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Rapporto di Amnesty sulle condizioni delle detenute in Turchia: violentate in carcere, quasi tutte...
Il Manifesto, 27 novembre 2003
Il titolo del Rapporto è anche un appello al governo turco: "Basta alla violenza sessuale nei confronti delle detenute", è la richiesta di Amnesty International fatta durante la presentazione del dossier in cui denuncia le terribili condizioni delle donne detenute nelle carceri in Turchia. Il Rapporto si basa su ricerche condotte nel corso del 2002 e su due visite compiute in Turchia a giugno e settembre dello stesso anno. Dopo aver intervistato oltre cento detenute a Diyarbakir, Mus, Mardin, Batman e Midyat, la Commissione delle avvocate di Diyarbakir ha accertato "che quasi tutte avevano subito abusi sessuali, sia verbali che fisici, mentre si trovavano in custodia della polizia. "Le vittime degli abusi - spiega l’organizzazione che si batte per i diritti umani - sono soprattutto le donne curde e coloro che hanno idee politiche inaccettabili, dal punto di vista delle autorità o dell’esercito". Secondo le denunce raccolte da Amnesty, "vengono spesso denudate, bendate e perquisite da agenti di sesso maschile durante gli interrogatori che si svolgono nelle stazioni di polizia o in prigione". Sono inoltre costrette a sottoporsi a "test della verginità, allo scopo di punirle e umiliarle". Nella sua accusa Amnesty parla poi di donne violentate di fronte ai propri mariti o familiari per costringere questi ultimi a "confessare" o, strumentalizzando il concetto di "onore", per ledere la reputazione della famiglia o della comunità di origine della vittima. "Allo stupro e alla violenza sessuale si aggiunge l’assenza di protezione e di risarcimenti nei confronti delle vittime - spiega Patrizia Carrera, responsabile del coordinamento Europa occidentale della Sezione italiana di Amnesty International -. Le donne che hanno subito violenza sessuale devono spesso fare infatti i conti con un diffuso ostracismo. Altre sono costrette a lasciare le proprie case, con o senza la famiglia. Molte, spesso, non denunciano l’accaduto, convinte che gli autori non saranno puniti". Ottenere un risarcimento per la violenza subita è, infatti, particolarmente difficile nei casi in cui gli autori della violenza sessuale siano rappresentanti dello Stato, tanto per la scarsità delle inchieste quanto a causa di una legislazione assai protettiva nei confronti dei pubblici ufficiali sotto inchiesta. Coloro che denunciano le violenze sessuali commesse da rappresentanti dello Stato - si legge ancora nel Rapporto - rischiano di subire ulteriori abusi, azioni legali, minacce e arresti. Le avvocate che le rappresentano, a loro volta, vengono perseguitate dalle autorità, dai mezzi d’informazione e dai propri colleghi. "Le conclusioni del rapporto rappresentano una sfida per il governo, che deve trasformare in realtà le proprie dichiarazioni di intenti sui diritti umani" - dice Carrera, sottolineando che le denunce sono state raccolte quando in Turchia c’era in carica un altro esecutivo. "Il nuovo governo - è l’appello di Amnesty International - non deve proseguire sulla strada del precedente, ma prendere misure concrete per risolvere il problema della violenza sessuale nei confronti delle donne".
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