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"Morire di carcere": dossier maggio 2008 Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose
Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di maggio registra 9 nuovi casi: 3 morti per malattia, 3 per suicidio e 3 per cause da accertare
Malattia: 1 maggio 2008, Carcere di Oristano
Marco Pes, di 42 anni. "Arresto cardio-circolatorio: è il primo risultato dell’autopsia effettuata su Marco Pes, 42 anni, di Sardara, soccorso nel carcere di piazza Mannu martedì notte. L’uomo era stato aggredito in cella pochi giorni prima. Ma l’episodio non sarebbe collegato alla morte. Ma saranno necessari i risultati degli esami istologici per avere la certezza sulla causa del decesso di un detenuto della Casa Circondariale di Oristano, Marco Pes, 42 anni di Marrubiu, morto giovedì scorso all’ospedale civile dopo un inutile tentativo di rianimazione. Secondo il primo esito dell’autopsia eseguita dal medico legale Roberto Demontis, l’uomo sarebbe morto per cause naturali, stroncato da un infarto. L’inchiesta avviata dalla magistratura di Oristano dovrà anche chiarire eventuali collegamenti tra il decesso e un’aggressione subita da Pes sabato scorso da parte di un detenuto che divide la cella con lui. Le lesioni non sarebbero state gravi: dopo gli accertamenti e gli esami radiologici effettuati negli ospedali di Oristano e Nuoro, Pes, era stato dimesso senza particolari prescrizioni. Risale, invece, alla notte tra martedì e mercoledì scorsi il malore che ha poi portato al decesso. All’alba il detenuto era stato soccorso dai medici del carcere, intervenuti per rianimarlo con il defibrillatore in uso all’interno della casa circondariale. Quando sono arrivati anche gli operatori sanitari del 118, sembrava che Pes potesse farcela, ma così non è stato: ricoverato all’ospedale civile di Oristano è morto nella giornata di giovedì. Oltre all’inchiesta della Procura della Repubblica, la direzione del carcere ha aperto un’inchiesta interna. È il secondo fatto grave che si verifica nel carcere di Oristano nell’arco di pochi mesi. A gennaio un detenuto era morto per un’overdose di eroina. (L’Unione Sarda, 3 maggio 2008).
Malattia: 4 maggio 2008, Carcere della Giudecca (VE)
Flor Castillo, di 33 anni. "Muore detenuta di 33 anni, era incinta al sesto mese. Il pubblico ministero Roberto Terzo ha disposto l’autopsia sul corpo della venezuelana, al sesto mese di gravidanza, colta da malore domenica nel carcere della Giudecca. Il sostituto procuratore Roberto Terzo vuole fare piena luce sulla morte di Flor Castillo, la venezuelana in carcere dallo scorso marzo con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti dopo essere stata fermata all’aeroporto di Tessera con oltre mezzo chilogrammo di cocaina trasportata in un centinaio di ovuli che aveva ingerito. La donna, 33 anni, era incinta al sesto mese e domenica si è sentita improvvisamente male: all’arrivo in ospedale, a Venezia, il bimbo che portava in grembo era già morto e lei è entrata in coma. Trasportata all’Umberto I di Mestre, è morta nel pomeriggio di ieri, nonostante i tentativi dei sanitari di salvarla. Secondo i primi accertamenti medici pare che il decesso sia da mettere in relazione a complicazioni connesse alla gravidanza. Il magistrato, però, considerato che la donna si trovava detenuta nel carcere della Giudecca, ha deciso in ogni caso di nominare alcuni esperti medico-legali, affidando loro l’incarico di eseguire l’autopsia sul corpo della vittima al fine di accertare con precisione le cause della morte. Flor Castillo era stata arrestata dalla Guardia di Finanza subito dopo essere scena da un volo proveniente da Madrid. Al giudice raccontò di essersi prestata a fare il "corriere" della droga perché aveva bisogno di soldi per mantenere i due figli di 2 e 3 anni, e per prendersi cura del terzo in arrivo: era stata compensata con 1.400 euro. Per alcuni giorni la venezuelana era rimasta ricoverata all’ospedale Umberto I di Mestre in attesa di espellere tutti gli ovuli contenenti la cocaina. Poi era stata trasferita al carcere di Santa Maria Maggiore, in attesa del processo". (Il Gazzettino, 7 maggio 2008)
