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Butto la pietra, ragazzi dell’IPM di Torino Numero 14, febbraio 2001
Inchiesta: quali droghe avete provato?
Pensare ad altre belle cose della vita, secondo me, è la scelta migliore anche perché di cervello ne abbiamo uno solo e se ce lo "bruciamo" tutto? Come facciamo senza !?
Quali sono per voi le droghe peggiori?
E invece quali sono le sostanze che considerate "migliori"?
Cosa ne pensate dell’eroina?
l’eroina, a 16 anni e mezzo mi bucavo già, l’ho usata per 3 mesi poi ho smesso, senza andare in comunità, ma solo grazie alla mia forza.
Credi che la droga ti faccia fare cose che da lucido non faresti mai?
Storia di A. A. Io ho sempre fumato molto hashish e marjuhana, qualche volta però ho usato anche cocaina. Quando la usi stai davvero bene, ma a volte fai cose bruttissime, che ti rendono come una bestia, una volta sotto l’effetto della coca ho sfregiato un mio amico. Un’altra volta due miei "clienti" avevano comprato della cocaina da un tipo che non la taglia come si deve, allora dopo un pò hanno cominciato a sclerale, lui ha tagliato con una lametta un braccio alla sua ragazza e lei anziché urlare ha cominciato a ridere. Io da lontano vedevo tutta la macchina piena di sangue e loro non facevano nulla, continuavano a ridere, poi sono andati un po’ lontano ad appartarsi. C’è molta gente che compra lo cocaina per fare meglio l’amore. Se però lo usi sempre poi non fa più un effetto positivo, ma ti rovina.
Storia di N. M. Io ho cominciato a drogarmi molto giovane. Ho lasciato il mio paese a 12 anni, viaggiavo da un paese all’altro in cerca d fortuna perché la mia famiglia è molto povera. Poi ho incontrati alcuni amici da cui ho imparato a fare spinelli. Da lì sono poi passato alla cocaina, alle pastiglie, e agli acidi. A volte stavo male, ma più andavo avanti e più non riuscivo a fame a meno. A 14 anni ho cominciato a tirare eroina, mi sentivo davvero un animale, volevo smettere ma non ci riuscivo, non mi fidavo di nessuno quindi non sapevo a chi chiedere aiuto. Spacciavo e rubavo solo per comprarmi la roba, quando telefonavo a mia mamma lei mi chiedeva perché non spedivo mal soldi a casa e io rispondevo che al lavoro mi pagavano poco e così non riuscivo a mettere da parte n denaro per loro. Poi sono arrivato al punto di non telefonare neppure più, a volte avevo notizie della mia famiglia dai miei paesani. Quando sono venuto in Italia dopo un mese sono entrato in carcere, lì stavo bene perché ero riuscito a disintossicarmi, stavo davvero bene, per la prima volta da quando avevo lasciato il mio paese non mi vergognavo di me stesso. Poi sono uscito, ho incontrato i miei vecchi amici ed ho ricominciato. Ero davvero diventato magrissimo, e stavo male. Poi sono andato ancora in carcere ho smesso grazie anche all’aiuto degli educatori e di un agente molto bravo. Da pochi mesi sono uscito ed ora ho deciso di smettere davvero. Non ho più toccato roba ne coca da quando sono uscito l’ultima volta, a volte mi faccio qualche canna, ma voglio smettere anche con quelle perché è con gli spinelli che è cominciato il mio viaggio nel mondo della droga. Ho deciso di smettere del tutto un giorno che per comprarmi la roba ho rapinato una ragazzina di 13 o 14 anni, non avrei mai pensato di toccare il fondo così, e non voglio più che accada.
