Il Panneggio

 

Il Panneggio

Giornale delle sezioni femminili del carcere di Sollicciano

(Anno 1, numero 1, aprile-giugno 2007)

 

 

Lettera aperta di un gruppo di ragazze delle sezioni femminili

Associazione Pantagruel onlus

Panneggiare o non panneggiare?!

Io non panneggio

Il panneggio: medicina per la solitudine

Dal Libro “Hotel Sollicciano”

Altri scritti sul panneggio

Lettera aperta di un gruppo di ragazze delle

sezioni femminili di Sollicciano alla città di Firenze

 

Ai cittadini di Firenze, ai nostri lettori

 

Care amiche e cari amici, vi scriviamo questa lettera aperta chiedendovi di darci una risposta che speriamo positiva. Ci rivolgiamo alle associazioni che operano nei settori sociali e culturali, ma anche alle istituzioni della città, alle università, alle scuole superiori e alle singole persone.

Come vedete, dopo alcuni mesi, inizia a vivere un periodico delle sezioni femminili del carcere di Sollicciano che vuol coinvolgere l’intero carcere ma soprattutto desidera creare rapporti e scambi con tutta la città di Firenze.

Il nostro giornale ha un titolo particolare: “Il panneggio”, che è un tipico modo per comunicare tra detenute e detenuti, che spieghiamo nelle prossime pagine. Ma perché creare un giornale dentro il carcere? A cosa servono i tanti periodici che vengono scritti da detenute e detenuti?

Quando iniziammo a pensare nelle sezioni femminili ad uno strumento di comunicazione di questo tipo ci mettemmo intorno ad alcuni banchi della scuola, vari mesi fa, eravamo in cinque ed ecco le nostre risposte a queste domande:

“A tener contatti con il fuori e per farci conoscere”, “Scrivere è praticamente e forse tristemente l’unico mezzo di comunicazione diretta dal mio mondo con il mondo. Secondo me scrivere un giornale allarga il pensiero”, “Per comunicare alle persone i bisogni che noi detenute abbiamo”, “A far conoscere un po’ a tutti le problematiche e la realtà delle detenute”, “Scrivere in un carcere significa non far cadere le idee nel vuoto, cercare di stimolare i centri nervosi per renderli operativi, far sì che l’esterno abbia una considerazione diversa di noi”.

Questi sono gli scopi del nostro periodico e questo è il lavoro che faremo noi come redazione interna: vogliamo continuare a pensare, allargare il nostro pensiero, essere noi stesse e comunicare con l’esterno, far conoscere i nostri bisogni, i nostri problemi, la nostra realtà, perché la società che ci circonda abbia una considerazione diversa verso di noi.

Se ce la faremo molto dipenderà anche dalle risposte che ci arriveranno, dalle lettere e dalle mail che ci spedirete. Anche poche frasi, anche un suggerimento, una critica, una domanda…

Speriamo che sarete in tante e in tanti a farvi vive/i!

Associazione Pantagruel onlus

 

Chi siamo

La nostra associazione di volontariato Pantagruel si interessa da anni all’informazione e ai giornali del carcere, ha pubblicato dal 1985 “Liberarsi dalla necessità del carcere” che prosegue ora in forma newsletter tramite l’invio a oltre 7000 indirizzi di posta elettronica; ha iniziato il progetto del giornale della Casa Penale di Massa “II Ponte” nel 1995, che dopo due anni è uscito come periodico del Coordinamento dei gruppi di volontariato operanti nel carcere di Massa; ha organizzato nel 1999 e nel 2001 a Firenze due incontri nazionali su “Informazione e giornali del carcere”. Ha svolto e sta svolgendo un ruolo di coordinamento tra le numerose esperienze esistenti nelle carceri toscane attraverso il progetto Informacarcere che è stato uno dei progetti vincitori dei percorsi d’innovazione del Cesvot 2004.

 

Perché un giornale del carcere?

Quello del comunicare con l’esterno è uno dei bisogni primari dei detenuti e delle detenute, e quella di avere un proprio periodico è una richiesta che viene spesso espressa ai volontari per poter far conoscere le proprie necessità, le proprie idee e le proprie storie di vita, per facilitare, anche attraverso questo strumento, percorsi di reinserimento sociale.

 

Perché un giornale a Sollicciano?

