Giornalismo dal carcere

 

La Fragola, giornale on-line dal carcere di Palermo

La Fragola, giornale on-line dell’Ipssar "Borsellino" Sez. Pagliarelli

 

Racconti

Il Perdono, di Alfredo Candela

Il Minculpop, di Simone Scalici

Sperando la pace, di Lulzim Tafili

Le due facce della medaglia, di Mohammed Battach

Palermo città d'amare, di Rocco Giacchi

Può durare un amore per l'eternità?, di Lulzim Tafili

Le ali della libertà, di Lulzim Tafili

Vincitori e vinti, di Mario Francesco Di Stefano

Bookcrossing, a cura della classe 2 V

La bottiglia, di Giuseppe Arnone

L'onore della Patria, di Saverio Lovison

Il giradischi, di Alì Samlal

Miriam, di Giuseppe Strazzanti

Cara scuola, di Marcello Patricola

Poesie

Baciami, di Giuseppe Arnone

Carcerazione, di Domenico Spitaleri

Io lascerò, di Mohammed Battach

Me stesso, di Lulzim Tafili

Il Perdono, di Alfredo Candela

 

Sono un detenuto del carcere di Pagliarelli (Pa) e frequento l'Istituto Alberghiero qui in carcere. Avrei preferito fare una presentazione diversa della mia persona, ma questa è la realtà e certo per me non è un vanto dichiarare di essere un recluso, ma come scrivevo sopra questa è la realtà e gli eventi non si possono cambiare.
Nella realtà carceraria in cui vivo, in questi giorni sta succedendo qualche cosa di singolare, ci viene offerta la possibilità di discutere in classe con i nostri professori di svariati argomenti e di metterli per iscritto e inserirli in una rubrica su un sito internet. Voglio ringraziare la Direttrice e i professori per questa iniziativa che per tutti noi assume un gran significato, anche per sopportare meglio la quotidianità. Personalmente ritengo questa iniziativa una manna caduta dal cielo, poter scrivere è stata sempre la mia passione anche se non so scrivere correttamente, ma cerco di impegnarmi al massimo. Scrivere da dietro le sbarre per me assume un forte significato morale, significa poter evadere con la mente, sognare ad occhi aperti, giocare con la fantasia, escludersi per un attimo da questa realtà che è il carcere. Scrivere mi fa guardare al futuro con serenità. In queste sere sto leggendo un libricino della Selezione Reader's Digest e sto leggendo un articolo di uno scrittore, Doris Donnelly, che ha per titolo "il perdono". Questo testo mi sta facendo riflettere tantissimo perché è una cosa a cui prima non avevo mai pensato. Questo signore che ha scritto questo articolo che più avanti sintetizzerò, mi sta facendo cambiare profondamente. Io sconoscevo la parola "perdono", che quasi mai è stata pronunciata dalla mia bocca. Mi piacerebbe che questa parola venisse usata molto più spesso, a cominciare dai potenti della Terra sino ai più umili.
Io personalmente voglio chiedere perdono alla mia famiglia, a mia madre, ai miei fratelli, a mia moglie e soprattutto alle mie due figlie. Perdono per non essere a casa con loro, per non averle viste nascere. Non le sto vedendo crescere e invece avrei voluto esserci, sentire il piacere di essere papà, sentire i primi pianti, i primi sorrisi, pulire le prime pappine rovesciate addosso, essere presente al primo giorno all'asilo, alle coccole, al primo compleanno. Ma a niente di tutto questo ho potuto assistere. Perdonatemi, chiedo perdono a mia moglie per non essere stato con lei nei momenti difficili, chiedo perdono a mia madre che non vedo invecchiare con serenità, chiedo perdono a mio padre che è morto chiedendo di me mentre io non ero accanto a lui, ero in una cella in prigione. Voglio trascrivere quello che sto leggendo in queste sere, le parole di Doris Donnelly sul perdono, con la speranza che vengano pubblicate e che voi le leggiate. Il mio è un grido di dolore che porto dentro da cinque anni e che non riuscivo a tirar fuori finché non ho letto questo articolo.

Considerazioni su "Il Perdono" di Doris Donnelly

Il più delle volte non è un gesto spontaneo e costa caro al nostro amor proprio ferito. Ma il senso di libertà che ne deriva è incommensurabile. Il poeta inglese del Settecento Alexander Pope doveva sapere quanto poco comune fosse il perdono, se scrisse: "errare è umano, perdonare è divino".
Se è divino, è una virtù delle persone pie che siamo tutti chiamati ad imitare per il bene nostro ed altrui. Quando qualcuno ci offende per leggerezza, disprezzo o deliberata crudeltà, possiamo tentare di vendicarci o fingere che l?offesa non esista, oppure possiamo fare qualcosa di assurdo, illogico e divino: perdonare.
L'equivoco più diffuso, a proposito del perdono, è perdonare equivalga a dimenticare. Il più delle volte non dimentichiamo affatto. Di solito passa un po' di tempo tra il momento dell'offesa e quello in cui la fiducia e l'amore possono rimettere radici nel nostro cuore. Il perdono rientra in un processo che comincia con l'offesa e ha come obiettivo finale la riconciliazione. Si realizza solo quando acquistiamo coscienza delle cause profonde della nostra collera, e possiamo quindi perdonare di tutto cuore e assicurare una pace duratura.
Troppo spesso non ci sfiora nemmeno l'idea del perdono. Passiamo dall'offesa ricevuta ad una apparente riconciliazione senza analizzare che cosa deve essere perdonato prima che la ferita si rimargini. Cerchiamo di superare, con eccessiva rapidità, la parte difficile perché fin da bambini ci hanno insegnato troppo spesso a tener duro, a fingere che la crudeltà altrui, voluta o casuale, non ci tocchi minimamente.
Il perdono non è qualcosa da concedere affrettatamente. Dobbiamo avere e dare il tempo di valutare le nostre offese, le nostre ferite, di dar sfogo alle nostre emozioni. Solo allora cominceremo a liberarci davvero dall'odio.

Immigrazione e petrolio, di Mohammed Battach


A volte nascere in un paese ricco non vuol dire essere fortunati. Anzi la ricchezza può trasformarsi in guerra e distruzione. In tempi non lontani, l'Iraq era un paese a forte immigrazione. Accoglieva persone da tutto il globo: africani, asiatici e persino occidentali in cerca di occupazione. Adesso questo paese è ritornato cent'anni indietro e la sua popolazione è diventata oggetto di emigrazione. Spesso la televisione ci mostra l'arrivo della popolazione irachena sulle coste del Mediterraneo.
Mi è venuto spontaneamente da chiedere: "Ma questi signori governanti europei non sanno che lo spostamento di massa di un popolo da un continente all'altro è anche frutto di una politica imperialista sostenitrice delle guerre e dell'oppressione dei popoli?" è facile scaricare il problema sugli scafisti, come spesso sento dire da qualche politico. La verità è che l'invasione di migliaia di disperati che ogni giorno tentano di sbarcare sulle coste del Mediterraneo è dovuta ai tanti conflitti in atto nei paesi vicini del Vecchio Continente che diventa così un luogo sicuro in cui rifugiarsi. Perché allora questi signori non fanno nulla per fermare le guerre e lavorare per la pace invece di schierarsi con Bush o Blair, unici beneficiari del petrolio di quei paesi?

