Legge
26 luglio 1975 n. 354
Norme
sull'ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e
limitative della libertà
Capo I - Principi direttivi
Art.1 - Trattamento e rieducazione
Art.2 - Spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
Art.3 - Parità di condizioni fra i detenuti e gli internati
Art.4 - Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati
Art.4-bis - Divieto di concessione dei benefici
Capo II - Condizioni generali
Art.5 - Caratteristiche degli edifici penitenziari
Art.6 - Locali di soggiorno e di pernottamento
Art.7 - Vestiario e corredo
Art.8 - Igiene personale
Art.9 - Alimentazione
Art.10 - Permanenza all'aperto
Art.11 - Servizio sanitario
Art.12 - Attrezzature per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione
Capo III - Modalità del trattamento
Art.13 - Individualizzazione del trattamento
Art.14 - Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati
Art.14-bis - Regime di sorveglianza particolare
Art.14-ter - Reclamo
Art.14-quater - Contenuti del regime di sorveglianza particolare
Art.15 - Elementi del trattamento
Art.16 - Regolamento dell'istituto
Art.17 - Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa
Art.18 - Colloqui, corrispondenza e informazione
Art.18-bis - Colloqui a fini investigativi
Art.19 - Istruzione
Art.20 - Lavoro
Art.20-bis - Modalità di organizzazione del lavoro
Art.21 - Modalità del lavoro
Art. 21-bis - Assistenza all'esterno dei figli minori
Art.22 - Determinazione delle mercedi
Art.23 - Remunerazione e assegni familiari
Art.24 - Pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione
Art.25 - Peculio
Art.25-bis - Commissioni regionali per il lavoro penitenziario
Art.26 - Religione e pratiche di culto
Art.27 - Attività culturali, ricreative e sportive
Art.28 - Rapporti con la famiglia
Art.29 - Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle
malattie e dei decessi
Art.30 - Permessi
Art.30-bis - Provvedimenti e reclami in materia di permessi
Art.30-ter - Permessi premio
Art.31 - Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati
Capo IV - Regime penitenziario
Art.32 - Norme di condotta dei detenuti e degli internati. Obbligo di
risarcimento del danno
Art.33 - Isolamento
Art.34 - Perquisizione personale
Art.35 - Diritto di reclamo
Art.36 - Regime disciplinare
Art.37 - Ricompense
Art.38 - Infrazioni disciplinari
Art.39 - Sanzioni disciplinari
Art.40 - Autorità competente a deliberare le sanzioni
Art.41 - Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione
Art 41-bis - Situazioni di emergenza
Art.42 - Trasferimenti e traduzioni
Art. 42-bis - Traduzioni
Art.43 - Dimissione
Art.44 - Nascite, matrimoni, decessi
Capo V - Assistenza
Art.45 - Assistenza alle famiglie
Art.46 - Assistenza post-penitenziaria
Capo VI - Misure alternative alla detenzione e remissione del debito
Art.47 - Affidamento in prova al servizio sociale
Art.47-bis - Affidamento in prova in casi particolari (abrogato)
Art.47-ter - Detenzione domiciliare
Art. 47-quater - Misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti
affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria
Art. 47-quinquies - Detenzione domiciliare speciale
Art. 47-sexies - Allontanamento dal domicilio senza giustificato motivo
Art.48 - Regime di semilibertà
Art.49 - Ammissione obbligatoria al regime di semilibertà
(abrogato)
Art.50 - Ammissione facoltativa alla semilibertà
Art.51 - Sospensione e revoca del regime di semilibertà
Art.51-bis - Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà
Art.51-ter - Sospensione cautelativa delle misure alternative
Art.52 - Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà
Art.53 - Licenze agli internati
Art.53-bis - Computo del periodo di permesso o licenza
Art.54 - Liberazione anticipata
Art.55 - Modalità di esecuzione della libertà vigilata
Art.56 - Remissione del debito
Art.57 - Legittimazione alla richiesta dei benefici
Art.58 - Comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza
Art. 58-bis - Iscrizione nel casellario giudiziale
Art.58-ter - Persone che collaborano con la giustizia
Art.58-quater - Divieto di concessione di benefici
Titolo II - Disposizioni relative alla organizzazione penitenziaria
Capo I - Istituti penitenziari
Art.59 - Istituti per adulti
Art.60 - Istituti di custodia preventiva
Art.61 - Istituti per l'esecuzione delle pene
Art.62 - Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive
Art.63 - Centri di osservazione
Art.64 - Differenziazione degli istituti per l'esecuzione delle pene e delle
misure di sicurezza
Art.65 - Istituti per infermi e minorati
Art.66 - Costituzione, trasformazione e soppressione degli istituti
Art.67 - Visite agli istituti
Capo II - Giudici di sorveglianza
Art.68 - Uffici di sorveglianza
Art.69 - Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza
Art. 69-bis - Procedimento in materia di liberazione anticipata
Art.70 - Funzioni e provvedimenti della sezione di sorveglianza
Art.70-bis - Presidente del tribunale di sorveglianza
Capo II bis - Procedimento di sorveglianza
Art.71 - Procedimento di sorveglianza
Art.71-bis - Udienza
Art.71-ter - Impugnazioni
Art.71-quater - Comunicazioni
Art.71-quinquies - Revoca (abrogato)
Art. 71-sexies - Inammissibilità
Capo III - Servizio sociale e assistenza
Art.72 - Centri di servizio sociale
Art.73 - Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Art.74 - Consigli di aiuto sociale
Art.75 - Attività del consiglio di aiuto sociale per l'assistenza penitenziaria
e post-penitenziaria
Art.76 - Attività del consiglio di aiuto sociale per il soccorso e l'assistenza
alle vittime del delitto
Art.77 - Comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto
sociale
Art.78 - Assistenti volontari
Capo IV - Disposizioni finali e transitorie
Art.79 - Minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali
Art.80 - Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena
Art.81 - Attribuzioni degli assistenti sociali
Art.82 - Attribuzioni degli educatori
Art.83 - Ruoli organici del personale di servizio sociale e degli educatori
Art.84 - Concorso per esame speciale per l'accesso al ruolo della carriera di
concetto degli assistenti sociali per adulti
Art.85 - Accesso alla carriera direttiva di servizio sociale
Art.86 - Personale per gli uffici di sorveglianza
Art.87 - Norme di esecuzione
Art.88 - Attuazione dei ruoli del personale
Art.89 - Norme abrogate
Art.90 - Esigenze di sicurezza (abrogato)
Art.91 - Copertura finanziaria
Tabella A
Tabella B
Tabella C
Tabella D
Legge
26 luglio 1975 n. 354
(pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1975 n. 212, S.O.)
Titolo I
Trattamento penitenziario
Capo I
Principi direttivi
Art.1
Trattamento e rieducazione
Il
trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il
rispetto della dignità della persona.
Il trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in
ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni
politiche e a credenze religiose.
Negli
istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere
adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei
confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.
I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio
che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.
Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un
trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente
esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato
secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche
condizioni dei soggetti.
Art.2
Spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
Le
spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive sono a
carico dello stato.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte dei condannati si effettua ai
termini degli articoli 145,188,189 e 191 del codice penale e 274 del codice di
procedura penale.
Il
rimborso delle spese di mantenimento da parte degli internati si effettua
mediante prelievo di una quota della remunerazione a norma del penultimo
capoverso dell' articolo 213 del codice penale ,ovvero per effetto della
disposizione sul rimborso delle spese di spedalità, richiamata nell'ultima
parte dell'articolo 213 del codice penale.
Sono
spese di mantenimento quelle concernenti gli alimenti ed il corredo.
Il rimborso delle spese di mantenimento ha luogo per una quota non superiore ai
due terzi del costo reale. Il ministro per la grazia e giustizia, al principio
di ogni esercizio finanziario, determina, sentito il ministro per il tesoro, la
quota media di mantenimento dei detenuti in tutti gli stabilimenti della
Repubblica.
Art.3
Parità di condizioni fra i detenuti e gli internati
Negli
istituti penitenziari é assicurata ai detenuti ed agli internati parità di
condizioni di vita. In particolare il regolamento stabilisce limitazioni in
ordine all'ammontare del peculio disponibile e dei beni provenienti
dall'esterno.
Art.4
Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati
I
detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro derivanti dalla
presente legge anche se si trovano in stato di interdizione legale.
Art.4-bis
Divieto di concessione dei benefici e accertamento
della
pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti
1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le
misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione
anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti
delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la
giustizia a norma dell’art. 58 -ter della presente legge: delitti commessi per
finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine
democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui
all’art. 416 -bis del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare
l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli
600, 600 -bis, primo comma, 600 -ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609
-octies e 630 del codice penale, all’art. 291
-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e
all’art. 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli
articoli 16 -nonies e 17 -bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive
modificazioni.
1 -bis.
I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per
uno dei delitti ivi previsti, purché siano stati acquisiti elementi tali da
escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata,
terroristica o eversiva, altresì nei casi in cui la limitata partecipazione al
fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale
accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza
irrevocabile, rendono comunque impossibile un’utile collaborazione con la
giustizia, nonché nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta
risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o
internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste
dall’art. 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto
dopo la sentenza di condanna, dall’art. 114 ovvero dall’art. 116, secondo
comma, del codice penale.
1 -ter.
I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, purché non vi siano
elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità
organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di
cui agli articoli 575, 600 -bis, secondo e terzo comma, 600 -ter, terzo comma,
600 -quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale,
all’art. 291 -ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all’art. 73 del citato testo unico di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi
dell’art. 80, comma 2, del medesimo testo unico, e all’art. 416 del codice
penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II,
titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609 -bis,
609 -quater e 609 - octies del codice penale e dall’art. 12, commi 3, 3 -bis e
3 -ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
1 -quater.
I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per
i delitti di cui agli articoli 609 -bis, 609 -ter, 609 -quater e
609 -octies del codice penale solo sulla base dei risultati
dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per
almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma
dell’art. 80 della presente legge. Le disposizioni di cui al periodo
precedente si applicano in ordine al delitto previsto dall’art. 609 -bis del
codice penale salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso
contemplata;
2.
Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di
sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate
informazioni per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la
sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del
condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla
richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere
chiamato a partecipare il direttore dell’istituto penitenziario in cui il
condannato è detenuto.
2 -bis.
Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1-ter magistrato di
sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate
informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta
giorni dalla richiesta delle informazioni.
3.
Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza
ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni
operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice
e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine
di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3 -bis.
L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure
alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai
detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale
antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su
segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica
competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l’attualità di
collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle
procedure previste dai commi 2 e 3.”.
CAPO II
Condizioni generali
Art.5
Caratteristiche degli edifici penitenziari
Gli
istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un
numero non elevato di detenuti o internati.
Gli edifici penitenziari devono essere dotati, oltre che di locali per le
esigenze di vita individuale, anche di locali per lo svolgimento di attività in
comune.
Art.6
Locali di soggiorno e di pernottamento
I
locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere
di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da
permettere il lavoro e la lettura; aerati, riscaldati ove le condizioni
climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo
razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e
di pulizia.
I
locali destinati al pernottamento consistono in camere dotate di uno o più
posti.
Particolare cura é impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati
in camere a più posti.
Agli imputati deve essere garantito il pernottamento in camere ad un posto a
meno che la situazione particolare dell'istituto non lo consenta.
Ciascun detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto.
Art.7
Vestiario e corredo
Ciascun
soggetto é fornito di biancheria, di vestiario e di effetti di uso in quantità
sufficiente, in buono stato di conservazione e di pulizia e tali da assicurare
la soddisfazione delle normali esigenze di vita.
L'abito
é di tessuto a tinta unita e di foggia decorosa. É concesso l'abito di lavoro
quando é reso necessario dall'attività svolta.
Gli imputati e i condannati a pena detentiva inferiore ad un anno possono
indossare abiti di loro proprietà, purché puliti e convenienti. L'abito
fornito agli imputati deve essere comunque diverso da quello dei condannati e
degli internati.
I detenuti e gli internati possono essere ammessi a far uso di corredo di loro
proprietà e di oggetti che abbiano particolare valore morale o affettivo.
Art.8
Igiene personale
É
assicurato ai detenuti e agli internati l'uso adeguato e sufficiente di lavabi e
di bagni o docce, nonché degli altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia
della persona.
In
ciascun istituto sono organizzati i servizi per il periodico taglio dei capelli
e la rasatura della barba. Può essere consentito l'uso di rasoio elettrico
personale.
Il
taglio dei capelli e della barba può essere imposto soltanto per particolari
ragioni igienico - sanitarie.
Art.9
Alimentazione
Ai
detenuti e agli internati é assicurata un'alimentazione sana e sufficiente,
adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al
clima.
Il
vitto é somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.
I
detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile.
La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite
tabelle approvate con decreto ministeriale.
Il servizio di vettovagliamento é di regola gestito direttamente dalla
amministrazione penitenziaria.
Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per
sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.
