Programmi elettorali: Radio Carcere ha rivolto 6 domande ai partiti
Programmi elettorali: Radio Carcere ha rivolto 6 domande ai partiti
www.radiocarcere.it - Il Foglio, 2 marzo 2006
Radio Carcere ha rivolto sei domande ai partiti. L’obiettivo. Capire quali i programmi inerenti giustizia penale e carcere. Forse per giudicare, per capire basterebbe considerare ciò che è stato fatto. Non le intenzioni, ma cosa è stato realizzato. Il voto si dovrebbe orientare facilmente, valutando l’operato di chi ha governato. Un giudizio positivo dovrebbe determinare il voto per la maggioranza. Uno negativo per l’opposizione. Martedì 21 febbraio Pisapia e la Lussana hanno esposto, sul quindicinale "Radio Carcere", le posizioni di Lega e Rifondazione comunista. Poche idee e molto confuse. Mancano risposte concrete a quesiti atavici. I nodi sempre gli stessi. Qualità della giustizia e tempi processuali. I rimedi fumosi e farraginosi. La decisione definitiva giunge, nella migliore della ipotesi, dopo una decina di anni dalla commissione del reato. Inaccettabile. La condanna del colpevole deve giungere al massimo in un paio di anni dalla commissione del fatto. E nello stesso tempo deve giungere l’assoluzione dell’innocente. La soluzione non si trova in un maquillage. Limando i tempi morti. Ma operando drasticamente. Incidendo sul sistema delle impugnazioni o sulla esecutività della sentenza di condanna. Riconsegnare la qualità. Un miraggio. Un sogno che passa attraverso il recupero della professionalità e dell’onestà di coloro che muovono la macchina della giustizia. Programmi
elettorali su giustizia e carcere: "Democratici di
Sinistra" Intervista
ad Anna Finocchiaro, responsabile giustizia dei “Democratici di Sinistra”
www.radiocarcere.it
- Il Foglio, 12 aprile 2006
Sempre più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo penale biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? La prima affermazione mi pare francamente sbagliata. Vero è, invece, che i tempi del processo penale sono inaccettabili, che per questa ragione molti reati restano prescritti. Alcuni rimedi possono essere adottati subito. Mi riferisco, ad esempio, alla necessità di riformare il sistema delle notificazioni, di introdurre la figura del sostituto processuale; penso alla necessità di prevedere la sospensione dei processi e della prescrizione per i casi di irreperibilità dell'imputato, di restituire alla Cassazione il ruolo di giudice di legittimità piuttosto che ingolfarla di giudizi di merito come è accaduto con la cosiddetta legge Pecorella. Necessario, per l'intanto completare l'opera di informatizzazione degli uffici giudiziari e stanziare risorse per rendere nuovamente utilizzabili strumenti essenziali come la stenotipia, la disponibilità di personale d'udienza oltre le ore tredici. Vorrei aggiungere ancora che la ragionevole durata dei processi è precondizione necessaria perché il processo sia "giusto", sia possibile cioè celebrarlo così come prescrive l'art. 111 della Costituzione, nell'oralità, nel contraddittorio e nella concentrazione delle udienze.
La pubblicazione degli atti d'indagine. Le intercettazioni. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? Non è restringendo la possibilità di procedere ad intercettazione telefonica che si riduce la diffusione delle conversazioni registrate. Né si può stabilire, facendo riferimento in astratto a titoli di reato, se l'intercettazione telefonica risulterà o meno essenziale per quell'indagine. La pubblicazione di atti coperti dal segreto istruttorio è un reato, che certo si può punire più severamente. Ma il punto è che fino a quando qualcuno "pagherà" per avere quelle conversazioni, la violazione del segreto ci sarà. Con buona pace di ogni filippica sul garantismo. Gli organi di stampa potrebbero offrire un enorme contributo per stroncare questo fenomeno.
Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Un'unica pena. Il carcere. C'è un futuro diverso? Un futuro diverso sta nel costruire un sistema che non sia tanto centrato sulla sanzione penale. Peraltro lo strumento penale è inadatto, per la sua rigidità, a regolare in via esclusiva una serie di ambiti. Faccio un esempio: l'avviso di garanzia notificato all'amministratore delegato di una società quotata in borsa ha, nel momento in cui se ne diffonde l'esistenza, l'effetto immediato di fare crollare il titolo in borsa, danneggiare i risparmiatori, allarmare banche, creditori e fornitori, e questo a prescindere da quello che sia l'esito delle indagini. Per questo il problema non è ridurre a contravvenzione il falso in bilancio, che va considerato invece reato molto grave. Il punto è invece pensare ad un sistema di regolazione che intercetti prima l'eventuale violazione e lasciare l'intervento penale come ultima risposta quando gli altri sistemi di controllo non abbiano funzionato. Ridurre l'ambito di intervento del penale investendo su altri strumenti di controllo e regolazione, riformare il codice penale riordinando gerarchicamente valori da tutelare, sono, a mio avviso, le linee dell'intervento necessario. Insieme a questo è essenziale introdurre sanzioni alternative al carcere, che è di fatto l'unica pena proposta dall'ordinamento.
Giudici e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Sanzioni alternative, circuiti differenziati per condannati e soggetti in custodia cautelare, rilancio delle politiche di rieducazione e risocializzazione con l'aumento dell'organico degli educatori, possibilità di lavoro studio e formazione in carcere, inserimento di mediatori culturali, definitiva regolamentazione delle competenze in materia di diritto alla salute. Queste mi sembrano le prime, essenziali misure.
Il dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? Anche sulla base di collaborazioni Stato-enti locali, provvedere alla predisposizione (nel più breve tempo possibile) di alloggi protetti che consentano l'applicazione della legge sulle detenute con figli minori. Si tratta di materia che, affrontata in questa legislatura, si è arenata per indisponibilità del Governo a fornire copertura finanziaria per la predisposizione di una cinquantina di alloggi, questa essendo la media annua dei "bambini detenuti". Programmi
elettorali su giustizia e carcere: "Forza Italia" Intervista a Gaetano Pecorella, Presidente della Commissione Giustizia della Camera
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- Il Foglio, 12 aprile 2006
Sempre più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo penale, biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? Il programma per la giustizia della Casa delle Libertà, nasce dalle cose. Cinque anni di governo hanno segnato la strada da percorrere. Non sono mancate le riforme per accelerare i tempi del processo, sia penale che civile. Per quest'ultimo le nuove regole garantiscono la concentrazione delle udienze e perciò la contrazione dei tempi. La riduzione dei termini della prescrizione, in penale, costringerà i magistrati a ritmi più celeri. Già si sono semplificate le notifiche. Già si è allargato il patteggiamento. Tuttavia, la ragionevole durata resta un obiettivo primario: per garantirla, è necessario modernizzare le strutture, intervenire sull'attuale disciplina delle nullità, allargare ulteriormente il patteggiamento, applicare già in sede di cognizione le sanzioni alternative o sostitutive, estendere i casi di procedibilità a querela, prevedere la motivazione della sentenza in forma abbreviata. Si dovrà distinguere il ruolo della polizia giudiziaria, che è quello di indagare, dalle funzioni del PM che sono quelle di esercitare l'azione penale . Si avrà una maggiore rapidità delle indagini. L'errore giudiziario è sempre in agguato: ma, per ridurre il rischio, la strada è quella della formazione della prova, di ogni prova nel contraddittorio delle parti e davanti al giudice.
Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Un'unica pena. Il carcere. C'è un futuro diverso? Una priorità assoluta è garantire la sicurezza sul territorio. Per questo si prevede di aumentare il numero dei poliziotti di quartiere e di intervenire con immediatezza sui fatti di microcriminalità istituendo magistrati a tempo pieno per le direttissime. È certo, che la ideologia del carcere come unica sanzione deve ritenersi superata. Il codice penale dovrà ispirarsi ad un nuovo sistema sanzionatorio per i reati meno gravi, e cioè ad una nuova tipologia di pene diverse dal carcere, conservando pene severe solo per reati più gravi. La sanzione alternativa dovrà avere natura tale da essere un efficace mezzo di rieducazione: ad esempio, chi ha provocato gravi lesioni in un incidente stradale, dovrà assistere soggetti rimasti invalidi in analoghe circostanze. Se non ottempera, ovviamente subirà la pena del carcere.
Giudici e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Gli avvocati sono troppi. La selezione dovrebbe iniziare a livello universitario, con una scuola di specializzazione post laurea che abiliti a partecipare al concorso. Si dovrebbe prevedere anche una prova pratica di preparazione e conduzione di un processo (naturalmente simulato). La credibilità della magistratura dovrebbe aumentare con la meritocrazia e con il codice deontologico, introdotti dal nuovo ordinamento giudiziario. Ma la riforma è incompiuta. Dovrà attuarsi una piena e definitiva separazione delle carriere tra giudici e PM anche prevedendo due CSM. Uno dei nodi ancora irrisolti è quello del procedimento disciplinare visto che la sua natura "domestica" non sempre garantisce i diritti dei cittadini. Si propone, un'autorità indipendente composta da magistrati, avvocati e professori universitari.
La pubblicazione degli atti d'indagine. Le intercettazioni. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? La risposta può essere semplice. Anzitutto deve limitarsi la tipologia di reati per i quali siano consentite le intercettazioni. Si dovranno prevedere sanzioni interdittive per i giornalisti che le pubblicano, e penali per coloro che le forniscono. Al momento del deposito il giudice dovrà convocare le parti e, in contraddittorio, cancellare le intercettazioni che non sono rilevanti per il processo.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Per una profonda trasformazione della situazione carceraria, si dovrà non solo ammodernare gli istituti penitenziari esistenti e crearne dei nuovi, ma anche differenziare le aree di detenzione a seconda della età, della recidiva o della pericolosità. Il carcere deve restare l'ultima ratio, a cui destinare gli autori di gravi reati. Bisogna incentivare il lavoro esterno, sotto il controllo del personale carcerario. È urgente la riforma della polizia penitenziaria: come corpo specializzato richiede una suo autonoma dirigenza.
Il dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? Salvo che per soggetti particolarmente pericolosi il solo trattamento che rispetti il bambino è quello della detenzione domiciliare. In ogni caso devono prevedersi luoghi di detenzione che, pur garantendo la sicurezza, abbiano tutte le caratteristiche di un domicilio. Programmi
elettorali su giustizia e carcere: "La Margherita" Intervista
a Giuseppe Fanfani, responsabile giustizia de “La Margherita” www.radiocarcere.it
- Il Foglio, 23 marzo 2006 Sempre
più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo
penale biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? La
domanda sintetizza i più evidenti difetti del sistema. Che il giudice possa
sbagliare è cosa intrinseca alla natura umana, e che gli errori in concreto
avvengano è esperienza di tutti i giorni. E, per quanto questa endemica
situazione possa essere odiosa per l’utente del servizio, devo dire che
rappresenta il difetto minore soprattutto se l’errore è conseguenza di buona
fede. Quello che invece è inammissibile è il modo in cui il “servizio
giustizia” viene reso ai cittadini, con costi spesso inaccettabili, con tempi
biblici e con la incertezza, e spesso la inutilità, che il tutto porta con sé. La
situazione è endemica e frutto di inefficienze stratificate nel tempo. Non vi
sono quindi rimedi facili; ritengo che bisogna innanzitutto avere una visione
ampia delle cose da fare, credere nella necessità sociale dell’intervento, ed
investire molti danari. Tutto il contrario di quello che si è fatto fino ad
oggi. La
pubblicazione degli atti dell’indagine, le intercettazioni, il processo sui
media. Una patologia da rimuovere. Come? Se
il diritto di cronaca e la libertà di informazione sono strumenti di
democrazia, il processo mediatico con la pubblicazione di atti del processo è
spesso una pratica barbara. Quanto
tale pubblicazione poi avviene nelle fase delle indagini preliminari, prima cioè
dell’accertamento giudiziario, si creano le condizioni per la anticipazione
del processo in termini che variano a seconda degli interessi di cui la stampa
è portatrice. Il che viola il principio costituzionale di presunzione di
innocenza che, anche esso, è fondamento di democrazia e socialità. Un
numero sterminato di reati, contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Una
unica pena il carcere. C’è un futuro diverso? Bisogna
innanzitutto ridurre la reazione penale solamente nell’ambito criminale vero e
proprio, invertendo la tendenza di questi anni a sanzionare penalmente tutto, ed
ampliando notevolmente l’ambito delle sanzioni amministrative. Bisogna poi
superare la dicotomia tra pena detentiva e quella pecuniaria, introducendo
sanzioni diverse ed immediatamente rieducative (come i lavori socialmente utili)
sulla scia della sperimentazione in atto presso il Giudice di Pace. Giudici
ed avvocati non godono più di nessuna stima. Il termine giustizia è ormai un
miraggio, come recuperare la fiducia persa? La
censura mi pare eccessiva, anche se è vero che l’enorme numero degli avvocati
ormai oltre 160.000, non contribuisce certo a mantenere il sistema nell’ambito
delle regole deontologiche, né giova alla deflazione della domanda di
giurisdizione, soprattutto nel comparto civile, quello che più frequentemente
interessa la collettività. Se da un lato va maggiormente regolamentato
l’accesso alla professione, dall’altro è necessario creare ambiti diversi
di composizione delle controversie che non necessariamente necessitano
dell’intervento del Giudice, o perché presuppongono conoscenze più tecniche
che giuridiche ovvero perché sono intrinsecamente modeste. Insisto però nel
