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Alternative alla detenzione in Europa e negli Stati Uniti
L’esigenza di alternative alle pene detentive è stata da tempo avvertita in molti Stati, le cui codificazioni prevedono un sistema differenziato di interventi sospensivi sostitutivi o alternativi alla pena limitativa della libertà. È opportuno ricordare, dato il suo carattere innovativo, la recente esperienza del Codice penale polacco, il quale prevede come nuova tipologia di pena principale la "limitazione della libertà personale". Tale tipo di pena, autonoma anche se comminata in alternativa alla pena detentiva, può variare da un minimo di tre mesi ad un massimo di due anni e consiste nell’imposizione al condannato di alcune limitazioni indicate dalla legge e, a discrezione del tribunale, anche all’obbligo di risarcire il danno e presentare pubblicamente le scuse della parte lesa. Uno degli aspetti più interessanti di tale specie di pena sta nell’imposizione dell’obbligo di svolgere l’attività lavorativa imposta dal giudice, obbligo che va adempiuto o con prestazioni di lavoro gratuito per pubblica utilità oppure con l’assegnazione ad aziende statali o continuazione di precedenti attività lavorative con ritenute però del dieci - venticinque per cento sullo stipendio a favore del fisco ed a fini sociali. Misure analoghe sono le cosiddette "misure per il reinserimento nella società" previste dal Codice penale della Germania a fianco delle pene principali. Misure che consistono nel dare ad un collettivo l’incarico di aiutare il condannato nel suo reinserimento sociale svolgendo nei suoi confronti una funzione educativa e nell’obbligare il condannato a svolgere una determinata attività lavorativa e non soggiornare in determinati luoghi. Nello stesso ordinamento è prevista la sospensione della condanna a condizione di buona prova e sottoposizione ad obblighi ed affidamento per la rieducazione ad organi collettivi ed anche singoli cittadini, nonché l’ordine di esecuzione della pena in "modo diverso" in deroga alle disposizioni generali dell’esecuzione penale sulla base di presupposti molto vaghi, come dare buona prova di sé. Caratteristiche pertanto di tale sistema sono l’ampia discrezionalità e l’attribuzione di poteri rieducativi ad organi collettivi ed anche a singoli esperti, non facenti parte né della magistratura né di un organo amministrativo. In Belgio è in vigore un sistema articolato di misure sostitutive della pena detentiva sviluppatosi progressivamente, con le riforme del 4 novembre 1947 e del 29 giugno 1964, sulla base di iniziali modesti interventi operati dal legislatore al fine di ovviare agli effetti pregiudizievoli delle pene detentive brevi. Così nel sistema belga è prevista la facoltà del giudice, per la prigione correzionale fino a due anni, di disporre la sospensione della pronuncia, la dilazione della condanna con prova, ed il periodo di prova variabile da uno a cinque anni deve essere finalizzato al trattamento e alla rieducazione, oppure, per pene fino a sei mesi, di disporre la semidetenzione. Per la fase dell’esecuzione della pena sono previste diverse misure di competenza del potere esecutivo e cioè:
Infatti, tale misura consiste nella privazione della libertà dalle quattordici del sabato (in alcuni casi dalle diciannove del venerdì), sino alle sei del lunedì, mentre nei restanti giorni il condannato continua a vivere libero nel suo ambiente, ed è applicabile alle pene non superiori ad uno o, in alcuni casi, a due mesi. In Francia l’alternativa della pena detentiva è rappresentata dalla sospensione della pena con prova concessa dall’autorità giudiziaria prima dell’esecuzione e dalla liberazione condizionale concedibile in sede esecutiva dal Ministero della Giustizia per le pene eccedenti i tre anni e dal giudice per l’applicazione per le pene inferiori. Mentre l’esecuzione è differenziata e progressiva in rapporto al periodo di pena già scontata e alla condotta del condannato e prevede anche il collocamento all’esterno, la semilibertà ed i permessi sono concessi sulla base di presupposti determinati per decreto. Negli Stati Uniti d’America i vari ordinamenti prevedono i due istituti della probation e del parole. La probation nelle tre diverse forme della sospensione della condanna, della sospensione dell’esecuzione e della sospensione di parte dell’esecuzione, può essere disposta dalla Corte e dal giudice monocratico, anche dopo una condanna ma, entro un certo termine di essa, sulla base di presupposti diversi nei vari Stati per quanto concerne l’entità della pena e la natura del reato. Comporta l’imposizione di prescrizioni diversificate nei vari ordinamenti, con l’attribuzione ad organi amministrativi dei compiti di ispezione e controllo, salvo l’attribuzione del potere di revoca della Corte o del giudice. Il parole equivale nella pratica alla nostra liberazione condizionale, concedibile però da parte dell’ufficio amministrativo dopo l’espiazione di almeno due terzi della pena e del diverso periodo stabilito in sentenza e revocabile, secondo le previsioni della stessa autorità amministrativa in caso di violazione delle prescrizioni e dell’autorità giudiziaria nell’ipotesi di commissione di altro reato. E’ interessante ricordare che l’istituto del parole tra il 1972 e il 1974 ha emanato una tavola delle direttive al fine di fornire un mezzo scientifico ed obiettivo per l’esercizio della discrezionalità sulla decisione del rilascio con parole. Tale tavola si fonda su due indici fondamentali tramite i quali avviene la classificazione dei detenuti: l’indice della "gravità dell’offesa" e l’indice del "rischio di recidiva". Il rischio di recidiva è fondato sul precedente comportamento criminoso in genere e non sul solo reato contestato e il fattore di rischio è basato su indici personali attinenti prevalentemente ai precedenti penali e alla precedente condotta del soggetto non aventi relazione alcuna con eventuali progressi sulla via della riabilitazione conseguiti durante la detenzione. Pertanto, entrambi gli indici restano costanti durante l’intero periodo di carcerazione anche se all’udienza di concessione si dà realmente peso all’obiettivo della riabilitazione. Peraltro, le direttive non costituiscono regole rigide, e non sono vincolanti, ma se sono osservate, la loro disapplicazione va in un certo senso giustificata. Quindi, pur riconoscendosi nei vari sistemi penali una posizione primaria o prevalente alle misure alternative alla detenzione, in vari modi viene differenziato l’intervento punitivo in rapporto alla natura del reato, alla personalità del reo e alle condizioni ambientali, allo scopo di evitare gli effetti dannosi di carcerazioni inutili ai fini preventivi ed anche per meglio gestire la popolazione carceraria. Va sottolineato inoltre come le misure sostitutive o alternative al carcere vengano prevalentemente disposte negli altri sistemi dalla stessa autorità giudiziaria che irroga le pene o dall’autorità amministrativa a differenza di ciò che avviene nel nostro ordinamento ove al giudice della cognizione non è attribuito altro potere che quello di sospendere tout court l’esecuzione della pena e la pronuncia della condanna (articoli 166 - 169), mentre, d’altro canto, si è progressivamente affermata ed è stata sancita normalmente la cosiddetta giurisdizionalizzazione dell’esecuzione penale, in forza della quale il reo, anche dopo la condanna, resta sottoposto all’autorità giudiziaria per ogni decisione incidente sul regime esecutivo o sulla riduzione della pena. Infine anche dall’esperienza di altri sistemi viene la spinta verso la configurazione di sanzioni penali autonome della pena detentiva che siano effettivamente idonee a promuovere nel reo il senso della solidarietà sociale, sì da mutare le relazioni tra la società e la sua devianza (si pensi ai lavori di pubblica utilità, alle frequenze a corsi di addestramento professionale, all’inserimento in comunità terapeutiche e così via). |