Ai detenuti e agli internati é consentito l'acquisto, a proprie spese, di
generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La
vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a
spacci gestiti direttamente dalla amministrazione carceraria o da imprese che
esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale. I prezzi non
possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui é sito
l'istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un
delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla
qualità e prezzi dei generi venduti nell'istituto.
Art.10
Permanenza all'aperto
Ai
soggetti che non prestano lavoro all'aperto é consentito di permanere almeno
per due ore al giorno all'aria aperta. Tale periodo di tempo può essere ridotto
a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi eccezionali.
La
permanenza all'aria aperta é effettuata in gruppi a meno che non ricorrano i
casi indicati nell' articolo 33 e nei numeri 4) e 5) dello articolo 39 ed é
dedicata, se possibile, ad esercizi fisici.
Art.11
Servizio sanitario
Ogni
istituto penitenziario é dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico
rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e
degli internati; dispone, inoltre, dell'opera di almeno uno specialista in
psichiatria.
Ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere
apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati
sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali
civili o in altri luoghi esterni di cura. Per gli imputati, detti trasferimenti
sono disposti, dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, dal magistrato
di sorveglianza; prima della pronunzia della sentenza di primo grado, dal
giudice istruttore, durante l'istruttoria formale; dal pubblico ministero,
durante l'istruzione sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla
presentazione dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti
preliminari al giudizio e nel corso del giudizio gli atti preliminari al
giudizio e nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua
competenza; dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti
preliminari al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della
corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione.
L'autorità giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può disporre,
quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli internati trasferiti in
ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura con proprio provvedimento, o
con provvedimento del direttore dell'istituto nei casi di assoluta urgenza, non
siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario
per la tutela della loro incolumità personale.
Il detenuto o l'internato che, non essendo sottoposto a piantonamento, si
allontana dal luogo di cura senza giustificato motivo é punibile a norma del
primo comma dell'articolo 385 del codice penale.
All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica
generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche.
L'assistenza sanitaria é prestata, nel corso della permanenza nell'istituto,
con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli
interessati.
Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano
richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono
particolari indagini e cure specialistiche; deve, inoltre, controllare
periodicamente l'idoneità dei soggetti ai lavori cui sono addetti.
I detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie
contagiose sono immediatamente isolati. Nel caso di sospetto di malattia
psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col rispetto delle
norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità mentale.
In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per
l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.
Alle madri é consentito di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre
anni. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili
nido.
L'amministrazione penitenziaria, per l'organizzazione e per il funzionamento dei
servizi sanitari, può avvalersi della collaborazione dei servizi pubblici
sanitari locali, ospedalieri ed extra ospedalieri, d'intesa con la regione e
secondo gli indirizzi del ministero della sanità.
I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese
da un sanitario di loro fiducia. Per gli imputati é necessaria l'autorizzazione
del magistrato che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado.
Il medico provinciale visita almeno due volte l'anno gli istituti di prevenzione
e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico- sanitario, l'adeguatezza
delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio
sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti
negli istituti.
Il medico provinciale riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da
adottare al ministero della sanità e a quello di grazia e giustizia, informando
altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza.
Art.12
Attrezzature per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione
Negli
istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate
attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione
scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in
comune.
Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri
e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell' articolo
16 .
Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti
e degli internati.
Capo III
Modalità del trattamento
Art.13
Individualizzazione del trattamento
Il
trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della
personalità di ciascun soggetto.
Nei
confronti dei condannati e degli internati é predisposta l'osservazione
scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre
cause del disadattamento sociale. L'osservazione é compiuta all'inizio
dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa.
Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione,
sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed
é compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le
esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione.
Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente
ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale
sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento pratico e i suoi
risultati.
Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle
attività di osservazione e di trattamento.
Art.14
Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati
Il
numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere
limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento.
L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il
raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare
riguardo alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e
all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono,
inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell'
articolo 42 .
É
assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani
al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e
dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione.
É
consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati
ad attività organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza.
Le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di istituto.
Art.14-bis
Regime di sorveglianza particolare.
1.
Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo
non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore
ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
a)
che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine
negli istituti;
b)
che con la violenza o minaccia impediscono le attività degli altri detenuti o
internati;
c)
che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri
detenuti nei loro confronti.
2.
Il regime di cui al precedente comma primo é disposto con provvedimento
motivato della amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio di
disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma
dell'articolo 80.
3. Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza particolare é
disposto sentita anche l'autorità giudiziaria che procede.
4. In caso di necessità ed urgenza l'amministrazione può disporre in via
provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che
comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del
provvedimento. Scaduto tale termine la amministrazione, acquisiti i pareri
prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i quali, senza
che sia intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio decade.
5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare, fin dal
momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli
imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri
concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell'imputazione,
nello stato di libertà. L'autorità giudiziaria segnala gli eventuali elementi
a sua conoscenza all'amministrazione penitenziaria che decide sulla adozione dei
provvedimenti di sua competenza.
6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente articolo é
comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio
del suo potere di vigilanza.
Art.14-ter
Reclamo
1.
Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza
particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di
sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento
definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.
2.
Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di consiglio entro
dieci giorni dalla ricezione del reclamo.
3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del pubblico
ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare
memorie.
4.
Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del Capo
secondo-bis del Titolo secondo.
Art.14-quater
Contenuti del regime di sorveglianza particolare
1.
Il regime di sorveglianza particolare comporta le restrizioni strettamente
necessarie per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, all'esercizio dei
diritti dei detenuti e degli internati e alle regole di trattamento previste
dall'ordinamento penitenziario.
2.
L'amministrazione penitenziaria può adottare il visto di controllo sulla
corrispondenza, previa autorizzazione motivata dell'autorità giudiziaria
competente.
3.
Le restrizioni di cui ai commi precedenti sono motivatamente stabilite nel
provvedimento che dispone il regime di sorveglianza particolare.
4.
In ogni caso le restrizioni non possono riguardare: l'igiene e le esigenze della
salute; il vitto; il vestiario ed il corredo; il possesso, l'acquisto e la
ricezione di generi ed oggetti permessi dal regolamento interno, nei limiti in
cui ciò non comporta pericolo per la sicurezza; la lettura di libri e
periodici; le pratiche di culto; l'uso di apparecchi radio del tipo consentito;
la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno salvo quanto disposto
dall'articolo 10; i colloqui con i difensori, nonché quelli con il coniuge, il
convivente, i figli, i genitori, i fratelli.
5. Se il regime di sorveglianza particolare non é attuabile nell'istituto ove
il detenuto o l'internato si trova, la amministrazione penitenziaria può
disporre, con provvedimento motivato, il trasferimento in altro istituto idoneo,
con il minimo pregiudizio possibile per la difesa e per i familiari, dandone
immediato avviso al magistrato di sorveglianza. Questi riferisce al ministro in
ordine ad eventuali casi di infondatezza dei motivi posti a base del
trasferimento.
Art.15
Elementi del trattamento
Il
trattamento del condannato e dell'internato é svolto avvalendosi principalmente
dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali,
ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i
rapporti con la famiglia.
Ai
fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e
all'internato é assicurato il lavoro.
Gli
imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative,
culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni
dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa o di formazione
professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate
alla loro posizione giuridica.
Art.16
Regolamento dell'istituto
In
ciascun istituto il trattamento penitenziario é organizzato secondo le
direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo alle
esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti. Le modalità del
trattamento da seguire in ciascun istituto sono disciplinate nel regolamento
interno, che é predisposto e modificato da una commissione composta dal
magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal
cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un
assistente sociale. La commissione può avvalersi della collaborazione degli
esperti indicati nel quarto comma dell' articolo 80 .
Il
regolamento interno disciplina, altresì, i controlli cui devono sottoporsi
tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono.
Il regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal Ministro per la
grazia e giustizia.
Art.17
Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa
La
finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere
perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di
istituzioni o associazioni pubbliche o private all'azione rieducativa.
Sono
ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo
le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore,
tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei
detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra
la comunità carceraria e la società libera.
Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo dei
direttore.
Art.18
Colloqui, corrispondenza e informazione
1
I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i
congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici.
2
I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non
auditivo del personale di custodia.
3 Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.
4 L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli
internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la
corrispondenza.
5 Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari,
con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal
regolamento.
6 I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sé i
quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi
di altri mezzi di informazione.
7 La corrispondenza dei singoli condannati o internati può essere sottoposta,
con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a visto di controllo
del direttore o di un rappresentante all'amministrazione penitenziaria designato
dallo stesso direttore.
8. Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis, per gli imputati i permessi di
colloquio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, la sottoposizione
al visto di controllo sulla corrispondenza e le autorizzazioni alla
corrispondenza telefonica sono di competenza dell'autorità giudiziaria, ai
sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. Dopo la pronuncia
della sentenza di primo grado i permessi di colloquio sono di competenza del
direttore dell'istituto.
9 Le dette autorità giudiziarie, nel disporre la sottoposizione della
corrispondenza a visto di controllo, se non ritengono di provvedervi
direttamente, possono delegare il controllo al direttore o a un appartenente
alla amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Le medesime
autorità possono anche disporre limitazioni nella corrispondenza e nella
ricezione della stampa.
Art.18-bis
Colloqui a fini investigativi
1.
Il personale della Direzione investigativa antimafia di cui all'articolo 3 del
decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, nella
legge 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui
all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, nonché gli ufficiali di
polizia giudiziaria designati dai responsabili, a livello centrale, delle
predetta direzione e dei predetti servizi, hanno facoltà di visitare gli
istituti penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2, del
presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine
di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di
criminalità organizzata.
2.
Al personale di polizia indicato nel comma 1, l'autorizzazione ai colloqui é
rilasciata:
a)
quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal ministro di
grazia e giustizia o da un suo delegato;
b)
quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico ministero.
3.
Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono annotate in apposito
registro riservato tenuto presso l'autorità competente al rilascio.
4. In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del ministro
dell'interno o, per sua delega, dal capo della polizia, l'autorizzazione
prevista nel comma 2, lettera a), non é richiesta, e del colloquio é data
immediata comunicazione all'autorità ivi indicata, che provvede all'annotazione
nel registro riservato di cui al comma 3.
5. La facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti e internati é
attribuita, senza necessità di autorizzazione, altresì al procuratore
nazionale antimafia ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di
coordinamento previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale; al
medesimo procuratore nazionale antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui
ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini,
imputate o condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma
3-bis, del codice di procedura penale.
Art.19
Istruzione
Negli
istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, é curata
mediante l'organizzazione dei corsi della scuola d'obbligo e di corsi di
addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e con l'ausilio di
metodi adeguati alla condizione dei soggetti.
Particolare
cura é dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di età
inferiore ai venticinque anni.
Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite
scuole di istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari.
É agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed
é favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per
televisione.
É favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con piena
libertà di scelta delle letture.
Art.20
Lavoro
Negli
istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei
detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di
formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni
organizzate e gestite direttamente da imprese pubbliche o private e possono
essere istituiti corsi di formazione professionale organizzati e svolti da
aziende pubbliche, o anche da aziende private convenzionate con la regione.
Il
lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.
Il
lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di
sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.
I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e
dell'ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando
questo risponda a finalità terapeutiche.
L'organizzazione
e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella
società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione
professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il
reinserimento sociale.
Nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente
dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di
internamento, dei carichi familiari, della professionalità, nonché delle
precedenti e documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno
dedicarsi dopo la dimissione, con l'esclusione dei detenuti e internati
sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bis della
presente legge.
Il
collocamento al lavoro da svolgersi all'interno dell'istituto avviene nel
rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una generica
e l'altra per qualifica o mestiere.
Per
la formazione delle graduatorie all'interno delle liste e per il nulla-osta agli
organismi competenti per il collocamento, è istituita, presso ogni istituto,
una commissione composta dal direttore, da un appartenente al ruolo degli
ispettori o dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria e da un
rappresentante del personale educativo, eletti all'interno della categoria di
appartenenza, da un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni
sindacali più rappresentative sul piano nazionale, da un rappresentante
designato dalla commissione circoscrizionale per l'impiego territorialmente
competente e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali territoriali.
Alle riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un
rappresentante dei detenuti e degli internati, designato per sorteggio secondo
le modalità indicate nel regolamento interno dell'istituto.
Per ogni componente viene indicato un supplente eletto o designato secondo i
criteri in precedenza indicati.
Al lavoro all'esterno, si applicano la disciplina generale sul collocamento
ordinario ed agricolo, nonché l'art. 19 della legge 28 febbraio 1987, n. 56.
Per tutto quanto non previsto dal presente articolo si applica la disciplina
generale sul collocamento.
Le amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulano apposite
convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a
fornire a detenuti o internati opportunità di lavoro. Le convenzioni
disciplinano l'oggetto e le condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa,
la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza
pubblica.
Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilità
generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale, possono, previa
autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia, vendere prodotti delle
lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto
conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti corrispondenti
nel mercato all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto.
I detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o
artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi ad
esercitare per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o artistiche.
I soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere
ammessi a un tirocinio retribuito.
La durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti
dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono
garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai
detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione professionale di
cui al comma primo è garantita, nei limiti degli stanziamenti regionali, la
tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista dalle disposizioni vigenti in
ordine a tali corsi.
Agli effetti della presente legge, per la costituzione e lo svolgimento di
rapporti di lavoro nonché per l'assunzione della qualità di socio nelle
cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, non si applicano
le incapacità derivanti da condanne penali o civili.
Entro il 31 marzo di ogni anno il Ministro di grazia e giustizia trasmette al
Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle
disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell'anno precedente.
Art.20 - bis
Modalità di organizzazione del lavoro
1.
Il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria può affidare, con
contratto d'opera, la direzione tecnica delle lavorazioni a persone estranee
all'amministrazione penitenziaria, le quali curano anche la specifica formazione
dei responsabili delle lavorazioni e concorrono alla qualificazione
professionale dei detenuti, d'intesa con la regione. Possono essere inoltre
istituite, a titolo sperimentale, nuove lavorazioni, avvalendosi, se necessario,
dei servizi prestati da imprese pubbliche o private ed acquistando le relative
progettazioni.
2.
L'amministrazione penitenziaria, inoltre, applicando, in quanto compatibili, le
disposizioni di cui all'undicesimo comma dell'articolo 20 , promuove la vendita
dei prodotti delle lavorazioni penitenziarie anche mediante apposite convenzioni
da stipulare con imprese pubbliche o private, che abbiano una propria rete di
distribuzione commerciale.
3. Previo assenso della direzione dell'istituto, i privati che commissionano
forniture all'amministrazione penitenziaria possono, in deroga alle norme di
contabilità generale dello stato e a quelle di contabilità speciale,
effettuare pagamenti differiti, secondo gli usi e le consuetudini vigenti.
4. Sono abrogati l'articolo 1 della legge 3 luglio 1942, n. 971 , e l'articolo
611 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 maggio 1920, n. 1908.
Art.21
Lavoro all'esterno
1.
I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in
condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti
dall'articolo 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della
reclusione per uno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater
dell'articolo 4- bis,
l'assegnazione al lavoro all'esterno può essere disposta dopo l'espiazione di
almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti
dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di
almeno dieci anni.
2.
I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a
prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per
motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa
autorizzazione della competente autorità giudiziaria.
3.
Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto
controllo della direzione dello istituto a cui il detenuto o l'internato é
assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del
servizio sociale.
4.
Per ciascuno condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro
all'esterno diviene esecutivo dopo la approvazione del magistrato di
sorveglianza.
4-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al
secondo periodo del comma sedicesimo dell'articolo 20 si applicano anche ai
detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione
professionale all'esterno degli istituti penitenziari.
Art. 21-bis
Assistenza all'esterno dei figli minori
1.
Le condannate e le internate possono essere ammesse alla cura e all'assistenza
all'esterno dei figli di età non superiore agli anni dieci, alle condizioni
previste dall'articolo 21.
2. Si applicano tutte le disposizioni relative al lavoro all'esterno, in
particolare l'articolo 21, in quanto compatibili.
3.
La misura dell'assistenza all'esterno può essere concessa, alle stesse
condizioni, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e
non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre
Art.22
Determinazione delle mercedi
1.
Le mercedi per ciascuna categoria di lavoranti sono equitativamente stabilite in
relazione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato, alla
organizzazione e al tipo del lavoro del detenuto in misura non inferiore ai due
terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro. A
tale fine é costituita una commissione composta dal direttore generale degli
istituti di prevenzione e di pena, che la presiede, dal direttore dell'ufficio
del lavoro dei detenuti e degli internati della direzione generale per gli
istituti di prevenzione e di pena, da un ispettore generale degli istituti di
prevenzione e di pena, da un rappresentante del ministero del tesoro, da un
rappresentante del ministero del lavoro e della previdenza sociale e da un
delegato per ciascuna delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul
piano nazionale.
2. L'ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena funge da
segretario della commissione.
3. La medesima commissione stabilisce il trattamento economico dei tirocinanti.
4. La commissione stabilisce, altresì, il numero massimo di ore di permesso di
assenza dal lavoro retribuite e le condizioni e modalità di fruizione delle
stesse da parte dei detenuti e degli internati addetti alle lavorazioni, interne
o esterne, o ai servizi di istituto, i quali frequentino i corsi della scuola
d'obbligo o delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, o i corsi di
addestramento professionale, ove tali corsi si svolgano, negli istituti
penitenziari, durante l'orario di lavoro ordinario.
Art.23
Remunerazione e assegni familiari (Abrogati i primi tre commi)
Ai
detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le persone a carico, gli
assegni familiari nella misura e secondo le modalità di legge.
Gli assegni familiari sono versati direttamente alle persone a carico con le
modalità fissate dal regolamento.
Art.24
Pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione
Sulla
remunerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo di
risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla
remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresì prelevate
le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell' articolo 2 .
In ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a tre
quinti. Tale quota non é soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per
obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno
arrecato alle cose mobili o immobili della amministrazione.
La remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non é soggetta a
pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o
a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili
dell'amministrazione.
Art.25
Peculio
Il
peculio dei detenuti e degli internati é costituito dalla parte della
remunerazione ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal danaro
posseduto all'atto dell'ingresso in istituto, da quello ricavato dalla vendita
degli oggetti di loro proprietà o inviato dalla famiglia e da altri o ricevuto
a titolo di premio o di sussidio.
Le
somme costituite in peculio producono a favore dei titolari interessi legali.
Il
peculio é tenuto in deposito dalla direzione dell'istituto.
Il
regolamento deve prevedere le modalità del deposito e stabilire la parte di
peculio disponibile dai detenuti e dagli internati per acquisti autorizzati di
oggetti personali o invii a familiari o conviventi, e la parte da consegnare
agli stessi all'atto della dimissione dagli istituti.
Art.25-bis
Commissioni regionali per il lavoro penitenziario
1.
Sono istituite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario. Esse sono
presiedute dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e sono
composte dai rappresentanti, in sede locale, delle associazioni imprenditoriali
e delle associazioni cooperative e dai rappresentanti della regione che operino
nel settore del lavoro e della formazione professionale. Per il ministero del
lavoro e della previdenza sociale interviene un funzionario in servizio presso
l'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione.
2.
Le lavorazioni penitenziarie sono organizzate, sulla base di direttive, dai
provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, sentite le
commissioni regionali per il lavoro penitenziario nonché le direzioni dei
singoli istituti.
3.
I posti di lavoro a disposizione della popolazione penitenziaria devono essere
quantitativamente e qualitativamente dimensionati alle effettive esigenze di
ogni singolo istituto. Essi sono fissati in una tabella predisposta dalla
direzione dell'istituto, nella quale sono separatamente elencati i posti
relativi alle lavorazioni interne industriali, agricole ed ai servizi di
istituto.
4.
Nella tabella di cui al comma 3 sono altresì indicati i posti di lavoro
disponibili all'esterno presso imprese pubbliche o private o associazioni
cooperative nonché i posti relativi alle produzioni che imprese private o
associazioni cooperative intendono organizzare e gestire direttamente
all'interno degli istituti.
5. Annualmente la direzione dell'istituto elabora ed indica il piano di lavoro
in relazione al numero dei detenuti, all'organico del personale civile e di
polizia penitenziaria disponibile e alle strutture produttive.
6. La tabella, che può essere modificata secondo il variare della situazione,
ed il piano di lavoro annuale sono approvati dal provveditore regionale
dell'amministrazione penitenziaria, sentita la commissione regionale per il
lavoro penitenziario.
7. Nel regolamento di ciascun istituto sono indicate le attività lavorative che
possono avere esecuzione in luoghi a sicurezza attenuata.
Art.26
Religione e pratiche di culto
I
detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede religiosa,
di istruirsi in essa e di praticarne il culto.
Negli istituti é assicurata la celebrazione dei riti del culto cattolico. A
ciascun istituto é addetto almeno un cappellano.
Gli
appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno diritto di ricevere, su
loro richiesta, la assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i
riti.
Art.27
Attività culturali, ricreative e sportive
Negli
istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e
ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità
dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.
Una
commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e dagli
assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la
organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo
contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale.
Art.28
Rapporti con la famiglia
Particolare
cura é dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti
e degli internati con le famiglie.
Art.29
Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle malattie e
dei decessi
I
detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare immediatamente i
congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro ingresso in
un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento.
In caso di decesso o di grave infermità fisica o psichica di un detenuto o di
un internato, deve essere data tempestiva notizia ai congiunti ed alle altre
persone eventualmente da lui indicate; analogamente i detenuti e gli internati
devono essere tempestivamente informati del decesso o della grave infermità
delle persone di cui al comma precedente.
Art.30
Permessi
Nel
caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai
condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza
il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento,
l'infermo.
Agli imputati il permesso é concesso, durante il procedimento di primo grado,
dalle medesime autorità giudiziarie competenti ai sensi del secondo comma
dell'articolo 11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli
imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado. Durante il
procedimento di appello provvede il presidente del collegio e, nel corso di
quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario presso il quale si
é svolto il procedimento di appello.
Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari
di particolare gravità.
Il
detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza
giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di
dodici, é punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo
maggiore, é punibile a norma del primo comma dello articolo 385 del codice
penale ed é applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso
articolo.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso
senza giustificato motivo é punito in via disciplinare.
Art.30-bis
Provvedimenti e reclami in materia di permessi
Prima
di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorità competente deve assumere
informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti, a mezzo delle autorità di
pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante chiede di recarsi.
La
decisione sull'istanza é adottata con provvedimento motivato.
Il
provvedimento é comunicato immediatamente senza formalità, anche a mezzo del
telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e all'interessato, i quali,
entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo, se il
provvedimento é stato emesso dal magistrato di sorveglianza, alla sezione di
sorveglianza, o, se il provvedimento é stato emesso da altro organo
giudiziario, alla corte di appello.
La
sezione di sorveglianza o la corte di appello, assunte, se del caso, sommarie
informazioni, provvede entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo dandone
immediata comunicazione ai sensi del comma precedente.
Il magistrato di sorveglianza, o il presidente della corte d'appello, non fa
parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da lui
emesso.
Quando per effetto della disposizione contenuta nel precedente comma non é
possibile comporre la sezione di sorveglianza con i magistrati di sorveglianza
del distretto, si procede all'integrazione della sezione ai sensi dell'articolo
68,terzo e quarto comma.
L'esecuzione del permesso é sospesa sino alla scadenza del termine stabilito
dal terzo comma e durante il procedimento previsto dal quarto comma, sino alla
scadenza del termine ivi previsto.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai permessi concessi ai
sensi del primo comma dell'articolo 30.in tale caso é obbligatoria la scorta.
Il procuratore generale presso la corte d'appello é informato dei permessi
concessi e del relativo esito, con relazione trimestrale, degli organi che li
hanno rilasciati.
Art.30-ter
Permessi premio
1.
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma
ottavo e che non risultano "socialmente pericolose",( inserite con
articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991, n.
203) il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, può
concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni
per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La
durata dei permessi non può superare complessivamente quarantacinque giorni in
ciascun anno di espiazione.
2.
Per i condannati minori di età la durata dei permessi premio non può superare
ogni volta i venti giorni e la durata complessiva non può eccedere i sessanta
giorni in ciascun anno di espiazione.
3. L'esperienza dei permessi premio é parte integrante del programma di
trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali
penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
4.
La concessione dei permessi é ammessa:
a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a
tre anni anche se congiunta all'arresto;
b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo
quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della
pena;
c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno delitti indicati nei
commi 1, 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della
penale, comunque, di non oltre dieci anni;
d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci
anni.
5. Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle misure
restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso
durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della
libertà personale, la concessione é ammessa soltanto decorsi due anni dalla
commissione del fatto.
6. Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di cui al
primo comma dell'articolo 30; si applicano altresì le disposizioni di cui al
terzo e al quarto comma dello stesso articolo.
7. Il provvedimento relativo ai permessi premio é soggetto a reclamo al
tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo 30-bis.
8. La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante
la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza
nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle
eventuali attività lavorative o culturali.
Art.31
Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati
Le
rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 12 e 27
sono nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal regolamento
interno dell'istituto.
CAPO IV
Regime penitenziario
Art.32
Norme di condotta dei detenuti e degli internati. Obbligo di risarcimento
del danno
I
detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e, quando
sia necessario, successivamente, sono informati delle disposizioni generali e
particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al
trattamento.
Essi
devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria.
Nessun
detenuto o internato può' avere, nei servizi dell'istituto, mansioni che
importino un potere disciplinare o consentano la acquisizione di una posizione
di preminenza sugli altri.
I
detenuti e gli internati devono avere cura degli oggetti messi a loro
disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui.
I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili
dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio
dello eventuale procedimento penale e disciplinare.
Art.33
Isolamento
Negli
istituti penitenziari l'isolamento continuo é ammesso:
1)
quando é prescritto per ragioni sanitarie;
2) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in
comune;
3) per gli imputati durante la istruttoria e per gli arrestati nel procedimento
di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità
giudiziaria.