Il Minculpop, di Simone Scalici


Giovedì 12 Dicembre 2002 ho letto sul "Giornale di Sicilia" un articolo sulla scuola con il seguente titolo: "Scuola. Sui libri di storia vigilerà il ministero". L'articolo parla dell'approvazione da parte della maggioranza, di una risoluzione che impegna il Governo a controllare che "L'insegnamento si svolge secondo criteri oggettivi". L'opposizione ribatte che una cosa del genere in Italia è accaduta solo in epoca fascista, quando si istituì un apposito organo di controllo il "Minculpop", (più che come organo di censura, io penso che serviva a proibire a tutti gli studiosi di storia, ed intellettuali in generale di potere esprimere un pensiero, o peggio ancora di poter pensare con menti proprie) che servì solo ad oscurare diabolicamente alla popolazione dell'epoca tutte le nefandezze del regime fascista. Venerdì 13 Dicembre ho notato che il tema veniva ripresentato sul "Giornale di Sicilia", evidenziando le reazioni dei diversi rappresentanti dei partiti della maggioranza e dell'opposizione. Mi ha colpito positivamente il titolo dell'articolo, dal quale desumo che sembra prevalere il buon senso e che il Governo nega l'intenzione di controllare i libri di testo. Le prese di posizioni delle varie coalizioni politiche hanno provocato opinioni diverse e contrastanti anche in seno alla "Cdl". Il ministro Giovanardi, dichiara "irricevibile" una mozione del Polo, affermando che non spetta all'esecutivo vigilare sull'oggettività dei libri di storia, guadagnandosi così l'approvazione e l'apprezzamento delle opposizioni. Il Forzista Fabio Garagnani, che aveva proposto la risoluzione, mette in dubbio che il Ministro parlasse a nome del Governo. Secca replica di Giovanardi: " La posizione che ho preso, è la posizione del Governo". Il segretario dell'Udc Follini, definisce la risoluzione "una baggianata". Marzio Tricoli, di AN, suggerisce di lasciare agli studenti la libertà di scegliere. In classe, inoltre, ho ascoltato con interesse, quanto letto dal quotidiano "La Repubblica" che riportava tra le altre cose le opinioni di due grandi storici; il prof. Villari, vicino alla sinistra, e il prof. Cardini, vicino alla destra. Ho potuto farmi un'idea abbastanza chiara della discussione, restando impressionato favorevolmente, poiché ho notato un grande equilibrio nell'esprimere il proprio parere i su nominati studiosi di storia.
Esprimo la mia modesta opinione, su un argomento lontano dalla mia competenza, e dalle mie conoscenze specifiche. Io ritengo che nessuno, e tanto meno il Governo di una Nazione democratica, ha il diritto di "imporre autorevolmente" le sue opinioni su qualsivoglia problema. Anche su questo tema delicatissimo, in quanto riguarda la formazione e l'educazione di intere generazioni, è indispensabile agire con estrema cautela, coscienza e obiettività, democraticamente, e non "autorevolmente".
Io penso che il buon senso prevarrà e si continuerà a lasciare fare ad ognuno il proprio mestiere, specie se si tratta di professionisti così illustri come gli Storici, capaci di darci una storia quanto più vicina alla verità. Non bisogna però, dimenticare che finora al mondo esiste una sola scienza esatta; la matematica. Sempre nel rispetto della verità dei fatti di storia, ognuno deve essere libero di potersi fare una propria opinione, che potrà confrontare e discutere con quella di altri, purché in nome e nel rispetto della libertà di tutti. Solo così un popolo potrà rendersi conto di eventuali errori e fare in modo che non si ripetano mai più.
Ancora, ribadisco che il "medico deve fare il medico" e, per esercitare la professione deve essere abilitato da organi di Stato. Del pari, lo storico che deve scrivere i libri di testo, e i docenti che devono insegnare, anche loro sono abilitati da organi dello Stato, quindi, idonei e sicuri.
Concludo dicendo: "è bello far parte di Stati Democratici, dove il vivere e convivere, dei parlamentari, in un alternarsi di maggioranza e minoranza, significa lavorare attivamente nel rispetto reciproco e per il bene di tutti i Cittadini.

Sperando la pace, di Lulzim Tafili

 

è vero che le parole tranquille e bonaccione compaiono poco sui giornali. Forse ce ne accorgiamo leggendo i giornali di questi giorni. Bush ha attaccato Baghdad perché temeva che possedesse armi di distruzione di massa. Dall'Iraq arrivavano le notizie che Saddam aveva distrutto i missili Al Samoud che possedeva.
Questa guerra in corso rappresenta veramente un pericolo pubblico non solo per il popolo iracheno ma anche per il mondo intero in quanto le scuse di Bush non hanno nessun senso oltre al possesso dell'oro nero di questo paese. La mia opinione è che gli altri paesi arabi non possano far finta di niente per tutto ciò che sta accadendo. Perché la guerra non appartiene a Saddam ma a tutta la popolazione che soffre la fame da quando Saddam ha preso il potere e che, con la sua ingenuità, sostengono il loro presidente che non è altro che un dittatore egoista senza scrupoli e senza alcuna pietà. Le parole bonaccione, forse, sono quelle di papa Giovanni Paolo II con i suoi messaggi per la pace e solidarietà che la gente sta perdendo man mano con il passare del tempo. Milioni di persone sono scese in piazza per manifestare contro la guerra. La gente ormai è stufa, la gente vuole la pace perché è consapevole che la guerra non porta nient'altro che odio, fame e devastazione e la morte di milioni di persone innocenti. Non vedo nessun giornale che ci faccia ritornare un attimo indietro nel tempo per riflettere sulle guerre che ci sono state e sulle perdite che queste popolazioni hanno subito. Come l'America stessa, nella guerra del Vietnam, quando morirono, se non vado errato, trecento mila soldati americani. Non vedo una pagina in cui si scriva "All you need is love"... tutto quello di cui si ha bisogno è l'amore, no? Forse avete capito male, qua non si tratta di amore fra due fidanzatini ma fra popoli, nazioni, religioni senza fare delle distinzioni. Leggendo i versi di questa canzone si pensa ai versi di una poesia di William Shakespeare ma in realtà il contenuto è ben altro perché fa venire i brividi a chiunque sia pacifista nell'anima e nel cuore come me.