dire che la fiducia dei cittadini la si recupera offrendo un servizio che nel
suo complesso sia funzionale e vicino alla gente. Il
carcere, luogo che non rieduca, umilia, le celle scoppiano, una tragedia in
continuo peggioramento. Il dramma delle detenute con figli di età inferiore a
tre anni. Che fare? Tenere
i figli lontani dalle madri è cosa inumana, ma allevarli in cella è anche
peggio. Questa è una delle manifestazioni di inciviltà del sistema carcerario,
ma non è l’unica, poiché chi come me ha visitato più volte le carceri sa
che le condizioni di vita sono pessime, e soprattutto che il carcere non adempie
ad alcuna funzione rieducativa, in mancanza della quale il sistema della pena
rappresenta tutta la propria inutilità. Posto infatti che non esistono pene
“eterne”, bisogna riflettere sul fatto che prima o poi i detenuti torneranno
in libertà, e se non avranno completato un percorso di recupero (che va dalla
scolarizzazione all’inserimento lavorativo), usciranno peggiori di come sono
entrati, come uno studente che uscisse dalla scuola più somaro. In sostanza
avremo gettato via tempo e soldi. Senza considerare che vi sono delle situazioni
personali, come la tossicodipendenza, e la minore età in relazione alle quali
è veramente discutibile che il carcere possa essere utile a qualche nobile
fine. In sostanza ritengo che il sistema della detenzione carceraria debba
essere limitato ai casi di vera pericolosità sociale, creando le condizioni
perché la detenzione sia luogo di vero recupero sociale, investendo
notevolmente sulla scolarizzazione dei detenuti e sull’inserimento serio
nell’ambiente lavorativo attraverso accordi con il sistema della impresa che
prevedano incentivi e defiscalizzazioni del lavoro. Programmi
elettorali su giustizia e carcere: "Alleanza Nazionale"
Intervista
a Daniela Santanché (Deputato di Alleanza Nazionale) www.radiocarcere.it
- Il Foglio, 23 marzo 2006 Sempre
più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo
penale biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? È
evidente che il tempo che occorre per concludere un processo penale deve essere
drasticamente ridotto. La giustizia deve rispondere velocemente all’innocente.
E deve condannare in breve tempo il colpevole. Alleanza Nazionale si batte da
sempre per la certezza della pena. Al termine però di un processo giusto. La
riduzione dei tempi non deve intaccare le garanzie fondamentali. Ridotto deve
essere soprattutto il tempo che intercorre tra la commissione di un reato e
l’esecuzione della pena. A mio giudizio un reo confesso va processato,
condannato e la pena deve essere eseguita immediatamente. Altrettanto per chi è
arrestato in flagranza. In questi casi l’esecuzione potrebbe avvenire dopo la
sentenza, senza attendere appello e cassazione. La
pubblicazione degli atti d’indagine. Le intercettazioni. Il processo sui
media. Una patologia da rimuovere. Come? Deve
essere severamente vietata la pubblicazione di atti delle indagini di qualsiasi
genere, soprattutto le intercettazioni telefoniche. Sanzionando pesantemente i
pubblici ufficiali e gli avvocati che violano il segreto d’ufficio. E i mass
media, con multe e sospensione dell’attività, che pubblicano le notizie. Il
diritto di cronaca, che va tutelato, non può significare infangare
sistematicamente cittadini, presunti innocenti, che risultano nel maggior parte
dei casi estranei ai fatti. E soprattutto non possono essere pubblicati stralci
di brogliacci di polizia spacciati per intercettazioni. Atti che sono stati
selezionati solo dall’accusa. Questo Parlamento, tutto il Parlamento, ha perso
una grande occasione a non legiferare in materia, una materia che riguarda
tutti. Di destra e di sinistra perché chi di intercettazione ferisce di
intercettazione perisce. Un
numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine.
Un’unica pena. Il carcere. C’è un futuro diverso? In
futuro ridurre i reati, lasciando come tali quelli che effettivamente meritano
una sanzione penale. Eventualmente sanzionare amministrativamente gli altri
fatti. Prevedere altre pene oltre il carcere. Con la speranza che attraverso
queste si possa recuperare la funzione rieducativa della pena. È ciò per cui
mi batto da anni in prima persona con la mia attività a San Vittore. Giudici
e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un
miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Ridare
lustro a queste categorie è compito arduo che non può essere soddisfatto
solamente con un intervento legislativo. Solo i magistrati e gli avvocati
possono porre rimedio. La selezione del magistrato è un momento essenziale. È
altrettanto importante la verifica della professionalità. Premiando coloro che
lo meritano e sanzionando coloro che sbagliano. Il CSM e i Consigli
dell’ordine vanno ridisciplinati. Si deve soprattutto evitare che le
commissioni disciplinari siano composte in maggioranza da componenti della
stessa casta di colui che viene giudicato. Mi vien da dire, sorridendo, cane non
mangia cane. Il
carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal
continuo peggioramento. Che fare? Da
molti anni lavoro ormai in carcere con la mia associazione no profit “Solidarià
2000”. Sono per la espiazione della pena ma anche e soprattutto per la dignità
e la rieducazione del detenuto. Negli spazi che mi sono stati affidati ho potuto
contare sulla grande collaborazione e sensibilità dei direttori degli Istituti
che in questi anni si sono succeduti in Piazza Filangeri e sulla professionalità
degli operatori penitenziari. Centinaia di detenute sono passate attraverso i
laboratori tessili che ho a San Vittore dove produciamo, tra l’altro,
asciugamani, tovaglie, accappatoi che vengono poi venduti all’esterno. E
proprio dai nostri clienti vanno a lavorare molte detenute che escono dal
carcere. Una delle mie più grandi soddisfazioni ! Più lavoro in carcere ma
anche strutture più moderne perché penso anch’io che lo stato di diritto di
un paese si misura dalle sue carceri. E c’è molto, moltissimo da fare. Per
esempio costruendo carceri a misura di detenuto. Soggetti meno pericolosi in
istituti con meno vigilanza. In modo da diminuire gli altissimi costi della
detenzione. Il
dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? È
un problema drammatico, arrivo a dire barbaro. Da una parte la certezza della
pena dall’altra la necessità di questi bimbi di vivere con la propria mamma
in una cella. L’unica soluzione che vedo visto che i “bambini carcerati”
sono davvero pochi è quello di sistemare detenute e figli in strutture ad hoc.