Storia di N. M. Io avevo una ragazza che si drogava. Ero molto innamorato e anche lei mi amava, ma forse amava più la droga che io vendevo di me. Ogni volta che uscivamo mi chiedeva se avevo con me la cocaina, usciva con me solo perché io le davo la droga gratis. Io però la amavo veramente e allora cercavo sempre di accontentarla. I miei amici mi dicevano di lasciarla perdere perché per lei ero solo "quello che le dava la roba". Un giorno lei mi ha detto di sniffare la coca con lei, l’ho fatto solo per lei perché a me non piace sballarmi con droghe pesanti. Sono stato bene, abbiamo fatto l’amore, ma quando è finito l’effetto della droga mi sono sentito un cretino. Ho capito che lei mi "pagava" col sesso la cocaina e se io non ci fossi stato sarebbe andata con un altro. Subito ho sofferto molto anche perché dopo che l’ho lasciata ho visto che lei ha cominciato ad uscire con un altro spacciatore allora ho capito che a lei di me non gliene fregava nulla. A volte quando io non avevo la roba lei diventava molto cattiva, mi insultava, piangeva, una volta mi ha anche dato due sberle, io però l’ho presa e le ho dato uno spintone, lei è caduta e si è rotta un braccio, allora si è messa a piangere, ma non piangeva perché le faceva male il braccio, ma perché non aveva soldi per comprare la cocaina ed io non l’avevo portata. (sommario)
Sono entrato a scuola all’età di sette anni, non mi piaceva la scuola, non ho mai utilizzato una biro, perché scrivevo sempre con le mie dita, sono rimasto a scuola per quattro anni. Parecchie volte ho buttato via la mia cartella, qualche volta ho venduto anche i miei libri, che mio padre mi aveva comprato, sì, era molto duro con tutti noi, soprattutto con me, ero sempre fuori con gli amici del quartiere, si giocava a calcio all’aperto, io facevo delle stupidaggini e prendevo in giro gli altri, soprattutto gli adulti e questo faceva arrabbiare mio padre. Tra gli undici e i tredici anni, ho cominciato a imparare la meccanica nelle officine e nei garage del quartiere, sono rimasto lì per tre anni, durante questo periodo ho cominciato a bere alcool, a fumare hashish ed ho lasciato il lavoro; trascorrevo il mio tempo nelle sale da gioco vicino a casa mia, a volte rientravo ubriaco in piena notte e nessuno lo sapeva. Una volta, quando stavo in garage, una persona che veniva a portare la sua macchina, ha lasciato nel suo portabagagli una cassa piena di birra, è stato ciò che mi ha spinto a bere una grande quantità senza nemmeno chiedere il permesso. Un’ altra volta ero con un gruppo di amici che bevevano e fumavano, ad un certo punto uno di loro mi ha colpito alla testa con una bottiglia di vino, io l’ho insultato, ma quando ho aperto gli occhi mi trovavo all’ospedale. Ho conosciuto una ragazza che aveva di fratelli che vendevano l’hashish ed ho cominciato anche io a lavorare con loro, finché la polizia non mi ha arrestato, quattordici mesi di prigione in Marocco e poi ho iniziato a pensare all’Europa. Come si sa, ho pagato una grossa somma per entrare in Italia, ed eccomi nella stessa situazione di vendere la droga, entrare ed uscire continuamente dal carcere, veramente ho condotto una povera vita; ho quasi trascorso sei anni nella disperazione, ma ora lo giuro nel nome di Allah che ho chiuso con questo stile di vita. Adesso ho dieci anni di esperienza nella meccanica e mi piacerebbe quindi lavorare in questo settore. Il "servizio sociale" è venuto a trovarmi in carcere dicendo che mi aiuterà nella mia vita futura. Devo dire che sono veramente dispiaciuto di aver vissuto in questa brutta maniera e che ho chiesto scusa alle persone che ho ingannato e maltrattato. Zahir
Quando ero bambino vivevo in Brasile, esattamente a Rio de Janeiro, la città natale di mia mamma. Mi ricordo che tutte le mattine io incontravo i miei amici nella spiaggia di Copacabana che è una delle più belle spiagge di Rio. Solitamente giocavamo a calcio, spesso quando giocavamo si avvicinavano a noi altri ragazzi per giocare. A volte giocavamo a pallavolo con le ragazze. L’Italia non potrà mai essere come il Brasile perché queste cose in Italia non le potrò mai fare. Dopo aver finito di giocare a calcio o a pallavolo andavamo di corsa al chiosco sulla spiaggia a comprare cocco e coca cola fresca. Dopodiché mi avviavo verso casa dove mi aspettava mia nonna che mi cucinava tutto quello che mi piaceva. Di solito mi faceva la "fejolada" con la farofa o friggeva le patate dolci, però cambiava spesso le cose che cucinava. La sera poi uscivo e andavo in Piazza Santa Cruz dove c’erano sempre i miei amici. Con loro fumavo la marijuana… era il momento in cui mi divertivo di più perché c’erano alcuni amici più grandi con le macchine e lo stereo a palla e ascoltavamo "terra samba" e bevavamo tanta di quella birra che pisciavamo per ore. Quando tornavo a casa ero sempre fuso e ubriaco perso e vomitavo per tutta la casa tanto che il giorno dopo mia nonna doveva pulire tutta la casa. Reginaldo