Le due facce della medaglia, di Mohammed Battach

 

In questi giorni si è parlato molto della convenzione di Ginevra, riguardo il diritto dei prigionieri di guerra. A questo proposito, ho assistito ad uno show televisivo fra politici, giornalisti, opinionisti e strateghi. La trasmissione si è svolta in un clima da stadio come se assistessero ad una partita di calcio tra Inter e Milan, in cui bisognava tifare per il più forte.
Qualcuno ha accusato la televisione araba Al Jazeera di essere un mezzo propagandistico a favore del regime di Saddam, per aver diffuso le immagini di soldati americani morti o catturati durante il combattimento da parte irachena; considerando, così, tali immagini crude e sconvolgenti contro la convenzione di Ginevra.
Vorrei replicare che, essere al servizio di un regime o per meglio dire, al servizio di un padrone, significa non mostrare all'opinione pubblica (quello che non piace ai politici), il vero volto della guerra.
La televisione Al Jazeera, con onestà e professionalità mostra al mondo le immagini che documentano l'orrore della guerra, sia da parte irachena sia da parte americana. Per questo questa televisione ha mostrato, ad esempio, le immagini della cosidetta Shock and Awe di cui ha parlato il generale Franks dicendo: "la nostra campagna sull'Iraq sarà caratterizzata da colpisci e terrorizza".
Vorrei ricordare, però, che la convenzione di Ginevra è composta da 143 articoli di cui uno riguarda il non attaccare obiettivi civili. Anzi, di evitare qualsiasi azione che possa mettere in pericolo la vita della popolazione civile... gli americani le stanno rispettando?
Essi non hanno violato solo la convenzione di Ginevra ma il diritto internazionale. Sono andati ad aggredire una nazione sovrana senza un legittimo mandato. L'uomo (che vediamo nelle immagini) fu catturato dai Moujahidin, l'alleanza del Nord, durante la guerra in Afghanistan, con compresenza dell'esercito americano. Le immagini si commentano da sole. Nessun politico, nessun giornalista vedendole si è appellato alla convenzione di Ginevra. Questo ci fa capire come la convenzione di Ginevra venga invocata solo quando sono coinvolti soldati di serie A.

Palermo città d'amare, di Rocco Giacchi


Mi viene in mente un detto del grande Demopsicologo Pitrè, vissuto tre secoli addietro secondo cui la Storia è stata sempre scritta dai dotti per i dotti e si è sempre occupata di grandi imprese, più o meno vere, senza mai parlare di ciò che faceva, pensava o credeva la massa del popolo, per chiarire che tale concetto, ormai avanti negli anni, non fa più parte del nostro tempo perché il Pitrè apparteneva all'800 quando le frontiere dello storico erano confinati nel campo dell'erudizione classica di quel tempo, entro limiti ristretti di veduta,lungi, quindi, dall'idea di un trasformismo culturale prossimo, così come avvenne con l'avvento della moderna e sempre più sviluppata tecnologia di scienza globale che il mondo senza storia è rientrato di pieno diritto in un rinnovato concetto della storia, non di Re e di grandi, ma di strutture e non solo di avvenimenti.
Ai giorni d'oggi è affermato un nuovo concetto di cultura, subentrato, prepotentemente, nel contesto del sapere con forme e contenuti vari che rispondono a comportamenti riconosciuti nella nostra società come veri e giusti, ditalchè ogni tabù di ordine concettuale sulle culture differenziate dalle classi sociali, per intenderci, egemoniche e subalterne è venuto a crollare, grazie al massiccio processo di fusione delle dottrine che determinò un nuovo percorso sulla direttiva del pensiero più riflesso verso la teoria della doppia verità, a maggior ragione, sull'epicale rinnovamento storiografico perché Storia è perenne svolgimento, nell'organica continuità di momenti e di valori in cui il passato è premessa necessaria al presente, che a sua volta reca in sé i germi del futuro e genera tradizione, folklore e leggenda.
Le frontiere culturali si sono estesi a una molteplicità di fenomeni di manifesta esperienza ed hanno ridimensionato il rapporto fra classi sociali nel modo di vivere.
Un esempio tangibile tratto dalla quotidiana vita carceraria, facendo riferimento a quanto fin qui detto in forma di premessa ne avvalorerà il motivo di fondo.
A chi ha possibilità di visitare le aule scolastiche del Carcere di Pagliarelli di Palermo consigliamo una visita al Centro corsistico di tipografia informatizzata e rilegatoria, presente sin dal 1998, con tre corsi in attivo, alla cui guida si alternano docenti, maestri di banco che hanno saputo inculcare (col programma in cammino) ai loro discepoli, oltre all'amore per lo studio programmato di cultura generale, l'arte di apprendimento sull'uso del computer, sino allo sviluppo di idee atto a concretizzare elaborati e scritture di vario genere, per il ripristino e lo sviluppo della mente assopita.
A conferma dell'ingegnoso obiettivo, ci si stupisce di fronte a una realtà, a dir poco strabiliante, allorché si constatano, pronti per la stampa, una serie di bozze relative a libri di folklore locale, a narrative, a racconti fantasiosi, a manuali di facile lettura giuridica a manuali per lo studio della tecnica del computer, da lasciare qualunque letterato a bocca aperta, perché ideati e scritti da umili carcerati.
Di fronte a 10 ragazzi, sebbene muniti di buonissima volontà ma limitati nei titoli acquisiti negli studi, è apparsa invera la possibilità secondo la quale con la sola dedizione, ampia quanto possa essere, si arrivi ad andare aldilà della propria forza intellettiva, invece dall'impegno hanno saputo trarre tenacia e tanta buona volontà.
Ognuno di loro, e si parla di reclusi corsisti, assorbe l'onere di una parte di un componimento, già programmato e discusso dal docente, la redige al computer, secondo la propria intellettiva possibilità, quindi passa l'elaborato ad altro corsista, correttore, il quale cura, fra l'altro, anche la tecnica espressiva, in termini di intelligibilità, indi va al docente per la cura grafica d'impostazione al computer. A compimento di lavoro, tutte le parti allogate nei vari computers vengono unificati in quello maestro e il correttore rivisita l'intero lavoro apportandogli, ove necessitano, le correzioni finali con l'esigenza sistematica più consona all'aspetto fisionomico dell'opera, infine si passa alla stampa della bozza di prima stesura, per arrivare alla rilegatoria che lo farà diventare libro.
L'impegno e il senso di responsabilità di ognuno dei corsisti è da lodare, così pure l'opera dei docenti, per l'immane fatica di caricarsi l'eccessivo onere di un lavoro, sì interessante, ma estremamente difficile per il modesto grado di istruzione..e per dar loro plauso dell'ingegnosa operosità, in anteprima, si da in lettura, qui di seguito, della poesia di apertura di una delle opere di primissima stampa e un assaggio del preambolo relativo al preludio storico dell'opera medesima, interamente concepita e sviluppata, dalla prima all'ultima pagina, dalla mente di dieci ragazzi, con tanta voglia di riscattarsi dal burrascoso passato…ed è il caso di dire, dieci dilettanti allo sbaraglio.

Dal preludio storico della Palermo antica

(il preambolo)

… Sensibili al richiamo di quel fondo più sano e più vero della stirpe palermitana che caratterizza la civiltà mediterranea, non poteva non immettersi, con densità di narrazione, una specifica passeggiata verso Chiese e palazzi, teatri e ville, opere d'arti,tradizioni, curiosità, proverbi e cantate siciliane, per avvertire con più sensibilità coloristica la concreta realtà di vita, nel contesto passato - presente, in una corrispondenza intima tra ambiente e uomini che in essa hanno vissuto e vivono e ne riproducono, nel carattere, le linee ora violentemente esuberanti, ora drammaticamente scabre ed essenziali, ora tipicamente frivole e spensierate.

Cantico ibrido di Balarmu siciliana

Città omertosa, giardino di Sicilia,
fuit olim di Arabi e di Fenici,
del mediterraneo il dolce sito bello,
anche madre di trambusto e di bordello.

Balarmu limonera, sicula conca d'oro,
porto di mare di Goti e di Africani,
qui sbarcarono i germani d'Altavilla
e si insediarono Elimi e Sicani.