Art.34
Perquisizione personale
I
detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per
motivi di sicurezza.
La
perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della
personalità.
Art.35
Diritto di reclamo
I
detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti,
anche in busta chiusa:
1)
al direttore dell'istituto, nonché agli ispettori, al direttore generale per
gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia;
2) al magistrato di sorveglianza;
3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;
4)
al presidente della giunta regionale;
5) al capo dello stato.
Art.36
Regime disciplinare
Il
regime disciplinare é attuato in modo da stimolare il senso di responsabilità
e la capacità di autocontrollo. Esso é adeguato alle condizioni fisiche e
psichiche dei soggetti.
Art.37
Ricompense
Le
ricompense costituiscono il riconoscimento del senso di responsabilità
dimostrato nella condotta personale e nelle attività organizzate negli
istituti.
Le
ricompense e gli organi competenti a concederle sono previsti dal regolamento.
Art.38
Infrazioni disciplinari
I
detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto che non sia
espressamente previsto come infrazione dal regolamento.
Nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la
contestazione dell'addebito all'interessato, il quale é ammesso ad esporre le
proprie discolpe.
Nell'applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della natura e
della gravità del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del
soggetto.
Le sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalità.
Art.39
Sanzioni disciplinari
Le
infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti sanzioni:
1)
richiamo del direttore;
2)
ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al personale e
di un gruppo di detenuti o internati;
3)
esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni;
4) isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non più di dieci
giorni;
5) esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni.
La sanzione della esclusione dalle attività in comune non può essere eseguita
senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il
soggetto può sopportarla. Il soggetto escluso dalle attività in comune é
sottoposto a costante controllo sanitario.
L'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune é
sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi, e
delle madri che allattino la propria prole fino ad un anno.
Art.40
Autorità competente a deliberare le sanzioni
Le
sanzioni del richiamo e della ammonizione sono deliberate dal direttore.
Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal
direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato più elevato
in grado, con funzioni di presidente, dal sanitario e dall'educatore.
Art.41
Impiego
della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione
Non
é consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti e degli
internati se non sia indispensabile per prevenire o impedire atti di violenza,
per impedire tentativi di evasione o per vincere la resistenza, anche passiva,
all'esecuzione degli ordini impartiti.
Il personale che, per qualsiasi motivo, abbia fatto uso della forza fisica nei
confronti dei detenuti o degli internati, deve immediatamente riferirne al
direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio, accertamenti sanitari e
procede alle altre indagini del caso.
Non può essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia
espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si può far ricorso a
fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di
garantire la incolumità dello stesso soggetto. L'uso deve essere limitato al
tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal
sanitario.
Gli agenti in servizio nell'interno degli istituti non possono portare armi se
non nei casi eccezionali in cui ciò venga ordinato dal direttore.
Art.41-bis
Situazioni di emergenza
1.
In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il
ministro di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere nell'istituto
interessato o in parte di esso l'applicazione delle normali regole di
trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata
dalla necessità di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata
strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto.
2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a
richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresì la
facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o
internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1
dell'articolo 4-bis, o
comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al
fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far
ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale,
terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli
istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto
con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni
necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i
collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente.
In
caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di
custodia cautelare, la sospensione può essere disposta anche quando sia stata
espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati
nell’articolo 4-bis.
2-bis. Il provvedimento emesso ai sensi del comma 2 è adottato con decreto
motivato del Ministro della giustizia, anche su richiesta del Ministro
dell’interno, sentito l’ufficio del pubblico ministero che procede alle
indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni
altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia, gli
organi di polizia centrali e quelli specializzati nell’azione di contrasto
alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell’ambito delle
rispettive competenze.
Il provvedimento medesimo ha durata pari a quattro anni ed è prorogabile nelle
stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga è
disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con
l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto
conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in
seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale,
della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli
esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del
sottoposto.
Il
mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per
escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione o
dimostrare il venir meno dell’operatività della stessa.
2-quater.
I
detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti
all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati
preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all’interno di sezioni
speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto e custoditi da
reparti specializzati della polizia penitenziaria.
La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al
comma 2 prevede:
a) l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo
principalmente alla necessità di prevenire contatti con l'organizzazione
criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di
organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati
appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;
b) la determinazione dei colloqui in numero di uno al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in
locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Sono vietati i
colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali
determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati
fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria
competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. I
colloqui vengono sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione,
previa motivata autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente ai sensi
del medesimo secondo comma dell'articolo 11; solo
per coloro che non effettuano colloqui può essere autorizzato, con
provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino
alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria
competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11, e
solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio telefonico mensile con
i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto,
comunque, a registrazione. Le disposizioni della presente lettera non si
applicano ai colloqui con i difensori, con
i quali potrà effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una
telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari;
c) la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere
ricevuti dall'esterno;
d) l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
e) la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i
membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in
materia di giustizia;
f) la limitazione della permanenza all'aperto, che non può svolgersi in gruppi
superiori a quattro persone, ad una durata non superiore a due ore al giorno
fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell'articolo 10.
Saranno
inoltre adottate tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso
accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che
sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti
appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi
2-quinquies. Il
detenuto o l’internato nei confronti del quale è stata disposta o prorogata
l’applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono
proporre reclamo avverso il procedimento applicativo. Il reclamo è presentato
nel termine di venti giorni dalla comunicazione del provvedimento e su di esso
è competente a decidere il tribunale di sorveglianza di Roma. Il reclamo non
sospende l’esecuzione del provvedimento.
2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo
di cui al comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste
dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza dei
presupposti per l’adozione del provvedimento. All’udienza le funzioni di
pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante
dell’ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del
procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia, il
procuratore di cui al comma 2-bis, il procuratore generale presso la corte
d’appello, il detenuto, l’internato o il difensore possono proporre, entro
dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende
l’esecuzione del provvedimento ed è trasmesso senza ritardo alla Corte di
cassazione. Se il reclamo viene accolto, il Ministro della giustizia, ove
intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo
conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi
o non valutati in sede di reclamo”;
2-septies.
Per la partecipazione del detenuto o dell’internato all’udienza si applicano
le disposizioni di cui all’articolo 146-bis delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
Art.42
Trasferimenti
I
trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per
esigenze dello istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e
familiari.
Nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i
soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie.
I
detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio personale e
con almeno parte del loro peculio.
(Abrogati
gli ultimi due commi)
Art. 42-bis
Traduzioni
1.
Sono traduzioni tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad
un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in
condizione di restrizione della libertà personale.
2.
Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono eseguite, nel tempo
più breve possibile, dal corpo di polizia penitenziaria, con le modalità
stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con
l'assistenza di personale femminile.
3. Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei
centri per la giustizia minorile possono essere richieste, nelle sedi in cui non
sono disponibili contingenti del corpo di polizia penitenziaria assegnati al
settore minorile, ad altre forze di polizia.
4. Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti
tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché
per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza della presente disposizione
costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.
5. Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi é obbligatorio
quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o
circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione. In tutti gli altri
casi l'uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione
fisica é vietato. Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la
valutazione della pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga é compiuta,
all'atto di disporre la traduzione, dall'autorità giudiziaria o dalla direzione
penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni.
6. Nelle traduzioni collettive é sempre obbligatorio l'uso di manette modulari
multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale. É vietato l'uso di
qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.
7. Nelle traduzioni individuali e collettive é consentito, nei casi indicati
dal regolamento, l'uso di abiti civili. Le traduzioni dei soggetti di cui al
comma 3 sono eseguite, di regola, in abiti civili.
Art.43
Dimissione
La dimissione dei detenuti e degli internati é eseguita senza indugio dalla
direzione dell'istituto in base ad ordine scritto della competente autorità
giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Il direttore dell'istituto dà notizia della prevista dimissione, almeno tre
mesi prima, al consiglio di aiuto sociale e al centro di servizio sociale del
luogo in cui ha sede l'istituto ed a quelli del luogo dove il soggetto intende
stabilire la sua residenza, comunicando tutti dati necessari per gli opportuni
interventi assistenziali. Nel caso in cui il momento della dimissione non possa
essere previsto tre mesi prima, il direttore dà le prescritte notizie non
appena viene a conoscenza della relativa decisione.
Oltre a quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, il direttore
informa anticipatamente il magistrato di sorveglianza, il questore e l'ufficio
di polizia territorialmente competente di ogni dimissione anche temporanea
dall'istituto.
Il consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto della dimissione o
successivamente, rilascia al soggetto, che lo richieda, un attestato con
l'eventuale qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive circa la
condotta tenuta.
I soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un corredo di vestiario
civile.
Art.44
Nascite, matrimoni, decessi
Negli
atti di sto civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e morti
avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione dello istituto.
La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un
detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella da cui
il soggetto dipendeva e al ministero di grazia e giustizia.
La
salma é messa immediatamente a disposizione dei congiunti.
Capo
V
Assistenza
Art.45
Assistenza alle famiglie
Il
trattamento dei detenuti e degli internati é integrato da un'azione di
assistenza alle loro famiglie.
Tale azione é rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti
con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolare il
reinserimento sociale.
É utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati
qualificati nell'assistenza sociale.
Art.46
Assistenza post-penitenziaria
I
detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che
immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo periodo a questa
successivo.
Il
definitivo reinserimento nella vita libera é agevolato da interventi di
servizio sociale svolti anche in collaborazione con gli enti indicati
nell'articolo precedente.
I
dimessi affetti da gravi infermità fisiche o da infermità o anormalità
psichiche sono segnalati, per la necessaria assistenza, anche agli organi
preposti alla tutela della sanità pubblica.
Capo
VI
Misure alternative alla detenzione e remissione del debito
Art.47
Affidamento in prova al servizio sociale
1.
Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere
affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello
della pena da scontare.
2.
Il provvedimento é adottato sulla base dei risultati della osservazione della
personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi
in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le
prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e
assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3.
L'affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere
alla osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del
reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma
2.
4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che
ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza
competente in relazione al luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve essere
rivolta, può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del
condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza
dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio
derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di
fuga. La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del
tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette
immediatamente gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza
non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può essere accordata
altra sospensione, quale che sia l'istanza successivamente proposta.
5. All'atto dell'affidamento é redatto verbale in cui sono dettate le
prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il
servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di
frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte
del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più
comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite
prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere
rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto
possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli
obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal
magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare
le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione
con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza
sul comportamento del soggetto.
11. L'affidamento é revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario
alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione
della prova.
12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto
penale.
12-bis. All'affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel
periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da
comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può
essere concessa la detrazione di pena di cui all'articolo 54. Si applicano gli
articoli 69, comma 8, e 69-bis nonché l'articolo 54, comma 3.
Art. 47-bis
Affidamento in prova in casi particolari (Abrogato)
Art.47-ter
Detenzione domiciliare
La
pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte
residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate
nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo
pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci, con lei
convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con
lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente
impossibilitata a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano
costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio,
di lavoro e di famiglia.
1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l'espiazione della
pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente
parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al
comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al
servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che
il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai
condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo
della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale,
il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma
1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un
termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato.
L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione
domiciliare.
1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare é proposta
dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza
cui la domanda deve essere rivolta può disporre l'applicazione provvisoria
della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 47, comma
quarto.
2). (Abrogato).
3). (Abrogato)
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne
fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di
procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli
interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere
modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si
svolge la detenzione domiciliare.
5. Il condannato nei confronti del quale é disposta la detenzione domiciliare
non é sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal
relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione
penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato
che trovasi in detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare é revocata se il comportamento del soggetto,
contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la
prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previsti
nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o
in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, é punito ai sensi
dell'articolo 385 del codice penale . Si applica la disposizione dell'ultimo
comma dello stesso articolo.
9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del
beneficio e la condanna ne importa la revoca.
9-bis.Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi
precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura.
Art. 47-quater
Misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti
affetti
da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria
1.
Le misure previste dagli articoli 47 e 47-ter possono essere applicate, anche
oltre i limiti di pena ivi previsti, su istanza dell'interessato o del suo
difensore, nei confronti di coloro che sono affetti da AIDS conclamata o da
grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2,
del codice di procedura penale e che hanno in corso o intendono intraprendere un
programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive
ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate
secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS.
2. L'istanza di cui al comma 1 deve essere corredata da certificazione del
servizio sanitario pubblico competente o del servizio sanitario penitenziario,
che attesti la sussistenza delle condizioni di salute ivi indicate e la concreta
attuabilità del programma di cura e assistenza, in corso o da effettuare,
presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o
altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali
nell'assistenza ai casi di AIDS.
3. Le prescrizioni da impartire per l'esecuzione della misura alternativa devono
contenere anche quelle relative alle modalità di esecuzione del programma.
4. In caso di applicazione della misura della detenzione domiciliare, i centri
di servizio sociale per adulti svolgono l'attività di sostegno e controllo
circa l'attuazione del programma.
5. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice può non applicare la misura
alternativa qualora l'interessato abbia già fruito di analoga misura e questa
sia stata revocata da meno di un anno.
6. Il giudice può revocare la misura alternativa disposta ai sensi del comma 1
qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto a misura cautelare
per uno dei delitti previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale,
relativamente a fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio.
7. Il giudice, quando non applica o quando revoca la misura alternativa per uno
dei motivi di cui ai commi 5 e 6, ordina che il soggetto sia detenuto presso un
istituto carcerario dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza
necessarie.
8. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo si applicano le
disposizioni dell'articolo 47-ter.
9. Ai fini del presente articolo non si applica il divieto di concessione dei
benefici previsto dall'articolo 4-bis, fermi restando gli accertamenti previsti
dai commi 2, 2-bis e 3 dello stesso articolo.
10. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle persone
internate.
Art. 47-quinquies
Detenzione domiciliare speciale
1.
Quando non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 47-ter, le condannate
madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto
pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di
ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la
pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in
luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla
assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero
dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo.
2. Per la condannata nei cui confronti è disposta la detenzione domiciliare
speciale, nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il
mantenimento, la cura e l'assistenza medica della condannata che si trovi in
detenzione domiciliare speciale.
3. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare
speciale, fissa le modalità di attuazione, secondo quanto stabilito
dall'articolo 284, comma 2, del codice di procedura penale, precisa il periodo
di tempo che la persona può trascorrere all'esterno del proprio domicilio,
detta le prescrizioni relative agli interventi del servizio sociale. Tali
prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di
sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la misura. Si applica
l'articolo 284, comma 4, del codice di procedura penale.
4. All'atto della scarcerazione è redatto verbale in cui sono dettate le
prescrizioni che il soggetto deve seguire nei rapporti con il servizio sociale.
5. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare
le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione
con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita; riferisce
periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
6. La detenzione domiciliare speciale è revocata se il comportamento del
soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile
con la prosecuzione della misura.
7. La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, alle stesse
condizioni previste per la madre, anche al padre detenuto, se la madre è
deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al
padre.
8. Al compimento del decimo anno di età del figlio, su domanda del soggetto
già ammesso alla detenzione domiciliare speciale, il tribunale di sorveglianza
può:
a) disporre la proroga del beneficio, se ricorrono i requisiti per
l'applicazione della semilibertà di cui all'articolo 50, commi 2, 3 e 5;
b) disporre l'ammissione all'assistenza all'esterno dei figli minori di cui
all'articolo 21-bis, tenuto conto del comportamento dell'interessato nel corso
della misura, desunto dalle relazioni redatte dal servizio sociale, ai sensi del
comma 5, nonché della durata della misura e dell'entità della pena residua.
Art. 47-sexies
Allontanamento dal domicilio senza giustificato motivo
1.
La condannata ammessa al regime della detenzione domiciliare speciale che rimane
assente dal proprio domicilio, senza giustificato motivo, per non più di dodici
ore, può essere proposta per la revoca della misura.
2. Se l'assenza si protrae per un tempo maggiore la condannata è punita ai
sensi dell'articolo 385, primo comma, del codice penale ed è applicabile la
disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo.
3. La condanna per il delitto di evasione comporta la revoca del beneficio.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al padre detenuto,
qualora la detenzione domiciliare sia stata concessa a questi, ai sensi
dell'articolo 47-quinquies, comma 7.
Art.48
Regime di semilibertà
Il
regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all'internato
di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività
lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.
I
condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in
appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano
abiti civili.
(Abrogato il terzo comma)
Art.49
Ammissione obbligatoria al regime di semilibertà (Abrogato)
Art.50
Ammissione alla semilibertà
1.
Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena
della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in
prova al servizio sociale.
2.
Fuori dai casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime
di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena ovvero, se
si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati dal comma 1 dell'art.
4-bis, di almeno due terzi di essa. L'internato può esservi ammesso in ogni
tempo. Tuttavia, nei casi previsti dall'art. 47, se mancano i presupposti per
l'affidamento in prova al servizio sociale, il condannato per un reato diverso
da quelli indicati delitti
indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'art. 4-bis può essere ammesso al regime di
semilibertà anche prima dell'espiazione di metà della pena.
3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena
pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.
4. L'ammissione al regime di semilibertà é disposta in relazione ai progressi
compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale
reinserimento del soggetto nella società.
5. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà
dopo avere espiato almeno venti anni di pena.
6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria
volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà può essere
altresì disposta successivamente all'inizio dell'esecuzione della pena. Si
applica l'art. 47, comma 4, in quanto applicabile.
Art.51
Sospensione e revoca del regime di semilibertà
Il
provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il
soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il
condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall'istituto
senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, é punito in via
disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione.
Se
l'assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato é punibile a norma
del primo comma dell' articolo 385 del codice penale ed é applicabile la
disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
La
denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del
beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All'internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall'istituto
senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni
dell'ultimo comma dell' articolo 53 .
Art.51-bis
Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà
1.
Quando durante l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale o
della detenzione domiciliare o della detenzione domiciliare speciale o del
regime di semilibertà sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena
detentiva, il direttore dello istituto penitenziario o il direttore del centro
di servizio sociale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza. Se
questi, tenuto conto del cumulo delle pene, rileva che permangono le condizioni
di cui al comma primo dello articolo 47 o ai commi 1 e 1-bis dell'articolo
47-ter o ai commi 1 e 2 dell'articolo 47-quinquies o ai primi tre commi
dell'articolo 50, dispone con decreto la prosecuzione provvisoria della misura
in corso; in caso contrario dispone la sospensione della misura stessa. Il
magistrato di sorveglianza trasmette quindi gli atti al tribunale di
sorveglianza che deve decidere nel termine di venti giorni la prosecuzione o la
cessazione della misura.
Art.51-ter
Sospensione cautelativa delle misure alternative
1.
Se l'affidato in prova al servizio sociale o l'ammesso al regime di semilibertà
o di detenzione domiciliare o di detenzione domiciliare speciale pone in essere
comportamenti tali da determinare la revoca della misura, il magistrato di
sorveglianza nella cui giurisdizione essa é in corso ne dispone con decreto
motivato la provvisoria sospensione, ordinando l'accompagnamento del
trasgressore in istituto. Trasmette quindi immediatamente gli atti al tribunale
di sorveglianza per le decisioni di competenza. Il provvedimento di sospensione
del magistrato di sorveglianza cessa di avere efficacia se la decisione del
tribunale di sorveglianza non interviene entro trenta giorni dalla ricezione
degli atti.
Art.52
Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà
Al
condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse a titolo di
premio una o più licenze di durata non superiore nel complesso a giorni
quarantacinque all'anno.
Durante la licenza il condannato é sottoposto al regime della libertà
vigilata.
Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la
licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di essa, non
rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente
articolo.
Art.53
Licenze agli internati
Agli
internati può essere concessa una licenza di sei mesi nel periodo
immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame di pericolosità.
Ai
medesimi può essere concessa, per gravi esigenze personali o familiari, una
licenza di durata non superiore a giorni quindici; può essere inoltre concessa
una licenza di durata non superiore a giorni trenta, una volta all'anno, al fine
di favorirne il riadattamento sociale.
Agli internati ammessi al regime di semilibertà possono inoltre essere
concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo comma dell'articolo
precedente.
Durante la licenza l'internato é sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se l'internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la
licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere della licenza,
senza giustificato motivo, é punito in via disciplinare e, se in regime di
semilibertà, può subire la revoca della concessione.
Art.53-bis
Computo del periodo di permesso o licenza
1.
Il tempo trascorso dal detenuto o dall'internato in permesso o licenza é
computato a ogni effetto nella durata delle misure restrittive della libertà
personale, salvi i casi di mancato rientro o di altri gravi comportamenti da cui
risulta che il soggetto non si é dimostrato meritevole del beneficio. In questi
casi sull'esclusione dal computo decide, con decreto motivato, il magistrato di
sorveglianza.
2. Avverso il decreto può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale
di sorveglianza secondo la procedura di cui all'articolo 14-ter. Il magistrato
che ha emesso il provvedimento non fa parte del collegio.
Art.54
Liberazione anticipata
1.
Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di
rieducazione é concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini
del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di
quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine é
valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di
detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio é comunicata all'ufficio del pubblico ministero
presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di
esecuzione o al pretore se tale provvedimento é stato da lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione
successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca.
4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per
essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della
liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma primo si
considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati
all'ergastolo.
Art.55
Interventi del servizio sociale nella libertà vigilata
Nei
confronti dei sottoposti alla libertà vigilata, ferme restando le disposizioni
di cui allo articolo 228 del codice penale, il servizio sociale svolge
interventi di sostegno e di assistenza al fine del loro reinserimento sociale.
Art.56
Remissione del debito
1.
Il debito per le spese di procedimento e di mantenimento é rimesso nei
confronti dei condannati e degli internati che si trovano in disagiate
condizioni economiche e hanno tenuto regolare condotta ai sensi dell'ultimo
comma dell'articolo 30-ter. La relativa domanda può essere proposta fino a che
non sia conclusa la procedura per il recupero delle spese.
Art.57
Legittimazione alla richiesta dei benefici
Il
trattamento ed i benefici di cui agli articoli 47 ,50,52,53,54 e 56 possono
essere richiesti dal condannato, dall'internato e dai loro prossimi congiunti o
proposti dal consiglio di disciplina.
Art.58
Comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza
Dei
provvedimenti previsti dal presente capo ed adottati dal magistrato o dalla
sezione di sorveglianza, esclusi quelli di cui all' articolo 56 ,é data
immediata comunicazione all'autorità provinciale di pubblica sicurezza a cura
della cancelleria.
Art. 58-bis
Iscrizione nel casellario giudiziale
Nel
casellario giudiziale sono iscritti i provvedimenti della sezione di
sorveglianza relativi alla irrogazione e alla revoca delle misure alternative
alla pena detentiva.
Art.58-ter
Persone che collaborano con la giustizia
1.
I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma 1 dell’art. 21, del
comma 4 dell’art. 30 -ter e del comma 2 dell’art. 50, concernenti le persone
condannate per taluno delitti
indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater
dell’art. 4 -bis, non si applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si
sono adoperati per evitare che l’attività delittuosa sia portata a
conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l’autorità di
polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la
ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei
reati.
2.
Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal tribunale di sorveglianza,
assunte le necessarie informazioni e sentito il pubblico ministero presso il
giudice competente per i reati in ordine ai quali è stata prestata la
collaborazione”.
Art.58-quater
Divieto di concessione di benefici
1.
L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in prova
al servizio sociale nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione
domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato per uno
dei delitti
indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis che ha posto in essere una
condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale.
2.
La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti é
stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell'articolo 47,
comma 11, dell'articolo 47- ter, comma 6, o dell'articolo 51, primo comma.
3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal
momento in cui é ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o é stato
emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.
4. I condannati per i delitti di cui agli articoli 289- bis e 630 del codice
penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno
dei benefici indicati nel comma 1 dell'articolo 4- bis se non abbiano
effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso
dell'ergastolo, almeno ventisei anni.
5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3, l'assegnazione al lavoro
all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste
dal capo vi non possono essere concessi, o se già concessi sono revocati, ai
condannati per taluni dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis, nei
cui confronti si procede o é pronunciata condanna per un delitto doloso punito
con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso da
chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del
codice penale ovvero durante il lavoro all'esterno o la fruizione di un permesso
premio o di una misura alternativa alla detenzione.
6. Ai fini dell'applicazione della disposizione di cui al comma 5, l'autorità
che procede per il nuovo delitto ne dà comunicazione al magistrato di
sorveglianza del luogo di ultima detenzione dell'imputato.
7. Il divieto di concessione dei benefici di cui al comma 5 opera per un periodo
di cinque anni dal momento in cui é ripresa l'esecuzione della custodia o della
pena o é stato emesso il provvedimento di revoca della misura.
(La Corte Costituzionale con sentenza n. 436/1999 ha dichiarato l'illegittimità
dell'art. 58 quater nella parte in cui si riferisce ai minorenni).
Titolo II
Disposizioni relative alla organizzazione penitenziaria
Capo I
Istituti penitenziari
Art.59
Istituti per adulti
Gli
istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione penitenziaria si distinguono
in:
1) istituti di custodia preventiva;
2) istituti per l'esecuzione delle pene;
3) istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza;
4) centri di osservazione.
Art.60
Istituti di custodia preventiva
Gli
istituti di custodia preventiva si distinguono in case mandamentali e
circondariali.
Le case mandamentali assicurano la custodia degli imputati a disposizione del
pretore. Esse sono istituite nei capoluoghi di mandamento che non sono sede di
case circondariali.
Le
case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni
autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario.
Le case mandamentali e circondariali assicurano altresì la custodia delle
persone fermate o arrestate dall'autorità di pubblica sicurezza o dagli organi
di polizia giudiziaria e quella dei detenuti e degli internati in transito.
Può
essere istituita una sola casa mandamentale o circondariale rispettivamente per
più mandamenti o circondari.
