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La Rondine, una voce dal carcere Periodico dei detenuti della Casa di Reclusione di Fossano Luglio 2006 - Numero 21
Editoriale
Sulle ali de "La rondine" per far comunicare tutti con tutti
Una città - e Fossano non fa eccezione - è il risultato di tanti fattori e di tante presenze. C’è la storia, ci sono le tradizioni, ci sono le strutture, ci sono le case, le strade, le fabbriche, gli uffici, i negozi... ci sono le persone, ci sono le voci, ci sono le emozioni, le speranze, le ansie, le gioie, i dolori... insomma c’è la vita nella sua complessità, nella sua bellezza, nelle sue fatiche. Molto della città è visibile e percepibile, in modo immediato. Tantissimo è invece dietro le quinte, meglio dietro le pareti, magari dentro i cuori. E queste due... città vanno in qualche misura fatte incontrare, vanno intrecciate, vanno agganciate reciprocamente. Un terreno su cui trovare unita questa "doppia" città (che si vede che non si vede) è quello della comunicazione. Che non è chiacchiericcio informale, ma veicolo di informazione, scambio di opinione, condivisione di valori, dibattito ed approfondimento nella diversità positiva e nella pluralità delle posizioni. Pensavo un po’ a questo scenario, nel raccordare e precisare il senso di una collaborazione instaurata da "La Fedeltà" con il foglio "La Rondine", espressione del mondo del carcere. Sono cinque anni che questa "voce" da oltre le sbarre si fa sentire. E ci porta, nero su bianco, la realtà umana, sociale, concreta di chi è fossanese per un tempo più o meno lungo, ma non può assumere appieno la vita della città, dovendosi limitare all’interno delle mura del carcere appunto. Ma quelle mura non sono umanamente impenetrabili. Dividono certo dal resto della città, ma sono anche un singolare trait-d’union perché anche lì è... Fossano. Anche lì ci sono storie, emozioni, sentimenti, inquietudini, speranze, voglia di riscatto, senso dell’amicizia, desiderio di farsi sentire... Ecco spiegato il ruolo prezioso de "La Rondine", sulle cui ali (o pagine) volano idee ed aspirazioni, magari anche sconforti e disappunti... sempre vi passa il plusvalore dell’umanità che non perde dignità solo perché deve scontare una pena. Un giornale dal carcere serve per questo. A far comunicare tutti con tutti. E nei tutti, ci sono anche dei detenuti. Perché comunicare è meglio, sempre, per tutti. Comunicare è vivere e sperare. È non esser soli o disconnessi. Buon volo a "La Rondine" che da cinque anni continua a librarsi oltre le sbarre ed oltre le mura. Contribuisce a fare di Fossano una città più completa, grazie a tutti i suoi protagonisti, anche quelli più nascosti.
Corrado Avagnina direttore de "la Fedeltà"
Speciale 5 anni Uno dei redattori racconta la sua esperienza pluriennale di "giornalista dilettante" "La rondine" vola al di là delle mura Il giornale, da cinque anni, è un mezzo di comunicazione dei detenuti per esprimere se stessi ed il mondo carcerario in un dialogo diretto con i cittadini liberi. di Maurizio F.
Ero qui da pochi mesi (nel lontano 1996), quando un giorno, nel locale biblioteca, mi capitò fra le mani un piccolo fascicoletto (misure 25 x 15 cm.), di poche pagine (8 per la precisione) intitolato "La Rondine", con un piccolo disegno del volatile mentre spiccava il volo, in copertina. All’interno c’erano alcune poesie, qualche riflessione sul carcere e alcuni disegni. Un compagno di detenzione mi disse che era "il nostro piccolo giornale interno" e che l’idea era partita da un’insegnante esterna, Franca Ravera, che allora insegnava alla scuola media inferiore. Parlando con lei, percepii subito il suo entusiasmo e la voglia di creare un piccolo spazio per noi persone detenute dove poter avere la possibilità di esternare i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre opinioni, i nostri stati d’animo. Così insieme agli insegnanti della scuola media e del corso informatico dell’Itis e ad altri compagni di sventura iniziai la nuova e stimolante avventura del "giornalista ed opinionista dilettante". Sono passati ben dieci anni da allora ed il nostro giornale è veramente cresciuto. Pur con mille difficoltà - e l’interruzione di cinque anni - è riuscito a trasformarsi da un "semplice giornalino" ad un vero "mezzo d’informazione giornalistica", grazie all’appoggio della direzione (i direttori Forte, Ansidei, Torchio) e del comandante Maglione, al contributo costante, convinto e stimolante dei volontari, in particolare di Franca, alla collaborazione di operatori interni ed esterni, ai miei compagni di detenzione che in tanti si sono alternati in questa impresa, ciascuno dando un apporto personale secondo i propri interessi e qualità (come dimenticare i disegni di Marco, Boris e Nino, la professionalità di Valter, i contributi fondamentali di Marco, Andrea, Renato, Ada, Abdel Ilal, Tommaso, Fausto, Alfredo, Oscar, il povero Ionel, Armando, Salvatore, il povero Carlo…). Queste sono le tappe fondamentali per la crescita del nostro giornale. Nel mese di gennaio 2001 è uscito il primo numero del vero giornale "La Rondine - Una voce dal carcere" nel nuovo formato A4 (30 x 21 cm), con pagine raddoppiate (da 8 a 16). La nuova edizione è stata realizzata grazie all’importante collaborazione di due professori dell’Itis "Vallauri", Alberto Barbero e Carlo Barolo che hanno creato l’elegante veste grafica e della giornalista de "La Fedeltà", Luigina Ambrogio per la consulenza professionale. Allora ci incontravamo in biblioteca con la volontaria Franca che coordinava il nostro lavoro interno e lo divulgava all’esterno. La svolta importante per il giornale è stata tra il 2003 e il 2004 proprio nel momento di maggiore difficoltà perché non erano più arrivati fondi sufficienti dal Ministero di Giustizia. Tutti noi della redazione, i volontari e il comandante ci siamo attivati per trovare i soldi necessari e le risposte sono state molto positive. Mediante risorse della Regione è arrivato un nuovo computer, corredato di stampante per il formato A3 e di scanner, ad uso esclusivo della redazione, che è stato sistemato in un apposito locale dove possiamo incontrarci e lavorare in modo autonomo. La Fondazione della Cassa di Risparmio di Fossano, grazie all’interessamento del suo presidente, dott. Miglio ci è venuta incontro dando il contributo indispensabile per sopravvivere e da allora lo rinnova ogni anno. Il giornale diocesano di Fossano, "La Fedeltà" ha accettato di far uscire il nostro giornalino come suo supplemento gratuito, confermando una particolare attenzione alle nostre problematiche che già da tempo trovavano uno spazio nelle sue pagine. Corrado Avagnina, diventando nostro direttore responsabile ha voluto dare un input in più al mezzo d’informazione di una realtà (quella carceraria) che convive con l’altra realtà (quella sociale fossanese), perché, come ha scritto nel numero 13 (aprile 2004) de "La Rondine" "il carcere nel cuore della città è una presenza di cui tenere conto…Ci si deve sentire non come estranei, ma come interlocutori, per un rapporto costruttivo, maturo. Si cresce insieme". Anche il Comune di Fossano ci ha appoggiato nella stampa e nella distribuzione. Inoltre, a partire dall’autunno 2003, gli articoli de "La