Historia antiqua trasmise la novella
Secondo cui Normanni e Bizantini,
per lotte di dominio, in tarantella,
ballarono con Svevi e Angioini.
E i Borbone dai mille infin cacciati
Furono l'epilogo del dolce sito in croce,
via i potenti e via anche i miti,
fu libero il suolo, ma minchia chi siti!

Oggi est locus di arte e di cultura,
di benerica a vossia e di spaddi n'gissati,
di baciammo li manu a c'cu s'annaca lu culu
e a cu è malatu di malantrinaria.

Ora li sciarri n'taverna s'appianunu,
n'nanzi a quarumi, stigghioli e sfinciuni,
gustannu calia, calacausi e semenza
e lu vinuzzu a saluti d'un voscenza.

Chista è Palermu di eri e di oggi,
cu li so cummedi e cu li so tragedi
terra di suli, di mari e di vaneddi
di masculi bravi e di fimmini beddi.

R. G.

Può durare un amore per l'eternità?, di Lulzim Tafili


Se sei arrabbiata con il mondo, sappi che il mondo non sono io. Come stai, tesoro? Ti sto scrivendo questa lettera per farti ricordare il giorno della nostra conoscenza. Quegli anni insieme a te sono volati troppo in fretta. Com'è brutto vivere separati uno dall'altra!
Se le cose sono andate così, la colpa no è tua e neanche mia, ma è di questo brutto mondo in cui viviamo perché noi siamo due creature che sono state condannate ingiustamente. C'è chi dice che con il tempo si cancella tutto, ma a me nessuno può cancellare il nostro ricordo. Ti amavo così tanto con tutta la forza del mio cuore. Tu sei la stella delle mie albe, sei il sogno che mi accompagna durante tutta la notte. Sei il mio ricordo più bello. Avrei dato tutto per avere la possibilità di averti un'altra volta fra le mie braccia. Ma adesso non c'è niente da fare, tu mi regali solo compagnia mentre io ti penso in ogni istante.
Mi ricordo una sera, era mezzanotte, ti ho telefonato ma non parlavo. Ti sentivo quando tu dicevi: pronto, pronto, pronto ... ho chiuso. Poi ho rifatto il numero. Ti ho chiesto cosa stessi facendo e tu, con la voce troppo bassa, mi hai risposto: cerco di dormire ma non ci riesco.
Neanch'io ci riuscivo; forse erano i pensieri che mi tenevano sveglio, ti ho telefonato un'altra volta, volevo dirti: grazie, grazie di avermi dato la possibilità di viaggiare nel tuo cuore.
Che tu sia felice ovunque andrai. Mi auguro che tu sia felice con il ragazzo che hai trovato. Che la vostra storia non abbia la nostra stessa fine, così dolorosa! Mi auguro di non essere dimenticato da te. Non dimenticare quel ragazzo col viso sorridente che in ogni istante della tua vita, stava vicino a te e viveva insieme a te. Ricordati della nostra storia, così bella, romantica e moderna, della nostra storia così tenera e anche complicata perché nessuno lo poteva capire tranne te e me.

Le ali della libertà, di Lulzim Tafili

 

è primavera, le foglie degli alberi hanno cominciato a diventare verdi, i fiori a sbocciare ed io comincio ad immaginare la vita fuori da qui. Anche se oggi piove, la pioggia battente cade vicino alla finestra; da lontano si sentono i tuoni tra le nuvole, la gente si muove troppo in fretta per paura di qualche alluvione. Guardando da qui la città sembra nuova con le luci che illuminano. Osservo da questa finestra con i ferri arrugginiti perché a volte mi sembra che ci resterò chiuso per l'eternità. Vivo, però, con la speranza che un giorno queste porte si apriranno. Anche se qui sono solo, cerco di affrontare questo tempo così difficile cercando di non avere un altro atteggiamento sbagliato alla vita. Mi dispiace per questi anni che ho buttato al vento, mi dispiace per quelli che mi hanno abbandonato.
La vita deve, comunque, continuare lo stesso con il desiderio di non ripetere gli stessi errori e che le mie sofferenze si trasformino in felicità. In ogni modo, vorrei approfittare per mandare un messaggio ad una famiglia intera e mandare tanti auguri e saluti e tanta felicità nella vita di tutti i giorni dicendo che li penso sempre!
Cerco di immaginare la loro vita, bella ma ferita nell'anima per quello che ho combinato io. Comunque l'indipendenza l'uomo se la guadagna da solo e la può gestire come vuole. Insomma deve sentirsi libero nel modo di fare e di pensare. Anche se adesso la mia indipendenza e la mia libertà me le gestisce qualcun altro, ma un giorno anch'io sarò libero come tutti gli altri e nessuno potrà impedirmi di godermi la vita come voglio io perché la vita di ognuno è personale. Restando chiuso qua dentro, in questi anni, ho avuto il tempo di riflettere sul mio passato, sul presente e sul futuro e credo che la cosa fondamentale della vita sia la pace. Sarebbe troppo bello vivere in santa pace con tutto il resto del mondo. Purtroppo non possiamo restare indifferenti alla realtà che la vita ci offre, anche se la mia realtà sta nel male che mi è capitato e sto soffrendo lontano da tutti, soprattutto lontano da voi. Tutto questo un giorno finirà e io continuerò ad immaginare il giorno del nostro incontro ovunque sarà. Nella vita ho avuto molte ferite ma con voi le mie ferite guariranno. Durante questi anni vi ho pensato sempre, non solo nei singoli momenti ma sempre perché voi siete fantastici ed io ho avuto la fortuna di conoscervi da vicino.

Vincitori e vinti, di Mario Francesco Di Stefano

 