Art.61
Istituti per l'esecuzione delle pene
Gli
istituti per l'esecuzione delle pene si distinguono in:
1)
case di arresto, per l'esecuzione della pena dell'arresto.
Sezioni
di case di arresto possono essere istituite presso le case di custodia
mandamentali o circondariali;
2)
case di reclusione, per l'esecuzione della pena della reclusione.
Sezioni
di case di reclusione possono essere istituite presso le case di custodia
circondariali.
Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalità previste dal
regolamento, i condannati alla pena dell'arresto o della reclusione possono
essere assegnati alle case di custodia preventiva; i condannati alla pena della
reclusione possono essere altresì assegnati alle case di arresto.
Art.62
Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive
Gli istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive si distinguono
in:
Colonie agricole;
Case di lavoro;
Case di cura e custodia;
Ospedali psichiatrici giudiziari.
In detti istituti si eseguono le misure di sicurezza rispettivamente previste
dai numeri 1,2 e 3 del primo capoverso dell' articolo 215 del codice penale .
Possono essere istituite:
Sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della colonia agricola presso
una casa di lavoro e viceversa;
Sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della casa di cura e di
custodia presso un ospedale psichiatrico giudiziario;
Sezioni per l'esecuzione delle misure di sicurezza della colonia agricola e
della casa di lavoro presso le case di reclusione.
Art.63
Centri di osservazione
I
centri di osservazione sono costituiti come istituti autonomi o come sezioni di
altri istituti.
I predetti svolgono direttamente le attività di osservazione indicate nell'
articolo 13 e prestano consulenze per le analoghe attività di osservazione
svolte nei singoli istituti.
Le
risultanze dell'osservazione sono inserite nella cartella personale.
Su richiesta dell'autorità giudiziaria possono essere assegnate ai detti centri
per la esecuzione di perizie medico-legali anche le persone sottoposte a
procedimento penale.
I
centri di osservazione svolgono, altresì, attività di ricerca scientifica.
Art.64
Differenziazione degli istituti per l'esecuzione delle pene e delle
misure di sicurezza
I
singoli istituti devono essere organizzati con caratteristiche differenziate in
relazione alla posizione giuridica dei detenuti e degli internati e alle
necessità di trattamento individuale o di gruppo degli stessi.
Art.65
Istituti per infermi e minorati
I
soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche devono essere
assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento.
A tali istituti o sezioni sono assegnati i soggetti che, a causa delle loro
condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari.
Art.66
Costituzione, trasformazione e soppressione degli istituti
La
costituzione, la trasformazione, la soppressione degli istituti penitenziari
nonché delle sezioni sono disposte con decreto ministeriale.
Art.67
Visite agli istituti
Gli
istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da:
a) il presidente del consiglio dei ministri e il presidente della corte
costituzionale;
b) i ministri, i giudici della corte costituzionale, i sottosegretari di stato,
i membri del parlamento e i componenti del consiglio superiore della
magistratura;
c) il presidente della corte di appello, il procuratore generale della
repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il
procuratore della repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di
sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato
per l'esercizio delle sue funzioni;
d) i consiglieri regionali e il commissario di governo per la regione,
nell'ambito della loro circoscrizione;
e) l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero;
f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale;
g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i
magistrati e i funzionari da lui delegati;
h) gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria;
i) l'ispettore dei cappellani;
l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia.
L'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di
cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio e per il personale indicato
nell'articolo 18- bis.
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli
istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorità
giudiziaria.
Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri
del culto cattolico e di altri culti.
Capo II
Giudici di sorveglianza
Art.68
Uffici di sorveglianza
1.
Gli uffici di sorveglianza sono costituiti nelle sedi di cui alla tabella a
allegata alla presente legge e hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei
tribunali in essa indicati.
2.
Ai suddetti uffici, per l'esercizio delle funzioni rispettivamente elencate
negli articoli 69, 70 e 70-bis, sono assegnati magistrati di cassazione, di
appello e di tribunale nonché personale del ruolo delle cancellerie e
segreterie giudiziarie e personale esecutivo e subalterno.
3. Con decreto del presidente della corte di appello può essere temporaneamente
destinato a esercitare le funzioni del magistrato di sorveglianza mancante o
impedito un giudice avente la qualifica di magistrato di cassazione, di appello
o di tribunale.
4. I magistrati che esercitano funzioni di sorveglianza non debbono essere
adibiti ad altre funzioni giudiziarie.
Art.69
Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza
1.
Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di
prevenzione e di pena e prospetta al ministro le esigenze dei vari servizi, con
particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo.
2. Esercita, altresì, la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della
custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei
regolamenti.
3. Sovrintende all'esecuzione delle misure di sicurezza personali.
4. Provvede al riesame della pericolosità ai sensi del primo e secondo comma
dell' articolo 208 del codice penale , nonché all'applicazione, esecuzione,
trasformazione o revoca, anche anticipata, delle misure di sicurezza. Provvede
altresì, con decreto motivato, in occasione dei provvedimenti anzidetti, alla
eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o
per tendenza di cui agli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 del codice penale.
5.
Approva, con decreto, il programma di trattamento di cui al terzo comma
dell'articolo 13, ovvero, se ravvisa in esso elementi che costituiscono
violazione dei diritti del condannato o dell'internato, lo restituisce, con
osservazioni, al fine di una nuova formulazione. Approva, con decreto, il
provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno. Impartisce, inoltre, nel
corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni
dei diritti dei condannati e degli internati.
6. Decide con ordinanza impugnabile soltanto per cassazione, secondo la
procedura di cui all'articolo 14-ter, sui reclami dei detenuti e degli internati
concernenti l'osservanza delle norme riguardanti:
a) l'attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la remunerazione
nonché lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro e le
assicurazioni sociali;
b) le condizioni di esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la
competenza dell'organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la
facoltà di discolpa.
7. Provvede, con decreto motivato, sui permessi, sulle licenze ai detenuti
semiliberi ed agli internati, e sulle modifiche relative all'affidamento in
prova al servizio sociale e alla detenzione domiciliare.
8. Provvede con ordinanza sulla riduzione di pena per la liberazione anticipata
e sulla remissione del debito, nonché sui ricoveri previsti dall'articolo 148
del codice penale.
9. Esprime motivato parere sulle proposte e le istanze di grazia concernenti i
detenuti.
10. Svolge, inoltre, tutte le altre funzioni attribuitegli dalla legge.
Art. 69-bis
Procedimento in materia di liberazione anticipata
1.
Sull'istanza di concessione della liberazione anticipata, il magistrato di
sorveglianza provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio senza la
presenza delle parti, che è comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti
indicati nell'articolo 127 del codice di procedura penale.
2.
Il magistrato di sorveglianza decide non prima di quindici giorni dalla
richiesta del parere al pubblico ministero e anche in assenza di esso.
3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore, l'interessato e il
pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o
notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per
territorio.
4.
Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell'articolo 678 del codice di
procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma
dell'articolo 30-bis.
5.
Il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei procedimenti previsti
dall'articolo 70, comma 1, sia stata presentata istanza per la concessione della
liberazione anticipata, può trasmetterla al magistrato di sorveglianza
Art.70
Funzioni e provvedimenti del tribunale di sorveglianza
1.
In ciascun distretto di corte d'appello e in ciascuna circoscrizione
territoriale di sezione distaccata di corte d'appello é costituito un tribunale
di sorveglianza competente per l'affidamento in prova al servizio sociale, la
detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare speciale, la semilibertà, la
liberazione condizionale, la revoca o cessazione dei suddetti benefici nonché
della riduzione di pena per la liberazione anticipata, il rinvio obbligatorio o
facoltativo dell'esecuzione delle pene detentive ai sensi degli articoli 146 e
147, numeri 2) e 3), del codice penale, nonché per ogni altro provvedimento ad
esso attribuito dalla legge.
2. Il tribunale di sorveglianza decide inoltre in sede di appello sui ricorsi
avverso i provvedimenti di cui al comma quarto dell'articolo 69. Il magistrato
che ha emesso il provvedimento non fa parte del collegio.
3. Il tribunale é composto da tutti i magistrati di sorveglianza in servizio
nel distretto o nella circoscrizione territoriale della sezione distaccata di
corte d'appello e da esperti scelti fra le categorie indicate nel quarto comma
dell'articolo 80, nonché fra docenti di scienze criminalistiche.
4. Gli esperti effettivi e supplenti sono nominati dal consiglio superiore della
magistratura in numero adeguato alle necessità del servizio presso ogni
tribunale per periodi triennali rinnovabili.
5. I provvedimenti del tribunale sono adottati da un collegio composto dal
presidente o, in sua assenza o impedimento, dal magistrato di sorveglianza che
lo segue nell'ordine delle funzioni giudiziarie e, a parità di funzioni,
nell'anzianità; da un magistrato di sorveglianza e da due fra gli esperti di
cui al precedente comma quarto.
6. Uno dei due magistrati ordinari deve essere il magistrato di sorveglianza
sotto la cui giurisdizione é posto il condannato o l'internato in ordine alla
cui posizione si deve provvedere.
7. La composizione dei collegi giudicanti é annualmente determinata secondo le
disposizioni dell'ordinamento giudiziario.
8. Le decisioni del tribunale sono emesse con ordinanza in camera di consiglio;
in caso di parità di voti prevale il voto del presidente.
9. Agli esperti componenti del tribunale é riservato il trattamento economico
assegnato agli esperti di cui al quarto comma dell'articolo 80 operanti negli
istituti di prevenzione e di pena.
Art.70-bis
Presidente del tribunale di sorveglianza
1.
Le funzioni di presidente del tribunale di sorveglianza sono conferite a un
magistrato di cassazione o, per i tribunali istituiti nelle sezioni distaccate
di corte d'appello, a un magistrato d'appello.
2. Il presidente del tribunale, fermo l'espletamento delle funzioni di
magistrato di sorveglianza nell'ufficio di appartenenza, provvede:
a) a dirigere e ad organizzare le attività del tribunale di sorveglianza;
b) a coordinare, in via organizzativa, in funzione del disbrigo degli affari di
competenza del tribunale, l'attività degli uffici di sorveglianza compresi
nella giurisdizione del tribunale medesimo;
c) a disporre le applicazioni dei magistrati e del personale ausiliario
nell'ambito dei vari uffici di sorveglianza nei casi di assenza, impedimento o
urgenti necessità di servizio;
d) a richiedere al presidente della corte di appello l'emanazione dei
provvedimenti di cui al comma terzo dell'articolo 68;
e) a proporre al consiglio superiore della magistratura la nomina degli esperti
effettivi o supplenti componenti del tribunale e a compilare le tabelle per gli
emolumenti loro spettanti;
f) a svolgere tutte le altre attività a lui riservate dalla legge e dai
regolamenti.
Art.70-ter
Nuove denominazioni
1.
Le denominazioni "sezione di sorveglianza" e "giudice di
sorveglianza" di cui alle leggi vigenti sono rispettivamente sostituite
dalle seguenti: "tribunale di sorveglianza" e "magistrato di
sorveglianza".
2. Per il funzionamento del tribunale di sorveglianza nonché degli uffici di
sorveglianza di cui allo articolo 68 si provvede con assegnazioni dirette di
fondi e di attrezzature mediante prelievo delle somme necessarie dagli appositi
capitoli del bilancio di previsione del ministero di grazia e giustizia.
Capo II-BIS
Procedimento di sorveglianza.
Art.71
Norme generali
1. Per l'adozione dei provvedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza
espressamente indicati nei commi primo e secondo dello articolo 70, nonché dei
provvedimenti del magistrato di sorveglianza in materia di remissione del
debito, di ricoveri di cui all'articolo 148 del codice penale , di applicazione,
esecuzione, trasformazione o revoca anche anticipata delle misure di sicurezza e
di quelli relativi all'accertamento dell'identità personale ai fini delle dette
misure, si applica il procedimento di cui ai commi e agli articoli seguenti.
2.
Il presidente del tribunale o il magistrato di sorveglianza, a seguito di
richiesta o di proposta ovvero di ufficio, invita l'interessato ad esercitare la
facoltà di nominare un difensore. Se l'interessato non vi provvede entro cinque
giorni dalla comunicazione dell'invito, il difensore é nominato di ufficio dal
presidente del tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Successivamente il
presidente del tribunale o il magistrato di sorveglianza fissa con decreto il
giorno della trattazione e ne fa comunicare avviso al pubblico ministero,
all'interessato e al difensore almeno cinque giorni prima di quello stabilito.
3.
La competenza spetta al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno
giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova
l'interessato all'atto della richiesta o della proposta o all'inizio d'ufficio
del procedimento.
4. Se l'interessato non é detenuto o internato, la competenza spetta al
tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione nel luogo in
cui l'interessato ha la residenza o il domicilio. Nel caso in cui non sia
possibile determinare la competenza secondo il criterio sopra indicato, si
applica la disposizione del secondo comma dell'articolo 635 del codice di
procedura penale.
5. Le disposizioni contenute nel capo primo del titolo quinto del libro quarto
del codice di procedura penale sono applicabili in quanto non diversamente
disposto dalla presente legge. L'articolo 641 del codice di procedura penale
resta in vigore limitatamente ai casi di cui all'articolo 212 dello stesso
codice.
