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Introdotta la licenza di uccidere? di Mario Pavone (Avvocato in Brindisi, Patrocinante in Cassazione)
Il 24 gennaio 2006 la Camera ha approvato in via definitiva il Disegno di Legge recante modifica l’articolo 52 del Codice Penale su legittima difesa e diritto all’autotutela in privato domicilio, approvato dal Senato il 6 luglio 2005. D’ora in avanti se un ladro entra in casa si potrà sparargli senza correre il rischio di finire in carcere, neanche se si uccide il malvivente. E nemmeno nei casi in cui la reazione è "sproporzionata" alla minaccia effettiva In particolare,il lapidario provvedimento normativo in corso di promulgazione introduce i seguenti commi nell’articolo 52 del Codice Penale: "Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale". Verrebbe subito da pensare che il Legislatore abbia voluto accompagnare il provvedimento con una sorta di "licenza di uccidere" non scritta,come traspare dai primi commenti alla nuova disciplina. (1) Prima di addentrarsi nei commenti alla nuova legge,appare opportuno premettere un breve excursus storico sull’evoluzione della legittima difesa dalle sue origini alla modifica oggi emanata. L’esimente della difesa legittima venne introdotta nel Codice Zanardelli del 1889 dall’art. 49, secondo comma che escluse la punibilità per colui che avesse commesso il fatto per "esservi stato costretto dalla necessità di respingere da sé o da altri una violenza attuale e ingiusta" specie se,nei delitti contro la persona,"ciò fosse stato necessario per difendere i propri beni dai reati di saccheggio, rapina, estorsione o ricatto". Il successivo Codice Rocco del 1930 incluse la legittima difesa tra le cause di esclusione della antigiuridicità subordinandone l’applicazione alla sua proporzione rispetto all’azione delittuosa. In base all’art 52,oggi modificato dal Parlamento, non veniva ritenuto punibile "chi avesse commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa". Il bilanciamento degli opposti interessi della difesa del patrimonio con quella della persona,venne risolto con l’introduzione nel Codice Penale dell’uso legittimo delle armi, previsto dall’art.53 C.P.. In conseguenza affinché si potesse parlare di legittima difesa occorrevano per il Codice Rocco due condizioni: che ci si limitasse all’atto strettamente necessario a difendersi e che la persona che si difendesse non avesse dato origine volontariamente all’aggressione. Nondimeno la Cassazione aveva più volte sancito, sul tema,come l’esigenza di salvaguardare la vita o l’incolumità della persona dovesse prevalere sulla tutela dei beni patrimoniali minacciati. Con la sentenza 20727 del 2003 la Corte aveva ribadito ancora una volta i principi di legittima difesa in questa fattispecie giuridica. Gli esercenti che subivano una rapina potevano ricorrere all’uso delle armi ma solo quando questo fosse "l’unico mezzo per impedire l’aggressione al patrimonio e non occasione per una ritorsione". L’uso delle armi era,quindi, considerato legittimo in presenza di una"proporzione tra il danno subito o che si potesse subire e la reazione posta in essere dall’aggredito". L’uso delle armi era escluso tutte le volte in cui la merce rubata fosse di poco valore. La Suprema Corte aveva ricordato,inoltre,come fosse permesso usare un’arma sparando in aria o su un bersaglio fisso come la macchina ferma con la quale il rapinatore tentasse di fuggire, ma fosse parimenti vietato sparare su bersagli mobili e in mezzo alla strada. Se si sparava a un malvivente colpendolo mortalmente si rischiava di incorrere non nell’ eccesso di legittima difesa ma nell’omicidio volontario. L’eccesso di legittima difesa poteva essere attribuito,nel caso più lieve, a un errore di valutazione del pericolo oppure,nei casi più gravi,a un eccesso volontario e consapevole, nel qual caso si poteva incorrere in un’accusa di omicidio o tentato omicidio. La stessa Convenzione europea dei diritti dell’uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, aveva stabilito,sul tema, come il ricorso alla forza sia legittimo se esso possa trovare giustificazione nella esigenza di assicurare la difesa di qualsiasi persona dalla violenza illegale. Così configurata, la legittima difesa era stata esclusa tutte le volte in cui l’uso delle armi fosse rivolto verso i fuggitivi, tranne nei casi espressamente previsti dalla Legge (2). In base a tali presupposti,La legge varata dal Parlamento e la infelice formulazione del nuovo art. 52 del Codice Penale fanno,quindi,già discutere Magistrati ed Avvocati. La nuova normativa è apparsa subito emanata per porre un freno ai recenti e, a volte, drammatici fatti di cronaca che hanno, in gran parte, portato a ritenere non solo giusta ma anche necessaria la riforma approvata, atteso che il reato di introduzione nel domicilio altrui è divenuto particolarmente rilevante anzi plurioffesivo, in quanto al tradizionale reato patrimoniale si associa quello invasivo della persona, tra lesioni, sequestro e addirittura violenza sessuale. Per alcuni commentatori il metodo scelto dal Legislatore finisce con l’allontanare la nostra tradizione giuridica e introduce una sorta di "licenza ad uccidere", legittimando, di fatto, il farsi giustizia da sé,così generando una sorta di legittimazione ad armarsi nel solo timore di subire una violenza. Non solo,ma è stata anche decisamente censurata la scelta legislativa di introdurre una scriminante speciale nella parte generale senza provvedere ad una precisa indicazione dei casi in cui essa possa essere ritenuta tale. Così formulato, il nuovo art. 52, II e III comma, appare viziato da incostituzionalità poiché sottrae una intera casistica di fatti concreti dal dominio del Giudice imparziale, creando, in estrema sintesi, una area riservata in cui il potere giudiziario deve abdicare al suo controllo ex lege posto che è lo