Antigone: detenuta incinta morta, assurdo e disumano
"È assurdo e disumano morire in carcere in stato di gravidanza. Ci indigna e dovrebbe indignare tutte le coscienze la morte di Flor Castello, detenuta venezuelana di 33 anni che era in carcere a Venezia nonostante fosse al sesto mese di gravidanza. Ha raggiunto l’ospedale ormai in coma e con il bambino morto in grembo". A raccontare questa storia è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione per la tutela dei diritti dei detenuti, che afferma come la donna "al giudice, pare, avesse raccontato di aver ingerito ovuli di cocaina per 1.400 euro che le servivano per mantenere gli altri due figli di 2 e 3 anni. Queste - prosegue - sono le storie degli immigrati che tanto ci fanno paura e sulla pelle dei quali si vincono e anche si perdono le elezioni". La vita umana, secondo il presidente di Antigone, "oramai non conta più niente. Una povera donna disperata incinta viene trattata come una criminale. Che senso aveva l’applicazione della misura cautelare? Quale pericolo per la società poteva costituire una donna incinta al sesto mese?". Per Gonnella, infine, "se si fosse privilegiato l’aspetto sanitario su quello punitivo oggi Flor Castello forse sarebbe viva, e con lei suo figlio, che certo non aveva alcun carico penale. Pretenderemo che si faccia piena luce sulle responsabilità in questo drammatico episodio". (Dire, 8 maggio 2008)
Radicali: si facciano accertamenti su morte di detenuta incinta
L’Associazione Antigone ha denunciato oggi la morte in circostanze non chiare in carcere di una donna al sesto mese di gravidanza. La donna, che sarebbe giunta all’ospedale ormai in coma e con il bambino morto in grembo, era straniera e appena giunta in Italia aveva confessato al magistrato di aver ingerito alcuni ovuli di cocaina. "Ci chiediamo - affermano i senatori Donatella Poretti e Marco Perduca parlamentari Radicali eletti per il Partito Democratico - come sia possibile mandare in carcere una donna al sesto mese di gravidanza, per lo più se si è a conoscenza di fatti che indichino potenziali problemi di salute anche gravissimi". "C’è stata almeno una visita medica approfondita prima dell’incarcerazione? Non è stato violato in questo caso l’art. 275 cpp che prevede il divieto di carcerazione preventiva, se non in casi di eccezionale rilevanza?", chiedono i due deputati. "Già la prossima settimana - annunciano di due senatori - presenteremo una interrogazione ai ministeri della Giustizia e del Welfare e Salute per chiedere che vengano accertate eventuali responsabilità. Una tale tragedia era e doveva essere prevenuta. Ed il fatto che non lo sia stata, ci impone di riflettere anche sul modo in cui il nostro sistema giudiziario e penitenziario si fa carico delle donne in gravidanza". (Apcom, 9 maggio 2008)
Morte per cause da accertare: 17 maggio 2008, Carcere San Vittore di Milano
Un detenuto di 66 anni, di nome Vincenzo, detenuto nella sezione Penale, è morto nel pomeriggio di sabato 17 maggio 2008, nel carcere di San Vittore. Soffriva di problemi cardiaci e la mattina, verso le 10 e mezza, poche ore prima di morire, si era rivolto ai medici di San Vittore perché le sue condizioni stavano peggiorando. La solita pastiglia, ottenuta in risposta alla sua richiesta, non è bastata a evitargli la morte, sopraggiunta qualche ora dopo, lasciando nello sconcerto gli altri detenuti. (www.ildue.it, 22 maggio 2008)
