Ristretti Orizzonti

 

Padova: l'Uepe e gli imprenditori per uno "Spazio-Lavoro"

di Francesca Carbone, redazione di Ristretti Orizzonti

 

18 dicembre 2007

 

Non è solo l’inasprimento delle pene a garantire una società sicura e - ancora più importante - non è certo rinchiudendo i criminali e gettando via la chiave della cella che i cittadini possono sentirsi tranquilli: questo messaggio forte arriva direttamente dagli uffici dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (Uepe) di Padova e Rovigo, che lo scorso lunedì 17 dicembre ha presentato, assieme al Gruppo Imprenditori della Zona Industriale di Padova, i vantaggi derivanti dall’inserimento in azienda di persone condannate in esecuzione penale.

"La probabilità di commettere di nuovo un reato dopo il fine pena", ha affermato la dottoressa Ilaria Bisaglia, dell’Uepe, citando i dati del Dipartimento di Amministrazione Penale del Ministero della Giustizia, "si attesta intorno al 68,45% per i soggetti che hanno pagato per il reato commesso senza mai mettere il naso "fuori" dalla cella; al contrario - continua la Bisaglia - la recidiva scende al 19% per quanti hanno partecipato a programmi di reinserimento socio-lavorativo o di riabilitazione".

La sicurezza collettiva cioè, è garantita molto di più quando il detenuto accede alle misure alternative al carcere scontando almeno parte della condanna all’esterno, piuttosto che quando gli si fanno espiare tutti gli anni di galera all’interno della struttura penitenziaria.

Il lavoro in tutto ciò è un elemento fondamentale, e se è vero che esistono già diverse cooperative sociali che offrono opportunità dal punto di vista occupazionale, è anche vero che - data l’elevata presenza al loro interno di detenuti ed ex detenuti - l’ambiente di lavoro che lì si viene a creare non è proprio dei migliori per chi voglia cambiar vita.

"Il progetto "Spazio-Lavoro" che abbiamo iniziato lo scorso anno" ha spiegato la dottoressa Daria Morara del Uepe, presente lunedì in rappresentanza del direttore Leonardo Signorelli, "nasce per allargare al settore profit il panorama dell’offerta lavorativa rivolta a questi soggetti"; nelle aziende infatti - come ha tenuto a puntualizzare la dottoressa Bisaglia - oltre ad una maggior soddisfazione dal punto di vista economico, il condannato in esecuzione penale ha la possibilità di un confronto con colleghi "regolari", tanti dei quali hanno basato tutta la loro vita sul lavoro e sono perciò esempi fondamentali.

Inoltre, l’assunzione in azienda garantisce una stabilità maggiore di quella offerta dall’inquadramento nelle cooperative, che costituiscono più che altro un momento di passaggio fra il dentro e il fuori. Agli imprenditori, ancora alquanto diffidenti rispetto a iniziative del genere, l’Uepe garantisce: chiunque venga ammesso alle misure che permettono di avere accesso all’esterno (affidamento in prova, detenzione domiciliare, semilibertà, art. 21), ha già superato una valutazione da parte degli operatori di sorveglianza e una del Tribunale di Sorveglianza, che ne hanno dichiarato la non pericolosità sociale.

A Padova sono una novantina le persone provenienti da circuiti penali che rientrano in questa categoria, e l’80% di loro lavora (principalmente in cooperative sociali). Ma non ci sono solo vantaggi per i condannati, come ha spiegato l’ingegnere Roberto Rovoletto, presidente della Gizip: "Ho lavorato per cinque anni come imprenditore in Romania, in un cantiere edile ad alta prevalenza di carcerati: sono persone caratterizzate da una correttezza estrema e da una forte motivazione.

Il lavoro - continua il presidente - è da loro considerato come un premio, senza contare il fatto che la poca affidabilità dimostrata può tradursi nella sospensione della misura alternativa e nel rientro in carcere". E testimonianza assolutamente positiva anche quella di Mario Bellini, della ditta Elettra Srl, in cui è pure impiegato un detenuto.

Rovoletto ha poi ricordato le agevolazioni contributive: un credito mensile di imposta pari a 516 euro per le imprese che assumono detenuti in art. 21 previsto dalla legge "Smuraglia" (193/2000), "un altro motivo - ha aggiunto il Presidente - che dovrebbe spingere noi imprenditori a valutare questa opportunità di inserimento lavorativo e mi rivolgo specie ai colleghi del settore edile, in difficoltà in Veneto per mancanza di mano d’opera".