Perché è la struttura più importante della Toscana con circa 700 detenuti con tutte le difficoltà tipiche della vita in carcere in questo periodo storico: sovraffollamento, scarsa visibilità, non attuazione della legge, la forte presenza di detenuti extracomunitari e un suo periodico permetterebbe di comprendere meglio una realtà complessa, poco conosciuta e spesso dimenticata.

Il giornale parte da una redazione interna alle sezioni femminili costituita da alcune donne e da qualche volontario/a della nostra associazione ma dovrà coinvolgere anche i detenuti del maschile e tutte le associazioni che intervengono con specifici progetti di Sollicciano.

 

Il giornale del carcere e della città

L’altro elemento che rende importante questo periodico è che deve coinvolgere la città di Firenze, che in questi anni non è stata capace di appoggiare la creazione di un simile strumento che invece esiste in 8 altre realtà della Toscana, pur avendo avuto Firenze un particolare ruolo culturale sulla riforma penitenziaria e su un diverso approccio della pena e dell’esecuzione della pena. Si pensi a personalità come Mario Gozzini, Gianpaolo Meucci, Giovanni Michelucci, Ernesto Calducci.

Il giornale coinvolgerà associazioni di donne che operano nei settori culturali e sociali, ma non rinchiudendosi in questa specificità di genere, permetterà l’instaurarsi di rapporti validi con gli enti locali e con le pari opportunità partendo dalla Regione Toscana. Non di minore rilievo saranno i collegamenti con alcune docenti universitarie e anche con associazioni di studenti universitari e delle medie superiori.

 

Perché intitolato “Il panneggio”?

Il titolo del giornale nasce da una discussione con alcune ragazze di Sollicciano su questo modo particolare di comunicazione che avviene tra detenute e detenuti di questo carcere che si “parlano” attraverso i panni che vengono sventolati dai terrazzini delle celle. È un linguaggio che è però chiuso dentro il carcere. “II panneggio” vuole invece essere strumento di comunicazione che supera le mura dell’istituzione totale per farsi conoscere all’esterno, e per stimolare risposte delle realtà civili e sociali circostanti.

 

Alcuni dati operativi

Accanto alla redazione interna è importante creare una redazione esterna a cui partecipino volontari e detenuti/e che sono in semilibertà, o persone che sono in affidamento al servizio sociale o che abbiano terminato la pena e che vogliano ancora interessarsi a far conoscere la realtà del carcere.

Inoltre nel progetto è prevista che una ragazza possa uscire dal carcere in affidamento al servizio sociale a progetto per svolgere il compito di segretaria di redazione. La segretaria di redazione dovrà curare anche la distribuzione del giornale e organizzare momenti specifici in cui il periodico verrà presentato in varie realtà della provincia di Firenze.

 

Il giornale come uno degli strumenti per l’informazione e la crescita culturale

Questo progetto ha nel giornale il punto di partenza e centrale senza però voler chiudere ad ulteriori forme di informazione (collocare parti del giornale in siti internet già esistenti, collegare il giornale ad una emittente radiofonica della zona, affiancare alla pubblicazione periodica quaderni che facciano conoscere raccolte di poesie, di racconti, di storie di vita, eccetera).

È auspicabile inserire nel giornale una rubrica su libri di attualità e invitare gli autori in carcere, cercando in questo modo di dare un impulso positivo alle biblioteche esistenti: una nelle sezioni femminili e una nelle sezioni maschili. Da “II panneggio” potrebbero quindi svilupparsi altre forme di informazione e soprattutto dovrebbe maturare una crescita culturale.

 

Periodo di svolgimento e calendari

Già alcuni volontari della Pantagruel operano all’interno del carcere e nelle sezioni femminili di Sollicciano e stanno portando avanti altri progetti che coinvolgono le ragazze detenute: “La poesia delle bambole” e “Informacarcere” e già si è costituito un primo gruppo di detenute interessate al progetto “II panneggio”. Il periodico uscirà inizialmente ogni tre mesi e successivamente partiranno alcune iniziative collegate interne al carcere: incontri con scrittrici e poetesse e con personalità della cultura e del mondo dello spettacolo, da cui dovrebbero scaturire le rubriche sui libri e su un’intervista particolarmente importante; incontri con altre associazioni della città e con classi di studenti delle scuole superiori. Nello stesso tempo saranno organizzate iniziative all’esterno del carcere con presentazioni pubbliche.

