Suicidi a Cagliari

 

Orrore nelle celle di Buoncammino

Due detenuti trovati impiccati dagli agenti carcerari

 

L’Unione Sarda, 9 ottobre 2002

 

Paolo Santona era stato condannato per spaccio di droga. Sandro Fanari era in attesa di giudizio. Due detenuti si sono suicidati impiccandosi alle sbarre di una cella del carcere di Buoncammino, a un giorno di distanza uno dall’altro. Un gesto imprevedibile nel silenzio della notte, senza un segno premonitore, ma certamente dettato dalla disperazione. Paolo Santona, 48 anni, cagliaritano, si è tolto la vita intorno alla mezzanotte di sabato. Sandro Fanari, 45 anni di Guspini, poco prima dell’alba di lunedì. Era ancora vivo quando gli agenti lo hanno soccorso, ma il loro intervento non è servito a nulla. Asfissia da soffocamento, ha sentenziato per entrambi il medico legale. Sul tragico episodio la Procura ha comunque aperto un’inchiesta. Per il carcere sul colle di Buoncammino è un brutto colpo. Dopo la visita della commissione-giustizia del Senato, si è riaccesa la vecchia polemica sull’affollamento dei detenuti (sempre intorno a 430 reclusi) ma anche la speranza di arrivare in tempi brevi alla realizzazione di un complesso carcerario in regola con il nuovo ordinamento penitenziario. C’è un nuovo progetto che bussa alla porta (nel comune di Uta) e il ministro si è impegnato a reperire i fondi per realizzare l’opera con il sistema collaudato del leasing.
La situazione è improvvisamente precipitata la settimana scorsa con un episodio che ha fatto scattare l’allarme sul colle di Buoncammino: anziché rientrare in cella a conclusione della passeggiata nel cortile interno, un detenuto-acrobata ha saltato un paio di muri divisori riuscendo, dopo una incredibile scalata, a raggiungere il tetto di un fabbricato. Scattato l’allarme, il settore è stato circondato e il detenuto (di cui non si conosce il nome) costretto alla resa nel cortile delle officine. Archiviato l’episodio - che a parte l’allarme ha suscitato anche qualche curiosità per l’abilità dimostrata dal singolare uomo-ragno - agli agenti della polizia penitenziaria poco dopo la mezzanotte di sabato è arrivata un’altra doccia fredda: un detenuto che non aveva risposto alla conta notturna è stato rinvenuto cadavere nel bagno della cella. Si trattava di Paolo Santona (condannato a tre anni per traffico di droga) , il quale sarebbe riuscito ad ingannare anche il detenuto che dormiva con lui nella stessa cella. Nel carcere cagliaritano il clima è diventato ancora più teso lunedì quando, intorno alle 6, gli agenti di guardia hanno sorpreso un altro detenuto agonizzante nel bagno della cella: Sandro Fanari (arrestato per traffico di droga) , anche lui con il capo infilato in un cappio rudimentale legato alla finestrella. Il giovane è stato subito trasportato nel centro clinico ma è stato tutto inutile. Stando a quanto emerso dalle indagini, i due detenuti non erano ritenuti "pericolosi" né tossicodipendenti in cura all’interno del carcere. Sembra addirittura che proprio qualche giorno fa avessero superato senza problemi il test con la psicologa del carcere nell’ipotesi di essere assegnati ai servizi sociali o per ottenere qualche permesso straordinario. «Direi due detenuti abbastanza tranquilli - ha commentato il direttore Gianfranco Pala - e questo ci dispiace molto. Stavano in una stanza doppia, quindi lontani dall’affollamento di cui si parla. Né avevano denunciato malattie. Purtroppo, sono gesti imprevedibili su cui non si può dire molto». "Radio Buoncammino" però lega i due episodi a uno stato di malessere diffuso che in questo momento riguarda soprattutto il personale addetto alla sorveglianza: sembra che manchino all’appello per motivi vari quasi cinquanta agenti. Come dire che oggi nelle carceri cagliaritane può accadere di tutto. E che in ogni caso i tre episodi sono il termometro di una situazione che rischia di diventare ingovernabile se non si trovano i correttivi giusti. In questo caso un carcere nuovo.