Riflessioni sul testo "Vincitori e Vinti" di Berthold Brecht... è veramente difficile ed arduo riuscire a trovare un solo aspetto positivo nel termine "guerra". La parola stessa è sinonimo di circostanze non solo negative, ma a volte drammatiche e devastanti. L'essenza di ogni conflitto è sempre qualcosa di gravissimo e di scellerato, ma l'uomo è per sua natura portato a cadere in questo terribile errore, lo ha sempre fatto, continua a farlo e di sicuro lo farà ancora in futuro. Spiegare il come, il perché, il vero motivo di ogni guerra è cosa spesso ovvia e facile da fare, ma ciò che veramente riesce difficile capire è come l'uomo possa concepire un atto che non è altro che la negazione dell'armonia e della quiete sociale. Sono molti gli elementi che l'insaziabilità e l'ambizione umana perseguono nello scatenare un conflitto, specialmente se su scala globale: tra i più importanti bisogna considerare i fattori economici, ma anche quelli sociali. C'è chi sostiene che le guerre siano inevitabili, che l'ordine mondiale sia destinato ad essere continuamente modificato da conflitti senza sosta. Ma perché c'è qualcuno che dice ciò? Perché tanto pessimismo nella gente? Ma non sempre il pessimismo può essere preso come modello di vita, esiste tanta altra gente che la pensa diversamente, che sostiene che i conflitti non solo non sono necessari, ma sono anche inutili e privi di fondamento.
è una bella questione ed è arduo trovare una soluzione valida agli interrogativi del mondo; ognuno di noi vorrebbe sempre avere una risposta a tutto, ma la vita non sempre presenta circostanze facili da decifrare, molto spesso anzi sono misteriose e impenetrabili. Una cosa è però certa, una cosa si può affermare senza incertezza, e nessuno può dire che ciò non sia vero, nessuno può negare quanto ora dico: "La guerra ha vincitori da una parte e vinti da un'altra parte", sempre e comunque, perché non esiste una guerra dove non ci sia un vincente e dove, in corrispondenza, non ci sia un perdente. Rimane però da precisare una cosa molto importante, fondamentale se vogliamo veramente capire il significato della più terribile delle catastrofi che l'uomo possa concepire, e cioè il nome di coloro che devono essere considerati i vincitori, ed il nome di quelli che invece devono considerarsi sconfitti. A prima vista questa considerazione potrebbe sembrare assurda, si potrebbe pensare che è assurdo indicare i nomi delle persone che partecipano a una guerra, figuriamoci quelli che la vincono e quelli che la perdono; ma analizzando bene la situazione, si può subito capire che quei nomi che andiamo cercando, quei nomi che vogliamo individuare, quei nomi sono sempre gli stessi in ogni conflitto, a prescindere dal luogo e dal tempo della guerra: la povera gente, questo è il nome di quelli che perdono sempre, e dall'altra parte è la cattiveria umana il nome che deve darsi al vincitore! Ed è così che bisogna descrivere i conflitti, è così che possiamo sempre identificare una guerra e cioè come il trionfo del male e la sconfitta del bene! La soluzione da me trovata sembra ovvia e scontata, ma quando ciò che è ovvio e scontato è l'unico modo per descrivere una situazione così scellerata e gravissima, non esistono altri termini o altre parole che possano esprimere così chiaramente quanto gli uomini da secoli fanno a loro stessi, quanto danno e quanta rabbia producono; sarebbe bello poter trovare una soluzione logica e plausibile a tutto questo, ma la verità è che oggi non esiste nulla che possa far venir meno questa realtà e cercare di cambiare il mondo è un sogno che difficilmente si può realizzare, è un sogno che è destinato a morire, a restare vano ed irrealizzabile per tutti, anche per coloro che hanno tanta volontà e tanta speranza.

Bookcrossing, a cura della classe 2 V

Riportiamo di seguito il testo scritto dagli alunni della II V per far conoscere all'interno della sezione Est del carcere Pagliarelli, l'iniziativa del bookcrossing alla quale abbiamo aderito. Quest'iniziativa è stata promossa a Palermo dall'Associazione I Draghi Locopei in collaborazione con N
ext e coordinata in ambito nazionale da Fahrenheit, il programma quotidiano di Radio3. Da settembre è, infatti, partito anche in Italia, il primo bookcrossing radiofonico. L'iniziativa prosegue in tutte le città dove ci siano ascoltatori disposti a far circolare per il mondo un proprio libro, come un messaggio nella bottiglia.
L'adesione al bookcrossing all'interno dell'Istituto penitenziario è stata intesa, in accordo con educatori e Direttrice, come un modo per promuovere non solo la fruizione dei libri ma anche la pratica di condivisione e di gestione della cultura libraria.
Evidementemente, il senso di quest'attività all'interno del carcere non può assumere tutte le valenze che ha in città, ma rimane, nel suo piccolo, un tentativo per promuovere pratiche di responsabilizzazione collettiva rispetto ad un patrimonio comune quale quello della cultura. Bookcrossing. "Dai nuova vita al libro e tornerai a vivere". Il Bookcrossing promuove la circolazione gratuita e libera dei libri all'interno di questa struttura senza vincoli burocratici. Come? L'iniziativa è rivolta a coloro che sono interessati ad avvicinarsi alla lettura. Il libro è vita per ciò che esprime e per le emozioni che trasmette. Rimetterlo in circolazione, dopo averlo letto, è un modo per donargli vitalità, rendendo partecipi altri dei nostri coinvolgimenti emotivi. Chiunque può aderire all'iniziativa semplicemente leggendo ? che già non è poco!- oppure donando un proprio libro. Una volta letto il libro non è altro che un contenitore vuoto privo di valore, non lo si possiede il libro ma si possiedono le emozioni che ci ha trasmesso. Queste sono già dentro di noi! Allora fai circolare il libro e questo sarà tuo insieme ad altri, non avrà solo una storia, la tua, ma tante altre storie...

Gli alunni della II V

La bottiglia, di Giuseppe Arnone

 

Con il mio gruppo di amici, da sempre ci incontriamo nel solito bar del centro prima di muoverci per la solita battuta di pesca subacquea, per organizzarci e decidere dove andare. Quando tutto è pronto si parte.
La partenza avviene di mattina, prima che il sole spunti. Io mi diverto perché è il mio sport preferito e perché passo un giorno diverso insieme ai miei amici. Al ritorno, arrivati nella spiaggia dopo aver caricata tutta l'attrezzatura necessaria a questo tipo di pesca, ci si ferma a festeggiare la giornata di pesca conclusa. E così prepariamo il necessario che occorre per arrostire il pesce pescato, ci dividiamo i compiti, chi pensa a pulire il pesce, chi va a comprare da bere, etc...
Io, quel giorno, recuperavo la legna che doveva servire per accendere il fuoco. Così andando in giro per raccogliere la legna, ho visto un mucchio di rifiuti di ogni genere fra i quali c'era la legna che mi serviva. Rovistando ho visto una bottiglia ancora tappata che aveva una forma strana e incuriositomi l'ho presa. All'interno c'era qualcosa e così ho tolto il tappo e ho preso quello che c'era dentro: era una richiesta di aiuto.
Leggendo il messaggio non ho creduto al contenuto, così ho continuato a raccogliere la legna che mi serviva, conservando però il messaggio. Tornato dai miei amici, mentre ci divertivamo e parlavamo del più e del meno, mi sono ricordato del messaggio che avevo ritrovato. Mi sono allora deciso a parlarne con loro e a mostrare il messaggio. Ho letto il contenuto che diceva così:
"Chi trova questo messaggio non deve pensare che questo è uno scherzo perché quanto segue è vero. Siamo un gruppo di ragazzi e ragazze usciti in barca, per passare un giorno a divertirci, ma è successo che si è fermato in avaria e le correnti marine ci hanno spinti su un isolotto deserto e siamo a corto di viveri ... aiutaci! Informa le autorità! Per credere che quello che dico è vero, ti dico che siamo partiti dal porto di Palermo tre settimane fa e che siamo palermitani. Aiutaci! Ti scongiuro".
Queste ultime frasi del messaggio hanno colpito un po' tutti. Così al ritorno, io e un mio amico ci siamo fermati alla Capitaneria di Porto Empedocle ed abbiamo consegnato il messaggio ad un funzionario. Dopo aver aspettato il funzionario ci ha detto che già le ricerche erano state avviate.
Considerando il luogo dove avevo ritrovato la bottiglia, le autorità competenti concludevano che in base correnti marine quell'isolotto doveva essere per forza quello indicato dalle carte nautiche come "l'isola bianca". Proprio su quell'isola, le autorità competenti hanno ritrovato i ragazzi vivi anche se un po' malandati. Il funzionario ci ha ringraziato soprattutto per non aver preso quel grido di aiuto per un banale scherzo.
Siamo stati così encomiati per quel gesto da noi fatto per aver salvato, seppur indirettamente, delle vite umane.
Ormai sono passati quindici giorni dall'accaduto e noi siamo ancora tutti qui sulla spiaggia a bere della buona birra fresca e a festeggiare. Mi sono accorto che in riva al mare c'è un'altra bottiglia portata dal mare, incredulo mi avvicino e vedo che dentro c'è un biglietto. La prendo, ritorno per strada e la butto dentro un raccoglitore per il vetro... oppure no... decidete voi!