Rondine" si trovano nel sito internet del carcere di Padova, www.ristretti.it (Coordinamento nazionale dei giornali carcerari), un modo efficace di far sentire la nostra voce nel territorio nazionale. Ora siamo in attesa di avere uno spazio tutto nostro nel sito del Comune, come ulteriore evoluzione della nostra diffusione nel territorio, grazie alla collaborazione con insegnanti e studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore "Vallauri". Permettetemi a questo punto, una mia personalissima considerazione, anche poetica se volete, ma che spiega in modo semplice questa mia importante avventura. Il quel lontano 1996, quando trovai quel fascicoletto in biblioteca, era come se avessi trovato un cucciolo di rondine spaurito e malconcio, che era caduto dal suo nido, rompendosi le ali e abbandonato a se stesso. I suoi occhi così tristi ed imploranti (gli scritti, le poesie) avevano fatto breccia nel mio cuore perché avevano un lampo di speranza e di desiderio di vita. Con Franca (che allora aveva capito la grande potenzialità di questo cucciolo), incominciammo le prime amorevoli attenzioni e cure. Con il tempo gli occhi del rondinotto presero più vivacità e curiosità, le sue ali si irrobustirono diventando sempre più forti (le tante persone detenute e non che hanno contribuito con articoli, pensieri, opinioni, poesie, disegni ) e cominciò a spiccare i primi voli cella per cella, ufficio per ufficio, all’interno di questa struttura. Quando, ormai nel pieno del suo vigore e della sua vitalità ha preso lo slancio per il suo primo volo ufficiale, anche oltre le mura, la sua agilità e la sua eleganza hanno aperto il mio cuore in un augurio: "Vai e porta il nostro grido di sofferenza ma anche di speranza e di recupero alle tantissime persone al di là di queste mura!". E questa "rondine" così fiera di essersi levata nel cielo, con le sue infinite acrobazie, sorpassando queste mura, continuando a cinguettare con entusiasmo per risvegliare le varie coscienze, è diventata la mia voce, la nostra voce, la voce di tutti i detenuti del S. Caterina. Ormai questa "rondine" è diventata forte, bella, fiera ed è in grado di volare anche quando il vento è forte ed io spero che tanti di noi, come me, riescano ad avere fiducia in lei, continuando a nutrirla per essere, sempre, la voce di chi soffre, di chi lotta, di chi ha una speranza per un riscatto sociale. Un domani, in qualsiasi posto io sarò e vedrò una rondine volare nel cielo, mi ricorderò di questa mia importante esperienza della comunicazione che mi ha dato più forza, più determinazione, più entusiasmo, che mi ha fatto riflettere, ponderare e maturare sul piano umano, perché ho compreso che crescendo e credendo in se stessi si può credere al rinnovo e alla rinascita personale.
Anche "La Rondine" aderisce all’iniziativa Nasce la "federazione nazionale dell’informazione dal e sul carcere"
L’informazione sul mondo penitenziario deve essere corretta, puntuale ed equilibrata e promuovere dentro e fuori le mura il rispetto della legalità, la tolleranza ed il ruolo sociale di ciascuno
a cura della redazione
Si è ufficialmente costituita a Bologna, il 24 novembre 2005, la "Federazione nazionale dell’informazione dal e sul carcere", durante un incontro a cui hanno partecipato molte delle numerose realtà che in tutta Italia producono tale tipo di informazione. Sono stati presi accordi sui passi da compiere per formalizzare l’iniziativa anche sotto l’aspetto giuridico ed è stato redatto un documento programmatico che è pubblicato nella scheda. Anche il nostro giornale ha aderito alla Federazione nella convinzione che un confronto ed un collegamento tra le varie realtà è una necessità costruttiva per sostenere e rafforzare la nostra voce, pur nella valorizzazione delle peculiarità di ciascun contesto. Sarebbe utile si costituisse anche un coordinamento regionale che comprendesse le varie forme di comunicazione oggi esistenti in Piemonte per una reciproca migliore conoscenza e collaborazione.
Documento programmatico
La "Federazione Nazionale dell’Informazione dal carcere e sul carcere" è costituita da soggetti che si occupano principalmente di attività d’informazione sul mondo penitenziario e sul reinserimento sociale delle persone detenute e di sensibilizzazione del territorio su questi temi. Si pone i seguenti obiettivi: - promuovere una cultura di rispetto della legalità all’interno degli istituti di pena, sia da parte dei detenuti, sia da parte degli operatori tutti e dell’istituzione in quanto tale; - sensibilizzare il territorio sui valori della tolleranza, della solidarietà e della pace; - far maturare tra i detenuti la consapevolezza del proprio ruolo sociale e delle proprie risorse I soggetti che aderiscono alla Federazione si impegnano a produrre un’informazione corretta, puntuale ed equilibrata, che possa essere alternativa - o complementare - a quella prodotta dai media generalisti. La Federazione promuove attività redazionali giornalistiche attraverso la carta stampata, la televisione, la radio, il web (siti internet, newsletter e community), il cinema, la pubblicazione di studi e ricerche, brochure e opuscoli informativi. La Federazione intende attivarsi concretamente per: - rafforzare e valorizzare le esperienze di informazione dal carcere e sul carcere e favorire la nascita di nuove realtà; - reperire risorse economiche per sostenere le attività di informazione dal e sul carcere, sia a livello locale, sia di coordinamento nazionale; - coordinare iniziative e campagne di informazione, anche di denuncia politica e di proposta legislativa, su temi specifici inerenti la realtà carceraria e il reinserimento sociale dei detenuti. Modalità programmatiche di queste iniziative sono quelle del lavoro di rete e della costante ricerca di alleanze e operatività comune con altre forze e soggetti sociali, associativi e sindacali; - favorire la realizzazione di prodotti e servizi giornalistici di qualità, anche attraverso momenti di approfondimento e verifica (seminari, workshop, etc.); - organizzare la formazione di operatori volontari o istituzionali, perché attivino, partecipino o consolidino iniziative redazionali di giornalismo negli istituti penitenziari; - promuovere la registrazione delle Testate giornalistiche dal carcere presso il Registro del Tribunale delle singole province, anche per garantire loro una maggiore autonomia nella gestione e diffusione dell’informazione; - ottenere il riconoscimento e il sostegno della Federazione Nazionale Stampa Italiana, dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e della Federazione Italiana Editori; - implementare i rapporti con associazioni, enti e soggetti sociali del territorio che operano negli istituti penitenziari, attraverso stipula di accordi, convenzioni, etc.. La Segreteria della Federazione si trova presso la redazione di Ristretti Orizzonti, giornale e sito internet dal Carcere Due Palazzi di Padova.
Vita "dentro" La regola dei detenuti con la "d" maiuscola Incontro con alcuni ristretti sul codice di vita interno ad un carcere
La vicenda del piccolo Tommy ha reso noto all’opinione pubblica l’esistenza di norme interne al carcere che non ammettono violenze sulle persone indifese: donne, bambini, anziani.
di Erica G.
