|
La morte di Alfredo Borrelli (Ancona, 28 dicembre 2002)
Rassegna stampa sul caso di Alfredo Borrelli
Detenuto malato muore, accuse al carcere
Il Resto del Carlino, 19 gennaio 2003
Aveva denunciato la direzione sanitaria del carcere di Ancona, colpevole, secondo lui, di averlo "condannato a morte", ritardando di mesi una Tac che aveva rivelato un tumore al polmone ormai in metastasi. Alfredo Borrelli, 64 anni, è morto il 28 dicembre scorso nella sua casa di Fano, ma da tempo era consapevole che non sarebbe sopravvissuto ad una vicenda giudiziaria che per la prima volta lo vedeva dall’altra parte della barricata. Perché per anni Borrelli era stato uno dei protagonisti delle cronache giudiziarie, soprattutto riminesi. Napoletano trapiantato in riviera, non aveva mai tagliato i legami con la sua terra d’origine. Trafficante di droga, era finito in mezzo a quasi tutte le operazioni che vedevano gli stupefacenti viaggiare sull’asse Napoli - Rimini. Di "Romagna Pulita" il maxi blitz dei primi anni ‘90 che ne aveva portati in carcere oltre cento, era stato uno dei protagonisti principali, insieme ad altri suoi conterranei. E proprio per quella vicenda, nel ‘98, era stato arrestato e rinchiuso nel carcere di Montacuto di Ancona per scontare la pena definitiva. Sarebbe dovuto uscirne solo nel 2006, ma nel maggio del 2000 il magistrato di sorveglianza aveva disposto la sua scarcerazione d’urgenza, in quanto le sue condizioni di salute erano ormai diventate incompatibili con il regime carcerario. Tornato libero e con la malattia in uno stadio ormai troppo avanzato per poter sperare di guarire, tramite il suo avvocato, Fiorenzo Alessi, Borrelli aveva presentato un esposto-denuncia, in cui indicava nella direttrice sanitaria del carcere di Montacuto la responsabile del ritardo con cui era stato sottoposto alla Tac nel maggio 2000, quando già gli esami fatti nel dicembre precedente avevano richiesto, pare con una certa urgenza, un approfondimento diagnostico. Un ritardo, aveva sostenuto lui, che era stato come "una condanna a morte". "Non sono uno stinco di santo - aveva dichiarato all’epoca Alfredo Borrelli - ma anche un detenuto ha il diritto di essere curato. Quello che è successo a me non deve capitare ad altri, perché in Italia non esiste la pena capitale". La magistratura aveva aperto un’inchiesta, tutt’ora in corso, disponendo perizie e ipotizzando il reato di lesioni colpose gravissime. Borrelli è morto nel sonno il 28 dicembre scorso, e ora la sua famiglia è decisa ad andare fino in fondo a quella denuncia. "Borrelli però è morto - dice l’avvocato Fiorenzo Alessi - e a questo punto l’ipotesi di reato dovrebbe cambiare in omicidio colposo".
|