Mi chiamo Elouardi Yassine, vengo dal Marocco. Sono arrivato in Italia nel 1994 e sono andato a scuola per sei mesi, poi sentivo la mancanza del mio paese, così sono tornato a casa per un mese. Quando sono tornato a Torino ho conosciuto un ragazzo di nome Rachid che vendeva fumo… lui mi "martellava" per fare lo spacciatore con lui, così dopo un mese ho cominciato a lavorare: è stata la mia prima esperienza nel campo della droga. Il momento più bello è quando cominci a spacciare perché riesci ad avere cose che prima solo sognavi, poi dopo quattro mesi sono diventato uno di loro, ho iniziato a fumare le sigarette e poi sono passato all’hashish… fino a questo momento ero uno spacciatore di droga leggera. Da qui però il passo per passare alle droghe pesanti fu breve, la prima zona dove ho spacciato fu Porta Nuova. Qui lavorai per circa 4 mesi, poi capii che questo genere di spaccio ti rovina e lasciai perdere per un pò. Quando finì i soldi ricominciai a spacciare per due anni. In questi due anni ho visto di tutto e ad un certo punto mi sono scocciato di questo mondo diverso da quello di tutti. Io avevo voglia di mettere la "testa a posto". Di tornare al mondo normale, ma da solo non ce la facevo, avevo bisogno dell’aiuto di qualcuno, dei consigli di una persona amica. Sono stato avvistato dalla polizia 4 volte, l’ultima volta ho capito di essere sulla strada sbagliata e ho avuto la fortuna di conoscere persone che mi hanno dato una mano e mi hanno consigliato. Io ho seguito le loro proposte e mi sono trovato in un mondo bellissimo.Adesso lavoro e vado a scuola e sto benissimo. Questo è un consiglio che voglio dare a tutti: imparate dagli sbagli fatti nella vita perché è troppo bella godersela nel modo giusto. Io non mi sono mai sentito meglio di ora. La vita è bellissima e la libertà non si può comprare. Yassine
Quando avevo 4 anni mia madre è morta. Ho vissuto tutta la vita con mia nonna o con mia zia. Mio padre l’ho conosciuto perché sono andato a trovarlo io, 4 anni fa. Dagli 11 ai 16 anni sono stato in comunità, mi sono trovato malissimo, ci trattavano male, ci picchiavano tutti i giorni, ci lanciavano le sedie addosso, per non parlare delle botte tra noi ragazzi. Qui in comunità ho avuto la mia prima ragazza. Il giorno in cui ho compiuto 12 anni sono andato a ballare per la prima volta con un amico della comunità ed è stato bellissimo. Quella sera ho provato le droghe, non fumavo nemmeno prima. Le ho provate tutte in una botta: trip, cocaina, pastiglie, fumo. Mi sentivo strano, però mi sono divertito, sono stato sveglio due giorni di seguito. È stata la prima sera che ho fatto l’amore con una ragazza, lei aveva 15 anni ed era una mia amica. Da quel giorno ho iniziato ad usare le droghe. È stata una bella avventura, in fondo, perché in seguito mi sono successe tante cose che altrimenti non si sarebbero verificate, ho conosciuto tante persone. Poi sono entrato qui in carcere, per me è la prima volta. Non è stata poi un’esperienza così negativa. perché nella mia vita ne ho passate di peggiori. Mi sono trovato bene perché con gli altri ragazzi ho instaurato un buon rapporto. (sommario) Mario
Cicci: Da piccolo giocavo sempre in strada o in cortile con i miei amici con le pistole finte. Vorrei tanto tornare piccolo perché ero coccolato e poi perché non , farei alcuni errori, come quelli che mi hanno portato qui… da piccolo volevo diventare carabiniere! Namir: Vorrei tornare piccolo, quando vivevo in Marocco e giocavo con il fuoco, l’acqua e i petardi. Non ero mai solo, giocavo sempre in strada con i miei amici e combinavo sempre guai, ma mi divertivo tantissimo. Karim: Anche io non stavo mai da solo, giocavo sempre in strada con gli altri bambini miei vicini di casa, giocavamo a pallone, con le biglie o facevamo scherzi alle persone adulte. Khamal: I primi anni di scuola mia madre mi accompagnava sempre fino davanti al portone. Ero bravo alle elementari, poi verso i 12 anni ho cominciato a scappare da scuola per andare a giocare con i miei amici e quando non scappavo facevo scherzi ai professori e ai compagni. Tutti i venerdì pomeriggio "tiravo di colla" con i miei amici, poi andavamo a comprare il pesce e lo facevamo alla brace nel campo sportivo della scuola. Moustafa: Anche io cucinavo il pesce tutti i venerdì, ci divertivamo tantissimo, facevamo sempre scherzi ai maestri, a volte ci picchiavano, ma noi non imparavamo la lezione e ogni giorno ne inventavamo una. A volte davo fuoco ai gatti, li cospargevo di alcool, accendevo la coda e il gatto scappava. Yousef: Anche io davo fuoco ai