"Non si può sbagliare", almeno su certi reati. Questa in sintesi la regola delle regole, il codice che esiste in tutti i carceri italiani, e Fossano non fa eccezione. È, in pratica, un modo di comportarsi, che va al di là della giustizia dello Stato, delle norme di qualsiasi religione o civiltà. È un mondo a parte, che solo chi l’ha vissuto è in grado di spiegare. Lo avevamo intuito da libri come "Papillon" e da film come "Mery per sempre". Abbiamo avuto una prova tangibile della sua esistenza, recentemente, per fatti di cronaca, come quello di Tommaso Onofri, il bimbo di Parma barbaramente ucciso a soli 18 mesi, e di Jennifer, la ragazza sepolta viva dal suo amante perché incinta di un figlio scomodo. Elio, Maurizio, Roberto, Salvatore, detenuti con la "d" maiuscola hanno accettato di spiegarci quali sono i comportamenti che fanno la differenza. Pedofilia e violenza sessuale sono reati che la legge punisce a volte duramente, altre meno. In carcere la condanna è senza sconto. Le persone indifese non si devono toccare. Non si devono toccare i bambini, gli anziani e le donne. Lo abbiamo visto nel caso del piccolo Tommaso, quando tutti i detenuti di tutti i carceri italiani hanno preso le distanze dal suo assassino, Mario Alessi. La società non lo vuole libero, dopo quello che ha fatto, il carcere non lo vuole dentro perché si è macchiato di un reato infamante, che non è giustificabile. Anche la pena di morte, per i ristretti di Fossano, sembra troppo poco. Dicono che dovrebbe morire soffrendo, un’agonia lenta come unica condanna per il crimine che ha commesso. I detenuti di tutta Italia hanno preso posizione sia mostrando solidarietà alla famiglia Onofri, ma anche attuando la battitura delle sbarre, per dire no all’ingresso in carcere del muratore. Battere sulle sbarre è uno dei pochi modi che chi è recluso ha per far sentire la sua voce. A Fossano, negli ultimi due anni, è stato fatto in occasione dello sciopero nazionale pro condono ed amnistia e l’anno scorso per solidarietà ad un detenuto che non ha avuto il permesso di partecipare al funerale della mamma. La famiglia e la donna sono in cima alla scala dei valori. Anche la donna, così come i bambini fino a 14 anni, è intoccabile. Comportamenti che derivano dal vecchio codice mafioso dove è ammesso ammazzarsi tra uomini, ma se uno uccidesse una donna avrebbe tutta la malavita della regione contro, non solo la famiglia alla quale ha fatto lo sgarro. Rispetto assoluto, ma anche regole ferree per le donne di chi è dentro. La vera donna non lascia il marito, o il compagno, che viene condannato, perché era consapevole dei rischi ai quali il suo uomo andava incontro. Le sorelle e i fratelli di chi è, o è stato, in carcere non possono e non devono frequentare chi è "dall’altra parte", vale a dire le forze dell’ordine. Sono accettati solo i militari appartenenti all’esercito. È, invece, apprezzato chi, dopo il carcere, cambia vita perché ci vuole molto coraggio e fatica. Colpisce il profondo rispetto dei detenuti nei confronti dell’uomo onesto, del buon padre di famiglia. Se chi ha vissuto l’ambiente della mala non deve mai, in nessun caso, denunciare il reato commesso da un altro, se non vuole essere additato come "infame" e disprezzato da tutta la comunità, per chi è fuori da questa vita non vale la stessa regola. L’onesto lavoratore che assiste ad un omicidio e allerta le forze dell’ordine ha fatto bene, ma per il pentito che denuncia non c’è nessuna pietà. Rispetto anche per gli omosessuali, che non sono ben visti, ma lasciati vivere in pace, se rispettano le regole. Viene naturale, a questo punto, domandare come si fa a capire se il tuo nuovo compagno di cella, il detenuto che entra in carcere la prima volta, rispetta queste regole di vita, se di lui ti puoi fidare oppure no. Un tempo, chi entrava in carcere mostrava ai compagni gli atti relativi all’arresto, per dimostrare di non essere un pedofilo, un violentatore, un protettore di prostitute… Oggi non serve, "lo si intuisce dai piccoli gesti quotidiani" ci spiega un recluso. Chi non rispetta le regole d’onore, viene, ovviamente, punito. C’è una giustizia interna che è amministrata dagli stessi ristetti. C’è una gerarchia che nasce dall’anzianità’, ma anche dal modo di comportarsi. È importante la persona per come vive, non per il reato che ha commesso. Se hai messo a segno una rapina milionaria, non sei più importante del topo d’appartamento. C’è una sorta di coordinamento disciplinare, ma anche una fortissima solidarietà con i compagni in cella. Ad esempio, la partita di calcio o la fanno tutti o non la fa nessuno. Anche per quanto riguarda la convivenza con i detenuti stranieri, le idee sono chiare. Le regole sono queste, ci hanno detto, chi viene da un altro Paese si deve adattare. C’è, però, anche una spinta a voler capire la cultura degli altri popoli. Lo dimostra il fatto che, ad esempio, i protettori sono esclusi dal gruppo perché sfruttano le donne. Secondo i detenuti, la donna non deve neanche lavorare, ma, se proprio lo vuole fare, dev’essere una sua scelta, non obbligata. Chi sfrutta il lavoro delle donne, è da condannare, ma è molto più grave se il protettore è un italiano, perché, in certi Paesi, la prostituzione è una cultura ben radicata. Condanne durissime, invece, per chi sfrutta i bambini, come corrieri della droga, o chi li manda a chiedere l’elemosina, comportamento tipico, dicono, dei malviventi stranieri. Grave, ma meno, la truffa agli anziani. La discussione si è chiusa con la difficile domanda com’è possibile conciliare l’essere uomo e pagare di persona i propri reati ed avere una famiglia. Dalle risposte prevale il grande valore della famiglia e, quindi, in tutti, il desiderio di cambiare vita per amore di una moglie e dei figli.
Riflessioni di un detenuto del carcere di Padova La storia di Tommaso vista dal carcere
Ma come si fa a contrastare la subcultura del taglione che da sempre vige nel mondo della malavita quando a invocare vendette di sangue è la stessa società "civile"?
