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Chi cade è perduto
Da Evafuori n° 13, aprile 2003
Da quando nasciamo, senza neanche volerlo, ci troviamo all’interno di un percorso da seguire senza poterci mai permettere di sbagliare, questo percorso, a volte, si presenta molto duro e faticoso, quasi come se una persona per arrivare al traguardo debba scalare a mani nude altissime montagne e allora decide di scegliere scorciatoie più agiate e dei sentieri meno tortuosi. Ma anche in queste scorciatoie non mancano delle trappole e purtroppo quando uno ci "cade" fa una enorme fatica a rialzarsi e, se anche capisce lo sbaglio che ha fatto, e che sarebbe stato meglio scalare le altissime montagne anche durante un giorno di bufera, ormai è tardi; i giudici di percorso sono molto duri con lui, appena vedono che si mette in ginocchio per rialzarsi viene spinto e fatto cadere di nuovo con la faccia nel fango, lui si rialza, si pulisce la faccia, ma ancora una spinta e giù di nuovo e, dopo che ha capito che per qualche giro deve stare fermo, immobile, inerte, senza nessuna voce in capitolo, si convince che dopo qualche periodo potrà tornare a scalare le montagne senza alcun problema, ma non è così. Ecco che arriva il momento più tragico, "quello del timbro", un grosso timbro, che indelebilmente ti marchia. Da quel momento la persona che è caduta capisce che se anche un giorno riuscirà, con molta fatica, a mettersi in piedi, sarà sempre marchiata e capirà che le vere fatiche inizieranno in quel momento.
Lucky Gatt
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