gatti, quando andavo a scuola ero molto cattivo, mettevo la colla sulla sedia della maestra, pescavo le rane e gliele mettevo nel cassetto. A volte quando la maestra scriveva alla lavagna le tiravo le pietre con la fionda. Quando non studiavo e la maestra mi interrogava io aspettavo suo figlio fuori dalla scuola e lo picchiavo. A 13 anni in un anno sono andato a scuola solo 2 mesi, scappavo sempre, a volte portavo in classe un coltello da cucina e minacciavo i miei compagni o la maestra, all’uscita mi facevo portare la cartella da quelli più scemi e picchiavo quelli che mi erano antipatici, però non mi hanno mai sospeso, da quando sono in Italia sono più calmo. Spesso giocavamo a catturare i colombi degli altri, è un gioco che fanno tutti in Marocco; ogni ragazzo ha dei colombi, i nostri chiamano quelli degli altri e noi dobbiamo catturarli. Zahir: Io non sono mai andato a scuola perché già da piccolo facevo il meccanico, però non ero molto onesto, quando sostituivo dei pezzi mettevo quelli vecchi e li facevo pagare come nuovi. Reginaldo: Quando ero piccolo andavo a scuola con Cicci, eravamo inseparabili. Rubavamo insieme le biciclette degli altri e anche le merendine. Io e Cicci siamo amici da sempre, nel bene e nel male (infatti adesso siamo tutti e due qui!!) io gli voglio bene come ad un fratello. Alexander: A 7-8 anni mettevo la colla sulla sedia della maestra. A 11 anni ho iniziato a tagliare da scuola. Mi ricordo che al campo c’era una ragazzina che voleva sempre giocare al dottore, mi voleva baciare, ma io ero timidissimo e mi vergognavo. Hakim: A 11 anni ho iniziato a scappare dalla scuola, uscivo dalla finestra o stavo con le bidelle a fare le pulizie. Fumavo davanti alla scuola per farmi vedere dai compagni, volevo fare l’uomo, il duro e poi andavamo al mare o in sala giochi. Andavo a scuola tre giorni no e un giorno sì, ma ero bravo perché anche se non studiavo a casa; stavo attento a quello che dicevano i professori e imparavo le cose, mi piaceva far ridere i compagni, facevo le battute, non è che ero violento con qualcuno. L’ultimo anno mi hanno promesso che mi avrebbero promosso se mi fossi comportato bene per tre mesi, ma quando, dopo 2 mesi, ho chiesto loro se l’avrebbero fatto, mi hanno detto di no e allora ho smesso di andare a scuola, Quando mi hanno bocciato ho scritto con la chiave una parolaccia sulla macchina della professoressa. Mi piaceva divertirmi: giocavo a calcio, mi "imboscavo" con le ragazze nei bagni andavo in motorino, rubavo le biciclette. A 12 anni andavo allo stadio con gli ultras, dicevo a mia madre che andavo a comprarle le sigarette e invece andavo in trasferta. Non avevo mai soldi e allora rubavo agli autogrill da mangiare, a questa età ho anche cominciato a bere molto perché vedevo gli altri e volevo farmi vedere grande. Mi chiamavano "vitamina" perché non stavo mai fermo. Mia madre mi chiudeva in casa col catenaccio perché scappavo. Quando andavo a ballare mia madre mi sgridava, ma adesso capisco quello che ha fatto per me, i sacrifici, per me c’è solo lei. Se avrò dei figli (inscial’Allah), spero 4 o comunque più di uno, voglio insegnare loro le cose giuste della vita, il lavoro onesto, i valori e anche insegnare l’altro tipo di vita, quella che ho fatto io, dire le cose buone e le cose cattive, insegnerei ad essere buoni di cuore e ad avere rispetto per gli altri poi qualsiasi decisione prenderanno i miei figli per me andrà bene voglio che vadano a scuola per essere preparati e intelligenti, ma voglio anche che capiscano la vita di strada. (sommario)
Benedetto: Io non ho mai festeggiato San Valentino. Però ieri era anche l’onomastico della mia ragazza e allora l’ho chiamata per farle gli auguri. Era felice. Oggi mi è arrivato un biglietto enorme, bellissimo. Una volta facevo sempre in modo di litigare con la mia ragazza qualche giorno prima di ogni ricorrenza perche non sapevo cosa comprarle. La mia ragazza l’ho conosciuta proprio il giorno di San Valentino ad una festa. Francesco: A me non interessa questa festa. Quando sono fuori faccio il regalo alla mia ragazza, ma qui non faccio nulla. Sitzia: A me piace San Valentino però qui sono triste perché sono solo. Io vorrei trascorrerlo almeno una volta con una ragazza speciale che mi ami per quello che sono. Io credo all’amore alla finestra qui in carcere. Stevo: Io faccio sempre il regalo a San Valentino a tutte le donne della mia famiglia, mia moglie, la mia sorellina, mia zia, mia madre. Sitzia: D’amore non si muore, ma chi si sente solo non sa vivere. Io amo mia madre sopra tutto, preferisco lei a 8000 ragazze. Benedetto: Non è però così bello essere innamorati perché si soffre tantissimo. Fin che va bene è bello, ma quando litighi si sta malissimo se si è davvero innamorati. Dori: Anche in Albania si festeggia San Valentino, di solito si regala oro, ma si possono fare anche altri regali, a seconda delle disponibilità. Il più bello l’ho festeggiato un anno fa, fuori. La mia ragazza ed io siamo andati al ristorante insieme, è stato un giorno speciale. Stizia: Io non sono mai stato innamorato, per questo motivo sono triste. Io voglio bene a tutte le ragazze, non picchierei mai una donna. Una volta io e un mio amico abbiamo visto un uomo che prendeva a calci la moglie, noi lo abbiamo massacrato di botte, perché le ragazze non si picchiano mai. Natasha: A me piace un sacco il giorno di San Valentino. Quest’anno ho passato il più bel giorno di San Valentino della mia vita perché qui al Ferrante mi hanno fatto una bellissima sorpresa. Verso le 14 gli agenti mi hanno detto che dovevo scendere, io pensavo che il direttore mi volesse parlare, invece appena sono scesa nella sala colloqui si è aperta la porta ed è entrato Franco. Franco è uno dei ragazzi della sezione maschile di cui sono innamorata. Non mi sarei mai immaginata una sorpresa simile, sentivo un tuffo al cuore. La cosa più bella è stato poterlo baciare senza problemi. Lui mi ha regalato una scatola di cioccolatini, i Baci. Non è stato il mio primo regalo di San Valentino, ma sicuramente il più bello e inaspettato. Oggi pomeriggio però lui se ne è andato ed io sono molto triste. Il mio cuore si è spezzato nuovamente ed io ho pianto molto. Ora senza di lui sto male perché mi ero innamorata. Jennifer: Io credo che San Valentino sia una festa stupenda, una delle più belle dell’anno. La volta che ho passato il più bel San Valentino è stato quando ho dato il mio primo bacio. Avevo 13 anni e anche il mio ragazzo, ero innamoratissima e lui pure. Suo fratello ostacolava il nostro amore e per questo io lo odiavo, poi però capì che ci amavamo e allora ci lasciò in pace. Lui si chiamava Bacio e con un bacio mi rubò il cuore. Jaqueline: A me questa festa non piace perché anzi che essere a casa vicina a chi amo sono qui, in carcere quindi non posso festeggiare. Questa è una festa per gli innamorati, io per ora non lo sono, ma prima o poi lo sarò. Ho un’amica che adora questo giorno perché è innamorata di un ragazzo che si chiama Francesco. Il prossimo San Valentino spero di essere anche io innamorata così potrò ricevere e fare il regalo a chi amo. Se io avessi un fidanzato gli regalerei un bell’orologio d’oro di Cartier ed io vorrei tanto ricevere una collana d’oro. Però l’amore non si compra quindi gli farei un regalo così solo se fossi sicura che mi ama davvero. Marcella: Il 14 febbraio a me piace tanto e anche quest’anno mi è piaciuto. Purtroppo però oggi mi hanno detto che dovrò stare qui altri 3 mesi così anche se sono innamorata sono molto triste. Oggi ho pianto tantissimo però quando ho parlato con Francesco mi sono sentita subito meglio. Nel primo momento che l’ho visto alla finestra il mio cuore ha cominciato a battere forte. Anche lui mi vuole bene, ma crede che io, pur essendo rumena, sia come le ragazze zingare e che lui debba pagarmi per avermi, ma l’amore non si paga, anche le mie amiche me lo dicono quindi io spero che lui prima o poi mi comprenda. Giulia: A me piace il giorno di San Valentino, Il più bello l’ho passato nel 2000, fuori col mio fidanzato Alessandro, un ragazzo italiano di Venezia lui mi aveva regalato un anello di fidanzamento e anche io a lui. Quel giorno avevamo cenato in un ristorante c poi siamo andati in discoteca tutta la notte. Ai miei genitori non avevo detto nulla perché non mi avrebbero lasciato. Allora io mi sono inventata che la polizia mi aveva portato in questura. Ora però io e Alessandro ci siamo lasciati perché lui è in carcere. Quando uscirò mi sposerò con un ragazzo del campo in cui sono abbastanza innamorata. Amara: Io vorrei tanto festeggiare San Valentino perché vorrei essere innamorata. È passato molto tempo dall’ultima volta che ho amato e sono stata amata ultimamente mi sento così vuota e triste che non riesco ad innamorarmi di nessuno e neppure credere in nessuno che possa amarmi. Non è perché sono qui, tra poco uscirò. Anche prima quando ero fuori non sentivo alcun desiderio di avere un ragazzo. A volte invidio quelli che si baciano vorrei essere al loro posto, ma nello stesso tempo temo di impegnarmi in una cosa del genere perché temo il mio futuro, non so cosa mi aspetterà e neppure so cosa voglio. (sommario)