 

Un appello particolare

Stiamo costruendo la redazione esterna e chiediamo quindi a tutte le persone interessate a darci una mano di farsi vivi contattandoci per collaborare fin dall’inizio a questo strumento che riteniamo importante ma che esce con questo primo numero in forma ancora approssimativa da sviluppare e migliorare.

Panneggiare o non panneggiare?!

 

Il panneggio che impegno!

 

di Mary

 

Per farvi capire il titolo del giornale ho voluto provare anch’io. All’inizio mi è stato molto difficile imparare, poi, come si vuol dire, ho preso il via ed ora lo trovo molto divertente e curioso. Sapete, è una cosa ignota, non sai chi c’è dietro a quelle sbarre che muove il panno ed è allora che ti incuriosisce ancora di più! Sì! Il panno si muove e ti dice “io mi chiamo…” e tu rispondi con altrettanti movimenti quante sono le sillabe del tuo nome, ed ecco che “si fa per dire” ci conosciamo.

Poi via via che passano i giorni diventa quasi un impegno, però divertente. A volte trovi persone che ti ascoltano e ti fanno coraggio, ti dicono di star calma e serena che arriverà il momento anche per te e uscirai anche tu da qui. Anche se vedi solo il panno che dice queste cose, sai che al di là di un pezzo di stoffa c’è qualcuno che come te è dentro a questo stabile, a queste quattro mura, che sta soffrendo come te o che ha già sofferto abbastanza per poterti dar forza per andare avanti. È così che è capitato a me, ho trovato una persona molto gentile che mi sa ascoltare e mi dà anche consigli per quel che può e credetemi è una cosa molto bella.

Oltre al panno la sera quando fa buio ci diamo la buonanotte con l’accendino, a rischio di farsi venire le vesciche ai diti “come è successo a me la prima volta che l’ho fatto”. In fondo il risultato del panno è che diventa un amico, almeno per me è così; per altre addirittura un amore, comunque sia è sempre un sentimento bellissimo. Ecco questo è il panneggio di Sollicciano. Che ne dite? Non è bello?

Io non panneggio

 

di Maria Cristiane

 

Per prima cosa perché ho un marito fuori e credo di doverlo rispettare, al di là di quello che possa fare lui “occhio non vede, cuore non duole”, però se io panneggiassi non mi sentirei bene con me stessa. Dal mio punto di vista, osservando vedo che alcune mie compagne lo prendono come un passatempo che le fa star meglio in quel momento, altre invece da un rapporto di amicizia finiscono ad essere coinvolte in un amore cieco “e a questo io non credo!”.

Io preferisco condividere quelli che sono i miei problemi con qualcuno che posso guardare negli occhi, è un fatto di fiducia e contatto. Sedersi accanto ad una compagna e ascoltarla e farmi ascoltare per me non ha confronti con il panneggiare. Sempre che ci sia qualcuna che ti ascolti, visto il contesto dove mi trovo e dove ognuna di noi ha un suo carico più o meno pesante e a volte capita che tu ascolti e sostieni ma non vieni ascoltata e sostenuta; la forza, la volontà devono partire prima da me e andare avanti. È già difficile fidarsi di qualcuna con cui passi delle ore insieme… per me la parola amicizia ha un valore e non va buttata via.

Il panneggio: medicina per la solitudine

 

di Laura

 

È noto a tutti che in tante carceri italiane esista un forte abuso di farmaci, ovviamente questo avviene anche qui a Sollicciano. Non ho idea di quale possa essere il motivo che spinga i medici a volerci imbottire di farmaci, comunque quando la psichiatra che mi segue mi ha proposto di prendere degli antidepressivi stabilizzatori dell’umore, ho rifiutato pensando che sarei sicuramente riuscita a trovare un’alternativa che potesse aiutarmi a superare i momenti ti sconforto.

Poco tempo fa, mentre ero seduta nel terrazzino della mia cella che mi rodevo il fegato per la situazione di oppressione e sconforto che stavo vivendo in carcere, il mio viso coperto di lacrime si è voltato verso il reparto maschile, in quel momento ho notato dei panni bianchi che sbattevano e giravano e dal momento che questo svolazzamento andava per le lunghe ho pensato all’improbabilità del fatto che qualcuno volesse scrollarli dalla polvere.