I suicidi a Buoncammino: "Autopsia per mio nipote"
Il parente di uno degli impiccati chiede chiarezza

 

La Nuova Sardegna, 10 ottobre 2002

 

Il pentito e lo spacciatore con una corda al collo, impiccati alle sbarre della cella. Uno dopo l’altro, in una sequenza mortale che ha scosso, da sabato a lunedì, Buoncammino: ancora una volta carcere esplosivo, carcere da chiudere. Continua a uccidere: Paolo Santona, 48 anni, cagliaritano, e Sandro Fanari, 45.
Il primo ex collaboratore di giustizia, ex "braccio a pagamento" della macchinazione che tempo fa - lo aveva raccontato lui a La Nuova - doveva travolgere un pubblico ministero: erano i tempi del duo Grauso - Lombardini contro la procura della Repubblica cagliaritana. Rinchiuso per scontare gli spiccioli di una condanna per spaccio ma anche vicino all’affidamento ai servizi sociali, Paolo Santona era a un passo alla scarcerazione. Ed ecco perché lo zio, Antonello, ha molti dubbi: "Mio nipote - dice - aveva una grande speranza: la libertà. Ammazzarsi adesso? E’ davvero difficile da credere". Suicidio senza movente, denuncia la famiglia, che aggiunge: "Dall’agenzia funebre ho saputo che Paolo non ha segni sul collo, mentre una corda che stringe lascia il marchio: qual è la verità? Dal carcere ho saputo invece che non è stata eseguita la perizia necroscopica: perché? Tutto questo è difficile da capire, chiederò la riesumazione del corpo". Il caso non è chiuso, sarà l’esposto dello zio del detenuto-suicida a tenerlo aperto fino a quando un medico legale non certificherà causa, giorno e ora della morte.
Lunedì il secondo suicidio. Sandro Fanari, 45 anni, accusato d’importare eroina dal Nord Europa e ancora in attesa del processo. S’è ammazzato nel bagno della cella, ancor prima di sentire dal magistrato, perché i carabinieri lo avevano arrestato insieme ad altri trafficanti internazionali. Coinvolto nell’operazione "Garbo", dagli investigatori era considerato il possibile capo della banda messa in ginocchio dalle moltissime prove raccolte in mesi d’indagini, comprese intercettazioni telefoniche e ambientali. Anche questo suicidio è un caso chiuso per la Procura, ma un’indiscrezione dice che anche i familiari del detenuto in attesa di giudizio potrebbero chiedere nuove indagini. Soprattutto perché tra le molte voci che arrivano da Buoncammino, una si trascina alcuni interrogativi: è vero che i due detenuti erano nella stessa cella fino a qualche giorno prima del suicidio di Paolo Santona? Il carcere ha già smentito, con una breve dichiarazione del direttore Gianfranco Pala all’Agenzia Italia: "Non mi risulta - si legge nel dispaccio - che sia stata avviata alcuna inchiesta sul suicidio dei due detenuti. Anche perché, in entrambi i casi, è stato avvisato il sostituto di turno, che ha potuto constatare le modalità della morte che non lasciavano dubbi". Nella stesso dispaccio anche questa frase: "Escludo - continua il direttore di Buoncammino - che sia stato il sovraffollamento della casa circondariale ad aver causato la duplice tragedia. Paolo Santona e Sandro Fanari erano in celle di due reparti separati e, ciascuno, in compagnia di un solo detenuto". L’esposto annunciato per oggi - "Chiederò la riesumazione del corpo di mio nipote" - pretende una risposta dalla magistratura anche all’ultimo interrogativo. Ma prima di tutto ci sono i numeri a smentire il direttore: posti regolamentari 178, tollerabili 235, capienza massima 316, 460 i detenuti rinchiusi a Buoncammino. E’ stata proprio colpa del sovraffollamento.
 