Mohammed: Io sono andato a scuola in Marocco, ma solo alcuni anni, poi sono venuto in Europa, prima Germania, poi Francia e adesso qui, in Marocco non voglio tornare perché c’è troppa povertà, la gente sta troppo male ed io non voglio vedere gente che soffre. Tornerò in Marocco solo se riuscirò a mettere da parte abbastanza soldi per poter aprire un negozio nella mia città. Ricordo che quando sono arrivato in Italia mi hanno subito messo del fumo in mano e mi hanno detto che per lavorare mi bastava sapere tre parole "quanto?", "buono" e "ciao" perché per vendere devi sapere "quanto" fumo il cliente vuole e assicurare che è "buono", poi basta, non serve altro. Per un po’ di tempo io sapevo solo queste tre parole, poi col tempo ho imparato altro, ma non sono capace ne a leggere e ne a scrivere in italiano. Gilali: Io sono in Italia da circa 10 anni. Prima vivevo a Napoli e vendevo sigarette per strada, poi però ho dovuto smettere a causa dei continui controlli della polizia, allora ho cominciato a lavorare con mio padre ma non mi trovavo bene, quindi ho cominciato a spacciare. Qui non sono mai andato a scuola perché non mi piace, e poi non mi è mai servito per fare per il mio lavoro. Parlo molto bene italiano, ma non sono capace a leggere e scrivere… anche se so che è importante saperlo fare. Adesso che sono al Ferrante andrò a scuola e forse imparerò qualcosa. Nabil: Io sono andato a scuola per quattro mesi poi ho abbandonato perché non mi piaceva, solo al Ferrante vado a scuola: infatti, se non fossi mai entrato qui non avrei imparato a leggere e scrivere. Youseff: Io non sono mai andato a scuola in Italia anche perché è poco che vivo qui, prima ero in Spagna. Non parlo molto bene italiano e non sono neppure capace a leggere e scrivere, ma forse imparerò qui. Ho sempre viaggiato molto, sono stato anche in Germania quando avevo 15 anni ma non mi piaceva molto, lì la polizia è molto cattiva, ricordo una volta che io ed alcuni miei amici abbiamo rubato uno zaino, ci hanno presi allora ci hanno picchiati e poi ai miei amici hanno dato 1 anno e 9 mesi di galera a me invece nulla perché ho detto che avevo 12 anni. (sommario)
Natasha: Non esiste l’amore per tutta la vita. Però credo che esista l’amore a prima vista, perché qui io mi sono innamorata. Nena: Io penso che l’amore sia una cosa bellissima, ma non si può descrivere perché è troppo difficile trovare delle parole precise. E poi non dura tutta la vita perché dopo un pò finisce l’amore e resta l’affetto, insomma l’amore si traduce in amicizia. L’amore vero io non l’ho mai provato quindi non saprei descrivere come ci si sente quando si è innamorati. Però se dovesse mai succedere me ne accorgerei. Ho provato un colpo di fulmine. Sonia: Io penso che l’amore nasca sull’amicizia. Più conosci una persona e più la ami. Io era innamorata di Claudio, la nostra storia è andata avanti un anno, ogni volta che gli scrivevo mia madre si arrabbiava. Ero veramente innamorata di lui. Poi lui è uscito dal Ferrante, è venuto al cancello, ci siamo salutati ed entrambi piangevamo. Lui alla fine è andato in comunità e così si è trovato un’altra. Io l’ho saputo quando sono uscita e ho pianto tanto per lui. Ancora adesso spesso lo penso. Violetta: Io credo tantissimo all’amore perché amo Reginaldo. Dal primo momento che l’ho visto ho provato qualcosa per lui e ora non riesco a non pensare a lui. Lo amo ogni giorno di più. Alessandra: Io credo nell’amore a prima vista perché la prima volta che sono uscita con un ragazzo mi sono innamorata. È stato amore a prima vista, ma ora non stiamo più insieme. Nena: Io spero di innamorarmi al più presto, così potrò dare una descrizione vera dell’amore. Alessandra: Io non vedo l’ora di fare l’amore con il mio ragazzo, appena esco di qui voglio stare con lui tutto il giorno. Violetta: Spero che con Reginaldo io possa costruire qualcosa di serio, che ci sia amore vero per la vita, perché io voglio fare una famiglia con lui. Sonia: L’amore secondo me non è bello perché fa soffrire. Natasha: Sono entrata al Ferrante e mi sono accorta di essere innamorata di un ragazzo per me importante. Anche se non posso stare con lui , lo penso spesso. Per me l’amore è una delle cose più importanti della vita perché ti fa sentire sempre bene, sulle nuvole. Stella: Non credo all’amore a prima vista perché non ci si conosce ancora. Penso che nella vita ci si possa innamorare una sola volta e che quella volta sia la più bella e l’unica in cui si ama davvero. L’amore a prima vista non è amore è solo attrazione fisica perché non conoscendo una persona di carattere ci attrae l’aspetto esteriore. Senada: Ho saputo cosa significa l’amore perduto in questo momento. Il primo amore non si può dimenticare mai, fino alla morte. Anche se sono sposata penso sempre a lui. Quando vado a dormire lo sogno spesso anche se dormo accanto al mio secondo marito, Per rivederlo ancora una volta, darei la vita; ma ho dovuto lasciarlo perché era tossicodipendente. Un giorno o l’altro, spero presto, tornerò da lui e sarà per la vita e non mi importerà più se fa ancora uso di droghe. (sommario)