L'onore della Patria, di Saverio Lovison

 


Siamo sposati da poco più di una settimana e dopo un luogo fidanzamento abbiamo finalmente realizzato il nostro sogno.
Ora non ci rimane che andare avanti, abbiamo tutta la vita davanti a noi. Ci saranno momenti belli e pieni di gioia (come quelli attuali), altri meno, ma sono certo che nel complesso potrà essere, il nostro, un matrimonio felice. Siamo partiti ieri da Roma ed ora siamo qui sotto il caldo sole africano per goderci le bellezze dell'Egitto, nazione di cui, io e Maria, siamo entrambi affascinati e a cui sentiamo vincolati vuoi per il nostro lavoro (egittologa lei, studioso di lingue antiche io), ma anche perché entrambi abbiamo avuto dei parenti che hanno combattuto e che sono morti nella battaglia di El-Alamain.
Nonostante il nostro sia un viaggio di nozze, non siamo riusciti a scindere quelli che sono i nostri interessi dal mero calcolo utilitaristico. Venendo qui avremmo avuto modo di visitare le bellezze della civiltà egizia, approfondire conoscenze che stando a Sondrio non ci è consentito fare, ma che visto da poco è caduto l'anniversario, andare in visita al monumento eretto proprio al El-Alamain in onore di tutti i caduti di quella battaglia che, sicuramente, come poche altre, ha cambiato il corso della storia. Ed ora siamo qui, sotto un sole che cuoce il cervello a rimirare questo monumento ?peraltro bruttino- eretto per ricordare alle popolazioni future lo sforzo e il sacrificio che qui, tante giovani vite hanno compiuto ma che, a mio parere (che è anche quello di Maria) dovrebbe essere l'emblema della stupidità e della ferocia umana.
Sicuramente questo è un luogo di culto, un cimitero dove l'ultima parola è quella del silenzio e non si fa politica.
I morti meritano rispetto!
Camminiamo lentamente verso quelle che un tempo erano le fortificazioni italiane. Ormai dei manufatti del tempo poco è riconoscibile, non fosse che per la guida che ce le mostra. Quelle pietre e quelle dune per noi sarebbero tali mentre molti anni addietro lì proprio dove noi due poggiamo i piedi sulla sabbia rovente, molti anni addietro, il sangue versato colorava quelle dune d'Africa dove la gioventù europea si affrontava per colpa della pazzia umana. Il silenzio di questo posto è immenso, ti penetra e avvolge tutto quanto. Anche il vento del deserto pare essere diverso, meno rumoroso, meno vento.
Lontano a non più di trecento metri, passa la strada asfaltata che porta a Tobruk e al Cairo. Adesso è una bella strada asfaltata e libera, tutta diversa da quella che doveva essere all'epoca dei fatti. La chiamavano l'autostrada per l'inferno. Si snodava per chilometri e chilometri senza una curva o un dosso. I mezzi che la percorrevano erano sotto il tiro incrociato di entrambi gli schieramenti, di qua l'esercito Rammel e la sua divisione panzer, alla sua destra la brigata Acqui e Frish, sulla sinistra a completare quella che doveva essere "una formidabile tenaglia" era schierata la quarta, la sesta e la settima divisione della Folgore. Praticamente il fior dell'esercito italiano.
Tutto quel paesaggio grondava ancora di sangue e di dolore, non si sente più alcun rumore ma è come se nei nostri cuori avvertissimo il crepitio delle armi, lo scoppio delle bombe e le urla dei feriti.
Guardando attentamente il terreno, si può ancora notare come, qua e là, nonostante la bonifica fatta dal governo egiziano, il vento del deserto porti ancora a galla le vestigia di un doloroso passato. Qui una baionetta, lì una gavetta o una culotta di un obice da mortaio. Più avanti ancora un pezzo di reticolato con vicino un cartello che invitava - ma era un obbligo - a non toccare nulla per conservare la memoria.
Si sta facendo tardi, il sole è a picco e il caldo opprimente. Decidiamo di fare ritorno al nostro albergo e al fresco dell'aria condizionata. Un ultimo sguardo al panorama e ci avviamo su per il sentiero per andare al torpedone che ci porterà ai nostri ai e comodità.
è stato un miraggio?
Un bagliore mi colpisce gli occhi. Proviene dalla base di uno di quei cartelli che vietano la raccolta di cimeli. Guardo ancora attentamente e, niente, è proprio un miraggio. Qualche metro ancora, questa volta da un'altra angolazione, perché il sentiero faceva una piccola svolta. Il bagliore mi colpisce in pieno volto obbligandomi a chiudere per un momento gli occhi. A questo punto non posso fare altro che avventurarmi fuori dal sentiero avvicinandomi alla base del palo da dove proviene, ormai forte ed inconfondibile un bagliore intenso, violento, quasi un urlo che voglia lacerare il silenzio del luogo ma senza mancargli di rispetto. Maria attonita mi guarda sgomenta: "lascia stare, non toccare può essere pericoloso".
Giunto sul posto vedo che con nostro grande stupore, quel bagliore proviene da una bottiglia che il vento ha dissepolto dal suo lungo sonno. Un sorriso mi si stampa sul volto e mi sento quanto mai stupido. Chissà quali tesori speravo mai di scoprire. Do un calcio alla bottiglia e ... non è vuota! La prendo in mano, la guardo attentamente, la giro e la rigiro ma è proprio così dentro c'è un foglio di carta.
Una bottiglia con un messaggio di solito si butta in mare, ma poi il deserto non è forse un mare? Ci guardiamo negli occhi, un lampo di complicità fa comprendere la sintonia del nostro desiderio. In fondo già siamo in fallo per avere infranto un divieto categorico, ma una bottiglia può essere un ricordo di guerra? E se il biglietto non può essere letto, allora, che ricordo potrà mai aver trasmesso l'autore del messaggio?
Apro la bottiglia e con molta attenzione estraggo un foglio di carta di quaderno che somiglia più ad una pergamena. Nonostante sia stato sepolto tanto a lungo, il foglio ha subito l'azione del sole. Lo srotolo con molta delicatezza...
"Cara mamma,
ci hanno distribuito le munizioni. Domani andremo all'assalto delle postazioni del nemico. Approfitto del silenzio di questa notte perché, sono certo, le mie parole ti giungeranno comunque. Là davanti c'è il mio nemico, ma non lo conosco, per me non è tale. Lui, come me, si starà domandando perché si trova qua. Starà pensando alla sua famiglia, ai suoi amici, alla sua casa, al suo paese natio dove vorrebbe poter tornare quando tutto si sarà concluso. Sono convinto che se ci fosse consentito di conoscerci, nessuno dei due (ma nessuno di noi soldati) vorrebbe più fare la guerra. Mi sono domandato perché sono qui ed ogni volta mi sono arreso davanti all'impossibilità di trovare un senso a tutta questa barbarie. Ci dicono che noi siamo l'orgoglio dell'esercito italiano, che dobbiamo essere fieri di essere qui in questo momento storico e che dobbiamo comportarci con onore. Ma c'è poi tanto onore in tutto questo? Ed è giusto uccidere solo per rendere onore alla patria? Sono domande a cui non so dare risposta. Ho solo tanta paura, cara mamma. Mi sostiene il pensiero che tu, lì, nella nostra casetta attendi con ansia il mio ritorno e preghi per me. è buio, cara mamma, tutto è silenzio e da questo silenzioso cielo africano la mia voce giunga fino a te per dirti..."
A questo punto la lettera diventa illeggibile, ci sono delle macchie ad impedirne la comprensione. Diventa nuovamente leggibile nel finale
"... è quasi l'alba. Lontano nel deserto i primi bagliori del sorgere del sole mi ricordano che devo lasciarti".
La lettera si conclude con la firma: Marco. Non un indirizzo o un riferimento storico per poter risalire alla famiglia di questo figlio d'Italia. Ci domandiamo cosa fare, vorremmo portare via tutto, la tentazione è forte. Alla fine la nostra razionalità prevale e rimettiamo il biglietto nella bottiglia e la bottiglia alla base del palo... Il silenzio torna a coprire quest'urlo di vita del passato.

