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SOS INDULTO: uno sportello per affrontare la libertà di Francesca Carbone, redazione di Ristretti Orizzonti
15 agosto 2006
La Legge dello Stato 31 luglio 2006, n. 241 "Concessione di indulto" approvata il 29 luglio 2006 dal Parlamento, ha inteso intervenire sulla condizione di sovraffollamento diffusa nelle carceri del nostro paese, prevedendo una riduzione immediata delle pena detentiva pari a tre anni, per tutti i detenuti che hanno commesso un crimine prima del 2 maggio 2006. Quasi 22000 i ristretti rilasciati dalle case di reclusione il 1° agosto 2006, 220 quelli usciti finora dal Due Palazzi di Padova: un provvedimento che si sapeva sarebbe arrivato, ma non si pensava così in fretta e che dunque, come un fulmine a ciel sereno, ha trovato tutti impreparati. Un detenuto racconta il senso di spaesamento dei suoi primi momenti di libertà: «Quindici giorni fa sono uscito dal Due Palazzi che avevo solo un sacchetto di plastica nera con me. Ho percorso il primissimo tratto di strada, dritta fino al semaforo, poi mi sono seduto perché dovevo scegliere se andare a destra o a sinistra, ma in realtà per me era perfettamente indifferente…».
Fortuna che di lì passava Nicola, segretario e coordinatore di Avvocato di Strada di Padova, che l’ ha fatto salire in macchina e lo ha portato poco lontano, in via Astichello 18 (zona Altichiero), dove è a regime "SOS Indulto", lo sportello aperto dal Comune di Padova (settore Servizi Sociali) con la collaborazione del gruppo di "Ristretti Orizzonti", alcuni legali di Avvocato di Strada, la Caritas, i finanziamenti del Centro Servizi Volontariato (C.S.V.): tutti insieme per rispondere alla trentina di persone che ogni giorno, dal primo di agosto, approdano allo sportello in cerca di aiuto.
Una dozzina di volontari circa distribuiscono dai buoni pasto a quelli per dormire e per farsi la doccia, alle schede telefoniche; «Alcuni soggetti – dice Ornella Favero, direttore di Ristretti e presidente dell’Associazione Il Granello di Senape - li abbiamo letteralmente presi in carico. Rimarremo aperti sino alla fine del mese». Numerosi gli ex detenuti meridionali che chiedono di tornare a casa: «Tanti napoletani e pugliesi –spiega Nicola -: noi cerchiamo di procurare loro il ticket viaggio, così che possano pagarsi il biglietto del treno». Ma altrettanto numerose sono le persone che chiedono l’opposto, ovvero di rimanere a Padova, lontani dall’ambiente che li ha portati a delinquere e nel quale loro hanno un marchio indelebile, che non lascia via di scampo. «Purtroppo al 90% di coloro identificati da una certa nomea e ambiente di appartenenza, succede che quando tornano a casa a fine pena vengono immediatamente avvicinati dei "vecchi amici": "C’è un lavoro per te, te l’abbiamo tenuto da parte!". È un sorta di obbligo morale – spiega Nicola -, secondo loro così ti stanno mostrando rispetto, ti stanno facendo un piacere! In una situazione del genere diventa difficilissimo dire di no, separarsi in maniera netta da quello che io definisco humus socio-culturale».
E l’unico modo per non "tornare a casa" (fra gli stranieri, oltre il 50% non vuole rimpatriare) è trovare un lavoro a Padova: «Sì, bene: mi hai fatto lavare, mangiare e dormire, e te ne ringrazio, ma ora che faccio?», di già questa frase non è nuova allo sportello, dove in più d’uno inizia ad accusare le conseguenze del famoso detto "non lavorare stanca". «L’emergenza indulto dimostra una volta di più che, accanto a un servizio di tutela legale per i più bisognosi, l’inserimento lavorativo è davvero ciò su cui si deve puntare e sarà l’obiettivo su cui, come Associazione Granello di Senape, investiremo sforzi ed energie nei mesi a venire», così Nicola. E che la recidiva si combatte attraverso la possibilità di un’occupazione per chi esce dal carcere lui non si stanca di ripeterlo anche agli abitanti di via Astichello, che già si sono lamentati per la presenza di ex detenuti che dormono sulle scale dell’edificio numero 18. «Vado di casa in casa – dice - cerco di sensibilizzare gli abitanti del quartiere, spiego loro cos’è lo sportello, cosa si prefigge, e chiedo anche il loro aiuto per quanto riguarda le occasioni di inserimento lavorativo: perché dieci ex detenuti che trovano un impiego significano dieci persone di meno in giro per la strada, e questo va a beneficio di tutti».
C’è un altro aspetto che Ornella tiene a precisare: «Bisognerebbe smettere di pensare all’indulto come a un regalo, e iniziare invece a considerarlo per quello che è: un patto con lo stato, che non toglie nulla all’interessato, ma gli offre il rilascio anticipato a condizione che per i successivi cinque anni non delinqua. In caso contrario il reo paga un prezzo salatissimo e cioè per il nuovo reato commesso, cui si aggiunge però il residuo pena che aveva al momento della scarcerazione per l’indulto». Nicola definisce il provvedimento come una sorta di liberazione condizionale, «che permette però a molti di tornare a vivere e sperare tre anni prima del previsto, di rientrare a pieno titolo nella società». Un esempio banale? «Poter usare il cellulare - spiega Nicola -: come fai oggi a giustificare a un professionista con cui magari intendi parlare di una futura collaborazione, o al tuo datore di lavoro, che non hai il cellulare? Non puoi. Sei out: semplicemente». |