La sezione femminile del Ferrante Aporti La sezione femminile del Ferrante Aporti è composta da tre piani. Al primo piano ci sono: la sala colloqui, la stanza della scuola e la stanza per l’attività di batik e ceramica. Al secondo piano c’è il refettorio con il bagno e la cucina. Al terzo piano ci sono le nostre stanze che sono tre; due di queste sono comunicanti: in mezzo c’è il bagno, dal bagno si accede alle due camere. Secondo me questa cosa non dovrebbe esserci perché siamo molte non facciamo in tempo a lavarci: dobbiamo fare la fila. La terza camera, che ha solo tre letti, ha un bagno enorme. Oltre alle stanze, c’è l’ufficio degli agenti che è più piccolo di uno sgabuzzino. Riguardo alle nostre giornate: ci alziamo alle 8 e facciamo pulizia, facciamo colazione, poi ci prepariamo e dobbiamo essere pronte per le 9 e scendere a scuola oppure al batik. Infatti siamo divise in due gruppi a seconda di cosa decidere di fare. Alle 11 abbiamo intervallo, dove tutte noi ci incontriamo e mangiamo la pizza, poi ci separiamo e torniamo alle attività fino alle 12. Poi ci chiudono nelle celle fino alle 13.30; quando riaprono le porte pranziamo, dopo mangiato restiamo o in stanza in refettorio fino a che non arrivano gli operatori delle attività alle 17.30. Rimangono fino alle 19 dopo le attività ricreative del pomeriggio, ci richiudono fino alle 20, quando ceniamo. Dopo cena stiamo tutte insieme fino alle 21 parlando, ballando o giocando. Il sabato sera e la domenica, invece, dormiamo di più, al mattino, fino alle 9.30; c’è solo l’attività del pomeriggio e abbiamo i colloqui o il sabato o la domenica, al Ferrante Aporti cambiano spesso il giorno dei colloqui. Le varie attività e la scuola ci aiutano molto a migliorare il nostro italiano e a imparare a scrivere, a leggere e tante altre cose che ci servono per il nostro futuro. Anche io ho imparato tante cose al Ferrante Aporti soprattutto a scrivere e a leggere e a fare batik. (sommario)
Tutte le figure che lavorano al Ferrante Aporti, educatori, agenti, insegnanti, psicologi, assistenti sociali e operatori si sono incontrati per un lungo periodo per decidere circa le sorti dell’Istituto e i rapporti psicologi, assistenti sociali e operatori si sono li hanno messi in gioco facendoli "meditare" sui loro ruoli e sul loro lavoro. A tale proposito abbiamo chiesto ai ragazzi cosa ne pensano dell’Istituto e cosa cambierebbero se potessero.
Se potessi, cosa cambieresti del Ferrante Aporti (il parere dei ragazzi)? Karim: Prima di tutto vorrei che ci fosse più pulizia, a volte andiamo a fare attività in alcune sale molto sporche, poi mi piacerebbe che il cibo fosse un pò diverso, non so magari qualche volta potrebbero cucinare dei piatti arabi. Ameur: Vorrei che, come negli altri IPM, ci lasciassero comprare la Coca Cola, inoltre ha ragione Karim, la sezione dovrebbe essere più pulita. Sarebbe meglio anche avere regole più serie e meno flessibili. Kalid: Soprattutto queste regole dovrebbero essere uguali per tutti. Vorrei anche che gli educatori fossero più presenti e disponibili, e che ci facessero vedere film che a noi piacciono, invece sono sempre loro che scelgono senza chiedere i nostri pareri. Namir: Sarebbe bello avere attività anche durante i week-end, invece dobbiamo restare in cella, inoltre gli educatori non ci sono mai la domenica. Se abbiamo bisogno di qualcosa dobbiamo chiedere agli agenti che non sono educatori, però spesso è più facile parlare con loro che con i nostri educatori, io quando ho bisogno di parlare con qualcuno parlo con gli agenti. Tutti: È vero, alcuni agenti sono davvero degli amici per noi, a volte sono un pò come dei genitori, quando abbiamo dei problemi o la testa un pò matta, parliamo con loro. Ad alcuni agenti non importa nulla di noi, a volte ci insultano senza motivo e se rispondiamo, siamo noi ad avere la peggio, con l’isolamento. Con gli educatori purtroppo non abbiamo il rapporto che vorremmo, sono poche le persone disposte ad ascoltarci veramente. Anche il direttore non sempre è disponibile, forse perché ha tanto da fare, ma a noi piacerebbe parlare con lui, spiegare i nostri problemi e quello che ci interessa, invece non lo vediamo quasi mai. Vorremmo anche sapere perché una volta ci davano 70.000 lire a settimana e adesso solo 45.000… Che fine hanno fatto gli altri soldi? Namir e Ameur: Se fossimo noi il direttore lasceremmo anche fare i colloqui con le ragazze, spesso facciamo la domandina per parlare con loro, ma il permesso non ci viene mai dato. Karim: Un’altra cosa che farei io se fossi il direttore sarebbe mettere un’insegnante di italiano e informatica anche al trattamento. Noi impariamo un mestiere, però non ha senso essere bravi meccanici o pizzaioli se poi non sappiamo la lingua del paese in cui viviamo.