Il giradischi, di Alì Samlal

 

Il mio oggetto preferito è un antico giradischi che vedevo a casa mia da piccolo, era di proprietà di mio padre e raramente lo vedevo funzionare perché era considerato un gioiello. Vi ero affezionato perché vedevo girare i dischi soprattutto i 33 giri e mi sentivo partecipe della trasformazione del movimento in voce, non come accade con i mangiacassette o i lettori di CD che ti privano della partecipazione.
Lo consideravo mio anche se nessuno me l'aveva regalato, forse perché piaceva solo a me e gli altri miei fratelli lo consideravano obsoleto.
Dopo l'infanzia il mio attaccamento al mio feticcio non si era più manifestato. Forse ero attirato dall'uso delle cassette che erano più pratiche dei dischi e successivamente i CD hanno soppiantato i primi due. Ma, mio malgrado, mi sono nuovamente innamorato di questo giradischi perché era calmo, non aveva l'agitazione dei lettori laser che torturano il CD, lui invece non aveva fretta. Sul suo piatto rotondo ti serviva lo squisito disco fonografico sfiorato dal pick-up a sua volta sostenuto dal braccio. Questa innocente complicità si trasforma in voce emessa dal suo piccolo altoparlante.
Ai miei occhi non pareva un oggetto, lo vedevo come un essere pensante perché non era frenetico, con la sua azione indolente faceva oscillare il disco piano piano, a vuoto, finché non arrivava alla parte incisa, sapendo che chi lo ascoltava era uno che non aveva fretta e che quando finiva la musica doveva sollevare il braccio, girare il disco e rimettere il pick-up e lui avrebbe continuato così a mandare la voce. Alla fine si sarebbe alzato dal suo posto di ascolto per andare a sollevare il pick-up, mettendo così fine allo sfrigolio che gli procurava tanto dolore.
Lui sapeva che non era solo, sapeva che lì, accanto a lui, c'ero io che attendevo solo questo momento per dargli il mio aiuto e per ripagarlo con un semplice gesto della mano degli splendidi momenti di gioia che lui mi donava.
Eravamo una coppia quasi perfetta!

Miriam, di Giuseppe Strazzanti

 

A Miriam capitava spesso di avere bisogno di ritrovarsi da sola, per liberare la mente da ogni pensiero e per isolarsi dal mondo. Ma anche per ricercare qualcosa che se l'avesse nuovamente trovata, quella volta, forse...
Per ore ed ore passeggiava a piedi scalzi lungo la battigia del golfo antistante la sua vecchia casa, che si estendeva per oltre un chilometro, senza mai stancarsi. Miriam era una ragazza minuta, con due grandi occhioni scuri ed un visino dolcissimo. Da poco aveva perso il padre la cui vita era stata spezzata, ancora in giovane età, da un male incurabile ed ella non si dava pace. Si sentiva sola, era depressa. Di nulla, la sua vita fatta di stenti la faceva gioire. Anche lei come tante altre ragazze sue coetanee, sognava una vita d'amore e di sorrisi, una vita che le avrebbe regalato tante soddisfazioni. Volentieri si occupava dei bambini le cui famiglie, più o meno impegnate, le affidavano, o di assistere quei vecchietti che, per età avanzata o per malattia, non potevano muoversi dal letto. Questa era Miriam.
Di tanto in tanto, durante le sue lunghe passeggiate al mare, raccoglieva conchigliette e pietruzze che spesso usava, dopo averle ben levigate e colorate, come monili o soprammobili. Questa era la sua vita.
Una sera d'ottobre, però, durante una delle sue solite passeggiate, i suoi piedi scalzi si posarono su una bottiglia in parte affondata nella sabbia. Si fermò, la guardò e subito vide che conteneva qualcosa di strano. Incuriosita la raccolse ed al suo interno intravide un pezzetto di carta, forse un messaggio. Ebbe allora come un brivido, si girò, si guardò intorno ed istintivamente la nascose sotto gli abiti pensando fra sé e sé che magari si potesse trattare della mappa di un tesoro.
In quel momento, il suo unico pensiero fu quello di correre a casa e vedere il contenuto del biglietto. Così fece, ma avutolo fra le mani si rese subito conto che non si trattava di un qualcosa che l'avrebbe condotta ad un'isola del tesoro, bensì di una richiesta di aiuto lanciata da un pescatore dopo che la sua piccola barca era andata in avaria e quindi naufragata. Rimase lì per lì di stucco e un po' delusa, ma subito si riprese. Decise allora di recarsi alla Guardia Costiera e consegnare quel pezzetto di carta.
Le ricerche scattarono immediatamente ed ella stessa volle partecipare, ma per ben otto ore ogni tentativo di ritrovamento restò vano. I guardacoste decisero di interromperle ma lei insistette affinché si continuasse. Non dovevano desistere, prima o poi l'avrebbero ritrovato. Acconsentirono, ma tutto continuava a rivelarsi inutile, anche Miriam si era rassegnata. D'un tratto, però, s'intravide da lontano un lembo di terra che affiorava dalle onde dal mare. Si avvicinarono e scesero giù per ispezionarlo. Ognuno dei componenti l'equipaggio prese una direzione diversa, ma il buio pesto e il terreno accidentato non favorirono certamente le ricerche. Tuttavia si continuò. Tutti cercavano come impazziti.
D'improvviso, nel silenzio profondo della notte, la voce tremula di Miriam sibillò nell'aria: ?Accorrete, accorrete, è qui, l'ho trovato?. Tutti si precipitarono e davanti a lei, impietrita ed ancor più impaurita, scorsero il corpo di un uomo che giaceva per terra, riverso bocconi: era lui, il pescatore naufragato era stato ritrovato. Il capitano della Guardia Costiera fu il primo ad avvicinarglisi. Il cuore dell'uomo batteva ancora, ma lui era ormai privo di sensi; per ben due giorni e tre notti aveva nuotato, lottando disperatamente con le onde del mare. Soccorso e trasportato sulla motovedetta e da lì, dopo una folle corsa all'ospedale, ricevette i primi aiuti sanitari ma per lui restava poco da fare. Portato in sala di rianimazione, Miriam fu autorizzata ad assisterlo. Non si staccò da lui un solo minuto, sperando che i suoi occhi si aprissero e che quell'uomo parlasse.
Purtroppo non fu così. L'agonia del pescatore ritrovato, così come le speranze di Miriam, durarono fino alle prime luci dell'alba, poi si spensero. Un forte dolore ed una grande tristezza s'impossessarono di Miriam.
Da lì a poco avrebbe saputo dai familiari che quell'uomo era stato una persona onesta ed un gran lavoratore, che si guadagnava da vivere sacrificandosi giorno e notte e che, per fare studiare i figli, nulla aveva ricercato in tutta la sua vita se non il mare e i pesci da rivendere. Lasciava due figli in giovane età ed una moglie attanagliata dal dolore. Da quel giorno Miriam non smetterà mai più di pensare che se i soccorsi fossero arrivati prima forse quel pescatore si sarebbe salvato. Miriam non smetterà mai più di ricercare bottiglie vuote lungo la battigia del golfo antistante la sua vecchia casa. Ci sarà una volta, forse, che qualcuno invocherà aiuto e lei arriverà in tempo.