Art.71-bis
Udienza
L'udienza
si svolge con la partecipazione del difensore e del rappresentante dello ufficio
del pubblico ministero. L'interessato può partecipare personalmente alla
discussione e presentare memorie. Le funzioni di pubblico ministero sono
esercitate, davanti alla sezione di sorveglianza, dal procuratore generale
presso la corte di appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal
procuratore della repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di
sorveglianza.
I
provvedimenti della sezione e del magistrato di sorveglianza sono emessi sulla
base dell'acquisizione in udienza dei documenti relativi all'osservazione e al
trattamento nonché, quando occorre, svolgendo i necessari accertamenti ed
avvalendosi della consulenza dei tecnici del trattamento.
L'ordinanza che conclude il procedimento di sorveglianza é comunicata al
pubblico ministero, all'interessato e al difensore nel termine di dieci giorni
dalla data della deliberazione.
Art.71-ter
Ricorso per cassazione
1.
Avverso le ordinanze del tribunale di sorveglianza e del magistrato di
sorveglianza, il pubblico ministero, l'interessato e, nei casi di cui agli
articoli 14-ter e 69, comma sesto, l'amministrazione penitenziaria, possono
proporre ricorso per cassazione per violazione di legge entro dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento. Si applicano le disposizioni del terzo comma
dell'articolo 640 del codice di procedura penale . Si applica, altresì,
l'ultimo comma dello articolo 631 del codice di procedura penale.
Art.71-quater
Comunicazioni
Le
comunicazioni all'interessato degli avvisi e dei provvedimenti previsti negli
articoli precedenti sono effettuati ai sensi dell' articolo 645 del codice di
procedura penale.
Art.71-quinquies
Revoca
(Abrogato)
Art. 71-sexies
Inammissibilità
Qualora l'istanza per l'adozione dei provvedimenti indicati nel primo comma
dell'articolo 71,appaia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di
legge, ovvero costituisca mera riproposizione di una istanza basata sui medesimi
elementi, il presidente, sentito il pubblico ministero, emette decreto motivato
con il quale dichiara inammissibile l'istanza e dispone non farsi luogo a
procedimento di sorveglianza.
Il decreto é comunicato entro cinque giorni all'interessato, il quale ha
facoltà di proporre opposizione nel termine di cinque giorni dalla
comunicazione stessa facendo richiesta di trattazione.
A seguito dell'opposizione, il presidente della sezione dà corso al
procedimento di sorveglianza.
Capo III
Servizio sociale e assistenza
Art.72
Centri di servizio sociale
Nelle
sedi degli uffici di sorveglianza sono istituiti centri di servizio sociale per
adulti.
Il
ministro per la grazia e giustizia può disporre, con suo decreto, che per più
uffici di sorveglianza sia istituito un solo centro di servizio sociale
stabilendone la sede.
I centri di servizio sociale dipendono dall'amministrazione penitenziaria e la
loro organizzazione é disciplinata dal regolamento.
I centri, a mezzo del personale di servizio sociale, provvedono ad eseguire, su
richiesta del magistrato di sorveglianza o della sezione di sorveglianza, le
inchieste sociali utili a fornire i dati occorrenti per l'applicazione, la
modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza e per il
trattamento dei condannati e degli internati, nonché a prestare la loro opera
per assicurare il reinserimento nella vita libera dei sottoposti a misure di
sicurezza non detentive.
I centri prestano inoltre, su richiesta delle direzioni degli istituti, opera di
consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario. Svolgono,
infine, ogni altra attività prevista dalla presente legge che comporti
interventi di servizio sociale.
Art.73
Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Presso
la direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena é istituita la
cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto.
La cassa ha personalità giuridica, é amministrata con le norme della
contabilità di stato e può avvalersi del patrocinio dell'avvocatura dello
stato.
Per
il bilancio, l'amministrazione e il servizio della cassa si applicano le norme
previste dall' articolo 4 della legge 9 maggio 1932,n.547 .
La
cassa é amministrata da un consiglio composto:
1) dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena, presidente;
2) da un rappresentante del ministero del tesoro;
3) da un rappresentante del ministero dell'interno.
Le funzioni di segretario sono esercitate dal direttore dell'ufficio della
direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, competente per
l'assistenza.
Nessuna indennità o retribuzione é dovuta alle persone suddette.
Il patrimonio della cassa é costituito, oltre che dai lasciti, donazioni o
altre contribuzioni, dalle somme costituenti le differenze fra mercede e
remunerazione di cui all' articolo 23 .
I fondi della cassa sono destinati a soccorrere e ad assistere le vittime che a
causa del delitto si trovino in condizioni di comprovato bisogno.
Art.74
Consigli di aiuto sociale
Nel
capoluogo di ciascun circondario é costituito un consiglio di aiuto sociale,
presieduto dal presidente del tribunale o da un magistrato da lui delegato, e
composto dal presidente del tribunale dei minorenni o da un altro magistrato da
lui designato, da un magistrato di sorveglianza, da un rappresentante della
regione, da un rappresentante della provincia, da un funzionario
dell'amministrazione civile dell'interno designato dal prefetto, dal sindaco o
da un suo delegato, dal medico provinciale, dal dirigente dell'ufficio
provinciale del lavoro, da un delegato dell'ordinario diocesano, dai direttori
degli istituti penitenziari del circondario. Ne fanno parte, inoltre, sei
componenti nominati dal presidente del tribunale fra i designati da enti
pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Il consiglio di aiuto sociale ha personalità giuridica, é sottoposto alla
vigilanza del ministero di grazia e giustizia e può avvalersi del patrocinio
della avvocatura dello stato.
I componenti del consiglio di aiuto sociale prestano la loro opera
gratuitamente.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la
grazia e giustizia, può essere disposta la fusione di più consigli di aiuto
sociale in un unico ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto
sociale nel settore della assistenza penitenziaria e post-penitenziaria si
provvede:
1) con le assegnazioni della cassa delle ammende di cui all' articolo 4 della
legge 9 maggio 1932,n.547 ;
2) con lo stanziamento annuale previsto dalla legge 23 maggio 1956,n.491 ;
3) con i proventi delle manifatture carcerarie assegnati annualmente con decreto
del ministro per il tesoro sul bilancio della cassa delle ammende nella misura
del cinquanta per cento del loro ammontare;
4)con i fondi ordinari di bilancio;
5) con gli altri fondi costituenti il patrimonio dell'ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto
sociale nel settore del soccorso e dell'assistenza alle vittime del delitto si
provvede con le assegnazioni della cassa prevista dall'articolo precedente e con
i fondi costituiti da lasciti, donazioni o altre contribuzioni ricevuti
dall'ente a tale scopo.
Il regolamento stabilisce l'organizzazione interna e le modalità del
funzionamento del consiglio di aiuto sociale, che delibera con la presenza di
almeno sette componenti.
Art.75
Attività del consiglio di aiuto sociale per l'assistenza penitenziaria
e post-penitenziaria
Il
consiglio di aiuto sociale svolge le seguenti attività:
1)
cura che siano fatte frequenti visite ai liberandi, al fine di favorire, con
opportuni consigli e aiuti, il loro reinserimento nella vita sociale;
2) cura che siano raccolte tutte le notizie occorrenti per accertare i reali
bisogni dei liberandi e studia il modo di provvedervi, secondo le loro
attitudini e le condizioni familiari;
3)
assume notizie sulle possibilità di collocamento al lavoro nel circondario e
svolge, anche a mezzo del comitato di cui all' articolo 77 ,opera diretta ad
assicurare una occupazione ai liberati che abbiano o stabiliscano residenza nel
circondario stesso;
4) organizza, anche con il concorso di enti o di privati, corsi di addestramento
e attività lavorative per i liberati che hanno bisogno di integrare la loro
preparazione professionale e che non possono immediatamente trovare lavoro;
promuove altresì la frequenza dei liberati ai normali corsi di addestramento e
di avviamento professionale predisposti dalle regioni;
5) cura il mantenimento delle relazioni dei detenuti e degli internati con le
loro famiglie;
6) segnala alle autorità e agli enti competenti i bisogni delle famiglie dei
detenuti e degli internati, che rendono necessari speciali interventi;
7) concede sussidi in denaro o in natura;
8) collabora con i competenti organi per il coordinamento dell'attività
assistenziale degli enti e delle associazioni pubbliche e private nonché delle
persone che svolgono opera di assistenza e beneficenza diretta ad assicurare il
più efficace e appropriato intervento in favore dei liberati e dei familiari
dei detenuti e degli internati.
Art.76
Attività del consiglio di aiuto sociale per il soccorso e l'assistenza
alle vittime del delitto
Il
consiglio di aiuto sociale presta soccorso, con la concessione di sussidi in
natura o in denaro, alle vittime del delitto e provvede alla assistenza in
favore dei minorenni orfani a causa del delitto.
Art.77
Comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto
sociale
Al
fine di favorire l'avviamento al lavoro dei dimessi dagli istituti di
prevenzione e di pena, presso ogni consiglio di aiuto sociale, ovvero presso
l'ente di cui al quarto comma dell' articolo 74 ,é istituito il comitato per
l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale.
Di tale comitato, presieduto dal presidente del consiglio di aiuto sociale o da
un magistrato da lui delegato, fanno parte quattro rappresentanti
rispettivamente dell'industria, del commercio, dell'agricoltura e
dell'artigianato locale, designati dal presidente della camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, tre rappresentanti dei datori di lavoro e
tre rappresentanti dei prestatori d'opera, designati dalle organizzazioni
sindacali più rappresentative sul piano nazionale, un rappresentante dei
coltivatori diretti, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, un impiegato della carriera direttiva della amministrazione
penitenziaria e un assistente sociale del centro di servizio sociale di cui all'
articolo 72 .
I componenti del comitato sono nominati dal presidente del consiglio di aiuto
sociale.
Il comitato delibera con la presenza di almeno cinque componenti.
Art.78
Assistenti volontari
L'amministrazione
penitenziaria può, su proposta del magistrato di sorveglianza, autorizzare
persone idonee all'assistenza e all'educazione a frequentare gli istituti
penitenziari allo scopo di partecipare all'opera rivolta al sostegno morale dei
detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale.
Gli assistenti volontari possono cooperare nelle attività culturali e
ricreative dello istituto sotto la guida del direttore, il quale ne coordina
l'azione con quella di tutto il personale addetto al trattamento.
L'attività
prevista nei commi precedenti non può essere retribuita.
Gli assistenti volontari possono collaborare coi centri di servizio sociale per
l'affidamento in prova, per il regime di semilibertà e per l'assistenza ai
dimessi e alle loro famiglie.
Capo IV
Disposizioni finali e transitorie
Art.79
Minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali. Magistratura di
sorveglianza
Le
norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli
anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con
apposita legge.
Nei confronti dei minori di cui al comma precedente e dei soggetti maggiorenni
che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto le funzioni della
sezione di sorveglianza e del magistrato di sorveglianza sono esercitate,
rispettivamente, dal tribunale per i minorenni e dal giudice di sorveglianza
presso il tribunale per i minorenni
Al giudice di sorveglianza per i minorenni non si applica l'ultimo comma
dell'articolo 68.
Art.80
Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena
Presso
gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto
dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali
dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall' articolo 72.
La
amministrazione penitenziaria può avvalersi, per lo svolgimento delle attività
di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro
limiti numerici da concordare annualmente, con il ministero del tesoro.
Al
personale incaricato giornaliero é attribuito lo stesso trattamento
ragguagliato a giornata previsto per il corrispondente personale incaricato.
Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento,
l'amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in
psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica,
corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni
effettuate.
Il servizio infermieristico degli istituti penitenziari, previsti dall'art.59,é
assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri
A tal fine la dotazione organica degli operai dell'amministrazione degli
istituti di prevenzione e di pena, di cui al decreto del presidente della
repubblica 31 marzo 1971,n.275 ,emanato a norma dell' articolo 17 della legge 28
ottobre 1970,n.775 ,é incrementata di 800 unità riservate alla suddetta
categoria. Tali unità sono attribuite nella misura di 640 agli operai
specializzati e di 160 ai capi operai.
Le modalità relative all'assunzione di detto personale saranno stabilite dal
regolamento di esecuzione.
Art.81
Attribuzioni degli assistenti sociali
Gli
assistenti sociali della carriera direttiva esercitano le attribuzioni previste
dagli articoli 9,10 e 11 della legge 16 luglio 1962,n.1085,anche nell'ambito dei
centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72 della presente legge.
Gli
assistenti sociali della carriera di concetto esercitano le attività indicate
nell'articolo 72 della presente legge nell'ambito dei centri di servizio
sociale. Essi espletano compiti di vigilanza e di assistenza nei confronti dei
sottoposti a misure alternative alla detenzione nonché compiti di sostegno e di
assistenza nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata; partecipano,
inoltre, alle attività di assistenza ai dimessi.
Art.82
Attribuzioni degli educatori
Gli
educatori partecipano all'attività di gruppo per l'osservazione scientifica
della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento
rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di
tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione.
