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Carcere sovraffollamento e recidiva: se ddl ex Cirielli diventa legge Desi Bruno - Garante delle persone private della libertà personale della città di Bologna
Da tempo istituzioni, associazioni, organi di stampa, politici e singoli cittadini si preoccupano, e a ragione, del sovraffollamento carcerario, che certo non risparmia neppure la locale casa circondariale, con una presenza costante di circa 900-1000 persone, il doppio di quelle che potrebbe ospitare. L’inarrestabile aumento della popolazione carceraria (composta per il 60% da tossicodipendenti e cittadini extracomunitari) viene indicato come il principale fattore del peggioramento delle condizioni di vita delle persone private della libertà personale, e rende insopportabile la carenza di spazi, di adeguata assistenza sanitaria, di personale di ogni qualifica, di lavoro,di risorse. Eppure è passata quasi sotto silenzio la recente approvazione al Senato del disegno di legge denominata ancora come ex-Cirielli, dal nome di uno dei parlamentari proponenti (e che poi ritirò la sua adesione), riguardante i termini di prescrizione dei reati e la recidiva. Contro la proposta si è levata anche di recente la protesta, inascoltata, dei docenti universitari di diritto, preoccupati che la previsione di tempi di prescrizione brevissimi per gravi reati, quali per esempio l’usura e la corruzione, possa avere effetti criminogeni, rafforzando il senso di impunità rispetto ad alcune tipologie di reati, mentre si prevede, in violazione del principio di ragionevolezza e uguaglianza, l’allungamento degli stessi termini per le persone che hanno già commesso reati, a prescindere, in alcuni casi, anche dalla gravità delle condotte. Ma chi ha il compito, come chi scrive, di segnalare il pericolo di un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari deve dire con chiarezza che l’approvazione della proposta Cirielli, passata ora all’esame della Camera, avrebbe conseguenze drammatiche sulla vita in carcere, rendendolo sempre più contenitore di marginalità sociale da gestire e su cui non investire se non in termini meramente custodiali. La proposta tende a consacrare, rilevando il progetto politico culturale da cui scaturisce, l’esistenza di un diritto minore per la marginalità sociale, che si affronta con un progetto demagogico e illusorio di "tolleranza zero", basato sulla assoluta centralità della pena detentiva, come se l’esperienza non insegnasse ogni giorno che questa scelta, tesa a creare un falso senso di sicurezza , non porta a nessun risultato né per chi ne è destinatario né per chi dovrebbe trarne qualche vantaggio in termini di maggior protezione. La tutela delle vittime, delle persone offese da reato non ha nulla a che vedere con la scelta di introdurre un nuovo "tipo d’autore", il recidivo reiterato, destinatario di pene più molto lunghe, oggetto di un automatismo in tema di concessione delle attenuanti generiche e di bilanciamento delle circostanze che preclude al giudice di valutare la gravità del fatto e la personalità dell’imputato e destinatario altresì di un trattamento penitenziario che svuota di contenuto l’impianto della legge Gozzini, rende impraticabile la fuoriuscita dal carcere attraverso le misure alternative, svilisce ogni ipotesi trattamentale, propaga il germe della superfluità di una seria politica di prevenzione e di attenzione al disagio, accentua la separatezza tra dentro e fuori, proponendola come strumento generatore di sicurezza. Il recidivo reiterato (che può essere anche chi ha commesso un furto al supermercato e una resistenza a pubblico ufficiale a distanza anche di molti anni dal primo fatto e commette un nuovo delitto anche di modesto disvalore) avrà un aumento obbligatorio di pena in alcuni casi di due terzi, a prescindere dalla gravità del reato commesso, con un aumento delle sanzioni detentive inflitte che dovranno essere necessariamente scontate in carcere. Ed infatti le modifiche al sistema penitenziario confermano la scelta di un doppio binario che devasta l’art. 27 Cost., lasciando ai recidivi reiterati solo, e non sempre, una parte finale della pena da scontare in misura alternativa, lasso temporale che si fa sempre più sottile e che per assurdo proprio nelle pene di non lunga durata renderà il carcere l’unica modalità di esecuzione della pena. E alle persone tossicodipendenti, che rappresentano parte significativa della popolazione carceraria, stimabile all’incirca in un terzo, e che reiterano condotte criminose per la "banale" ragione di non avere risolto il rapporto con le sostanze stupefacenti, si potrà sospendere la pena e concedere l’affidamento in prova al servizio sociale per la sottoposizione a programma terapeutico non più di volta. A decine di migliaia di recidivi tossicodipendenti, dunque, al fallimento del primo tentativo, si precluderà ogni possibilità di recupero e cura all’esterno del carcere, e a tutti coloro che rientrano nella categoria dei recidivi reiterati, che devono scontare pene anche brevi per fatti lontani, e che magari che si sono reinseriti, che hanno trovato lavoro, non potrà essere sospesa la pena per consentire loro di ottenere misure alternative senza passare dal carcere. Migliaia di persone si vedranno altresì preclusa la possibilità di mantenere rapporti con l’esterno,attraverso la riduzione drastica dei permessi. Dunque l’approvazione della disegno di legge ex Cirielli, che potrebbe avvenire anche in tempi rapidi, potrebbe realizzare una svolta repressiva nella esecuzione penale, con ulteriore incremento della popolazione detenuta, esasperando, con esiti infausti, i ben noti problemi dell’universo carcerario.
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