Graziano Scialpi su "Ristretti orizzonti"
Politici, intellettuali, figure istituzionali e gente comune, più o meno velatamente, invocano la morte per gli assassini del piccolo Tommaso…. Quello di cui vorrei parlare è la reazione della società civile, della gente onesta e perbene. Possibile che nessuno trovi perlomeno bizzarro che la gente perbene la pensi allo stesso modo dei detenuti? Possibile che nessuno si preoccupi che la società civile abbia le stesse reazioni dei "criminali rinchiusi in carcere"? Nessuno si sente a disagio? Io provo un forte disagio. Da anni, in redazione, ci battiamo perché tra noi detenuti si superino questo tipo di reazioni emotive. Lottiamo perché tutti usino la ragione e, per quanto difficile, applichino anche agli altri la comprensione che invocano per se stessi. Ma come si fa a contrastare la subcultura del taglione che da sempre vige nel mondo della malavita quando a invocare vendette di sangue è la stessa società "civile"? Io mi trovo, giustamente, in carcere perché in un momento della mia vita le mie pulsioni emotive hanno preso il sopravvento sulla razionalità. Cosa dovrei pensare quando ad aver perso il lume della ragione sembrerebbe essere l’intera società? Il dolore, il senso di ingiustizia, l’orrore di fronte a casi come quello di Tommaso sono umani. Così come è umano provare un impulso alla vendetta violenta. Bisognerebbe essere dei santi per non provarlo. Ma dare voce a questo impulso, cercare consensi per questo impulso, rinfocolare l’un l’altro questo impulso e trovare una pseudo giustificazione nel fatto che questo impulso è condiviso da molti altri è un altro paio di maniche. Che fine ha fatto la ragione? Dove è finita quella razionalità che sempre dovrebbe essere lì a dirci: "Guarda che quell’impulso è sbagliato. Viene dal lato oscuro e irrazionale che c’è in ciascuno di noi. Non seguirlo, non dargli nemmeno voce. Ignoralo. Quando l’esplosione emozionale si sarà un po’ attenuata ti accorgerai che era profondamente sbagliato"…. Abbiamo impiegato secoli di eccidi e vendette per scoprire questa razionalità e altri secoli sanguinosi per coltivarla e farla crescere fino a poter vivere in uno stato di diritto, dove è la legge a governare e non la faida di sangue. È ancora così fragile, così poco radicata che basta il gesto, per quanto orrendo, di due balordi per sconfiggerla? Per quanto mi riguarda mi auguro che gli assassini di Tommaso vengano processati velocemente ed equamente e che subiscano una dura condanna. Non una condanna esemplare, perché le condanne altrui non sono mai di esempio per gli altri. Ma una lunga pena che dia loro il tempo di rendersi conto di quello che hanno fatto. Ci vorrà del tempo, forse tanto, forse poco, ma se sono sani di mente prima o poi se ne renderanno conto e allora si ritroveranno a tu per tu con la propria coscienza. Quel giorno, per loro, il ritrovarsi chiusi in carcere sarà il male minore.
Si ritorna a parlare di amnistia Il mondo politico alimenta la speranza del pianeta carcere
Il sovraffollamento e gli altri dati della situazione carceraria interpellano il nuovo governo e la società sulle modalità di esecuzione della pena in Italia.
di Maurizio C.
A Torino non ci sono più letti disponibili per i detenuti. Fino a qualche giorno fa erano 48 "i senza tetto e letto" costretti a dormire nelle palestre, nelle socialità, nella sala Magistrati. La situazione è determinata dagli arresti record degli ultimi mesi, (in particolare durante i giorni delle Olimpiadi) e dall’affollamento delle altre 14 carceri della regione Piemonte che impediscono i trasferimenti da quello di Torino. Progettato per ospitare 800, al massimo 1000 persone, oggi conta quasi 1500 reclusi, con problemi legati a droga e alcol e in maggior parte extra-comunitari. La Direzione ammette che si tratta di una situazione gravissima. E intanto si ritorna a parlare di amnistia. Due settimane fa il Presidente del Consiglio Prodi ha testualmente affermato: "Il Governo intende proporre al Parlamento di studiare un provvedimento diretto ad alleggerire l’attuale insostenibile situazione delle carceri". In una recente dichiarazione Silvio Berlusconi sì è detto favorevole ad un provvedimento di clemenza. Una novità è costituita dalle notevoli aperture da parte di Alleanza Nazionale e di Bossi. A ciò si aggiunge il consenso da tempo manifestato dall’UDC e da quanto detto da Clemente Mastella ai detenuti di Regina Coeli sugli eventuali rischi di deludere ancora la popolazione carceraria. La strada della speranza è aperta, il Governo avrebbe la possibilità di risparmiare un bel po’ di denaro ma si dovrebbe dare contemporaneamente la possibilità di trovare lavoro magari importando di meno la manodopera dai paesi esteri. Dati statistici del 2005
Istituti penitenziari: 207 (36 case di reclusione, 163 case circondariali e 8 istituti per le misure di sicurezza) per una capienza regolamentare di 42.912 posti. Detenuti: 59.523 (56.719 uomini e 2.804 donne); densità penitenziaria: 133,9%, (superata solo dalla Grecia, 156% e dall’Ungheria, 159%). Ingressi dalla libertà: 89.887 (80.957 uomini e 8.930 donne) di cui 40.606 stranieri (35.202 uomini e 5.404 donne). Stranieri detenuti: 19.836 (1.302 donne) con prevalente provenienza dal Marocco (21,2%), Albania (15%), Tunisia (10,5%). Espulsioni da legge"Bossi-Fini": 1.038 nel 2004, 1.242 nel 2005. Detenuti tossicodipendenti: 16.135 (27,1%) e 1.334 alcoldipendenti; solo 1.932 (3,2%) in trattamento metadonico. (Secondo calcoli prudenziali, per tenerli in carcere lo Stato spende quasi un miliardo di euro all’anno mentre la retta pagata dalla ASL per i tossicodipendenti ospitati in comunità terapeutiche è di 32-47 euro al giorno. Secondo l’Osservatorio europeo sulle droghe, sino al 21% dei detenuti che si iniettano sostanze stupefacenti, ha cominciato a farlo proprio in carcere). Reclusi affetti da Hiv: quasi il 2,6% (1.492) (secondo i medici penitenziari: il 7,5% dei detenuti sarebbe sieropositivo, il 38% positivo al test per l’epatite C e il 50% a quello dell’epatite B, il 7% ha l’infezione in atto e il 18% è positivo al test della Tbc). Casi di TBC: 57,5% delle carceri; scabbia nel 66%. Affetti da patologie del sistema nervoso e da disturbi mentali: 11.800 (19,83%); disagi psichici: circa il 20% (il 10,25% di depressione, il 6,04% di altre patologie mentali, il 3% di malattie neurologiche e lo 0,8% di deterioramento psicologico). Costo dell’assistenza sanitaria per ogni detenuto: dai 1.846 euro nel 1995 agli attuali 1.607, contro i 1.557 euro di costo per ogni cittadino libero. Il 13% dei detenuti (circa 7.800) presenta uno stato di salute compromesso, a fronte del 7% della popolazione libera. Suicidi: 57 e 22 morti per cause non accertate (14 suicidi nei primi tre mesi del 2006; dal 1998 al 2005 in totale 1.191 morti, di cui almeno 447 suicidi).
Tre incontri su carcere e territorio al Palazzo Tesauro SP.I.R.I.T.: Progetto di inserimento lavorativo e sociale dopo il carcere
Operatori nell’ambito penitenziario presentano le attività interne e le possibilità esterne per favorire percorsi di risocializzazione di ristretti ed ex detenuti
di Erica G., Franca R.
