|
Milano-Bollate: la convivenza fra detenuti comuni e sex offenders può funzionare di Francesca Carbone, redazione di Ristretti Orizzonti
20 maggio 2008
La Seconda Casa di Reclusione di Milano-Bollate viene inaugurata nel dicembre del 2000 come Istituto a custodia attenuata per detenuti comuni. La capienza è di 970 persone, e ce ne sono intorno alle 850.
La detenzione prevede una serie di condizioni senz’altro vantaggiose, per esempio di scontare un tipo di pena che lascia libertà di movimento (con le celle aperte dalle 8.00 alle 20.00) e di organizzazione della propria giornata. Inoltre l’attenzione al lavoro, sia interno che esterno, costituisce uno dei punti di forza del carcere di Bollate, così come la tutela dei diritti legali dei reclusi e quella dei loro rapporti affettivi: la casa di reclusione infatti dispone delle stanze dell’affettività, un luogo accogliente concepito come una vera e propria casa e pensato per poter mantenere i legami con le persone cui si vuole bene.
«Ai detenuti che fanno domanda per venire qui da noi viene offerto il tipico pacchetto prendere o lasciare», spiega la direttrice Lucia Castellano; «Noi offriamo molte opportunità, ma pretendiamo di contro la partecipazione attiva degli individui alla vita carceraria, il che richiede una buona integrità psicofisica perché non tutti sono in grado di reggere un tale coinvolgimento nelle attività». Un protagonismo che si esprime ad esempio nelle riunioni di commissione, dove i ristretti decidono in autonomia le attività culturali/sportive e gli eventi da organizzare. E ancora si richiede il sostegno ai compagni in difficoltà anche in materia di consulenza legale (col supporto di operatori e volontari). Inoltre alla figura del delegato di reparto spetta l’accoglienza dei "nuovi", e la collaborazione con la direzione in tema di organizzazione o analisi delle problematiche legate alla convivenza.
Uno degli elementi del pacchetto all inclusive è la convivenza con i sex offenders. «I detenuti si riferiscono a questa clausola dicendo che io li "ricatto" – racconta la Castellano - ma non è assolutamente questo il caso, perché non sto comminando un rapporto disciplinare o decidendo un isolamento! Si tratta di una condizione del contratto che chi vuole accetta; a quel punto io prendo atto che per libera scelta "Caio" ha detto sì alla convivenza con questa categoria di rei».
Sempre di scelta si tratta anche per i sex offenders, che per stare a Bollate devono sottoscrivere un contratto in cui si dichiarano disponibili a sottoporsi ad un processo di approfondimento sul tema della propria problematica e per i quali, al pari degli altri, la partecipazione attiva alla carcerazione vale da conditio sine qua non per restare.
Ad oggi si registra un solo caso di detenuto comune che abbia deciso di andare via perché non sosteneva la vicinanza dei "protetti", prova del fatto che, secondo la direttrice: «Come già dimostrato in più parti d’Italia da situazioni di convivenza fra comuni e sex offenders nelle sezione dei "semiliberi", quest’esperimento è assolutamente attuabile e può divenire una prassi consolidata. L’alternativa è piegarsi alla subcultura criminale, perché – continua la Castellano – è questo che succede quando lo stato china la testa e tollera l’esistenza della sezione protetti. Diverso è il caso della sezione dei pentiti, istituita da una circolare ministeriale, ma non spetta certo all’istituzione penitenziaria e meno che meno ai detenuti esprimere una valutazione morale su chi ha violentato una persona, per poi isolarlo: si tratta di un ragionamento inaccettabile».
E a chi le fa notare che si parlerebbe di rivoluzione se i direttori delle carceri accettassero un regime a custodia attenuata "barattabile" dai detenuti con la convivenza coi sex offenders, la direttrice risponde: «La rivoluzione del sistema carcerario non può che partire dagli obiettivi dell’amministrazione. Ed è su questi che dobbiamo interrogarci: qual è per noi il senso della pena? Perché se esso è restituire alla società persone migliori di quelle che erano entrate, allora non c’è altra via che ridare la dignità a tutti, sex offenders compresi, e questo non può che passare per lo smantellamento delle sezioni protetti». |