Russia

 

Russia: "Operazione carceri"

di Giovanna Parravicini

 

La Nuova Europa, luglio-agosto 2005

 

"Visitare i carcerati": questo gesto che la saggezza della Chiesa chiede ai cristiani come un’opera di misericordia, è stato recentemente proposto ad alcuni collaboratori della "Biblioteca dello Spirito" aperta da qualche anno a Mosca, per poter meglio capire dall’interno la situazione e trovare vie di collaborazione culturale con alcuni istituti penitenziari. Un’avventura cominciata nella cittadina di Mozajsk, in un carcere femminile e in una colonia penale per minori.

Da tempo abbiamo rapporti con alcuni carceri, dove spediamo libri al personale o ai detenuti che ce ne fanno richiesta: è un’azione che rientra nel programma di sostegno ad istituzioni culturali, socio-educative, orfanotrofi, a biblioteche pubbliche soprattutto in provincia, e a privati che si trovano in situazioni particolarmente svantaggiate, come ad esempio malati e anziani ricoverati in ospedali o istituti di lunga degenza, e anche carcerati. Anche questi sporadici contatti bastano a testimoniare in qualche modo l’interesse dei detenuti per il problema religioso e la loro fame di testi religiosi; oltre alle lettere che abbiamo pubblicato ripetutamente sulla rivista, riceviamo sovente comunicazioni e richieste come quella, pervenutaci in novembre, del detenuto Aleksej Berdnikov, nel carcere JaK 7/4 della città di Penza, che è stato nominato responsabile della chiesa di San Nicola sorta recentemente all’interno della colonia penale: "...per ora abbiamo una piccola biblioteca, stiamo cercando di costituire una scuola di religione per corrispondenza, ci servirebbero anche carta, buste e biro...".

Un’offerta di denaro che avevamo ricevuto qualche mese fa con la richiesta specifica di usarla per un’opera di carattere sociale, ci ha indotto a usare un po’ di fantasia e a cercare nuove possibilità: e così, attraverso amici comuni, abbiamo incontrato alcuni operatori del "Centro consultivo per la riforma del codice penale", sorto nel 1988 con l’appoggio di Andrej Sacharov, ed è nata l’idea di realizzare un progetto di aiuto più sistematico ai carcerati, con particolare attenzione alle colonie femminili e minorili.

Fin dal primo incontro Natalja Djadko e Andrej Borisov, gli animatori del "Centro consultivo", ci hanno colpito per la passione umana con cui svolgono un’attività sia propriamente giuridica di consulenza, sia anche culturale, informativa e assistenziale nei confronti dei detenuti e del personale di decine di colonie penali che si recano regolarmente a visitare e con cui sono in corrispondenza. Il "Centro", che si regge evidentemente sul volontariato (i suoi collaboratori hanno in genere un "secondo lavoro" per mantenersi), dispone tuttavia di una rete di esperti (avvocati, psicologi, medici) che prestano la loro collaborazione per consulenze o sopralluoghi, possiede una mappa del mondo carcerario e delle sue esigenze che gli consente di segnalare con precisione le situazioni più bisognose di aiuto; infine, grazie alla sua esperienza e al fatto che il suo direttore, l’ex dissidente Valerij Abramkin, dal 1994 è stato chiamato a far parte della Commissione per la riforma giudiziaria presso la presidenza della Federazione Russa, è in grado di sviluppare programmi di intervento stabili e strutturati che sarebbero altrimenti di difficile realizzazione senza l’intermediario di enti accreditati presso le istituzioni governative e gli stessi istituti penitenziari.

 

La "razione libri" del detenuto

 

Da qualche anno a questa parte, in forza di accordi governativi, la Chiesa ortodossa ha potuto ricominciare la sua attività pastorale nei carceri: sono stati ripristinati spazi per la catechesi e la preghiera comune, e in diversi casi anche delle cappelle. Sempre crescente è quindi la domanda sia da parte dei pastori che dei carcerati di potere disporre di libri adeguati.

Ci è nata di qui l’idea, in collaborazione appunto con il "Centro consultivo per la riforma del codice penale", di trasferire il modello delle "biblioteche dello spirito" che in questi anni abbiamo aperto presso diverse strutture ecclesiastiche attraverso donazioni di libri, anche in alcuni istituti penitenziari. Così abbiamo proposto ai direttori delle carceri dove si trovano i detenuti che da tempo ormai ricevono i nostri libri e ai direttori delle sedi segnalateci dal "Centro consultivo", di mettere a disposizione dei prigionieri un "pacchetto" di una quarantina di volumi scelti dal catalogo della Biblioteca dello Spirito. Nel "pacchetto" abbiamo inserito testi di introduzione al cristianesimo, in particolare libri di padre Men’ e del metropolita Antonij Blum, vite dei santi, introduzioni alla vita della Chiesa, opere teatrali e di narrativa per adulti e per ragazzi (da Quo vadis alle Lettere di Nicodemo, ai romanzi di Graham Green).