Il progetto SP.I.R.I.T. (Sportello, Inserimento lavorativo, Reinserimento sociale, d’Iniziativa Territoriale) è stato presentato mercoledì 24 Maggio 2006 nella giusta cornice dell’ex Pretura a Fossano, da Rosita Serra. Gestito dalla cooperativa sociale Orso e dal CFPP (Centro di Formazione Professionale Piemonte) Casa di carità onlus ha lo scopo di mettere in collegamento i detenuti del "Santa Caterina" ed il modo del lavoro. Ad oggi sono 7, su 60, i detenuti che, usufruendo delle misure alternative, lavorano fuori e nell’istituto stesso. Come ha spiegato il direttore del carcere, Edoardo Torchio è il Magistrato di Sorveglianza che decide se il detenuto che ne ha fatto istanza ha i requisiti previsti dalla legge per ottenere la misura alternativa richiesta. Al convegno era presente anche il Comandante della Polizia Penitenziaria di Fossano, Pasquale Maglione, il cui lavoro, ha dichiarato, è stato, da sempre, improntato al dialogo e al rispetto della persona in quanto tale, nonostante il reato commesso. Un modo di operare che ha creato saldi rapporti tra dentro e fuori le mura, con l’amministrazione comunale, come ha ricordato il sindaco della città degli Acaja, Francesco Balocco, e la società, non solo fossanese. Tra le numersose attività che i ristretti di Fossano hanno a loro disposizione, c’è questo giornale, "La Rondine", che, a Gennaio, ha compiuto cinque anni. Franca Ravera, coordinatrice e co-fondatrice ha spiegato ai presenti, la storia, le caratteristiche e i possibili sviluppi di questa pubblicazione. Il grande valore di questo mezzo è quello di contribuire ad abbattere i pregiudizi sul carcere e di dare una possibilità ai ristretti di fare una controinformazione su cio’ che avviene dentro le mura e sui grandi temi della giustizia, a livello nazionale. Presente alla presentazione del progetto "SP.I.R.I.T.", anche Enrico Borello, istruttore del C.F.P.P.- Casa di Carità Onlus Torino, agenzia formativa che si occupa anche d’inserimenti lavorativi. Il C.F.P.P. a Fossano organizza, da oltre trent’anni, due corsi: cablaggio quadri elettrici e saldocarpenteria leggera. Nel suo intervento il professor Borello ha sottolineato l’importanza del progetto SP.I.R.I.T., anche come prosecuzione del lavoro iniziato nei corsi professionali che terminano con un attestato di frequenza spendibile all’esterno. Fondamentale, per il dopo carcere, anche il lavoro della professoressa del Centro Territoriale Permanente, Luisella Lamberti, che insegna l’italiano agli stranieri. Il suo corso non ha solo obiettivi didattici, ma anche educativi e culturali, offrendo ai suoi allievi una carta in piu’ da usare nella società italiana una volta scontata la pena. In provincia di Cuneo negli anni 2002-2005 hanno goduto di misure alternative alla detenzione 378 ristretti dei quali un centinaio come affidamento in prova ai servizi sociali, un centinaio agli arresti domiciliari, il resto in sospensione pena o in semilibertà o per la concessione dell’indultino. Questi dati sono stati forniti da Angela Magnino, direttore U.E.P.E. di Cuneo nel corso del secondo incontro svoltosi mercoledì 31 maggio nei locali di Palazzo Tesauro. Sempre più in Piemonte - precisa la Magnino - si stanno sperimentando azioni di giustizia riparativa che impegnano i detenuti, soprattutto per reati finanziari, in lavori socialmente utili, gratuiti a favore della collettività. I detenuti cuneesi nelle carceri della provincia sono pochi, molti provengono dal territorio torinese e molti sono stranieri. Terminata la pena, i primi tornano alle loro residenze mentre i secondi sono espulsi dall’Italia. La situazione viene confermata da Mariluci Rossi, assistente sociale del Consorzio Monviso Solidale che ricorda come alcuni inserimenti lavorativi stabili nel territorio fossanese sono avvenuti negli anni addietro quando nel carcere di Fossano si scontavano pene più lunghe e anche i tempi della semilibertà erano maggiori rendendo conveniente il trasferimento dei familiari qui. Questi casi sono ancora oggi seguiti dai servizi sociali. Infine è intervenuto l’assessore ai Servizi alla Persona, Maurizio Bergia che ha ribadito il concetto che la carcerazione non può essere un tempo inutile, sprecato ma deve realmente favorire il reinserimento mediante percorsi di formazione professionale e di lavoro interno che preparino al lavoro esterno, accompagnato o preceduto da attività di volontariato, a favore di anziani per esempio. Finalizzato ad un maggiore coinvolgimento delle associazioni di volontariato che possa favorire la risocializzazione del detenuto in beneficio o di ex è stato l’ultimo incontro avvenuto giovedì 29 giugno, sempre organizzato da Rosita Serra, nei locali dell’ex Pretura.
Finalità e modalità d’attuazione del progetto SP.I.R.I.T. di Rosita Serra
Il Comune di Fossano in collaborazione con i componenti il Gol-Gruppo Operativo Locale (Carcere di Fossano, Servizio Sociale Adulti del Ministero di Giustizia, Volontari, Cfpp Casa di Carità Onlus di Torino, la Coop. Soc. Orso di Torino), ha promosso il progetto Sp.I.R.I.T.: Sportello, Inserimento lavorativo, Reinserimento sociale d’Iniziativa Territoriale, finanziato dalla Regione Piemonte. La finalità del progetto è l’inserimento sia lavorativo che sociale dei detenuti avviati al lavoro esterno (e/o in semilibertà) o ex detenuti. Sulla base dell’esperienza e del confronto con altre realtà e Gol, è infatti emersa l’importanza di ideare e strutturare percorsi che vadano a rispondere a problematiche e bisogni di natura sociale e lavorativa del target di riferimento; al termine dell’esperienza carceraria la difficoltà che le persone incontrano è sì legata al reinserimento nel mercato del lavoro, ma spesso anche al rientrare nella vita sociale, di relazione, di scambio tra persone. La parte relativa all’attivazione di sei tirocini aziendali monitorati sarà realizzata dal CFPP di Fossano, la Cooperativa Orso è invece impegnata nell’attivazione di un’altra delle azioni previste dal progetto, vale a dire i "Percorsi di Cittadinanza". Tale azione prevede, da un lato, di avvicinare e sensibilizzare le realtà associative locali al tema del carcere e del reinserimento, dall’altro lato sperimentare percorsi di ri-socializzazione delle persone avviate al progetto coinvolgendole, laddove possibile, nelle attività delle diverse associazioni fossanesi (del tempo libero, sportive, culturali,…). Il progetto prevede ancora al suo interno sia lo sportello informativo e di orientamento su tematiche del lavoro sia lo sportello di consulenza agli stranieri, entrambi funzionanti in carcere.
Giustizia - a cura della redazione Cassazione: Bossi-Fini, no all’arresto dei clandestini recidivi
da "Corriere della Sera", 7 giugno 2006
Il clandestino recidivo non può essere arrestato anche se non ha ottemperato al provvedimento di espulsione intimato dal questore. Lo sottolinea la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di Isabel M., una 24enne immigrata senza fissa dimora e senza un lavoro stabile nei confronti della quale il tribunale della libertà di Bologna aveva respinto la richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari. Per il tribunale, la richiesta della difesa della clandestina appariva inadeguata a fronteggiare il pericolo di reiterazione del reato. Tesi bocciata dalla suprema Corte secondo la quale "lo straniero già condannato per non aver volontariamente ottemperato all’ordine di allontanamento impostogli dal questore" non può essere arrestato in caso di recidività, tutt’al più per lui "può soltanto disporsi il trattamento presso un centro di permanenza".
