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Carcere duro, i ricorsi a tutto campo
Il Sole 24 Ore, 10 febbraio 2004
41bis, la Cassazione riduce i casi nei quali è dichiarata l’inammissibilità
La Cassazione apre la stagione dei controlli a tappeto sulla legalità del nuovo 41bis. Tutti i ricorsi contro i provvedimenti che dispongono il carcere duro, in decisione dopo lo spirare della scadenza prevista per l’applicazione delle misure restrittive al detenuto, non sono più inammissibili per carenza d’interesse. È così che la prima sezione penale, con una pronuncia innovativa (sentenza 4599/04, relatore Canzio, depositata il 5 febbraio), ha risolto un ricorso contro il meccanismo di proroga del regime eccezionale, ridisegnato poco più di un anno fa, con il quale il Guardasigilli può sospendere, in presenza di pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’applicazione delle normali regole di trattamento penitenziario nei confronti di detenuti per reati gravi come l’associazione mafiosa o finalizzata al traffico di stupefacenti, il terrorismo, anche internazionale, il contrabbando o il sequestro di persona. La durata della misura. compresa tra uno e due anni, può essere prorogata ripetutamente, al massimo, per un anno alla volta. Secondo i giudici di Piazza Cavour la circostanza che il termine finale di applicazione del trattamento carcerario differenziato sia interamente decorso al momento della decisione sull’impugnazione del relativo decreto non consente di ritenere che sia venuto meno l’interesse del ricorrente. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto in precedenza anche dalle sezioni Unite, la Cassazione non può dichiarare l’inammissibilità per "sopravvenuta carenza d’interesse" dei ricorsi che, dopo il no del tribunale di sorveglianza, arrivano al vaglio di legittimità. Le conseguenze sono evidenti: l’eventuale esito positivo del ricorso, infatti, potrebbe precludere la possibile proroga, o ulteriore proroga, nel frattempo disposta. L’opposto principio affermato dalle sezioni Unite, per il quale il decreto ministeriale che rinnova il trattamento differenziato è "del tutto autonomo" rispetto a quello rimasto privo di efficacia, per la prima sezione penale "deve considerarsi superato alla stregua del mutato quadro normativo e delle recenti prese di posizione della Corte europea dei diritti dell’uomo". Le modifiche introdotte dalla legge 279/2002 riguardano infatti i presupposti della misura che può essere ora disposta solo nei confronti di detenuti "in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva". E dato che questi presupposti devono costituire la base anche dei provvedimenti di proroga, per la Cassazione "deve convenirsi che l’esito del sindacato giurisdizionale di legalità del provvedimento è destinato a riflettere i suoi effetti vincolanti sul rinnovato esercizio del potere di applicazione o di proroga" del trattamento speciale. Non solo. Secondo Piazza Cavour, l’assenza di ogni decisione nel merito, conseguente alla declaratoria di inammissibilità, oltre a vanificare le prospettive del ricorrente viola le garanzie, riconosciute dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, "a un effettivo controllo giurisdizionale sulla legalità della misura, esponendo così l’Italia a probabili condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo".
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