Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier gennaio 2008

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di gennaio registra 7 nuovi casi: 3 suicidi, 1 morte per malattia e 3 per cause da accertare.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Fabrizio P.

26 anni

04 gennaio 2008

Suicidio

Opg Aversa (Caserta)

Andrea Mongelli

32 anni

13 gennaio 2008

Suicidio

Trani (BA)

Claudio Tomaino

31 anni

18 gennaio 2008

Da accertare

Viterbo

Walid M. El Manawhlx

39 anni

20 gennaio 2008

Da accertare

Padova (permesso)

Dimitri Feraresso

37 anni

20 gennaio 2008

Da accertare

Padova (permesso)

Vincenzo Romano

35 anni

29 gennaio 2008

Suicidio

Opg Aversa (Caserta)

Mija D., serbo

40 anni

29 gennaio 2008

Malattia

Regina Coeli (Roma)

 

Suicidio: 4 gennaio 2008, Opg di Aversa (Caserta)

 

Un internato nell’ospedale psichiatrico di Aversa, di 26 anni, Fabrizio P. si è tolto la vita impiccandosi. È il settimo morto in 14 mesi all’Opg di Aversa. Lo rende noto l’Associazione Antigone - Campania. Il fatto è avvenuto il 4 gennaio.

"Fabrizio - ha dichiarato Dario Stefano Dell’Aquila, presidente di Antigone Campania - si è tolto la vita a soli 26 anni. Internato da poco più di un anno, era affetto da una patologia mentale seria e condannato a una misura di sicurezza. È il quarto suicidio nel giro di quattordici mesi. Nello stesso periodo contiamo anche 3 morti per malattia, uno dei quali per Hiv". "Riteniamo non più rinviabile affrontare la questione degli ospedali psichiatrici giudiziari, due dei quali sono in Campania, anche alla luce del recente passaggio della sanità penitenziaria a quella regionale. E però non possiamo più attendere, né possiamo assistere impotenti a questo stillicidio". "Per questo motivo, ha concluso Dario Stefano Dell’Aquila, è necessario che attivare tutte le risorse necessarie per garantire la tutela delle persone internate, a cominciare dal diritto all’assistenza sanitaria e fare chiarezza sulle dinamiche di questa morte". (Associazione Antigone Campania, 9 gennaio 2008)

 

Suicidio: 13 gennaio 2008, Carcere di Trani (BA)

 

Un detenuto tarantino - Andrea Mongelli, di 32 anni - si è tolto la vita impiccandosi in una cella del carcere di Trani. È avvenuto ieri sera ma se n’è avuta notizia solo oggi. L’uomo fu arrestato alla fine di aprile del 2007 per un tentativo di rapina compiuto tenendo in ostaggio il figlio di un poliziotto e minacciandolo con una siringa per farsi consegnare denaro. Per questo era stato condannato a 8 anni di carcere in primo grado.

A quanto si è appreso, Mongelli era rimasto solo in cella perché il suo compagno era stato trasportato d’urgenza in ospedale per un attacco di appendicite e si è impiccato alle sbarre legandosi attorno al collo il lenzuolo della branda su cui dormiva. Quando gli agenti di Polizia penitenziaria lo hanno trovato, l’uomo era già morto. Il Pubblico ministero di turno ha disposto l’autopsia, che sarà eseguita domani, per stabilire con certezza se si sia trattato di un suicidio.

Lo scorso anno, Mongelli seminò il panico nella frazione di Lido Azzurro, prendendo in ostaggio un bambino e minacciandolo con una siringa per costringere il genitore a consegnargli una somma di denaro. L’uomo non sapeva che di fronte a lui c’era un agente di Polizia fuori servizio. Successivamente, Mongelli si dette alla fuga contromano sulla strada statale Taranto-Grottaglie, ma fu inseguito e catturato. (Gazzetta del Mezzogiorno, 14 gennaio 2008)

 

Cause da accertare: 18 gennaio 2008, Carcere di Viterbo

 

Sulla morte di Claudio Tomaino le indagini sono tuttora in corso

 

Cause da accertare: 20 gennaio 2008; Padova (Casa di Accoglienza)

 

Walid Mohammed El Manawhlx, detenuto trentanovenne in permesso-premio, è stato trovato morto a Padova. Era ospite della comunità "Oasi" di via Righi 46.

Il 16 marzo del 2001 era stato condannato con il rito abbreviato a sedici anni di reclusione; mercoledì scorso era uscito dal Due Palazzi con un permesso. Il decesso sarebbe avvenuto per cause naturali, forse un infarto, ma il pubblico ministero Antonella Toniolo ha disposto l’autopsia. Nella stanza dove è stato trovato l’uomo i poliziotti hanno rinvenuto alcuni grammi di hascisc. Il cadavere non presentava segni di violenza e la porta era chiusa dall’interno. Ad avvertire la questura erano stati alcuni suoi conoscenti che da ore non riuscivano a mettersi in contatto con lui. La morte, secondo la ricognizione esterna compiuta dal medico, risaliva a venti ore prima, dunque alla mezzanotte e mezza di giovedì.