Una al nord e l’altra al sud, dove i bimbi non si abituino a vedere il cielo a
quadretti. È uno sforzo che una grande Nazione come la nostra può davvero
fare. Programmi
elettorali: l’opinione del prof. Enrico Marzaduri (Ordinario
di procedura penale nell’università di Pisa) www.radiocarcere.it - Il Foglio, 23 marzo 2006 Se
chiediamo al comune cittadino di inquadrare gli aspetti caratterizzanti la
giustizia di questi ultimi anni, in particolare di quella penale, ci troveremo
di fronte ad una risposta probabilmente ancora più preoccupata di quella
fornita dai pur critici “addetti ai lavori”: i colpevoli troppo spesso
assolti, gli innocenti troppe volte condannati, i processi interminabili, la
prescrizione che premia gli imputati ricchi e furbi. Si
tratta di un giudizio che rappresenta con toni esasperati una realtà senza
dubbio bisognosa di interventi strutturali, rispetto alla quale, peraltro, buona
parte dei partiti politici, invece di fornire corrette chiavi di lettura del
fenomeno, tendono a sfruttare il malcontento per fini elettoralistici,
riprendendo ora l’una ora l’altra delle valutazioni recepite dall’opinione
pubblica. Così oggi non si può fare a meno di essere in primissima linea
nell’affermare la necessità di un processo penale veloce, tanto da far dire
ad autorevoli esponenti politici che, mentre l’errore del giudice è il
difetto minore del nostro sistema giudiziario, deve considerarsi inaccettabile
la tempistica del “servizio giustizia”. Con impostazioni del genere, non
solo si corre il pericolo di trascurare il fatto che per la Costituzione la
ragionevole durata del processo ne presuppone una giusta regolamentazione, ma si
rischia di sottovalutare il significato degli errori provocati da difetti di
preparazione e di sensibilità culturale del magistrato, il quale rivela talora
una colpevole incapacità nell’applicazione delle regole legali poste a tutela
dei diritti fondamentali della persona. Basti pensare alla discutibile
giurisprudenza che, in contrasto col dettato normativo, tenta di legittimare i
provvedimenti restrittivi della libertà dell’indagato anche quando mancano
riscontri individualizzanti delle chiamate in correità. E l’indifferenza con
cui è stata accolta dai più la riforma che ha introdotto la regola per cui non
si può condannare l’accusato, se non quando è risultato colpevole al di là
di ogni ragionevole dubbio, legittima prognosi non rassicuranti. Insomma,
le forze politiche, a fronte dei tempi biblici del nostro processo penale,
sembrano scivolare pericolosamente sul versante del recupero di una decisione
che sia la più rapida possibile, senza avere un quadro, o quantomeno, senza
proporre un quadro sufficientemente articolato dei valori in gioco. Ovviamente
non è facile andare oltre lo slogan della celerità dei giudizi, ma è compito
di chi si contende il governo del Paese predisporre programmi articolati e
concreti per tentare di risolvere le questioni oggi aperte. Altrettanto
difficile dare una risposta equilibrata al rapporto tra diritto
all’informazione e tutela della segretezza delle indagini e delle persone
coinvolte. L’apparato repressivo non manca, e ciò nonostante si deve
ammettere che la minaccia penale è risultata sostanzialmente vana, alla luce
delle quotidiane violazioni consumate. D’altronde, sono evidenti i pericoli
legati ad una rivisitazione delle norme che riconoscono ai giornalisti il
segreto professionale per la tutela delle fonti informative. Ma anche in questo
caso si devono evidenziare carenze di professionalità che incidono pesantemente
sulla qualità del servizio assicurato. Il giornalista, quando riferisce notizie
relative alle indagini e, ancor più, quando riproduce stralci di atti che non
hanno ancora la dignità di prova, dovrebbe sempre mettere in condizione il
lettore di apprezzare il contesto normativo e processuale nel quale si
inseriscono i dati pubblicati, nel pieno rispetto della presunzione
d’innocenza. Quando
poi si passa a criticare la previsione di un numero eccessivo di fattispecie
penali nel nostro ordinamento, non ci si può fermare a riconoscere
l’esistenza del fenomeno, ma ci si deve interrogare sui reati che meritano di
essere cancellati, Sono ben pochi i settori nei quali questa operazione può
essere suggerita con un concreto ritorno sul piano dell’economia processuale:
uno di questi è quello della repressione dell’uso degli stupefacenti, e il
legislatore, sia pure in una prospettiva che non è solo quella della
penalizzazione, non sembra essere andato nella direzione giusta. Il tutto concorre nel rendere sempre più preoccupante la situazione carceraria. Nella consapevolezza della difficoltà dell’individuazione di soluzioni in grado di ridurre significativamente i detenuti, si deve avere il coraggio di operare scelte di bilancio che consentano di fornire luoghi nei quali sia almeno teoricamente possibile un tentativo di rieducazione. Troppe realtà carcerarie italiane si giustificano in un’ottica di mera compressione della libertà personale. Del resto, ad un’opinione pubblica alla quale si propone con una certa grossolanità l’immagine del pericoloso delinquente che ha raggiunto la libertà, sulla base del ricorso ad istituti che impediscono un’esecuzione esclusivamente detentiva della pena, non si può utilmente suggerire una seria politica di interventi a fini di recupero sociale del reo. Programmi elettorali su giustizia e carcere: la "Rosa nel Pugno" Intervista a Daniele Capezzone Segretario Radicali italiani e membro di "Rosa nel Pugno"
www.radiocarcere.it - Il Foglio, 8 marzo 2006
Sempre più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo penale biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? Il primo impegno dei nostri parlamentari consisterà nella richiesta di approvare una delle più vaste amnistie degli ultimi decenni. Non abbiamo dimenticato quanto è accaduto poche settimane fa, con l’azione nonviolenta di Pannella e la mobilitazione dell’intera comunità delle carceri beffate dalle Camere, e -in particolare- dalla scelta dei Ds e della Margherita di far proprie le proposte di An e Lega per affossare qualunque provvedimento di clemenza. È da qui che occorre ripartire. Avendo il coraggio di ricordare che le condizioni delle carceri fanno dell’Italia il paese primatista di condanne dinanzi alle Corti internazionali. E guardando in faccia la realtà sociale delle carceri. Quando l’80% dei reati restano impuniti; quando c’è una media di 300mila prescrizioni l’anno; quando c’è tutto questo, chi finisce dietro le sbarre? Solo tossicodipendenti, immigrati e "sfigati". C’è, insomma, una realtà tecnicamente "di classe", debole con i forti, e forte con i deboli. E non è convincente neppure la tesi di chi contrappone l’amnistia alle "grandi riforme". Semmai, è ragionevole il contrario: proprio un provvedimento di clemenza può servire a "decongestionare", a guadagnare il tempo utile per fare le riforme necessarie.
La pubblicazione degli atti d’indagine. Le intercettazioni. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? Si tratta di esempi di quello che chiamiamo "caso Italia", cioè di una sistematica distanza tra norme scritte e vita reale delle istituzioni. La costante, impunita violazione del segreto istruttorio è il paradigma di un paese in cui le regole rappresentano, al massimo, un’indicazione priva di qualsiasi perentorietà. La rivoluzione consisterebbe nel farle rispettare. Quanto alle intercettazioni, siamo alla follia: nel 2000, negli Usa (260 milioni di abitanti), le Corti di giustizia hanno autorizzato 1190 intercettazioni; in Italia (57 milioni di abitanti), le intercettazioni disposte sono state più di 44000 (44 volte di più).
Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Un’unica pena. Il carcere. C’è un futuro diverso? Occorre un vasto programma di depenalizzazioni. E occorrerebbe un grande dibattito sul carcere oggi, sulla sua "opportunità", sulla possibilità di "superarlo", almeno per una parte di coloro che oggi vi finiscono. Ma questa svolta non può assicurarla un centrodestra che ha sciupato un’opportunità storica, e si è rivelato garantista solo "a targhe alterne"; ora, quindi, la palla passa al centrosinistra, e tocca alla Rosa nel pugno garantire una consistente ed efficace iniezione liberale e garantista in una coalizione che è ancora molto, troppo sensibile alle sirene del giustizialismo.
Giudici e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? La Rosa nel pugno punta su tre priorità. La prima è la separazione delle carriere. Ed è paradossale che Berlusconi alzi questa bandiera, dopo avere (nel 2000) qualificato come "comunista" il referendum radicale in materia, e dopo avere rinunciato a realizzarla in questa legislatura. La seconda è la riaffermazione di quella responsabilità civile dei magistrati che fu conquistata con il voto dell’80% degli italiani sul "referendum Tortora", ed è stata poi tradita dal Parlamento. Riaffermarla significherebbe disporre di uno strumento a tutela dei magistrati onesti e capaci, e per far rispondere dei loro errori quelli che -invece- abbiano sbagliato con dolo o colpa grave. La terza è la messa in discussione del "totem" dell’obbligatorietà dell’azione penale, che si traduce nel suo opposto, e cioè nell’assoluta irresponsabilità e discrezionalità di ogni singolo magistrato del Pubblico Ministero, che sceglie su quali notizie di reato aprire un’inchiesta e su quali no.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Oltre all’amnistia, serve in primo luogo un intervento di vastissima riduzione dei termini di custodia cautelare (in Italia si può arrivare, tra un rinvio e l’altro, fino a 9 anni di carcere in attesa di giudizio). E poi serve un intervento in materia di droghe: solo l’irresponsabilità del "ticket" Giovanardi - Mantovano ha potuto portare all’approvazione di una norma volta a consentire (magari solo per il possesso di alcuni spinelli) la perquisizione all’alba, l’arresto, il processo e la condanna fino a 6 anni di carcere!
Il dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? Siamo stati i primi a porre la questione. Nell’immediato bisogna rendere più umani i luoghi dove si trovano i bimbi; subito dopo, occorre prevedere soluzioni esterne. Non è accettabile l’idea che un bimbo cresca in un carcere. Programmi elettorali su giustizia e carcere: l'U.d.C. Intervista all’On. Erminia Mazzoni, responsabile giustizia dell'U.d.C. www.radiocarcere.it - Il Foglio, 8 marzo 2006 Sempre più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo penale biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? La lunghezza dei processi è il vero male della giustizia, dal quale deriva la connotazione negativa oramai assunta dalla prescrizione. Tale istituto si è trasformato da strumento di indirizzo del processo in obiettivo principe dei comportamenti processuali. Il rimedio è ritrovare un punto di equilibrio più alto tra garanzia del diritto di difesa ed efficienza ed efficacia della giustizia. La prescrizione conserva teoricamente la sua bontà e deve recuperare la sua opportunità pratica, purché si restituisca alla funzione giudiziaria la finalità di servizio sociale, passando da un sistema delle garanzie ad un garantismo di sistema.
La pubblicazione degli atti d’indagine. Le intercettazioni. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? I processi sui media sono una dolorosa conseguenza della inefficienza del sistema giudiziario e del diffuso decadimento della funzione della informazione. La legge già punisce con sanzioni penali la rivelazione o la pubblicazione di atti coperti dal segreto, anche se è molto difficile che si riesca ad individuare il colpevole della rivelazione. È necessario comunque un inasprimento delle sanzioni, perché si tratta di un fatto grave e ancor di più lo sono le conseguenze che dalla sua commissione ne derivano. Per le intercettazioni, l’intervento dovrebbe andare nella direzione di una più rigida procedura autorizzatoria e di una limitazione ai reati di particolare gravità per contenerne l’abuso che se ne fa.
Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Un’unica pena. Il carcere. C’è un futuro diverso? La strada della depenalizzazione è da perseguire per mettere ordine nel diritto penale sostanziale eliminando le tante fattispecie non più avvertite come offensive dalla collettività e trasformando alcune ipotesi da penali in amministrative. Non è però vero che l’unico rimedio che la legge propone sia il carcere. Per molte violazioni sono previste sanzioni come l’ammenda e la multa e già esiste un sistema di pene alternative alla detenzione. In questa direzione occorrerà fare passi più significativi.
Giudici e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Non credo che gli avvocati abbiano grande ruolo in questa diminuzione di stima e fiducia. Diverso è il caso dei magistrati. Essi appartengono ad una categoria che costituisce un corpo separato, non soggetto ad organi di vigilanza esterna. Fino a quando questa classe si è mantenuta fuori dalle polemiche politiche, sforzandosi di essere e di apparire del tutto neutrale, di applicare la legge così come il popolo sovrano, rappresentato dal Parlamento, l’aveva voluta, ha avuto il rispetto e la considerazione dell’opinione pubblica anche quando sbagliava. Poi, però, l’acuirsi dei problemi sociali irrisolti, l’abitudine di scaricarli sulle spalle della magistratura ha indotto qualcuno ad affrontare tali problemi non più o non solo alla luce della scienza giuridica, ma anche in base alle proprie convinzioni politiche. È stato l’inizio della fine. E, tuttavia, ingiusto affermare che questo sia il motivo per cui la giustizia "è un miraggio". La politicizzazione della giustizia, per quanto male esiziale e gravissimo è un male ancora circoscritto ad una minoranza esigua della magistratura, anche se spesso la più propesa al clamore dei media . È necessario ed urgente ripristinare l’immagine di terzietà del giudice e restituire all’azione penale il carattere di strumento di riequilibrio dei disagi sociali.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Il problema ha due facce. Da una parte occorrerebbero maggiori risorse per permettere che le pene vengano scontate in ambienti e condizioni diverse. Dall’altra, se i processi fossero più brevi, le carcerazioni preventive potrebbero quasi scomparire e, poiché la maggior parte dei detenuti è in attesa di giudizio, con una giusta durata dei processi si avvierebbe a soluzione anche il problema della funzione della pena.