Suicidio: 21 maggio 2008, Carcere di Prato
Detenuto marocchino di 28 anni si è impiccato nel carcere La Dogaia di Prato poche ore dopo l’arresto, avvenuto ieri sera. Il maghrebino era fuggito a piedi a un controllo dei militari che, dopo un inseguimento, erano riusciti a bloccarlo nonostante le sue resistenze. L’uomo era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Poche ore dopo l’arrivo nel penitenziario, l’uomo si è impiccato nella sua cella, dove era da solo, con la maglietta che indossava. Su di lui pendevano due ordini di cattura del tribunale di Mantova risalenti al febbraio scorso per ricettazione, furto aggravato, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. La procura di Prato ha disposto l’autopsia. (Ansa, 22 maggio 2008)
Morte per cause da accertare: 22 maggio 2008, Carcere di Cagliari
Rose Ayough, nigeriana di 33 anni, muore la notte tra il 22 e il 23 maggio all’ospedale San Giovanni di Dio, dove era stata ricoverata due giorni prima, trasferita d’urgenza dall’infermeria della Casa Circondariale. Sarà l’autopsia disposta dal magistrato della Procura di Cagliari a stabilire le cause della sua morte. Gli inquirenti sospettano che la donna possa essere stata brutalmente picchiata in carcere, forse per dissidi legati alla pulizia della cella. Nel registro degli indagati - riferisce oggi il quotidiano L’Unione Sarda - è finita una connazionale della vittima, Sony Eke, sua compagna di cella. È accusata di omicidio preterintenzionale, ma il suo il difensore esclude qualsiasi responsabilità e nega che vi sia stato un pestaggio. Una tesi sostenuta anche dal direttore del carcere, che ha riferito solo di un banale diverbio scoppiato tra le due donne il 14 maggio e annotato sui registri dell’istituto di pena. Rose Ayough era stata arrestata il 27 marzo scorso nell’ambito di un’operazione antidroga: aveva ingoiato 200 grammi di cocaina racchiusa in ovuli che non riusciva ad espellere per una occlusione intestinale, rischiando la morte per overdose. (Ansa, 26 maggio 2008)
Malattia:
24 maggio 2008, Cpt di Torino L’ultima
vittima dei Cpt italiani si chiama Hassan Nejl, nato a Casablanca, Marocco, il
27 marzo 1970, e morto nel Cpt di Torino lo scorso 24 maggio. Era dentro da
dieci giorni, con un decreto firmato dal questore di Padova. I
compagni di cella hanno urlato tutta la notte per chiamare i soccorsi. Ma quando
il dottore è arrivato, all’indomani mattina, era già troppo tardi. Il 15 e
il 17 ottobre del 2007 due ragazzi di 25 e 23 anni, di origine maghrebina, si
erano impiccati nel Cpt di Modena. Una lunga serie iniziata con il rogo del Cpt
di Trapani, il Serraino Vulpitta, la notte del 28 dicembre 1999, quando sette
persone persero la vita in un rogo scoppiato durante un tentativo di fuga. (Redattore
Sociale, 27 maggio 2008)
Morte per cause da accertare: 25 maggio 2008, Carcere di Cagliari
Antonello Desogus. 43 anni, era ricoverato all’ospedale Marino in gravi condizioni. Domenica era stato picchiato da un detenuto tunisino durante l’ora d’aria. Partita l’inchiesta. Terza morte sospetta in meno di un mese nelle carceri sarde. Dopo i decessi avvenuti ai primi di maggio di Marco Pes, 42 anni, nel penitenziario di piazza Manno a Oristano, e della nigeriana Rose Ayough, 33 anni, in quello cagliaritano di Buoncammino, ieri sera è morto anche Antonello Desogus, 43 anni, ricoverato da qualche giorno nel reparto rianimazione dell’ospedale Marino di Cagliari. Domenica scorsa, era stato picchiato dal tunisino Nashid Dhao