Cara scuola, di Marcello Patricola

 

Cara mia scuola, fra le soddisfazioni del presente, l'amarezza del passato che non c'è più, la mancanza di entusiasmo verso un'inutile vita, il rimpianto di perdute illusioni, il bisogno di rifugiarsi nella memoria, sento la necessità di evadere dai limiti dell'ora per raggiungere nuove mete e rigenerare la mia anima in un mondo nuovo, in un sogno di arricchimento intellettivo.
Eh già, questa sera, mia cara scuola, sei la protagonista dei miei pensieri perché mi sento in vena di dedicarti lo spazio che meriti, per raccontarti la parte buona di tante esperienze che hai lasciato e continui a lasciare incise nel carattere ancora in cerca di stabilità. Esperienze, successi, delusioni, amarezze e sogni sono scanditi da una lunga teoria di ore trascorse e da trascorrere ancora fra i banchi, accanto ad altri compagni, sotto lo sguardo ora sorridente, ora corrucciato, ma sempre vigile e attento degli insegnanti.
Ci si riapre alla vita, si sperimentano le nostre capacità, si mettono alla prova la nostra intelligenza e la nostra volontà, si affrontano battaglie con noi stessi e con gli altri, ci si incammina lungo la strada del sapere, si gioisce d'aver fatto nostra una materia che pareva così difficile da comprendere, o ci si abbandona allo sconforto, quando si è costretti a dubitare delle nostre forze e del nostro impegno.
Ci si commuove e ci si entusiasma dietro il richiamo di una materia o si avverte un invincibile fastidio per una fatica spesso noiosa e pesante che ci sottrae dai nostri problemi familiari e personali.
E intanto il tempo scorre e quasi mi ritrovo al secondo anno superiore alberghiero, in cui la scuola, amata e odiata, ma sempre, dopo, nostalgicamente rimpianta, è al centro dei miei interessi perché si compenetra con la vita, ne regola il ritmo e impone le sue giuste leggi. Forse un giorno ritornerò indietro alla ricerca del piccolo paradiso perduto e la scuola riapparirà in un alone d'incanto ed i volti degli insegnanti ritorneranno alla memoria strappandomi un sorriso d'affettuoso rimpianto per il dono di umanità e di cultura ricevuto da loro. Si scoprirà, allora, l'umanità che si nascondeva dietro la loro maschera di rigore e si apprezzerà la bontà che traspariva dalla loro apparente debolezza e sempre riconosceremo che senza di loro, senza la scuola, la nostra personalità sarebbe rimasta informe. Mi auguro, dunque, che questa esperienza scolastica supplisca allo squallore del mio temporaneo sbandamento di vita ridando luce ed entusiasmo alle mie giornate. Buone vacanze a tutti e in particolare a te, mia cara scuola, luogo di gente di buona volontà che, come me, ti vuole un mondo di bene.
Arrivederci in autunno per affrontare un nuovo anno scolastico, per percorrere insieme un'altra tappa lungo l'itinerario del sapere insieme ai docenti che contribuiscono ad arricchire il nostro bagaglio culturale e a forgiare la nostra personalità. Cara scuola, mi domando come abbia fatto a non accorgermi prima della tua prorompente bellezza. Tu colpa non ne hai affatto, ecco perché ti voglio un mondo di bene

Baciami, di Giuseppe Arnone

 

Baciami, e non giurare:
non mi tocca il giuramento
di una donna!
è dolce quello che tu mi dici,
ma più dolce è il bacio che ho rubato alla tua bocca.
Soltanto questo è mio,
e questo sento che è vero:
la parola è come il vento.
Ma giura, o mio tesoro, giura:
appieno io voglio credere
al tuo giuramento.
Se affondo la mia testa nel
tuo seno io pienamente beato
mi sento.
E che in eterno m'amerai
io credo.

Carcerazione, di Domenico Spitaleri

 

"Mobili", pensili e letti ancorati al pavimento
come se temessero l'arrivo di un uragano distruttore.
In una nicchia la televisione protetta da uno spesso cristallo
Per sottolineare la barriera esistente con il "mondo reale".
Inferriate a porte e finestre per imprigionare il corpo
Ma che, per fortuna, nulla possono contro l'amore
Che riesce comunque ad evadere e raggiungere
Le persone care.
Telecamere e spioncini disseminati ovunque
Per farti dimenticare cosa vuol dire intimità.
Nessun quadro alle pareti
Nessun fiore sui davanzali delle finestre;
unicamente ferro e cemento
solamente rabbia e rassegnazione
unici compagni i tuoi pensieri
unica confidente la tua coscienza
vorrebbero annientare anche questi.
Non ci riusciranno mai!

Io lascerò, di Mohammed Battach


Qualcuno ha voluto
che io nascessi diverso,
qualcuno ha voluto
che io solo
scegliessi.
Qualcosa ha voluto
che della mia spicciola
storia
le strade le percorressi
solo,
e di strade ne ho
percorse.
Oggi non rimane che
ripetitività
ma solo
per le mie strade
vincerò,
perché nonostante il bene e il male,
io qualcosa lascerò
a chi mi ha amato e stimato
io sono poco e poco lascerò
ma è il mio tutto
è la mia anima
è la mia verità.
A chi mi ha odiato, ieri,
a quei tanti lascerò la possibilità, la possibilità
di continuare.
A chi mi ha desiderato
lascerò il ricordo di un nazista
violento e arrogante
ma simpatico che come sempre
o spesso ha detto
no.
A voi lascerò la certezza della mia parte buona
che è malata!

Me stesso, di Lulzim Tafili

 

Mi piace la vita
mi piace lottare
ci vuole poco
a farmi volare.
Non sto mai fermo
mi piace passeggiare,
non ci crederete
ma amo rischiare.
Mi piace il caldo
mi anche il freddo
Fate attenzione:
vi ho detto un segreto.
Non sono povero
ma neanche ricco
ed è questo il segreto
per essere figo.
Non mi piace la guerra
mi piace la pace
vorrei conoscere tante belle facce.
Ho fatto di tutto nella vita
più del bene che del male
anche se ho trent'anni
mi sento speciale.

 

 

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