Il dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? Esiste una normativa che ha colto l’importanza del problema, ma che non è riuscita a risolverlo completamente, come ha dimostrato l’esigenza avvertita da tutte le parti politiche di porre mano alla modifica della stessa. L’obiettivo della tutela del minore incolpevole è molto importante e deve assumere carattere prioritario. Sarebbe necessario, per iniziare, fornire loro la possibilità di allevare i figli fornendo alloggio e mezzi consoni alla delicatezza di tale funzione. Programmi elettorali: l'opinione del Pm Luca Palamara (Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma)
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Come magistrato che quotidianamente opera nelle aule di giustizia, avverto, anche dalle piccole cose, la crescente sfiducia, il sospetto, il mutato atteggiamento dei cittadini nei nostri confronti. Tutto questo genera disagio tra la gran parte dei magistrati - la gran parte di quelli che lavorano- che ritiene di non meritare questa sfiducia, che ci amareggia e profondamente ogni giorno ci tocca. Il numero esorbitante di processi che affligge le aule di giustizia ed i tavoli dei magistrati, abbinato alla cronica scarsezza di risorse, sovente, impedisce di dare effettività ai principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata del processo. Questo stato di cose crea una inevitabile situazione di disagio, che i magistrati soffrono quotidianamente e della quale essi stessi sono vittime. Nessuno in buona fede può negare che negli ultimi tempi si è profondamente inciso sulla struttura del processo penale, con la produzione di norme che hanno realizzato da un lato una forma di giustizia penale rapida e sommaria destinata ai tipi di autore di criminalità marginale e di strada, dall’altro una forma di giustizia caratterizzata da tempi lunghi, formalismi ripetuti, prescrizioni brevi di cui usufruiscono gli imputati dei reati di accertamento meno semplice ma di danno sociale spesso di gran lunga superiore. Ugualmente nella disciplina sostanziale da un canto sono state individuate nuove ipotesi di reato per fatti marginali dall’altro una abrogazione o depenalizzazione per fatti che in altri paesi occidentali sono gravemente considerati lesivi degli interessi pubblici, faccio ovviamente riferimento a taluni illeciti contro l’economia. Il momento storico impone una riflessione per il futuro, dove dovrà esser trovata una razionalizzazione del sistema sostanziale, con la individuazione di illeciti realmente lesivi dei beni tutelati dalla Costituzione, processuale, con una maggiore agilità dei processi sempre nella garanzia dei diritti difensivi, ordinamentale, con uno statuto dei magistrati che, diversamente da quello appena approvato, garantisca che il magistrato non possa essere in alcun modo condizionato o condizionabile neanche dalle proprie aspettative di carriera. Troppo lungo sarebbe in questa sede fornire tutte le indicazioni che i magistrati italiani con l’intera cultura giuridica hanno indicato al legislatore in questi anni, sentendosi però tacciati di indebite intromissione in attività politica. Questo clima non ha aiutato né al dialogo né ad una piena autocritica che pur i magistrati tentano di fare al proprio interno, momenti che sempre più dovranno essere stimolati e valorizzati. L’auspicio per la prossima legislatura non potrà che essere quello di un clima più sereno e costruttivo che porti a riforme condivise e mirate all’essenza dei problemi che realmente minano il sistema giustizia, su tutti la lentezza dei processi, dovuta, e non può non essere ribadito, anche alla scarsezza delle risorse. Programmi elettorali: l'opinione dell'avvocato Valerio Spigarelli (Segretario dell’Unione Nazionale delle Camere Penali)
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Il primo commento più che sulle risposte è sulle domande poste da Radio Carcere. Che vuol dire "assolti i colpevoli"? Che significa "regna la prescrizione" ? Possibile che anche una voce attenta alla realtà giudiziaria tradisca una impostazione così distante dalla verità e dai principi? Non comprendo il significato della prima affermazione, se qualcuno viene prosciolto, anche se per prescrizione, non vuole dire certo che è colpevole, e questo proprio perché la responsabilità non è stata legalmente accertata. Quanto alla seconda è bene far chiarezza su di un punto che in molti mistificano: i processi in Italia sono lenti perché la macchina burocratica fa pena, perché mancano le strutture, perché esistono precise responsabilità degli uffici giudiziari, perché spesso i collegi o i singoli giudici vengono trasferiti mentre si celebra un processo, insomma tutto meno che le regole processuali. Nel nostro ordinamento processuale, da tempo, i rinvii chiesti dall’imputato o dal difensore producono la sospensione della prescrizione. Smettiamola, per cortesia, con la favoletta che "la prescrizione è l’obiettivo principe dei comportamenti processuali" come afferma l’onorevole Mazzoni, ed anche molti commentatori senza sapere quello di cui parlano e molti magistrati sapendo bene di non dire la verità. Smettiamola infine con l’altra leggenda metropolitana legata alla Cirielli, quella secondo cui dopo questa legge la prescrizione impererà: con la Cirielli, come sanno bene gli ascoltatori di radio carcere, la prescrizione è stata allungata sine die per molti reati e per molte categorie di imputati mentre è stata accorciata solo per alcuni reati dei colletti bianchi. Il che è uno scandalo nello scandalo ma non è la peggiore nefandezza, quella risiede nel trattamento dei recidivi, che è da Stato autoritario. Passando alle risposte non posso che condividere il discorso fatto sull’amnistia da Capezzone: l’amnistia ci vuole per far partire le riforme e le riforme sono necessarie. Ovviamente non posso che essere d’accordo con Capezzone sulla necessità della separazione delle carriere, e faccio i miei auguri alla Rosa nel Pugno, visto che nella coalizione di centro-sinistra sono in molti a contrastarla. Né più né meno di come l’ha contrastata il centro destra, nei fatti, e il partito dell’On. Mazzoni in particolare, che non a caso la separazione neppure la cita. Quanto alla pubblicazione delle intercettazioni è inutile pestare l’acqua nel mortaio: quando vengono pubblicate c’è sempre di mezzo la responsabilità di qualche ufficio giudiziario o organo di polizia, è naturale che poi non vengono perseguite. Sul resto va detto che non solo ci vuole meno carcere e più sanzioni alternative ma anche un carcere diverso ed è questione di danaro. La butto lì: quale delle due coalizioni si impegna a destinare l’1% del bilancio dello Stato per la giustizia. Programmi elettorali su giustizia e carcere: la "Lega Nord" Intervista a Carolina Lussana, responsabile giustizia della Lega Nord
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Sempre più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi del processo penale biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? Sicuramente, se le cose non vanno bene, c’è un sistema di norme che può e deve essere cambiato per accelerare i tempi del processo penale, ma deve esserci anche una maggiore responsabilizzazione da parte di chi i processi li celebra. La riforma dell’ordinamento giudiziario è un significativo passo in avanti per avere una magistratura più preparata e professionale, meno soggetta a errori giudiziari, meno politicizzata. Sicuramente non bisogna lasciare l’istituto della prescrizione in mano ai giudici, ma ferma restando l’obbligatorietà dell’azione penale, dovrebbe essere il Parlamento a indicare i reati che devono essere perseguiti in via prioritaria in quanto particolarmente offensivi per i cittadini.