Ex-Cirielli; arriva la prima bocciatura della consulta
da "Il Gazzettino", 9 giugno 2006
La cosiddetta ex - Cirielli, la legge che ha limitato i benefici per i recidivi e tagliato i termini di prescrizione per gli incensurati, è in parte illegittima. La decisione - secondo quanto si è appreso - è stata presa dalla Corte Costituzionale riunita in camera di consiglio. In particolare, i giudici della Consulta avrebbero bocciato l’art. 7 della ex Cirielli nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso ai condannati recidivi che prima del dicembre 2005 - quando è entrata in vigore la nuova e più rigorosa legge - abbiano già maturato i requisiti (un grado di rieducazione adeguato) per ottenere il beneficio richiesto. La Corte avrebbe deciso l’illegittimità della norma tenendo anche conto di proprie precedenti sentenze. Una in particolare, la n. 137 del 1999, che espressamente diceva: "non si può ostacolare il raggiungimento della finalità rieducativa, prescritta dalla Costituzione nell’art. 27, con il precludere l’accesso a determinati benefici o a determinate misure alternative in favore di chi, al momento in cui è entrata in vigore una legge restrittiva, abbia già realizzato tutte le condizioni per usufruire di quei benefici o di quelle misure". I giudici non avrebbero trovato l’intesa su un secondo ricorso, relativo a un altro punto della legge, facendo pertanto slittare la causa, forse dopo la pausa estiva. La causa slittata riguarda la questione più spinosa, vale a dire la legittimità dell’art. 10 della ex Cirielli nella parte in cui subordina la riduzione dei termini di prescrizione per gli incensurati alla condizione della mancata apertura del dibattimento nei processi penali pendenti al momento dell’entrata in vigore della nuova legge. Si tratta della norma transitoria che fu introdotta in extremis, con un emendamento dell’Udc, sulla scia delle polemiche sollevate da più parti per una legge ribattezzata "salva - Previti". In questo modo, invece, al parlamentare di Forza Italia è stato impossibile avvalersi della ex Cirielli in Cassazione: la Suprema Corte lo ha condannato in via definitiva 6 anni per la vicenda Imi-Sir…. La questione è stata rinviata a nuovo ruolo.
Dall’estero - a cura della redazione Il modello svizzero
Anche nel nuovo codice il detenuto deve essere rispettato nella sua dignità e progressivamente recuperato alla società. Per le pene di breve durata si creano condizioni di vita che si avvicinino il più possibile a quelle della vita normale, offrendo assistenza al detenuto e prevenendo gli effetti negativi della detenzione. Il nuovo codice ha ampliato le sanzioni alternative alla detenzione come i giorni-ammenda, il lavoro d’interesse generale e la sospensione condizionata che sono applicate in oltre la metà delle condanne Nella Confederazione Elvetica vengono pronunciate circa 70.000 condanne penali ogni anno. Di queste, oltre la metà (51%) consiste in condanne a pena detentiva sospesa, un terzo (33%) è costituito da pene pecuniarie, il 15% da condanne alla detenzione senza sospensione e l’1% da altre misure penali.
Tipi di carcere
In Svizzera si distinguono tre tipi di istituti di pena: gli istituti aperti e semi-aperti; gli stabilimenti penitenziari destinati all’esecuzione delle pene di lunga durata; le prigioni distrettuali destinate alla custodia cautelare ("détention préventive") e all’esecuzione di pene di breve durata. I
posti disponibili nel sistema carcerario svizzero sono complessivamente 6.815.
Di questi la metà è destinata all’esecuzione di pene detentive, mentre l’altra
metà è destinata all’esecuzione di altre forme di detenzione, segnatamente
la custodia cautelare e la detenzione in attesa di espulsione. L’esecuzione penale elvetica Quando le pene sono di lunga durata, il detenuto deve essere progressivamente ‘recuperato’ alla società e questo mediante una serie di possibilità che gli si presentano nel corso dell’esecuzione della pena privativa della libertà. Egli può, dopo aver scontato un terzo della pena, ottenere un primo congedo di una determinata durata (12 ore) che va ad aumentare progressivamente nel tempo (massimo 54 ore); a metà pena la semilibertà, quindi una maggiore libertà e responsabilità ed il primo impatto di notevole importanza con la società che era stato costretto ad abbandonare in seguito alla commissione del reato, ed infine, a due terzi della pena, potrebbe sperare di ottenere la liberazione condizionale. Le pene di breve durata (arresti, semiprigionia) prevedono largo margine di libertà e si scontano di regola in stabilimenti separati da quelli previsti per pene di lunga durata. Permettono di lavorare all’esterno dell’istituto e quindi di continuare a mantenere il proprio posto di lavoro e di trascorrere in istituto il periodo di tempo libero e di riposo. L’esecuzione delle pene e delle misure per gli anormali mentali e gli alcolizzati avvengono in una sezione dell’istituto neuropsichiatrico, se non sussiste pericolosità sociale, in caso contrario in penitenziario; mentre le misure per tossicomani possono essere eseguite in istituti specializzati. Il Codice penale svizzero prevede per i giovani adulti, persone tra i 18 e i 25 anni, la possibilità di essere collocati in una casa di educazione al lavoro. Inoltre, con il consenso del condannato, i Cantoni potrebbero fare eseguire pene privative della libertà di una durata massima di tre mesi sotto forma di lavoro di utilità pubblica. Questo istituto è assai diffuso anche in Francia, dove trova applicazione in oltre ventimila casi, e nel Regno Unito, dove è molto apprezzato. Il successo del lavoro d’interesse generale è misurato dai seguenti numeri resi noti dall’OFS (Office fédéral de la statistique), che segnalano un costante e considerevole aumento del ricorso all’istituto: nel 1996 è stato applicato in 866 casi (con 67 revoche), contro i 2.865 dell’anno 2000 (con 274 revoche). Un’altra condizione della diminuzione del ricorso al carcere per le pene di breve durata consiste nella diffusione degli arresti domiciliari sotto sorveglianza elettronica. Nel 2000 oltre 250 pene sono state eseguite in questa forma che è ancora sperimentale. Ma per avere un quadro completo dell’esecuzione penale elvetica bisogna ricordare un altro strumento di controllo delle persone condannate. È il servizio di probation, che si rivolge ai soggetti affidati a un "patronage": per lo più persone in libertà condizionale o ammesse a una "prova di libertà" o in sospensione della pena. Alla fine dell’anno 2000 le persone controllate dai servizi di probation erano 5.400.