La proposta ha avuto un certo successo: vi hanno aderito finora 36 istituti penitenziari, tra colonie maschili, femminili e minorili, ubicati nelle più svariate regioni della Federazione Russa, da Lipeck a Petrozavodsk (capitale della Carelia), da Tiumen’, Uchta, Jakutsk, Magadan (Siberia orientale), a Kaliningrad, Saransk, la provincia di Mosca, Archangel’sk, Krasnodar, Novgorod, Piatigorsk, Taganrog (provincia di Rostov), Kudimrak (provincia di Perm’), Samara, San Pietroburgo, e quattro istituti in provincia di Novosibirsk.

Con l’allestimento di queste piccole biblioteche si spera di potere in qualche modo collaborare all’opera pastorale che la Chiesa svolge negli istituti penitenziari. L’iniziativa dovrebbe inoltre favorire un rapporto diretto del detenuto con il libro, aprendo anche degli spazi alla socialità e alla discussione. Ma soprattutto, attraverso la circolazione nei circuiti carcerari di questo tipo di letteratura, la "Biblioteca dello Spirito" spera di poter portare un suo piccolo contributo affinché cresca il numero dei detenuti che - come già vediamo nell’esperienza di alcuni - recuperano una speranza per la propria vita e per la realtà in cui vivono attraverso l’avvicinamento agli ideali cristiani.

La nostra non vorrebbe essere semplicemente un’iniziativa di fornitura "a pioggia" di libri: fin dall’inizio ci siamo resi conto che può essere innanzitutto un prezioso strumento di incontro e di sostegno alle persone che, in situazioni drammatiche, talvolta estreme, cercano di svolgere un’opera educativa. Solo per fare un esempio, è il caso di padre Michail, un sacerdote ortodosso conosciuto attraverso il "Centro consultivo", a cui è stata affidata la cura pastorale di un carcere in provincia di Niznij Novgorod. Professore universitario, anni fa era emigrato in Germania dove ha scoperto la fede: così è tornato in patria con la famiglia (cinque figli), e si è fatto sacerdote. Basta una telefonata per entrare immediatamente in sintonia con lui, e la scelta dei libri che fa, consultando il nostro listino (a lui non ci siamo limitati a offrire il "pacchetto" standard), mette in luce da un lato l’estremo bisogno di testi religiosi esistente, ma dall’altro la paternità con cui padre Michail si immedesima nelle esigenze e nei desideri della gente che sta accompagnando: ad esempio, oltre ai libri dei migliori autori ortodossi ci chiede una copia di tutti i nostri libri-calendari di icone, libri illustrati per ragazzi, testi che entrano nel vivo dei problemi del mondo d’oggi, e addirittura Il dramma dell’umanesimo ateo di de Lubac. Ci lasciamo con la promessa che, al disgelo, andremo a trovarlo in parrocchia e nel carcere.

 

Un incontro dal vivo

 

Natalja e gli amici del "Centro" hanno proposto a Floriana e a me di unirci a loro in una delle visite che compiono mensilmente in due campi, una "zona" femminile e una colonia penale per minori a circa 100 km da Mosca, alla periferia di Mozajsk, una città che fino ad oggi conoscevo solo per il suo antico centro medioevale e la celebre raffigurazione di "San Nicola di Mozajsk", che brandisce la spada e il Cremlino in segno di difesa della fede. Ottenere i permessi a due straniere per entrare nei luoghi di reclusione non è cosa facile, ma dopo aver esaminato i nostri documenti e i volumi offerti in dono i funzionari dalla Direzione Statale degli Istituti Penali ci hanno fornito tutti i necessari lasciapassare, ringraziandoci con un calore che ci ha stupito, e chiedendoci a loro volta in dono alcune copie di un calendario liturgico ortodosso compreso nel "pacchetto" dei detenuti.

Sarebbe evidentemente presuntuoso pensare di poter capire nell’arco una giornata una problematica complessa e drammatica come quella del mondo carcerario: il nostro intento, quando con una certa titubanza ci mettiamo in viaggio, è soprattutto quello di poter cogliere delle possibilità di incontro, e di collaborazione "dal vivo" con chi a queste realtà dedica tanto tempo ed energie.