stesso. legislatore ad aver già deciso gli effetti penali di quei determinati "fatti" giuridici. Nei primi commenti si è parlato di una presunzione di sussistenza del rapporto di proporzionalità e di una presunzione di carattere assoluto, posto che la scomparsa di ogni riferimento alla legittima difesa nel titolo della Legge autorizza oggi a parlare di un neo introdotto "diritto all’autotutela". Si sostiene ,infatti, che nel momento in cui sostanzialmente si impedisce al giudice di sindacare il nesso di proporzionalità tra difesa e offesa con riferimento ad azioni violente commesse contro chi si introduca o trattenga in alcuni luoghi determinati, si introduce in effetti una nuova causa di giustificazione mai prevista in precedenza e dai confini non ben delineati. Il che equivale a dire che il Legislatore abbia voluto introdurre una nuova ipotesi di uso lecito delle armi con tutto quello che ciò comporterebbe in tema di ordine pubblico. Infatti,in base alle modifiche apportate,basterebbe che qualcuno che si introducesse o si trattenesse illecitamente nell’abitazione altrui o in luoghi adibiti ad attività commerciali, professionali o d’impresa (3), senza che il fatto sia commesso con violenza sulle cose o alle persone o che il colpevole sia palesemente armato, che chiunque sia autorizzato a far uso di armi legittimante detenute (armi da sparo o armi bianche denunciate) o di "altro mezzo idoneo" a fine di difesa di persone o di beni con conseguenze neppure immaginabili per il malcapitato aggressore, esposto ai colpi dell’aggredito impaurito e non in grado di graduare la propria scomposta reazione rispetto al torto subito in quel momento. Tanto, da una parte, risolve il problema della protezione di cose e persone, dall’altro legittima,ancor più, la proliferazione di richieste di rilascio di licenze per le armi sulla base di precedenti, quanto re- moti, accadimenti. La norma finisce pure con il legittimare un utilizzo maggiormente diffuso di armi pericolose anche in episodi di minore portata da parte degli stessi aggressori. La norma,quindi,finisce con il generare problemi di ordine pubblico ben maggiori della tutela che intendeva assicurare nelle intenzioni del Legislatore e finisce con il sancire l’impotenza dello Stato di fronte al dilagare del crimine!! Così formulata,la nuova disciplina non può che ritenersi costituzionalmente illegittima, posto che l’inviolabilità del domicilio e la tutela della proprietà privata appaiono valori costituzionali protetti ancor più di quello della tutela della vita e della integrità individuale. La nuova norma,per essere applicata, non richiede,peraltro,che siano come minimo in corso atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere una rapina o lesioni personali volontarie o omicidio. E’ tutto ancorato, in definitiva, alla prospettiva soggettiva del "presunto" aggredito, sottoposto al mero pericolo di vedere lesi i propri beni. La
reazione indiscriminata del soggetto, a seconda della sua perizia nel maneggio
delle armi o della natura offensiva delle stesse,da una parte,quanto la
possibilità di utilizzo di armi clandestine ben più Speriamo di non dover assistere ad uno scenario del genere in cui vi sia sicuramente da una parte uno con la testa fracassata o ferito mortalmente e dall’altro una persona che si giustifichi dicendo di essersi trovato in casa quell’altro, che non voleva andarsene, e di aver temuto per sé, per i propri cari e per i propri beni. Se
il secondo e terzo comma si applicano "sganciati" dal presupposto
fondamentale del primo, che l’agire dell’offeso "costretto dalla
necessità di difendere" (art.52, 1° comma, cp) allora appare evidente la
scarsa "resistenza costituzionale" di questa novella, per violazione
quantomeno degli artt. 2 e 3 Cost (inviolabilità del diritto alla vita dell’offensore
nei casi di manifesta sproporzione tra i beni in conflitto e manifesta
irragionevole disparità di trattamento tra la scriminante in oggetto e quella,
ad esempio, dell’uso legittimo di armi da parte della PG - ancorato a
parametri ben più restrittivi). Il vero pericolo,quindi,è che,sull’onda della nuova Legge,vi sia un aumento della vendita delle armi oltre che di un uso non legittimato né legittimabile di esse in base ad un preteso diritto all’autotutela che non può trovare alcuna giustificazione in uno Stato di diritto. E’ noto che in uno Stato di diritto, specie se democratico, il monopolio della forza, della sicurezza dei cittadini e dei loro beni, della prevenzione di atti criminali, della giustizia e della eventuale punizione di chi viola la legge, appartiene esclusivamente allo Stato. In altre parole è vietato farsi giustizia da sé, salvo che in casi eccezionali, quando lo Stato non ha, per esempio, il tempo materiale di intervenire subito per la difesa di un bene tutelato(4). L’arma ha sempre due facce:può aiutare a difendersi come causare conseguenze irreparabili che non possono essere sottovalutate dal Legislatore. Non per nulla la diffusione delle armi è al centro di un lungo quanto inutile dibattito mondiale.
Note
(1) v. Buffone - La "nuova" legittima difesa in Altalex, gennaio 2006 (2) come, ad es., dall’.art. 158 ultimo comma del regio decreto 773/1931, Tulps (3) reato punito a querela di parte con la pena da quindici giorni a tre anni di reclusione dall’art. 614, I e II comma CP (4)
opinione condivisa da G. Tosi in Il diritto ed il suo rovescio, in
Questotrentino.it Legislatura 14º - Disegno di legge N. 1899 "Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio" (Testo approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 24 gennaio 2006, non ancora promulgato o pubblicato nella Gazzetta Ufficiale)
Articolo 1 (Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale sono aggiunti i seguenti commi: "Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale".
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