Il nuovo codice penale
Il nuovo codice penale svizzero, approvato nel 2002 ed operativo nel 2005, dichiara che lo scopo dell’esecuzione delle pene consiste nel permettere al condannato, dopo la liberazione, di vivere in società senza commettere altri reati, ossia nella prevenzione della recidiva. Per raggiungere questa finalità, che accomuna tutte le sanzioni penali, il codice afferma il principio del rispetto della dignità del detenuto e pone l’obiettivo dell’esecuzione penale nello "sviluppo del comportamento sociale" del detenuto e, specificamente, della sua capacità di rispettare le leggi. Malgrado le delusioni che da tempo circondano, anche in Svizzera, la riuscita pratica della risocializzazione, questo obiettivo non è stato abbandonato dal nuovo codice, tutt’altro. Lo sfavore per le pene detentive brevi, al contrario, è determinato, in parte, proprio dalla circostanza che una pena di durata inferiore a 6 mesi non consente di avviare un serio tentativo di risocializzazione, obiettivo che deve ottenersi cercando di creare condizioni di vita che si avvicinino il più possibile a quelle della vita normale, offrendo assistenza al detenuto (oltre che al detenuto collocato in "probation") e prevenendo gli effetti negativi della detenzione. In sostituzione delle pene detentive brevi sono previste altre sanzioni di grande interesse: la sanzione pecuniaria secondo il sistema dei "giorni-ammenda" (il giudice determina il numero dei giorni ammenda, fino al massimo di 360, e l’ammontare di ciascun giorno-ammenda, fino a 3 mila franchi, in funzione della situazione personale ed economica del condannato; in tal modo la pena pecuniaria può giungere sino a un milione e 80 mila franchi); il lavoro d’interesse generale (la misura, ordinata dal giudice con l’accordo del reo, si estende sino al massimo di 720 ore di lavoro gratuito, prestato per istituzioni sociali, opere di pubblica utilità o persone bisognose, nella misura di 4 ore al giorno; il "sursis partiel" (un istituto analogo alla nostra sospensione condizionale della pena che può essere concesso sino a sostituire 2 anni di detenzione e si può applicare anche alla pena pecuniaria e al lavoro d’interesse generale. In conclusione, considerando tutti i soggetti sottoposti a una qualche misura penale, all’inizio del 2001 le persone sotto controllo giudiziario erano 11.000, numero ottenuto aggiungendo ai detenuti (5.160) coloro che scontano la pena in forme alternative (500) e coloro che sono affidati al patronage (5.400), pari solo allo 0,15% della popolazione (7 milioni di abitanti). In Italia la percentuale è dello 0,2, circa centomila tra pene detentive e non, in Francia dello 0,3, negli Stati Uniti il dato supera addirittura il 2%.
Notizie flash - a cura della redazione Procedono i lavori di ristrutturazione del carcere Sopralluogo delle autorità al termine dei lavori della terza sezione
Congegni elettronici a distanza, bagno con doccia in ogni cella, colori diversi alle pareti interne e alla facciata esterna, nuovi appartamenti per autorità e agenti, cortile cementato. Chiusura elettronica a distanza e docce in cella: sono le principali novità della ristrutturazione della terza sezione del carcere "Santa Caterina" di Fossano. Giovedì 22 Giugno il terzo piano è stato oggetto di un sopralluogo da parte del Provveditore regionale degli istituti di pena, Aldo Fabozzi, accompagnato dal direttore della casa di reclusione fossanese, Edoardo Torchio, dal comandante della Polizia penitenziaria, Pasquale Maglione, dal sindaco di Fossano, Francesco Balocco, dai rappresentanti della ditta che ha eseguito i lavori, da politici e giornalisti. Sono12 le nuove celle, 11 da 4 posti e una da 2, che, dai primi giorni di Luglio, ospiteranno 46 detenuti. In tutte ci sono armadietti nuovi e letti arancione con copriletto blu, televisori da 17 pollici, con alcuni programmi e televideo bloccati, un piccolo tavolino per i pasti e il bagno, con l’acqua calda e fredda, più la doccia. Impianti centralizzati in ogni cella che permetteranno, in caso di guasti, d’intervenire localmente senza sospendere il servizio all’intero piano. Tutto questo renderà il carcere di Fossano ancora più all’avanguardia rispetto alla media nazionale. Al terzo piano è stato anche installato un sistema di filodiffusione sonora per le comunicazioni e un impianto di sorveglianza a circuito chiuso, limitato, ovviamente, al corridoio. Infermeria e sala musica completano i servizi della nuova sezione. Il primo intervento ha interessato anche gli alloggi del Direttore e del Comandante e quelli degli agenti costituiti da numerose camere con ingresso indipendente e pareti colorate. Anche nella sala colloqui i lavori sono quasi ultimati, il muretto che prima divideva i due locali è stato abbattuto, e sono state aperte delle nuove finestre per rendere i locali più luminosi. Per il campo da calcio ci vorrà ancora del tempo visto che la facciata dell’edificio deve essere ancora ultimata, come del resto lo stesso campo deve essere ancora verniciato con un’apposita vernice antiscivolo e ultimato con la traccia delle linee anche per il tennis. Soddisfazione da parte di tutti sulla prima tranche dei lavori, che rappresenta un buon 60% della ristrutturazione totale, finanziata dal Ministero di Grazia e Giustizia per una spesa complessiva di 7 milioni e quattrocentomila euro. Stando alle previsioni il cantiere, aperto nel Marzo 2005, sarà chiuso in un anno. In particolare il Provveditore ha dichiarato di essere molto soddisfatto per la buona riuscita della prima parte dell’intervento, che ha reso la sezione "più funzionale, vivibile, dignitosa e sicura". Positivo anche il commento del sindaco della città degli Acaja, Francesco Balocco, che ha, però, sottolineato come una recinzione in stile medioevale, in linea con il centro storico cittadino, risulterebbe esteticamente migliore. "Se ne può parlare" ha dichiarato il rappresentante del Ministero "il comune potrebbe cercare di contribuire al cambiamento" ha ribattuto il primo cittadino di Fossano. Staremo a vedere….
Il neo Segretario di Stato del Vaticano aveva vinto un premio con una canzone scritta da un detenuto. Tarcisio Bertone è stato volontario nel carcere di Fossano
Il nuovo Segretario di Stato del Vaticano, praticamente il numero due dopo il Papa, il cardinale Tarcisio Bertone è stato nel nostro carcere S.Caterina come volontario. È un’esperienza che risale a cinquant’anni fa e che lui stesso racconta durante un incontro con i giovani della sua diocesi di Genova. Era un giovane seminarista quando veniva con un’orchestrina nel carcere di Fossano a rallegrare un po’ i carcerati. Componeva anche musica e scriveva canzoni ed è proprio qui, nel carcere di Fossano, che avviene l’incontro con un uomo, un detenuto condannato a venti anni per omicidio. "Dietro le sbarre, dice il cardinale, si possono incontrare persone che hanno sensibilità, interesse, talento per le discipline artistiche, come le composizioni poetiche, la passione di quell’uomo finito dietro le sbarre per aver privato della vita un’altra persona". Fanno amicizia, il cardinale e il detenuto: il seminarista salesiano compone musica, l’altro trasforma le sue poesie in testi per le canzoni. Di quell’epoca restano, nella casa di famiglia di Bertone, come ricorda il fratello Valeriano, due composizioni: Zingaresca e Frenesia primaverile. È quest’ultima a portare la firma del carcerato di Fossano e con questa composizione, nel 1955, Tarcisio Bertone partecipa ad un concorso della Gioventù studentesca fondata da don Giussani e lo vince. "Fu la mia prima occasione d’incontro con il sacerdote, ricorda il neo segretario di stato del Vaticano, e la competizione la vinsi con le parole scritte da un detenuto….che poi uscì dal carcere, e rimanemmo amici". Questo curioso episodio della sua vita che ci riguarda da vicino per il luogo in cui è avvenuto ci rende la sua figura più familiare e per questo inviamo da queste pagine un sentito augurio per il prestigioso e impegnativo incarico.