durante l’ora d’aria, procurandosi un trauma cranico e la frattura della tibia. Niente di grave, si pensava in un primo momento, ma dopo tre ore dall’arrivo al pronto soccorso, l’uomo aveva perso conoscenza ed è portato d’urgenza in Rianimazione. Poche speranze: subito il coma e, ieri sera, il decesso. L’indagine, condotta dal pm Alessandra Allieri, è scattata immediatamente con un fascicolo aperto per omicidio colposo. Desogus - secondo quanto ricostruito dal direttore del carcere Gianfranco Pala - sarebbe intervenuto durante una lite tra due tunisini per fare da paciere. Ora saranno necessari ulteriori accertamenti per capire le cause del decesso, anche perché gli investigatori sembrano escludere l’ipotesi di un legame con la frattura alla tibia o al trauma cranico. Forse un’emorragia interna. Già da giorni, però, nell’Isola l’attenzione è concentrata su una catena terrificante di morti avvenute dietro le sbarre in meno di un mese. Due le inchieste che cercano di far luce sui decessi, avvenuti nei primi giorni di maggio e poche settimane dopo, del detenuto sardo Marco Pes e della nigeriana Rose Ayough. In primo nel carcere di Oristano, il secondo in quello di Cagliari, dopo due giorni di ricovero all’ospedale San Giovanni di Dio. Le autopsie, in entrambi in casi, non hanno dato i risultati sperati: per risolvere i gialli bisognerà dunque attendere gli esiti degli esami istologici che verranno consegnati in Procura solo tra due mesi. In ambedue i casi, il sospetto degli inquirenti è che le morti possano essere legati a liti o pestaggi con altri detenuti o compagni di cella. È destinato dunque ad infiammarsi il dibattito sulle condizioni di vita all’interno del carcere di Buoncammino, in queste settimane al centro di numerose polemiche da parte delle associazioni dei familiari dei detenuti. (Redattore Sociale, 29 maggio 2008)
Suicidio: 30 maggio 2008, Carcere di Roma Rebibbia
Roma: un detenuto di 23 anni, recluso a Rebibbia, si è ucciso respirando il gas di una bomboletta da campeggio. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni spiegando che l’uomo, Massimo, con due figli che lo aspettavano fuori dal carcere, era tossicodipendente ed era detenuto in una cella al reparto G 11 del carcere romano. A dare l’allarme sono stati gli altri detenuti. È intervenuto il personale dell’infermeria con un defibrillatore, ma non c’è stato nulla da fare. "Si continua a morire in carcere - ha detto Marroni - in un momento in cui si parla di inasprimento e di certezze delle pene. Non vorrei passasse in secondo piano la funzione di recupero sociale, di quelli che anche se in carcere sono pur sempre cittadini di questa società". Lunedì scorso era morto per cause naturali, per un tumore, nello speciale reparto per detenuti dell’ospedale Sandro Pertini un palestinese di Gaza. (Comunicato stampa, 2 giugno 2008)
Suicidio: 31 maggio 2008, Carcere di Cosenza
Fabrizia Germanese, 44 anni, agente della Polizia Penitenziaria arrestata dai colleghi della squadra mobile della Questura di Cosenza perché trovata in possesso di nove chilogrammi di eroina, si uccide in carcere. La donna è stata trovata senza vita dalle colleghe dell’istituto penitenziario femminile di Castrovillari. Già nei primi minuti dopo l’arresto Genovese aveva mostrato segni di fragilità, durante l’interrogatorio era scoppiata in un pianto a dirotto tentando di discolparsi. Proprio in virtù di ciò era stato predisposto un servizio di sorveglianza speciale ma è riuscita ad eludere i controlli e ad impiccarsi nella sua cella. Del caso si occupa il sostituto procuratore di Castrovillari Baldo Pisani. (Adnkronos, 31 maggio 2008)
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