L’appello dei volontari. "La Commissione giustizia del Senato dia subito risposte"



Ancora due morti a Buoncammino. Il disagio nelle carceri continua a manifestarsi ora tra gli operatori, ora tra i detenuti. Si è recentemente conclusa la visita della delegazione di otto senatori della Repubblica nei 12 Istituti Penitenziari della Sardegna. Come Coordinamento Volontario Penitenziario, abbiamo già fatto le nostre osservazioni alla delegazione senatoriale ed ora sentiamo l’esigenza di fare qualche ulteriori riflessione per trarne delle conclusioni e proporle all’opinione pubblica. Non ci attendiamo, dalla citata visita, soluzione miracolistiche di problemi vecchi di molti lustri ma almeno, oltre alla già avvenuta presa d’atto di una innegabile realtà, la proporzione di ipotesi operative, razionalizzando e utilizzando nell’immediato l’esistente, per la eliminazione - ove possibile - o l’attenuazione di quanto toglie umana dignità a chi conduce la vita dietro le sbarre.
Nel terzo millennio, infatti, non è accettabile che situazioni indiscutibilmente vergognose permangano nel tempo con buona pace di tutti.
È arcinoto che il malessere nelle carceri, soprattutto in Sardegna, ha alla base due elementi:


1) La inadeguatezza dei locali


Questa comporta inconvenienti che vanno dall’eccessivo numero di detenuti per cella, alla impossibilità della doccia quotidiana, alla promiscuità tra condannati e imputati, tra vecchi e giovani, tra diverse condizioni di salute, tra tipi di reato etc. alla mancanza di spazi per le varie attività (incontri con i parenti, attività ludiche, lavorative, preparazione professionale, scolastica etc.).
A Buoncammino i posti "regolamentari" sono 178; i posti "tollerabili" (ma siamo già alle soluzioni all’italiana) sono 235, la capienza massima 316, ma sino a qualche decina di giorni fa ve n’erano rinchiusi 460, pur essendo indisponibili 80 posti per lavori in corso! Non solo: Il Ministero ha autorizzato di elevare ancora il numero a 470.
Nel 2000 molte celle con 4-6 e più detenuti avevano ancora le latrine non isolate col conseguente totale degrado della dignità umana, aggravato dalla presenza nello stesso locale del "professionista" del carcere al ragazzino alla sua prima esperienza. Con tutte le ovvie conseguenze.
È sin troppo chiaro che le lamentele più frequenti riguardano il sovraffollamento e la mancanza di attività. Cosa si può rispondere al giovane che, per 20 ore, senza potersi muovere, è costretto a fissare il soffitto o la brandina che sta sopra di lui? Dove è la rieducazione, cui deve tendere la pena, secondo l’art. 27 della Costituzione?

Dall’indagine condotta dalla 2ª Commissione permanente del Consiglio Regionale risulta che la presenza complessiva in Sardegna è (31.12.99) di 1.500 detenuti; la capienza tollerabile di 1.550.
Ancora: oltre il 60 per cento dei detenuti è tossicodipendente ed il 70 per cento "entra ed esce a rotazione" per i piccoli furti o spaccio di droga. Per gli specialisti in materia i tossicodipendenti vanno prima di tutto curati perché sono soprattutto malati. Esistono strutture adeguate, che hanno acquisito in questi anni capacità, esperienza e affidabilità e che consentono l’accoglimento dei tossicodipendenti. Perché non utilizzarle in modo pieno? Eliminare i tossicodipendenti da Buoncammino significa ridurre del 60-70 per cento la popolazione carceraria; e così, più o meno, per le altre carceri. Qual è la difficoltà? Si deve modificare qualche norma di legge? Sarà sempre più semplice che attendere la costruzione di nuove carceri.