Essi svolgono, quando sia consentito, attività educative anche nei confronti
degli imputati.
Collaborano,
inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella distribuzione dei libri, delle
riviste e dei giornali.
Art.83
Ruoli organici del personale di servizio sociale e degli educatori
La
tabella dell'organico del personale della carriera direttiva di servizio
sociale, annessa alla legge 16 luglio 1962,n.1085 ,é sostituita dalla tabella b
allegata alla presente legge.
Sono istituiti i ruoli organici delle carriere di concetto degli educatori per
adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le dotazioni organiche dei ruoli, di cui al precedente comma, sono stabilite
rispettivamente dalle tabelle c e d allegate alla presente legge.
Al personale delle carriere suddette si applicano le disposizioni concernenti lo
statuto degli impiegati civili dello stato, nonché, in quanto compatibili,
quelle di cui al regio decreto 30 luglio 1940,n.2041 ,e successive
modificazioni; lo stesso personale dipende direttamente dall'amministrazione
penitenziaria e dai suoi organi periferici.
Gli impiegati della carriera direttiva di servizio sociale che all'1 luglio 1970
rivestivano la qualifica di direttore, al conseguimento della anzianità di cui
al primo comma dell' articolo 22 del decreto del presidente della repubblica 30
giugno 1972,n.748 ,sono esonerati, per la nomina alla qualifica di primo
dirigente, dalla partecipazione al corso previsto dagli articoli 22 e 23 del
decreto stesso.
La nomina é effettuata, nei limiti dei posti disponibili, con decreto del
ministro, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione sulla base
dei rapporti informativi e dei giudizi complessivi conseguiti dagli interessati.
Art.84
Concorso per esame speciale per l'accesso al ruolo
della
carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti
Entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il ministro per la
grazia e giustizia indirà un concorso, per esame speciale, di accesso al ruolo
della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, istituito dal
precedente articolo, nel limite del cinquanta per cento della complessiva
dotazione organica del ruolo stesso.
Entro trenta mesi dall'entrata in vigore della presente legge sarà indetto un
concorso pubblico di accesso al ruolo della carriera di concetto degli
assistenti sociali per adulti, nel limite del residuo cinquanta per cento della
complessiva dotazione organica del ruolo stesso. A tale concorso sono ammessi
anche gli assistenti sociali immessi nel ruolo del servizio sociale per i
minorenni per effetto del concorso a 160 posti di assistente sociale, di cui al
decreto ministeriale 21 giugno 1971 .
Il concorso previsto al primo comma é riservato, indipendentemente dai limiti
di età previsti dalle vigenti disposizioni per l'accesso agli impieghi dello
stato, a coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge,
svolgano attività retribuita di assistente sociale presso gli istituti di
prevenzione e di pena per adulti e siano forniti di diploma di istituto di
istruzione di secondo grado nonché di certificato di qualificazione
professionale rilasciato da una scuola biennale o triennale di servizio sociale.
Il concorso consiste in una prova orale avente per oggetto le seguenti materie:
1) teoria e pratica del servizio sociale;
2) psicologia;
3) nozioni di diritto e procedura penale;
4) regolamenti per gli istituti di prevenzione e di pena.
La commissione esaminatrice é presieduta dal direttore generale per gli
istituti di prevenzione e di pena o dal magistrato che ne fa le veci ed é
composta dai seguenti membri:
Un magistrato di corte d'appello addetto alla direzione generale per gli
istituti di prevenzione e di pena;
Un docente universitario in neuropsichiatria o in psicologia o in criminologia o
in antropologia criminale;
Un ispettore generale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di
pena;
Un docente di materie di servizio sociale.
Le funzioni di segretario sono esercitate da un impiegato del ruolo
amministrativo della carriera direttiva della detta amministrazione con
qualifica non inferiore a direttore alla seconda classe di stipendio (ex
coefficiente 257).
La prova si considera superata dai candidati che hanno riportato un punteggio
non inferiore a sei decimi.
I vincitori del concorso sono nominati:
a) alla prima classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se
abbiano prestato servizio continuativo ai sensi del terzo comma del presente
articolo per almeno due anni;
b) alla seconda classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se
abbiano prestato tale servizio per almeno quattro anni;
c) alla terza classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se
abbiano prestato tale servizio per almeno otto anni.
Nei confronti di coloro che sono inquadrati nella prima o nella seconda classe
di stipendio, ai sensi del comma precedente, gli anni di servizio di assistente
sociale prestato in modo continuativo, ai sensi del terzo comma del presente
articolo, oltre i limiti rispettivi di due e quattro anni sono computati ai fini
dell'inquadramento nella classe di stipendio immediatamente superiore.
Entro tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto di nomina i vincitori del
concorso hanno facoltà di chiedere il riscatto degli anni di servizio prestato
ai sensi del terzo comma del presente articolo, ai fini del trattamento di
quiescenza e della indennità di buonuscita.
Art.85
Accesso alla carriera direttiva di servizio sociale
Alla
lettera e) dell' articolo 5 della legge 16 luglio 1962,n.1085, sono soppresse le
parole "istituita o autorizzata a norma di legge".
Art.86
Personale per gli uffici di sorveglianza
Con
decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro per la grazia
e giustizia, di concerto con il ministro per il tesoro, é determinato, entro
sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il contingente dei
magistrati e del personale di cui all' articolo 68 da assegnare a ciascun
ufficio di sorveglianza nei limiti delle attuali complessive dotazioni
organiche.
Art.87
Norme di esecuzione
Con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro per la grazia
e giustizia, di concerto con il ministro per il tesoro, entro sei mesi dalla
entrata in vigore della presente legge, sarà emanato il regolamento di
esecuzione. Per quanto concerne la materia della istruzione negli istituti di
prevenzione e di pena il regolamento di esecuzione sarà emanato di concerto
anche con il ministro per la pubblica istruzione.
Fino all'emanazione del suddetto regolamento restano applicabili, in quanto non
incompatibili con le norme della presente legge, le disposizioni del regolamento
vigente.
Entro il termine indicato nel primo comma dovranno essere emanate le norme che
disciplinano lo ingresso in carriera del personale di concetto dei ruoli degli
educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le disposizioni concernenti l'affidamento al servizio sociale e il regime di
semilibertà entreranno in vigore un anno dopo la pubblicazione della presente
legge nella gazzetta ufficiale.
Art.88
Attuazione dei ruoli del personale
L'istituzione
del ruolo organico del personale di concetto di servizio sociale per adulti, lo
ampliamento del ruolo organico del personale direttivo di servizio sociale,
l'istituzione del ruolo organico della carriera di concetto degli educatori per
adulti e l'ampliamento del ruolo degli operai specializzati addetti agli
ospedali psichiatrici e alle case di cura e di custodia, previsti dalla presente
legge, saranno attuati entro un periodo di sette anni.
Art.89
Norme abrogate
Sono
abrogati gli articoli 141,142,143, 144,149 e l'ultimo capoverso dell'articolo
207 del codice penale, l'articolo 585 del codice di procedura penale nonché
ogni altra norma incompatibile con la presente legge.
Art.90
Esigenze di sicurezza (Abrogato)
Art.91
Copertura finanziaria
All'onere
derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 25 miliardi per
l'anno finanziario 1975,si provvede mediante riduzione di pari importo dello
stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione della spesa del
ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.
Il ministro per il tesoro é autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle
occorrenti variazioni di bilancio.
La
presente legge, munita del sigillo dello stato, sarà inserita nella raccolta
ufficiale delle leggi e dei decreti della repubblica italiana. É fatto obbligo
a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello stato.
Tabella A
Sedi e giurisdizioni degli uffici di sorveglianza
Ancona: tribunali di Ancona, Pesaro, Urbino.
Macerata: tribunali di Macerata, Ascoli Piceno, Camerino, Fermo.
Bari: tribunali di Bari, Trani.
Foggia: tribunali di Foggia, Lucera.
Bologna: tribunali di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna, Rimini.
Modena: tribunale di Modena.
Reggio Emilia: tribunali di Reggio Emilia, Parma, Piacenza.
Brescia: tribunali di Brescia, Bergamo, Crema.
Mantova: tribunali di Mantova, Cremona.
Cagliari: tribunali di Cagliari, Oristano.
Nuoro: tribunali di Nuoro, Lanusei.
Sassari: tribunali di Sassari, Tempio Pausania.
Caltanissetta: tribunali di Caltanissetta, Enna, Nicosia.
Catania: tribunali di Catania, Caltagirone.
Siracusa: tribunali di Siracusa, Ragusa, Modica.
Catanzaro: tribunali di Catanzaro, Crotone, Nicastro, Vibo Valentia.
Cosenza: tribunali di Cosenza, Rossano, Castrovillari, Paola.
Reggio Calabria: tribunali di Reggio Calabria, Locri, Palmi.
Firenze: tribunali di Firenze, Arezzo, Prato.
Siena: tribunali di Siena, Grosseto, Montepulciano.
Livorno: tribunale di Livorno.
Pisa: tribunali di Pisa, Lucca, Pistoia.
Genova: tribunali di Genova, Chiavari, Imperia, San Remo, Savona.
Apuania Massa: tribunali di Apuania Massa, La Spezia.
L'Aquila: tribunali di L'Aquila, Avezzano, Lanciano, Sulmona.
Pescara: tribunali di Pescara, Chieti, Teramo, Vasto.
Lecce: tribunali di Lecce, Brindisi, Taranto.
Messina: tribunali di Messina, Mistretta, Patti.
Milano: tribunali di Milano, Lodi, Monza.
Pavia: tribunali di Pavia, Vigevano, Voghera.
Varese: tribunali di Varese, Busto Arsizio, Como, Lecco, Sondrio.
Napoli: tribunali di Napoli, Ariano Irpino, Avellino, Benevento.
Campobasso: tribunali di Campobasso, Isernia, Larino.
Salerno: tribunali di Salerno, Sant'Angelo dei Lombardi, Vallo della Lucania.
Santa Maria Capua Vetere: tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Palermo: tribunali di Palermo, Termini Imerese.
Agrigento: tribunali di Agrigento, Sciacca.
Trapani: tribunali di Trapani, Marsala.
Perugia: tribunali di Perugia, Orvieto.
Spoleto: tribunali di Spoleto, Terni.
Potenza: tribunali di Potenza, Lagonegro, Sala Consilina.
Matera: tribunali di Matera, Melfi.
Roma: tribunali di Roma, Latina, Velletri, Civitavecchia.
Frosinone: tribunali di Frosinone, Cassino.
Viterbo: tribunali di Viterbo, Rieti.
Torino: tribunali di Torino, Asti, Pinerolo.
Alessandria: tribunali di Alessandria, Acqui, Tortona.
Novara: tribunali di Novara, Aosta, Verbania.
Vercelli: tribunali di Vercelli, Biella, Casale Monferrato, Ivrea.
Cuneo: tribunali di cuneo, Mondovì, Saluzzo, Alba.
Trento: tribunali di Trento, Bolzano, Rovereto.
Trieste: tribunale di Trieste.
Gorizia: tribunali di Gorizia, Pordenone, Tolmezzo, Udine.
Venezia: tribunali di Venezia, Belluno, Treviso.
Padova: tribunali di Padova, Rovigo, Bassano del Grappa.
Verona: tribunali di Verona, Vicenza.
Tabella B
Ruolo organico della carriera direttiva degli assistenti sociali personale
dirigente
Qualifica dirigente superiore livello di funzioni d funzione ispettore generale
per i servizi sociali o consigliere ministeriale aggiunto posti in funzione 6
Qualifica primo dirigente livello di funzioni e funzione direttore di centro di
servizio sociale o di ufficio di servizio sociale per minorenni di particolare
importanza o vice consigliere ministeriale aggiunto posti in funzione 12
Totale posti in funzione 18
Personale direttivo
Qualifica direttore aggiunto di centro di servizio sociale o direttore di
ufficio di servizio sociale per minorenni parametro 530 anni di permanenza nella
classe di stipendio - dotazione organica 18
Parametro 487 anni di permanenza nella classe di stipendio 7 dotazione organica
18
Parametro 455 anni di permanenza nella classe di stipendio 5 dotazione organica
18
Parametro 426 anni di permanenza nella classe di stipendio 5 dotazione organica
18
Parametro 387 anni di permanenza nella classe di stipendio 2 dotazione organica
18
Qualifica direttore di sezione parametro 307 anni di permanenza nella classe di
stipendio - dotazione organica 52
Parametro 257 anni di permanenza nella classe di stipendio 4 dotazione organica
52
Parametro 190 anni di permanenza nella classe di stipendio 6 mesi dotazione
organica 52
Totale dotazione organica 70
Tabella C
Ruolo organico degli educatori per adulti della carriera di concetto
Parametro 370 qualifica educatore capo organico 41
Parametri 297 255 qualifica educatore principale organico 185
Parametri 218,178, 160 qualifica educatore organico 184
Totale organico 410
Tabella D
Ruolo organico degli assistenti sociali per adulti della carriera di
concetto
Parametro 370 qualifica assistente sociale capo organico 37
Parametri 297 255 qualifica assistente sociale principale organico 167
Parametri 218,178,160 qualifica assistente sociale organico 166
Totale organico 370