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De profundis, voci da dietro le sbarre
L’Opinione on line, 7 settembre 2004
Basta violenza nelle carceri italiane
Il caso di Sassari all’epoca del ministro Diliberto non è bastato. Ci vorranno chissà quanti altri scandali perché qualcuno si accorga che nelle carceri italiane vige la legge della giungla. Cioè quella del più forte. Foto shock come quelle che vedete pubblicate per la prima volta sul nostro giornale fanno pensare. Per la giustizia questo detenuto, Marcello Lonzi, sarebbe morto d’infarto e le ferite se le sarebbe provocate cadendo. Giudichi il lettore la verosimiglianza del tutto.
Verità per Marcello Lonzi, di Dimitri Buffa
Oggi pubblichiamo le foto del corpo di Marcello Lonzi come fu ritrovato nel carcere di Livorno il 13 luglio 2003. È intenzione di chi scrive dare scientificamente il cordoglio a tutti coloro che ancora negano alla famiglia del detenuto Marcello Lonzi una verità e un simulacro di giustizia sulle cause della sua morte. Per cortesia non ci dite però che è morto d’infarto e che le ferite sul corpo e sulla testa se le sarebbe procurate cadendo infartuato contro le sbarre della prigione. Non siamo nati ieri e queste giustificazioni assomigliano a quelle di chi racconta ai carabinieri di essersi rotto il naso cadendo per spirito di omertà verso chi lo ha picchiato. Il carcere delle Sughere di Livorno, ci dicono, non è nuovo ad episodi controversi tra il personale carcerario e detenuti. Dobbiamo aspettare che scoppi un altro caso Sassari per sapere cosa è veramente accaduto? Anche il primo cittadino d’Italia nonché il più illustre livornese vivente si accontenta di ciò?
Le patrie galere sono figlie di un dio minore, di Valerio Spigarelli
I numeri dicono che la popolazione carceraria vede una percentuale sempre crescente di extracomunitari. Peraltro ai detenuti del carcere vero vanno aggiunti coloro che passano per i centri di accoglienza temporanea previsti nell’ambito della normativa riguardante l’immigrazione clandestina. Al di là del significato, talvolta impudico, che le parole della legge si vogliono attribuire, quei centri servono a limitare la libertà delle persone che ospitano, sono luoghi di reclusione e dunque al carcere vanno accostati. Un carcere figlio di un dio minore, però, ancor meno garantito da una normativa che è stata oggetto di diversi interventi della Corte Costituzionale. Riconoscendo alla procedura prevista dalla legge un significativo impatto sul bene della libertà personale, infatti, la Corte Costituzionale ha censurato alcune delle previsioni riguardanti, in particolare, il giudizio di convalida del provvedimento che dispone l’accompagnamento alla frontiera e l’arresto obbligatorio nelle ipotesi di permanenza illegittima dello straniero espulso. In seguito alle pronunce di incostituzionalità il governo è intervenuto sulla materia decidendo di attribuire la convalida dell’espulsione alla competenza dei giudici di pace in luogo di quella del giudice monocratico come previsto fino ad oggi. La decisone del governo, che più che a criteri di razionalità del sistema sembra costituire l’ennesimo capitolo del confronto/scontro con la magistratura, non può che suscitare perplessità posto che i giudici di pace, nella legislazione ordinaria, si occupano di reati bagattellari, non possono condannare a pene detentive e, comunque, nel settore penale, la qualità dei giudizi di questa magistratura non professionale è fortemente criticata dai difensori. Sta di fatto che la decisione del governo ha provocato l’immediata e durissima reazione delle diverse associazioni della magistratura. Il presidente dell’Anm ha parlato di "uno sconvolgimento radicale" della ripartizione di competenze tra giudici onorari e togati, per di più in una "materia che esige il massimo di professionalità e la piena indipendenza del magistrato, nominato senza limiti di tempo". Altri esponenti della magistratura hanno censurato il significato "ideologico agghiacciante" con il quale si persegue la strada della "progressiva sottrazione di competenze alla magistratura professionale". Infine, un prestigioso esponente di una corrente progressista, ha chiesto retoricamente ed ironicamente come mai gli avvocati "non dicono nulla, proprio loro che fanno gli alfieri del garantismo". Ora, al contrario, l’associazione degli avvocati penalisti, l’Unione delle camere penali, che ha da sempre avversato le previsioni di questa legge certamente non garantista, per bocca del presidente Randazzo ha criticato la scelta ricordando che è negativa, in generale, la valutazione della professionalità del giudice di pace nel settore penale. Piuttosto, visto che sempre di carcere si tratta, come mai qualche mese fa, quando un autorevole esponente politico criticò l’inerzia dell’esecutivo di fronte alle decisioni dei tribunali di sorveglianza che avevano disposto alcune revoche del 41 bis, le associazioni della magistratura non insorsero a tutela della indipendenza della giurisdizione? Come mai, anni fa, quando i penalisti censuravano la scelta di allargare al penale la competenza del giudice di pace i magistrati plaudivano all’innovazione? Forse il carcere speciale è degno di nota solo quando è politically correct? Forse la mancanza di professionalità di chi si occupa del settore penale è intollerabile solo in certe occasioni? O, come al solito, di carcere e carcerati si parla solo ad altri fini?