In effetti, grazie al lavoro già compiuto dagli amici del "Centro", il personale delle colonie ci accoglie come vecchie conoscenze, accompagnandoci nella visita senza celare i problemi quotidiani, ma soprattutto quello che per tutti resta "il problema di fondo", e cioè il reinserimento dei detenuti nella società. Olga Aleksandrovna, che lavora come agente di sorveglianza al carcere minorile, ci apostrofa subito in modo amichevole ma perentorio, chiedendoci se possiamo fare qualcosa per B., un diciottenne che sta per essere dimesso dalla colonia e che non ha letteralmente dove andare e non possiede uno straccio di documento: è stato acciuffato due anni fa alla stazione di Kazan’, a Mosca, per furto. Stando ai suoi racconti, era arrivato dal Kazachstan con la madre, che gli aveva detto di aspettarla un attimo lì in stazione e si era dileguata, poi aveva vissuto di espedienti per qualche settimane, rubacchiando e dormendo dove capitava, per cadere infine in una retata. Nel frattempo ha imparato un mestiere: nella colonia esistono una scuola primaria e un istituto professionale con annessi laboratori di assemblaggio, cucito, meccanica, falegnameria, dove i ragazzi possono conseguire un diploma. Non c’è da illudersi, l’ambiente delle colonie penali non è certo facile, ma paradossalmente è più protetto della società in cui i detenuti debbono ritornare, alla scadenza della condanna. B. ha confidato a Olga che quando uscirà pensa di rivolgersi a un prete, gli chiederà un posto per dormire in cambio del lavoro che è disposto a fare. Ma esiste, realisticamente, questa possibilità? Voi non potete aiutarlo? - ci chiede Olga, visto che le siamo state presentate come collaboratrici di un Centro cristiano. Qui si tocca la provvidenzialità di carismi come quello di don Bosco e tanti altri, per aiutare questi ragazzi a reinserirsi nella società: oggi in Russia sembra quasi impossibile trovare delle esperienze di questo genere! Ci ripromettiamo di parlarne in Italia, per riuscire a trovare il modo di creare una casa d’accoglienza, un centro sociale di aiuto e reinserimento per minori, delle opportunità di adozione a distanza attraverso associazioni di assistenza internazionali; è troppo imperiosa, personale e al tempo stesso carica di fiducia la richiesta di Olga, ci interpella concretamente e non ammette possibilità di ridurre un fatto, un ragazzo bisognoso di aiuto a un problema sociale astratto!

Problemi altrettanto drammatici emergono nel corso della rapida visita che facciamo al campo femminile: circa 1000 detenute, prevalentemente dai 25 ai 40 anni (la popolazione della "zona" ha un’età compresa fra i 18 e i 60 anni circa). Le detenute sono divise in reparti indipendentemente dalla provenienza geografica, dall’età e dalla condanna, le sieropositive non sono isolate dalle altre. Ogni camerata (tirata perfettamente a lucido) ha 25 posti, brandine a castello abbastanza pigiate fra loro, e la stanza da bagno presenta otto water disposti come sedili tutt’intorno alle pareti, senza nessuna divisoria. La giornata delle detenute è scandita dal lavoro e dal riposo (allo stabilimento e al laboratorio di cucito all’interno della zona si alternano due squadre-lavoro, dalle 6 alle 14, e dalle 14 alle 22).

All’interno del campo, in un’area riservata, sorge il reparto infantile, dove sono ospitati i figli delle detenute di età compresa fra 1 e 3 anni: generalmente arrivano fino a un centinaio, in questo momento sono dimezzati perché uno dei due padiglioni è in ristrutturazione. Non vivono con le madri, che hanno il permesso di stare con loro per due ore al giorno, oltre agli orari dell’allattamento; nel nuovo padiglione però sono previste 20 camere per madri che scelgano di vivere con il proprio figlio, un esperimento auspicato da Ljudmila Zacharovna, la pediatra dell’istituto, che tuttavia non nasconde le difficoltà insite nel progetto: non tutte le donne se la sentono di assumersi la responsabilità e di fare il sacrificio di dedicarsi interamente ad allevare il proprio figlio, parecchie anche ora fanno solo visite fugaci al bambino e qualcuna non si fa vedere per niente. Di fronte alle nostre domande sui bisogni esistenti nel reparto infantile, Ljudmila si schermisce descrivendo un quadro a tinte rosee, poi però nel corso della conversazione emerge, ad esempio, che non esiste una cifra a bilancio per i medicinali dei bambini, e che il primario del campo femminile trasferisce ogni tanto, a proprio rischio e pericolo, somme di denaro o medicamenti alla zona infantile; l’anno scorso sono stati proprio i collaboratori del "Centro consultivo" a far fronte con aiuti in medicinali al diffondersi dell’avitaminosi che aveva provocato la calvizie alla maggioranza dei piccoli ospiti. La stessa Ljudmila Zacharovna auspica che i bambini, nonostante la vicinanza delle madri, possano lasciare il campo il prima possibile: oltretutto, i confini della realtà qui sono spaventosamente ristretti, le possibilità di comunicare, arricchire il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze è estremamente limitato, e una volta entrati nel "mondo libero" i bambini (vengono affidati alle famiglie delle madri, se esistono, o a istituti della provincia in cui queste abitavano), nel giro di poco tempo letteralmente "esplodono" dal punto di vista espressivo e intellettuale.