2) La carenza di organici del personale


A tutti i livelli è l’altro elemento di grandissimo disagio, dal quale discendono a cascata tutte le condizioni per degenerare diritti che dovrebbero essere garantiti da leggi dello Stato.
Il Provveditore Regionale del Dipartimento di amministrazione penitenziaria dal 1996 non è fisso e comunque la troppo frequente alternanza non consente di elaborare ed affrontare strategie complessive.
Direttori: sono 4 effettivi e 3 in missione per 12 istituti! In conseguenza, ogni direttore ha spesso 3-4 istituti da seguire e qualcuno è arrivato sino a 7! Non solo: a "Badu e’ Carros" negli ultimi due anni si sono alternati 14 direttori! Con quale cura e con quale attenzione e tensione è facile immaginare; il tutto si riversa sulle spalle degli operatori, che non hanno mai un interlocutore stabile, ma soprattutto sull’ultimo e debole anello della catena: il detenuto.
Agenti: sono in Sardegna 1500 sui 1900 previsti dalla circolare Amato. Già alla fine dell’anno scorso la situazione è stata definita esplosiva.
Educatori: 19 per 1600 detenuti, con un picco a Cagliari di 1,5 educatori per 460 detenuti. Le carenze di organico spiegano l’assenza di attività trattamentali, i ritardi nell’ottenimento dei permessi o delle soluzioni alternative alla detenzione, la difficoltà nei colloqui con i volontari e con i familiari, l’assenza o insufficienza di scuola, di preparazione professionale, attività sportive, ludico-ricreative etc.
Il che significa che la negazione sistematica di diritti che lo Stato astrattamente riconosce ai detenuti ma che concretamente calpesta tutti i giorni.
A tutte queste cause di disagio si deve aggiungere la cronica mancanza di fondi, ora ulteriormente ridotti dallo Stato (per gli psicologi la riduzione, poi rientrata, era del 90 per cento), con la conseguente impossibilità di far lavorare un adeguato numero di detenuti.
Da informazioni del PRAP del 1999 risulta che in un anno in Sardegna si sono verificati 270 atti di autolesionismo, 32 tentativi di suicidio, 2 suicidi, 64 atti di aggressione e, infine, 492 manifestazioni di protesta.
Circa la mancanza di organici è corsa voce tempo fa che non era possibile bandire nuovi concorsi perché tutti i ruoli a livello nazionale erano completi. Se questo è vero, non si comprende allora dove siano nascosti gli otto direttori stabili, i numerosissimi educatori ed i 400 agenti ancora mancanti in Sardegna.
Occorre evidentemente una strategia complessiva. Noi chiediamo con forza questo alle Istituzioni e, in primis, alla Delegazione dei Senatori perché la loro visita non rimanga un "déjà vu", in attesa dell’arrivo della prossima commissione parlamentare.

Suicidi in carcere. Interpellanza di Ruggeri (PPI)

 

Gazzetta di Mantova, 11 ottobre 2002


Il fenomeno crescente dei suicidi in carcere, in Italia, così come a Mantova e nelle province limitrofe, spinge di nuovo il vicepresidente della commissione attività produttive, l’onorevole Ruggero Ruggeri, a presentare a rivolgersi in aula al presidente della Camera Pierferdinando Casini per presentare interpellanza al ministro Castelli.
"Signor presidente della Camera dei Deputati, onorevole Pierferdinando Casini - comincia il parlamentare mantovano della Margherita - sollecito una risposta dal Ministro della Giustizia alle due interpellanze presentate a maggio e luglio del 2002". La prima interpellanza presentata dall’onorevole Ruggeri riguarda la situazione gravissima dei suicidi nelle carceri italiane e "l’inerzia del Governo". La seconda interpellanza chiede un intervento del Ministero su un caso specifico di suicidio nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia. "L’urgenza - spiega il parlamentare - è giustificata dalle continue richieste di aiuto dei detenuti inascoltate e dal conseguente aggravarsi del problema dei suicidi in carcere. Proprio oggi i quotidiani riportano la notizia di due altri suicidi al Buoncammino di Cagliari".

 

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