La pubblicazione degli atti d’indagine. Le intercettazioni. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? Bisogna intervenire sulla spettacolarizzazione della giustizia e suoi processi celebrati sui giornali e non nelle aule dei tribunali, accertando le responsabilità e sanzionando chi non rispetta le norme. In questo senso si dovrebbero pensare a delle sanzioni, non solo per i giornalisti, ma anche per i responsabili degli atti di indagine, come polizia giudiziaria, cancellieri e magistrati, e in genere tutti coloro che hanno accesso agli atti di indagine e che e si rendono responsabili di trasmettere tali atti agli organi di stampa.
Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Un’unica pena. Il carcere. C’è un futuro diverso? La situazione non è proprio quella descritta perché nel nostro ordinamento penitenziario c’è la previsione di norme alternative alla detenzione; si tratterebbe come nel progetto di riforma Nordio di inserirle, semmai, nel Codice Penale come possibili scelte all’inizio da parte del magistrato che commina la sentenza di condanna. Il carcere deve restare come extrema ratio e come sanzione penale necessaria per chi commette reati particolarmente gravi e per tutti coloro che sono pericolosi socialmente. Occorre, inoltre, proseguire nell’opera di depenalizzazione per tutte quelle fattispecie delittuose che sono retaggio tante volte di una stato illiberale. Penso ai reati di opinione, dove occorre terminare l’iter già intrapreso, o a quei reati che per assenza di offensività sarebbe più efficace punire con una sanzione diversa da quella penale.
Giudici e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Effettivamente assistiamo oggi a un modo di amministrare la giustizia sempre più lontano dal comune sentire della gente, nonostante che nelle aule italiane ci sia scritto che "La giustizia è amministrata in nome del popolo". Sentenze shock, rimessa in libertà di pericolosi criminali, un garantismo sempre più a favore di chi i reati li commette rispetto a chi i reati li subisce. La Lega Nord ha due soluzioni: a) porre rimedio all’autoreferenzialità della magistratura attraverso la previsione di un organismo esterno al CSM che si occupi di sanzionare i comportamenti illeciti dei magistrati. Perché non è possibile che oggi controllori e controllati si identifichino nella stessa categoria. È stato fatto un referendum sulla responsabilità civile dei magistrati. Che fine ha fatto? b) elezione diretta da parte del popolo dei pubblici ministeri. Un magistrato della pubblica accusa espressione del territorio e quindi più vicino ai cittadini.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Continuare nella strada intrapresa dal ministro Castelli: costruire nuovi penitenziari, più moderni e con circuiti differenziati per l’esecuzione della pena. Un’attenzione dovrà essere necessariamente data alla triste situazione dei detenuti in attesa di giudizio, prevedendo strutture diverse dal carcere e che comunque adempiano alle finalità della misura cautelare, per non minare il principio della sicurezza dei cittadini. Attuare accordi bilaterali per far scontare ai detenuti extracomunitari la pena a casa propria. In questo senso penso che i debbano intensificare e migliorare gli accordi con i paesi balcani e quelli nordafricani. Si rende inoltre necessario applicare la Bossi-Fini, che consente di convertire le pene fino a 2 anni con l’espulsione, e studiare anche la possibilità di estendere fino a tre anno tale limite di pena. Infine si deve pensare al lavoro come forma per i detenuti di ottenere un regime penitenziario diverso.
Il dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? L’interesse dei bambini è prioritario; occorre pensare a strutture protette idonee alternative al carcere attraverso il doveroso coinvolgimento degli Enti Locali. Programmi elettorali su giustizia e carcere: "Rifondazione Comunista" Intervista a Giuliano Pisapia, responsabile giustizia del P.R.C.
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Sempre più spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi dei processi sono biblici. Regna la prescrizione. Quale rimedio? Il rimedio è un progetto organico di riforme che coniughi celerità, efficienza e garanzie. Senza cedere rispetto alla tutela delle garanzie processuali, occorre però distinguere, anche a livello di sanzioni processuali, tra garanzie e formalismi. Le prime sono intoccabili, i formalismi invece determinano solo un allungamento dei tempi processuali, favorendo i colpevoli a scapito degli innocenti, senza minimamente incidere sul rischio, sempre incombente, di errori giudiziari. Bisogna inoltre riflettere sull’opportunità o meno di continuare a celebrare i processi nei confronti degli irreperibili: credo valga la pena, su questo punto, di adeguarsi alla legislazione di altri Paesi, ove i processi nei confronti di imputati irreperibili sono sospesi, con automatica sospensione dei termini di prescrizione. Anche per quanto riguarda la prescrizione e la delicata questione delle notificazioni, bisogna trovare un giusto equilibrio tra necessità processuali e effettività del diritto di difesa, che non può essere confuso con il "diritto" di creare le condizioni per impedire che si svolga un processo, quando evidentemente ve ne sono i presupposti giuridici. La parità tra accusa e difesa, soprattutto nella formazione della prova, deve essere effettiva, e non solo formale; così come la terzietà di chi deve giudicare.
La pubblicazione degli atti di indagine. Le intercettazioni telefoniche. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? Già oggi è reato pubblicare atti coperti dal segreto e le intercettazioni dovrebbero essere autorizzate solo in presenza di "gravi indizi" e se "assolutamente indispensabili per il proseguimento delle indagini". Purtroppo un mezzo di prova previsto come "eccezionale" è diventato la norma, con abusi non degni di uno stato di diritto. Basti pensare alla divulgazione di atti non pubblicabili: sono necessarie sanzioni adeguate ed efficaci, in quanto la libertà di stampa non ha nulla a che vedere con la libertà di violare una legge o di diffamare. Dunque: indagini serie per individuare chi ha violato il dovere di riservatezza e sanzioni pecuniarie, proporzionali alla diffusione, non per i giornalisti, ma per la proprietà dei mezzi di comunicazione. La pubblicazione di atti coperti da segreto, infatti, danneggia non solo le indagini ma anche soggetti che nulla hanno a che vedere con fatti illeciti.
Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine, Un’unica pena. IL Carcere. C’è un futuro diverso? Il carcere deve essere l’estrema ratio. Bisogna prevedere pene principali diverse dalla reclusione: detenzione domiciliare, misure interdittive, lavori socialmente utili o finalizzati al risarcimento del danno. Con effetti positivi sulle condizioni disumane degli istituti penitenziari e sulla situazione dei Tribunali di sorveglianza, che vedrebbero alleggerito il loro carico di lavoro.
