato del nostro forzato vivere insieme.

La comune sventura, come la chiamate voi, rende più sensibili, più attenti, più inclini a considerare le cose essenziali e a lasciar perdere tutto ciò che è accessorio e rende, in fondo, a voi, pesante la vita. Qui ovviamente non c’è fretta, ma I’ indifferenza, l’egoismo e l’ansia di competizione che caratterizza la società d’oggi, si stemperano alla luce della quotidiana comune sofferenza, e della conseguente riflessione. Il nostro, a volte, ci appare come un mondo privo di significato, perché non è così che si dovrebbe pagare il debito che abbiamo verso la società, ma non è un mondo privo di valori. Il tutto non è certo conquistato in modo gratuito, ma è frutto di una diurna fatica, che ci porta, nel migliore dei casi. a una maturazione umana, e a quella giusta considerazione di uomini e cose, che le società contemporanea sembrano aver dimenticato.

Voi dite in fondo di aver bisogno di noi, ma anche noi abbiamo bisogno di voi, quanto meno per tenere accesa la vostra stima e la fiducia nei nostri riguardi, per aiutarci a tener viva la speranza, durante questa attesa di libertà sociale, che sembra non giungere mai!

 

M. Mirella

Ieri Oggi Domani - Storie di vita raccolte da Mara

 

"Dai! Natascia raccontami di te"...così inizia la mia intervista a Natascia

 

Ieri

 

Natascia nasce 32 anni fa, è una bambina come tante ma con un futuro già segnato, sua madre (allora 14enne, l’abbandona). Conosce il carcere quando ha 3 mesi e la nonna paterna la porta a fare visita al padre. Questa storia si ripete fino ai 18 anni (pensa di aver visitato tutte le carceri d’Italia).

A 23 anni comincia ad avere i colloqui interni con suo padre, sì, perché comincia lo sbando, la droga, la "Bella Vita" e le rapine, e gli incontri col padre avvengono da detenuta.

A 25 anni si sposa convinta finalmente di poter avere una vita normale, sognava una vita come quella del "Mulino Bianco", aveva idealizzato tutto questo fino all’esasperazione.

Nascono due meravigliose creature praticamente contemporaneamente perché hanno 13 mesi di differenza, loro le danno la motivazione per cambiare vita.

"Entro in comunità per due anni e imparo a rivedermi come Donna e come Madre, come moglie non sono riuscita a fare nulla perché...

 

Oggi

 

Sono una donna felicemente separata (sono una sostenitrice dei "Diritti Umani" è quindi impensabile di restare sposata)... Nuovamente detenuta, perché prima o poi i conti con la giustizia si pagano (e non amo i debiti). La forza di oggi e l’infinita consapevolezza sono il risultato del mio vissuto (un po’ è merito di papà!).

Sorrido sempre e non perché sono un’oca ma perché piangersi addosso, oltre a non servire a nulla, fa venire le rughe! Scherzi a parte, oggi la mia realtà è la sezione femminile del Carcere di Verziano e, anche se spero che non sia per molto, vado avanti tutti i giorni sorridendo e cercando di non sprecare mai il mio tempo.

Sono sempre impegnata, e può sembrare paradossale, ma il tempo mi vola in modo impressionante e, vado in crisi, solo quando penso che qui il tempo scorre e la fuori il mondo cambia...i figli crescono! Devo ringraziare i miei figli per ciò che sono adesso: forte, coraggiosa, determinata e sicura...". Natascia è una buona ascoltatrice ma i consigli se li risparmia, è convinta che servono a poco (tempo sprecato!). Oggi Natascia è innamorata ma per scaramanzia si avvale della facoltà di non rispondere...

 

Domani

 

Natascia tornerà a casa (la sua da single!)

Ma per quanto tempo lo resterà? Vedremo!

Di certo si vede con i suoi figli, mentre accompagna Greta a ballo e Davide a calcio e attenta ai loro bisogni (è consapevole che dovrà fare fatica ma è sicura di potercela fare!).

"Mi vedo all’uscita della scuola elementare con i miei gioielli che si lamentano per il peso delle cartelle; non mi vedo sposata, ma sogno un uomo con la U maiuscola con qualche anno più di me (era ora!) e che mi ami senza limiti ma che allo stesso tempo non sia un sostenitore del matrimonio.

Ve l’ho già detto come la penso sul matrimonio...". Natascia è stata brava a raccontare la sua storia. Io spero di tutto cuore che il resto della sua vita sia migliore.

Ciao!

 

Mara

 

Le streghine

 

Buongiorno, sono Laura, un’ospite di questo "albergo a cinque stelle" dal nome altisonante "Verziano". Una grande tragedia mi ha catapultata, dalla mia vita serena e tranquilla, in questo luogo di pena, dove il dolore e a volta la disperazione fanno da padrone, ma dove, anche in mezzo a questo, nascono idee gentili e divertenti.

La mia compagna di cella, una cara ragazza rumena trapiantata in Italia da alcuni anni, sotto la spinta di farmi un regalo per il mio compleanno, ha pensato di "fabbricare" una streghino benaugurale.

L’unico problema era trovare i materiali in un ambiente dove non c’è granché e dove non si può "uscire" per procurarselo. Un quadrato di stoffa per fare il corpo, un altro per fare la testa, e i capelli? Ecco il filo di cotone grosso per ricamare, il cappello, il cartoncino delle buste da lettere arrotolato e rivestito da ritagli di stoffa, infine, per riempire il corpo, fogli di giornale appallottolati, con questi materiali è nata la "fabbrica" delle streghine.

A fine giornata Claudia, ideatrice ed esecutrice materiale di questo "ambizioso" progetto aiutata da Michela, una giovanissima connazionale, chiacchierando serenamente ricordando la loro terra lontana, avevano costruito ben undici streghine.

Ora il buon augurio troneggia appeso nelle celle delle compagne di sezione.

Anche in un luogo, dove si potrebbe pensare che fantasia e inventiva non possono trovare terreno fertile, proprio da esse sono stati prodotti buoni e simpatici frutti.

Coraggio e tanti auguri a tutte.

 

Laura

 

Sogno (1)

 

Tu per me sei come un bellissimo sogno

Sei troppo bella per essere vera.

Ti vedo e mi perdo nei tuoi dolci ed immensi occhi.

Sogno di essere su una spiaggia con te

In riva al mare ascoltando il rumore delle onde

Che si infrangono sugli scogli e

con il vento che scompiglia i tuoi capelli

ti dico...ti amo!

Mi sveglio...era solo un sogno...

 

Cristina

 

Per le mie amiche...

 

Sapete che io parlo tanto e la mia bocca non sta mai chiusa, soprattutto per mangiare! Però in alcuni momenti non riesco a trovare le parole adatte, quindi...sto zitta! Il silenzio vale più di 100 parole e "dice" tutto...GRAZIE AMICHE!!! Siete sempre nel mio cuore, vi voglio un bene dell’anima e senza di voi non ce l’avrei mai fatta, davvero!!! La libertà arriva per tutti, spero al più presto, per potervi incontrare e riabbracciare e rivedere !!! Franchina, Alda, Gina, Oti, Daria, Rosa, Mara: MI MANCATE! UFFAAAAA! MI MANCATE DA MORIRE!!! Vi abbraccio forte, la vostra

 

Elysina