De profundis, voci da dietro le sbarre
Nessuno ci vuole recuperare
Siamo un gruppo di detenuti del Carcere di Cremona che ha deciso di scrivere questa lettera per far sapere a tutti le condizioni di silenzio e di non-informazione (a parte Radiocarcere di Radioradicale nessuno vuol parlare di detenuti e detenzioni) in cui siamo obbligati a stare. Le nostre voci partono da qui, ma non arrivano mai da nessuna parte e le voci da fuori arrivano filtrate e in ritardo. Tutto va al rallentatore…non ci sono educatori, neanche uno, non c’è personale adeguato che faccia da tramite tra i detenuti e il magistrato di sorveglianza, non riusciamo a spiegarci e nemmeno a farci spiegare le cose più elementari. Qui si vive - in certe situazioni - in regime di 41bis anche se "sulla carta" non è così. Non c’è nessuna attività culturale di nessun tipo, nessuno scambio di idee, di culture, di sentimenti…. Viviamo in una campana di vetro che non fa trapelare notizie e impedisce di sentire le nostre grida di aiuto. Vorremmo dare un senso alla nostra carcerazione, usare tutto questo tempo inutile per crescere e prepararci ad affrontare la vita, una vita migliore di quella che abbiamo condotto fino ad ora, vorremmo una vita qui dentro più dignitosa, ma siamo seppelliti vivi, qui. Nemmeno il Magistrato di Sorveglianza si degna - nonostante le numerose nostre richieste - di farci visita qua dentro: il magistrato dice che non ha tempo e nessuno arriva ad aiutarla. Così chi ne fa le spese sono sempre i detenuti, perché i magistrati sono intoccabili. Ma l’articolo 27 della Costituzione non prevede il recupero dei condannati? Noi, qui, siamo condannati alla condanna e ogni giorno ci aspettiamo qualche cosa in meno di quello che abbiamo. Questa non è giustizia. È crudeltà.
Non prendeteci in giro parlando di amnistia
Quando ho sentito dalla televisione e dai giornali che nuovamente si parla di amnistia e di indulto credevo che sarei stata colta da una irrefrenabile rabbia. Invece sono stata colta da una irrefrenabile crisi di riso che ha contagiato anche le mie compagne (incredule…). Insieme a tanti altri - poveri illusi - avevo gioito del seppur piccolo risultato che si era ottenuto con il famigerato "inSultino": ma pochi ne hanno usufruito e pochi continueranno a usufruirne. Anzi, i magistrati hanno "tirato i cordoni" e concedono ancora meno di prima, sono più lenti di prima nel dare risposte e si trattengono addirittura nella concessione dei permessi premio. Le misure alternative stanno diventando una dicitura preistorica proprio lì, vicino a quelle parole che tanto temiamo ma che sono le sole che ci è consentito di leggere… respinge, rigetta, inammissibile e chi è in Articolo 21 ….ci resta, senza poter avere altro beneficio cui - invece - avrebbe diritto, se è fortunato. Perché ultimamente a Milano stanno revocando più che concedendo. L’indultino non stato un granché, ma il "dopo-indultino" è stato devastante. Forse hanno davvero paura che per strada girino troppi delinquenti, così si fa in modo che il già lento e doloroso cammino verso la libertà sia rallentato ancora di più. Forse adesso l’unico vero atto di clemenza sarebbe accelerare il "lavoro" della Magistratura di sorveglianza e perfezionarlo fino a che non vengano applicate veramente, una volta per tutte, la legge Gozzini e la Legge Simeone.