 

Attese e prospettive

 

Nella colonia minorile, proprio al centro, è in costruzione una chiesa di legno, e anche nel campo femminile ne esiste una, al centro fra l’area abitativa (che comprende anche il club, la mensa, la biblioteca, il laboratorio di apprendistato e lo spaccio) e l’area lavoro (uno stabilimento e alcuni laboratori). L’edificio della chiesa d’inverno resta inutilizzato perché non ha riscaldamento; il prete ortodosso però viene regolarmente ogni settimana, e quando la chiesa è inagibile si incontra con le detenute nei locali del Centro di psicologia, che pure opera all’interno del carcere. È proprio una delle due operatrici psicologhe, insieme a una sorvegliante, a condurci in giro per il campo femminile, mentre l’équipe del "Centro consultivo" lavora con le detenute (particolarmente richiesta è la consulenza dell’avvocato, Sergej, che trascorre l’intera giornata in colloqui, dividendosi tra il campo femminile e la colonia minorile). Il mondo carcerario è realmente un universo a sé di cui sono parte integrante anche funzionari, inservienti, guardie, educatori: ormai è la seconda generazione, sono quasi tutti figli di gente dei villaggi circostanti (il cui reddito si basa prevalentemente sul lavoro nelle colonie penali), che lavorava a sua volta nei campi; si vede che per loro il mondo carcerario rappresenta la normalità, l’orizzonte quotidiano della vita, che i detenuti e la loro sorte fanno in qualche modo parte della loro vita o almeno delle loro preoccupazioni, come ci dice Vera Konstantinovna, un funzionario della colonia minorile, in servizio da trent’anni (tra l’altro, a quanto ci dicono Natalja e gli amici del "Centro", il personale dei campi è pagato pochissimo). Ebbene, parlando con loro si ha un’impressione di impotenza circa la difficile situazione esistente nel carcere, ma soprattutto rispetto al destino che attende i detenuti una volta usciti da dietro le sbarre. Che cosa possono fare due psicologhe su mille detenute? Che cosa si può comperare con la paga mensile di 500 rubli al mese (spesso ridotti a 150-200), che le detenute ricevono? Alla scadenza della condanna spesso non sono neppure in grado di pagarsi la fotografia da apporre ai documenti... Ogni iniziativa di carattere educativo o culturale nelle zone di detenzione può reggersi unicamente sugli aiuti offerti sponsor esterni, dato perfino le norme elementari del regolamento (ad esempio, ogni detenuto dovrebbe avere a propria disposizione un sapone, uno spazzolino e un tubetto di dentifricio, carta igienica) vengono disattese per mancanza di mezzi! L’elenco delle carenze e necessità nei campi potrebbe essere prolungato a piacimento, ma il vero problema subentra al momento del reinserimento nella società, dove ogni tentativo di lavoro educativo crolla davanti all’incalzare delle necessità economiche, alla mancanza di luoghi che possano accogliere la persona e aiutarla a vivere in modo dignitoso. Non meraviglia che la Chiesa, come testimoniano l’estendersi della sua presenza nei luoghi di reclusione, il desiderio dei detenuti di accostarsi alla religione, la stessa richiesta di aiuto fattaci da Olga, sia guardata con speranza, come un appiglio in situazioni difficili, a volta estreme, e soprattutto - più o meno consapevolmente - come un luogo in cui la persona possa essere guardata come tale, per la dignità e il volto umano conferitile all’atto della creazione. Questo volto umano, che si esprime nel sorriso dimesso con cui un gruppo di detenute ci regala dei cucchiai di legno decorati di loro produzione, o che traspare nelle fisionomie tristi e un po’ apatiche dei giovani reclusi che salutano sonoramente, a comando, la nostra "delegazione" ogni volta che entriamo in un’aula o in un laboratorio - questo volto umano non ci consente di pensare conclusa con un semplice invio di libri l’"operazione-carceri". Come sempre, il libro è uno strumento di incontro, di proposta, di compagnia, e i volti che abbiamo incontrato, le parole e le richieste che abbiamo ascoltato ci aprono davanti una nuova strada da percorrere insieme, - insieme anche ai nostri lettori, se vorranno sostenere ancora una volta questa nostra iniziativa con gesti di solidarietà.

 

È possibile contribuire al progetto di aiuti e sostegno alle carceri mediante un versamento sul c/c post. n. 60660206 intestato a Associazione Russia Cristiana, Via Tasca 36, 24068 Seriate BG, specificando la causale: "sostegno al progetto-carceri".

 

 

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