Riflessioni dell’insegnante. Terminato il corso di alfabetizzazione
di Luisella Lamberti
La scuola è un luogo fondamentale per la vita delle persone. A scuola si impara non solo a leggere e a scrivere, ma anche a stare insieme, a conoscersi, a confrontarsi con idee nuove e diverse, a crescere rispettando la diversità. A scuola ci si educa ai valori della democrazia, della convivenza e della solidarietà. Ho sempre pensato che questa fosse la scuola e fare scuola in carcere ha insegnato queste cose prima di tutto a me. Ho incontrato in questi mesi persone con culture diverse, con storie di vita diverse, persone che in un momento della loro vita hanno fatto scelte sbagliate, a volte senza essere consapevoli, ma persone che portano con se un bagaglio di conoscenze, di esperienze e di valori. Vivono spesso grandi dolori e solitudine. Sono fragili perché staccati dalla famiglia e dagli affetti più cari, molti non hanno nessuno che viene al colloquio, spesso aspettano per giorni una lettera per sapere che la loro famiglia sta bene e pensa ancora a loro e si legge nei loro sguardi la paura che quella lettera non arrivi mai. Se sono cittadini stranieri sono ancora più soli e delusi. Nel nostro Paese pensavano di trovare benessere e felicità e invece si sono ritrovati a compiere atti illegali che probabilmente nel loro Paese, inseriti in un ambiente sociale accogliente e conosciuto, non avrebbero mai pensato di fare. La scuola a volte da loro un obbiettivo e una speranza nuova. Alcuni hanno imparato qui a leggere e a scrivere e hanno scoperto la bellezza di poter leggere un libro. Altri per qualche ora la settimana possono parlare di argomenti diversi, leggere un articolo di giornale, commentare i fatti sentiti al telegiornale, vedere un film e discuterne. Forse anche questo serve ad alleggerire il cervello, a non pensare continuamente a quanti giorni o mesi mancano, a quanto è dura la vita dentro e a che cosa sarà la vita una volta fuori. Questo fuori cosi sognato cosi lontano, che solo in poche occasioni entra in carcere per brevi incontri o attività.Un fuori in cui io torno ogni giorno, a volte provando un sottile imbarazzo nei confronti dei miei allievi che alla fine della mattina tornano invece in cella. Non ho mai provato imbarazzo invece ad entrare in carcere. Arrivo tutte le mattine contenta di questo mio lavoro perché so che non incontrerò dei delinquenti come molti fuori pensano, incontrerò delle persone e vorrei tanto essere capace di comunicare a loro un po’ di fiducia in una vita che potrà essere migliore.
Buon successo dei lavori esposti alla fiera di Fossano
Anche quest’anno il Comune di Fossano ha concesso uno spazio al carcere per poter allestire uno stand alla Fiera commerciale-Expoflora. Sono stati esposti alcuni lavori eseguiti nel corso professionale di saldo-carpenteria, attivato all’interno del S.Caterina. A questa iniziativa il nostro giornale aveva aderito con un numero speciale distribuito nello stand e contenente informazioni utili sul lavoro per detenuti ed ex. Abbiamo chiesto ad Enrico Borello, l’istruttore del corso che da alcuni anni si sobbarca la fatica di allestire lo stand ed esservi presente, del perché anche noi "ci mescoliamo tra la gente" e proponiamo le cose che facciamo. "Semplicemente perchè non siamo dei diversi, abbiamo delle potenzialità e lo vogliamo dimostrare. Cerchiamo di far capire alla gente che, nella vita, si può ricominciare e vogliamo portare un messaggio di speranza". Lo stand aveva come titolo:"La formazione e il lavoro come elementi propedeutici per il reinserimento sociale". "È stato molto apprezzato - continua Enrico - come dimostrano le diverse richieste di esecuzione di manufatti che ci sono stati commissionati. Dobbiamo quindi ringraziare il Comune ed in particolare Roberto Summa dell’Ufficio Agricoltura per la disponibilità".
Gruppo interno di auto-aiuto
Ogni quindici giorni all’interno del carcere di Fossano si incontra un gruppo formato da sei detenuti ex tossicodipendenti, l’educatrice Francesca e lo psicologo del Ser.T., dott. Aiello. Ognuno dei ragazzi, a turno porta le sue esperienze sia di tossicodipendenza che di delinquenza. I partecipanti ai gruppi ci dicono che "il parlare delle proprie esperienze in gruppo, sotto la supervisione di professionisti, fa sì che si possano confrontare i diversi stili di vita creando cosi nuovi stimoli sui quali riflettere insieme". Ci dicono inoltre che gli argomenti dei quali si discute sono i più svariati. Approfondiremo questa iniziativa in un numero successivo del giornale.
Benvenuti Erica, Giuseppe e Roberto!
Da questo mese abbiamo tre new entry nella redazione del nostro giornale. Si tratta di Erica G., Maurizio C. e di Roberto P. La prima è una giornalista che già alcuni di noi conoscono per essere stata qui a girare dei servizi televisivi e che ora collaborerà con noi come volontaria mentre Maurizio e Roberto metteranno a disposizione de "La "Rondine" i loro pensieri e le loro idee. Tutta la redazione dà loro il benvenuto.
Poesie Amicizia
Se la tua parola mi sarà di conforto allora te ne chiederò mille Se un tuo abbraccio mi sarà d’aiuto stringimi a farmi male Se la tua vicinanza mi darà sollievo seguimi come un’ombra e se non ci sarà più luce seguimi come un assassino Ma se il tuo sol profumo mi darà svenimento dissolviti come farebbe una nuvola di fumo di fronte al vento P.G.
Il cielo versa le sue lacrime sotto le imprecazioni dei tuoni e le scariche di rabbia dei lampi Io mi riconosco nel cielo come la mia mente nei tuoni e il mio intimo nei lampi Spero sia soltanto un temporale di passaggio poiché ho già avuto la mia stagione delle piogge Ma ora piove furore e non vedo la speranza poiché il cielo è grigio e si confonde con le mura sicure del loro imprigionare P.G. Pensiero Tratta le persone come se fossero ciò che dovrebbero essere; le aiuterai a diventare ciò che sono capaci di diventare J.W.Goethe La Rondine, una voce dal carcere Periodico della Casa di Reclusione - Fossano Luglio 2006 - n. 21 Supplemento gratuito a "La Fedeltà" n. 27 del 05.07.2006 - Anno 109 Autorizzazione Tribunale di Cuneo 17.7.1950
Direttore responsabile
Corrado Avagnina
Redazione
Erica G., Franca R., Marco Z., Maurizio C., Maurizio F., Roberto P.
Hanno collaborato a questo numero
Corrado Avagnina, Luisella Lamberti, Rosita Serra, Gabriele P.
La redazione ringrazia
Luigina Ambrogio, Antonella Aragno, Enrico Borello, Pasquale Maglione, Francesca Nicolosi, Edoardo Torchio, Fondazione CRF, settimanale La Fedeltà, rivista Ristretti Orizzonti, Comune di Fossano, Graziella Tomatis
Video impaginazione
Cooperativa "Nuove idee" c/o Editrice Esperienze - Via S.Michele, 81 - Fossano
Stampa
Ferrero & Salomone - Via Matteotti, 5 - Fossano
Invitiamo i lettori a farsi i fatti nostri. scriveteci! "La Rondine" c/o Istituto Suore Domenicane Via Bava, 36 12045 Fossano
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