La cosa mi aveva incuriosita e chiesi ad una mia compagna cosa stavano facendo i maschietti con quei panni bianchi. Il quesito fu presto chiarito: era un modo molto semplice per comunicare con noi. A quel punto, dal momento che la cosa sembrava simpatica, chiesi alla mia compagna di insegnarmi la tecnica del panneggio. Circa cinque minuti mi ritrovai a far girare e a far svolazzare il mio panno alla ricerca di qualcuno col quale chiacchierare un po’. Numerose erano le persone che rispondevano ai miei segnali. Potrà sembrare sciocco ma aver qualcuno disposto ad ascoltarti in qualunque ora del giorno è per me un grande aiuto, come lo è per tante altre ragazze.

Anche se non conosco personalmente il mio interlocutore, riesco a percepire il suo altruismo e la sua dolcezza. Ogni giorno riesce a somministrarmi delle pillole di coraggio e allegria senza chiedere nulla in cambio, e credo che questo sia molto meglio di una seduta psichiatrica o di un antidepressivo. Una cosa è certa: lo Stato con me risparmia in medicinali e io a mia volta guadagno in salute!!!

Dal Libro “Hotel Sollicciano”

 

di Roberto Giannoni, dal suo libro

“Hotel Sollicciano, 12 mesi in una Suite dello Stato a mezza pensione”

Edizioni Falossi, 2000

 

“I primi giorni di carcerazione passavo molte ore appoggiato alle sbarre del terrazzino, e notavo nell’altro semicerchio dove era il femminile sventolare delle bandiere. Dopo ho capito che erano stracci ricavati dagli asciugamani o delle lenzuola. Spesso questo sventolio era accompagnato da alcune voci… Una mattina ho scoperto che, appiccicato alla parete del terrazzino, vi era come un volantino con delle istruzioni. Ad ogni lettera corrispondeva un numero, che erano i corrispondenti sventolii degli stracci, per esempio:

A = 1 sventolata

B = 2 sventolate

C = 3 sventolate

E così via, vi erano come dei disegni ai quali corrispondeva una frase, per esempio girare lo straccio significava cancellare quanto detto prima. Un giorno ho chiesto al compagno di cella cosa fosse e lui mi ha detto: “Vedi tutto questo sventolio, seguendo le istruzioni è come i segnali delle bandiere sulle navi, in pratica un alfabeto. Così qui, dal settore maschile, si trasmette al settore femminile e viceversa”. Era un comunicare con tutto il carcere in tempo reale; passare o ricevere notizie di qualsiasi genere. Questo permetteva uno scambio di frasi ed è così che un detenuto conosceva la compagna, si faceva una fidanzata. Alcuni vi passavano delle intere giornate.

Coloro che erano “fidanzati” mettevano fisso alla sbarra uno straccio del solito colore dell’altro per riconoscersi subito in modo da far capire agli altri che erano “impegnati” per non essere disturbati. In questo tipo di fidanzamento vi erano anche molte gelosie. Quando una lasciava l’amico e si metteva con un altro la voce correva. Ed ecco che, durante l’aria, il fidanzato abbandonato mandava “messaggi” al rivale con promessa anche di eventuali punizioni… Era proibito tradirsi, la vendetta era pressoché immediata. Dopo questo scambio di messaggi seguiva anche uno scambio di lettere e fotografie…”.

Altri scritti sul panneggio

 

di Giuseppe Musumeci

ex detenuto nel carcere di Pisa

 

Mi trovavo nel carcere di Sollicciano, come è noto è stato costruito in forma tipo Colosseo di Roma, tutto in cemento e sbarre, l’unica novità che lo distingue dagli altri carcere è che vi è un balconcino che dà all’interno del carcere e naturalmente con una buona vista si può osservare e vedere le persone che sono dall’altra parte del carcere, anche loro se si affacciano ai balconcini; per l’appunto dalla parte dove ero ubicato diverse sezioni erano di fronte alla sezione femminile. Ero appena arrivato in cella, ero appoggiato per il processo che doveva svolgersi alla Corte d’Appello di Firenze. Avevo visto dalle celle femminili, che vi erano dei drappi di vario colore, mi spiegavano che ogni colore corrispondeva ad una intenzione della donna detenuta in quella cella.

Straccio rosso: la ragazza era impegnata e corrispondeva solo con il ragazzo detenuto (fidanzati, mariti e moglie, conviventi). Straccio bianco: la ragazza era disponibile a conoscere ragazzi detenuti. Colore nero: la ragazza voleva stare tranquilla e non corrispondere con nessuno.

 

 

Precedente Home Su Successiva