Se potessi, cosa cambieresti del Ferrante Aporti (il parere delle ragazze)? Stella: Vorremmo più incontri con i ragazzi per stringere amicizia così si potrebbero evitare storie d’amore strane e insignificanti attraverso alla finestra. Sarebbe bello anche fare le attività insieme, insomma non vogliamo incontrarci solo nelle feste organizzate dai volontari, ma semplicemente per stare un pò insieme. Nena: Vorrei anche delle attività più utili come cucito, ginnastica (vorremmo una palestra con i pesi per fare body building come nel carcere di Roma), estetica, parrucchiera e pallavolo. A noi piacerebbe anche poter cucinare da sole una volta la settimana, così potremmo cucinare quello che ci piace di più. Alessandra: Io vorrei anche che ci fosse una parrucchiera come una volta così potrebbe acconciarci i capelli o insegnarci a fare la piega. Natasha: Io vorrei anche un insegnante di italiano per il pomeriggio, la mattina facciamo laboratori molto interessanti, però sarebbe utile per noi poter studiare così potremmo imparare a leggere e scrivere bene, alcune dì noi non sono capaci ne di leggere ne di scrivere. Inoltre sarebbe utile poter usufruire maggiormente della biblioteca. E poi gli educatori dovrebbero stare più con noi per parlare, giocare, magari anche mangiare insieme. A noi piacerebbe anche organizzare pranzi e cene con gli operatori delle attività o con i volontari. Laura: Io vorrei anche migliorare l’ora d’aria: mettere un’altalena, avere un campo più pulito anche se sappiamo che questo dipende da noi, siamo noi che dobbiamo stare attente a non gettare i rifiuti a terra. Sarebbe utile poter costruire con le nostre mani gli spazi che usiamo, così li sentiremo più nostri e li rispetteremo di più. Jessica: Io aggiungerei anche degli armadietti nelle stanze e le abbellirei un pò, ridipingendo le pareti mettendo le tende, insomma rendendo gli ambienti più accoglienti nostri. Perché se le cose le facciamo noi sicuramente le cureremo di più. Nena: Io vorrei anche un bagno in più, un solo bagno non è sufficiente per tutte. Stella: C’è anche il problema delle attività, sarebbe bene riservare uno spazio a ogni attività, non ha senso fare teatro in uno spazio strettissimo e dover usare sempre lo stesso ambiente per ogni attività. Purtroppo gli spazi sono vengono dati anche perché il nostro è un gruppo disomogeneo e ci sono tante che non fanno le attività. Ci dovrebbero allora essere 2 agenti, ma spesso non ci sono e allora nessuno può cambiare ambiente per fare le attività. Tutti brontolano che non abbiamo spazi, però non vogliono alcun obbligo, io darei rapporto a chi non fa l’attività, perché non è giusto che per una tutte debbano provare disagio nell’eseguire le iniziative. Laura: Sì, però una volta quando c’era l’obbligo di attività la gente non aderiva a nessuna iniziativa per presa di posizione. (sommario)
Mario: Io li detesto, sono peggio degli animali, darei loro 50 anni di galera a Napoli (perché è la prigione più dura d’Italia) li farei mettere insieme agli altri carcerati in particolare con quelli omosessuali… e che ci pensino loro a fargli scontare la pena. Reginaldo: Io li torturerei per farli soffrire come loro fanno soffrire i bambini che violentano, attaccherei i fili elettrici ai loro genitali e poi farei passare la corrente ad alta intensità. Kamal: Io darei l’ergastolo a queste persone e li torturerei ogni giorno. Youssef: Consegnerei il pedofilo al padre del bambino e farei decidere la pena a lui. Kamal: In Marocco i pedofili non ci sono. Zabir: Io penso che dovrebbero essere seguiti da psicologi, dottori e psichiatri perché sono dei malati molto pericolosi. Karim: Se io fossi il giudice darei l’ergastolo e i lavori forzati a vita. Namir: Lo metterei in isolamento a vita senza neppure una lametta per radersi e dandogli da mangiare solo pane e acqua. Natale: Io li metterei a morire in una vasca piena di pirana. Cicci: Gli taglierei gli arti così non potrebbero più fare male a nessuno. (sommario)
Jaqueline: Io credo all’amore in carcere perché mia cugina qui si è innamorata di un ragazzo. È la prima volta che succede una cosa del genere, prima non pensavo potesse nascere un amore per finestra. Jennifer: Sembra impossibile perché è importante stare vicini per amarsi perché bisogna conoscersi. Natasha: Io mi sono innamorata qui, so che è difficile conoscersi, ma credo che non sia impossibile. Se poi quando esco scopro che lui è violento o mi ha detto solo bugie lo lascio. Jaqueline: Tutti gli uomini zingari picchiano le loro mogli e spesso queste li lasciano proprio a causa di questo. Soprattutto quando vai a rubare e non porti nulla a casa ti ammazzano di botte. Beate le mogli che hanno mariti che non le picchiano perché questi sono veri uomini. Natasha: Solo gli uomini vigliacchi picchiano le donne, quando ero sposata mio marito solo perché per 3 giorni non avevo portato a casa nulla mi ha picchiato fino a mandarmi in ospedale. Jennifer: Se io avessi un marito che mi picchia lo picchierei io, piuttosto preferisco restare zitella che essere menata ogni giorno. Marcella: È per questo motivo che io vorrei sposarmi un ragazzo italiano così non avrei questo problema; gli italiani che picchiano sono pochi. Natasha: Non è sempre così però, una volta sono andata a rubare a casa di uno e lui mi ha buttata giù dalla finestra, era solo il primo piano però io mi sono rotta un braccio e la testa. Jennifer: È vero sono molti anche gli italiani che picchiano… una volta io sono entrata in una casa e c’era un ragazzo che picchiava la moglie io allora mi sono spaventata e sono uscita. Jaqueline: Sì, ma gli zingari che picchiano sono di più, è normale per loro, fa parte della nostra cultura anche se è sbagliato, invece se un italiano picchia la moglie o un’altra donna lei può denunciarlo. (sommario)
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