Processo per il suicidio nel carcere di Nuoro
La strana morte del detenuto, imputati otto 
agenti
 
La Nuova Sardegna, 14 gennaio 2003
Luigi Acquaviva era morto suicida o era stato suicidato nella cella di Badu 'e 
Carros dove stava scontando una condanna all'ergastolo e dove doveva essere 
controllato continuativamente dopo aver dato chiari segni di nervosismo poche 
ore prima? Un quesito al quale si sta cercando di dare una risposta in tribunale 
dove otto agenti di polizia penitenziaria sono sotto processo per omicidio 
colposo e mancata vigilanza. L'udienza di ieri è stata dedicata ai testimoni. I 
numerosi agenti di polizia penitenziaria incalzati dal fuoco di fila di domande 
del pubblico ministero Maria Grazia Genoese, hanno raccontato di aver trovato 
Luigi Acquaviva incastrato tra la branda della cella e il muro. In maniera tale 
che, per tirarlo fuori e adagiarlo sul lettino, era stato necessario 
l'intervento di ben tre guardie. Un intervento che, secondo tutti i testimoni, 
era stato abbastanza immediato. Ma inutile. Luigi Acquaviva era morto. Il 
detenuto napoletano (in aula erano presenti la moglie e alcuni parenti) si era 
impiccato in cella con un paio di calze sportive, quelle che avrebbe dovuto 
avere ai piedi. Un particolare emerso nell'udienza di ieri, che si era aperta 
con l'interrogatorio dei due carabinieri che avevano seguito le indagini sulla 
morte di Luigi Acquaviva. Poi, è stato il turno del medico del carcere, 
dell'infermiera che per prima aveva prestato i soccorsi al suicida e delle 
guardie che erano intervenute nell'immediatezza del fatto.Il medico ha fornito 
una spiegazione tecnica della vicenda. Che però è entrata in pieno contrasto con 
quanto dichiarato poco dopo dall'infermiera professionale che ha ricordato di 
aver ravvisato qualche timido segnale di vita quando aveva controllato le 
pulsazioni a livello della carotide. Un particolare sul quale si è soffermata a 
lungo il pm, ma anche l'avvocato che tutela gli interessi dell'amministrazione 
penitenziaria e i due patroni di parte civile, gli avvocati Antonello Spada e 
Antonello Cao. Poi, è venuto il turno degli agenti penitenziari. Molti i non 
ricordo, molte le discrepanze fra le versioni del fatto ricordate in aula e 
quelle riportate sui vari rapporti che puntualmente il pm ha ravvisato e 
sottolineato con forza. E anche il giudice Elena Meloni ha spesso voluto 
approfondire alcuni punti poco chiari. Molto lungo e ricco di contrasti e 
precisazioni l'interrogatorio del sovrintendente responsabile della sezione in 
cui era morto Luigi Acquaviva. Il sottufficiale ha ricordato alcuni particolari 
che hanno destato non poche perplessità, anche se già riportati sui verbali. 
Soprattutto quello relativo al modo in cui il detenuto si era impiccato: con le 
sue calze sportive, che dovevano essere particolarmente lunghe. Particolari che 
gli avvocati di parte civile non hanno mancato di sottolineare per cercare di 
smontare la tesi del suicidio e sui quali invece i difensori degli imputati (gli 
avvocati Giuseppe Luigi Cucca, Antonio Busia, Lorenzo Soro, Pasquale Ramazzotti 
e Gianfranco Siuni) hanno preferito ascoltare senza approfondire. La prossima 
udienza si svolgerà il 31 marzo.