Lettera da Opera
Lettera al direttore del carcere di Monza
Come da incontro intercorso speravo in un suo interessamento ed colloquio con il detenuto Macchi come da lei prospettato, invece nella giornata odierna apprendo, durante la telefonata con il mio convivente un continuo tentativo di screditarlo, che è stato nuovamente minacciato, questa volta dicendole che l’avrebbe fatto trasferire in un carcere del Sud Italia, scaturito da fatto che fosse sdraiato a terra su una salvietta nel suo alloggio, cosa che era sovente fare anche a casa e dal fatto che dà fastidio il mio interessamento e le lettere che scrivo per portare a conoscenza di quanto gli accade. Conosco il mio convivente da 15 anni, è una persona razionale ed equilibrata e sono più che certa della sincerità di quanto lui dica, e che ho avuto modo di constatare. Sono allucinata che possano esistere persone di questo genere che data la loro autorità la usino per far sottomettere e violentare psicologicamente altri esseri umani, solo perché questi hanno un cervello che pensa e ragiona, cosa che gli non è consentita, quando il loro lavoro dovrebbe essere quello di vigilare nel rispetto delle leggi e tendere alla rieducazione dell’individuo, mentre non fanno altro che creare cattiveria e rabbia. Chiedo nuovamente il suo interessamento per questo. Non potendo credere che lei sia a conoscenza di tutto e che questa sia la politica adottata nel carcere che dirige e di cui ha la responsabilità. Chiedo altresì, una sua risposta a quanto su detto, ai numeri sopra elencati o via fax al n. 0331683381. Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento.
Altre lamentele sul carcere di Monza
Sono il detenuto Attilio Lucini ed è a nome di tutti i miei compagni che mi rivolgo ancora una volta a voi, Dottor Modignani: purtroppo dal nostro ultimo incontro in questo istituto io personalmente le ho inviato svariate lettere constatando con rammarico che nulla è cambiato come voi ben sapete. Con un sistema così mortificante i detenuti non si reintegrano nella società che continuerà a rifiutare di accettarli ed è un vero peccato, perché ho scoperto che molti di noi sviluppano delle facoltà di riflessione molto interessanti e il profondo desiderio di molti è di sentirsi amati per poter di nuovo amare se stessi e gli altri. Concludo questa mia sperando che il nostro grido di aiuto non cada ancora nel profondo dell’oblio. Saremmo molto lieti di poterla incontrare, nel frattempo se è cosi gentile da inviarmi degli adesivi o cose varie del partito. In attesa porgo distinti saluti
Attilio Lucini
I detenuti della sezione As sez. 7 del carcere di Monza informano che in data 22/8/2004 in solidarietà con gli altri istituti di pena metteremo in atto una protesta pacifica, attuando uno sciopero della fame, evidenziando le parole rese pubbliche in questi giorni dal Partito Radicate affinché il Parlamento prenda atto delle gravissime condizioni di degrado cui nostro malgrado siamo costantemente sottoposti e costretti a vivere. Chiediamo che ci venga restituito il diritto di cittadini italiani, il voto al referendum per le cellule staminali. In attesa di quanto sopra menzionato chiediamo un incontro con il Partito Radicale e porgiamo distinti saluti.
Detenuti della sezione As - sez. 7 del carcere di Monza
Il regolamento della cassa ammende
Da quando sono stato eletto consigliere, nel 2000, non ho mai mancato di venire a Ferragosto al Ferrante Aporti; un impegno, quello radicale, che non si limita agli appuntamenti fissi, una volta l’anno; con il mio collega Carmelo Palma abbiamo effettuato, in questi cinque anni, 100 visite ispettive nei 15 istituti piemontesi (compreso il Ferrante e il centro di "accoglienza temporanea" per extacomunitari di corso Brunelleschi). Siamo riusciti a far stanziare dalla regione Piemonte, per due anni consecutivi, 600.000 Euro per l’assunzione di nuovi educatori. Nei pochi mesi che restano alla scadenza della legislatura, ci impegneremo affinché sia finalmente reso pubblico un documento-fantasma: il regolamento della cassa delle ammende, 80 milioni di Euro per progetti di reinserimento e di aiuto ai detenuti e alle loro famiglie. Il ministro Castelli aveva dichiarato, nel febbraio scorso, che il regolamento era pronto. Attendiamo ancora oggi di poterlo leggere.
Bruno Mellano
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