Giudici e avvocati, non godono più di nessuna stima. Il termine Giustizia è ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Sono convinto che sia possibile dare al Paese una giustizia degna di questo nome, solo se si ha come obiettivo l’interesse collettivo. Indispensabili, a tal fine, seri controlli di professionalità, per magistrati e per avvocati, accompagnati da codici deontologici che, rendendo concreto il principio di responsabilità, prevedano sanzioni adeguate in caso di violazioni e/o errori inescusabili.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Se l’unica sanzione penale non sarà più quella carceraria, molti problemi saranno, se non risolti, quanto meno attenuati. Così potrà essere applicata, nella sua interezza, la legge Gozzini, creando le condizioni per il reinserimento di un numero sempre maggiore di detenuti. Diminuirà la recidiva e, conseguentemente, il numero dei reati. È indispensabile aumentare l’organico di educatori, assistenti sociali, psicologi e magistrati di sorveglianza, così come è fondamentale azzerare la legge Cirielli e l’incostituzionale legge sulla droga, approvata nell’ultima settimana della legislatura. Urgente è un provvedimento di amnistia e di indulto, che inciderebbe positivamente sul "carico giudiziario" e sulle condizioni di vita di chi è detenuto e di chi opera e lavora in carcere. Deve, infine, essere ridotto il quorum attualmente previsto per amnistia e indulto, superiore perfino a quello necessario per le modifiche costituzionali.
Il dramma delle detenute con figli di età inferiore ai tre anni. Che fare? Aggiornare e migliorare le leggi già esistenti e, soprattutto, creare le condizioni per la loro effettiva applicazione. Prevedendo, anche, quando non vi sono altre alternative, strutture specifiche (tipo case-famiglia), ove i figli di detenuti possano crescere senza dover scontare, fin da piccoli, colpe che non sono loro. Programmi elettorali: l'opinione del prof. Tullio Padovani (Ordinario di diritto penale all'Università di Pisa) www.radiocarcere.it - Il Foglio, 8 marzo 2006
Dalle indicazioni programmatiche dei partiti che si contendono il governo del Paese ci si aspettava forse un grado di concretezza e di specificità superiori a quelli di semplici richiami a postulati e propositi dall’incerta definizione. Garanzie separate dai formalismi nel processo penale? Nessuno lo contesta. Ma quali sono le une e quali gli altri? Per lo più dipendono dalla stessa norma, che talora assicura una ineludibile tutela e talaltra può risolversi in un inutile intralcio. Come distinguere? Indicare la mèta non equivale, evidentemente, a tracciare la via; anzi, può preludere a rischiose semplificazioni. Lo sdegno per l’abuso delle intercettazioni è sacrosanto; eppure, molti dei guai che affliggono la materia dipendono solo dal cattivo uso delle norme già presenti nell’ordinamento. In primo luogo, dalla "desuetudine" che ha colpito la speciale udienza prevista dal codice di procedura penale per la selezione delle intercettazioni rilevanti, all’esito della quale è possibile procedere alla distruzione di quelle inutili alle indagini. Un maggior rigore processuale nel garantire questa udienza negletta (ecco una garanzia vera, non abbastanza tutelata) costituirebbe forse un passo in avanti più efficace di molti proclami. Quanto alla tutela della segretezza delle indagini, altro tema nevralgico, si tratta di un cruccio ricorrente nel nostro Paese (destinato a riacutizzarsi in forma spasmodica, com’è ovvio, quando l’indagine, per qualche speciale ragione, "scotta"). L’allora ministro della giustizia on. Martelli istituì (qualche era glaciale fa) una commissione che partorì uno schema di riforma per verità sensato ed equilibrato; ma non se ne fece di nulla, per la fiera opposizione dei giornalisti che videro messa in pericolo la libertà di stampa. La questione ruota, in definitiva, intorno al segreto professionale riconosciuto ai giornalisti per la tutela della fonte delle loro informazioni. Siamo disposti a metterne in discussione i limiti e le condizioni? Un catalogo da rivedere Il ricorso alla pena carceraria deve ispirarsi al criterio dell’extrema ratio: è una frase che si ritrova in tutti i manuali di diritto penale, non senza ragione, evidentemente. Ma siamo sicuri che l’attuazione di questo criterio si risolva con l’evocazione delle pene alternative (nel codice penale) e delle misure alternative (nell’ordinamento penitenziario)? A seguire le statistiche non pare proprio che all’ingresso delle sanzioni sostitutive (nel 1981) e alla dilatazione delle misure alternative (con la legge Gozzini del 1986) abbia corrisposto un decremento del numero di detenuti. Anzi, esso è andato progressivamente crescendo. Nel complesso, è il controllo sociale coercitivo (in tutte le sue forme) che si è esteso e dilatato. Per ridurre l’area penitenziaria, occorre in realtà rivedere il catalogo dei reati per i quali oggi è comunque indefettibile (o altamente frequente) il ricorso alla pena detentiva: incidere cioè sui processi di criminalizzazione primaria, tenendo conto – è ovvio – dei reati che alimentano davvero il carcere (la depenalizzazione di reati inattuali a basso indice di commissione, può restituire dignità al sistema, ma non allarga le celle). A quali reati siamo disposti a rinunciare? Lunghezza dei processi: una malattia cronica che ha molte cause e, a quanto pare, pochi rimedi. Incidere sull’obbligatorietà dell’azione penale, per evitare il dispendio di energie processuali nel perseguire fatti bagatellari o poco più? Ottimo proposito: l’obbligatorietà dell’azione penale è un feticcio alle cui virtù salvifiche nessuno crede più, dato che non tutti i reati si possono di fatto perseguire, e non tutti con la stessa sollecitudine e tempestività. Chi dovrebbe stabilire le priorità? Il Parlamento? Ma così il problema non è risolto: è solo spostato. Il Parlamento parla in via generale ed astratta: non ha davanti i casi della vita, ma solo categorie normative di riferimento. Le scelte si fanno invece sui casi della vita: quella tale truffa, quel tale infortunio sul lavoro, quel tale furto. Alla fine, sarà il pubblico ministero a dover scegliere: secondo quali criteri di massima e con quali controlli? Questo è il punto. Un pubblico ministero elettivo? Per l’America dobbiamo francamente ancora attrezzarci: nella condizione attuale, l’idea suscita un certo sgomento. Sottrarre la prescrizione al potere discrezionale del giudice? Per verità ci ha già pensato le recente legge ex Cirielli, ma con tali contorcimenti e tali storture da esigere un rapido intervento di ortopedia legislativa. Abrogare semplicemente la legge? Per la parte relativa alla recidiva, non si può che convenire. In ogni caso le questioni ch’essa affronta (recidiva e prescrizione) sono questioni "vere" nel senso che esigono davvero un intervento riformatore. L’assetto precedente, su cui la legge è intervenuta, non era certo l’ideale: al contrario. Perciò, ogni proposito abrogativo deve, per essere ragionevole, accompagnarsi all’indicazione di quali strade si intendano percorrere nella disciplina di due istituti nevralgici.
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