I tre cadetti, poi tutti identificati e arrestati grazie a quelle videoriprese, erano sbarcati a Trieste da un paio di giorni quando, il 3 aprile, avevano conosciuto in un locale del centro Bruno Cosolo. I militari si erano finti omosessuali e avevano accettato l’invito del cinquantenne. Il giorno seguente i quattro si erano incontrati nella casa del cinquantenne. E a quel punto i tre militari avevano aggredito il gay con tale violenza che uno dei coltelli si era spezzato. Poi i tre egiziani erano fuggiti a bordo della loro nave, convinti di rimanere impuniti. Gli investigatori, però, avevano ritrovato una telecamera nascosta sotto la televisione. Bruno Cosolo era solito registrare gli incontri a sfondo sessuale. Nelle immagini erano impresse le scene raccapriccianti dell’aggressione. E anche le facce e le voci degli assassini. (Il Gazzettino, 22 gennaio 2008)

 

Morte per cause da accertare: 20 gennaio 2008, Padova (In permesso premio)

 

Dimitri Feraresso, di 37 anni, uscito recentemente dalla Casa di Reclusione di Padova e assegnato alla Comunità “Terra” della stessa città, è morto nella sua abitazione di Fossò (VE), dove si trovava in permesso premio. Ferraresso era stato condannato per commesso alcune rapine legate al suo stato di tossicodipendenza. (Ristretti Orizzonti, 21 gennaio 2008)

 

Suicidio: 29 gennaio 2008, Opg di Aversa (Caserta)

 

Un detenuto ricoverato all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario si è tolto la vita impiccandosi alla grata della finestra. Un gesto disperato quello del poveretto, un gesto dettato dallo smarrimento di un momento. Si tratta di giovane salernitano, Vincenzo Romano, nato a Siano (Sa) il 6 luglio del 1973.

Attualmente l’uomo era detenuto presso l’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, ritenuto instabile anche se non pericoloso, il poveretto che soffriva di disturbi mentali, soffriva della sua condizione di detenuto e, non potendo fare altro, ha deciso che mettere fine alla propria vita fosse il gesto migliore che potesse fare.

Il corpo è stato trovato dal personale sanitario che era entrato nella camera per espletare le proprie funzioni alle 11.30 di ieri mattina. Lo sfortunato, approfittando dei momenti di calma e del fatto che non c’era personale che potesse disturbare, ha afferrato il lenzuolo, ha usato una estremità come cappio e l’altra l’ha attaccata alla grata della finestra, così si è lasciato andare giù fino a soffocare completamente, la morte è sopraggiunta dopo pochi secondi. Nella stanza erano ricoverati altri pazienti che non si accorgevano di quello che stava accadendo.

La sua storia è una storia di miseria e povertà, di abbandono familiare, la sofferenza di sentirsi ignorato ed abbandonati a sé stessi, al proprio misero destino. Vincenzo fu inizialmente arrestato per un reato non grave: resistenza al pubblico ufficiale e lesioni e percosse. Poi ebbe la pena da non detentiva da scontare a casa con l’obbligo di firma, ma lui trasgredì tutti gli obblighi ed il giudice dovette dargli delle misure di sicurezza più drastica e trasformare la libertà vigilata a pena detentiva.

Con il tempo, rinchiuso nel carcere aversano, il poveretto si è reso conto di essere solo ed abbandonato dalle persone più care: la sua famiglia. Non aveva soldi per pagare l’avvocato che avrebbe dovuto difenderlo, ormai si sentiva perso. Queste sono le motivazioni per cui l’uomo è arrivato a farla finita con la sua vita, che ormai pensava priva di significato, priva d’amore, a questo si aggiungeva la sua malattia, un mix che ha fatto esplodere la mente del poveretto.

Tra il personale sanitario dell’ospedale psichiatrico ieri regnava una tristezza incredibile, in fondo sono loro che conoscono la storia e la vivono con loro ogni giorno. L’ispettore Nicola Picone è stato chiaro nell’esprimere le sue pene per questo detenuto e quanti altri prima di lui hanno commesso lo stesso gesto. "A noi dispiace quando succedono queste cose, noi siamo persone che dedichiamo il nostro lavoro per loro, per farli vivere con dignità, sono esseri umani. Quando si entra in questo ambiente però, si viene lasciati spesso soli, abbandonati. Purtroppo non è il primo caso che ci capita, combattiamo con i tentativi di suicidio tutti i giorni, capita che prima o poi qualcuno riesca a portare a termine l’insano gesto".

Vincenzo aveva trentacinque anni, ancora giovane, non sarebbe rimasto a lungo in quel posto, ma ora non tornerà nemmeno mai più a casa. Il suo corpo è stato trasferito nel reparto di medicina legale dell’ospedale civile San Sebastiano e Sant’Anna di Caserta a disposizione dell’autorità giudiziaria, su disposizione del sostituto procuratore di turno alla Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, dott. Landolfi, che ne ha chiesto la visita autoptica per ogni chiarimento sulle cause del decesso del povero sfortunato. (Caserta Oggi, 30 gennaio 2008)

 

Opg Aversa: nove morti in un anno

 

"Siamo di fronte ad una situazione agghiacciante. Lo sto denunziando continuamente. Se non è vero quanto dico, almeno mi punissero. Al momento ci sono 300 persone dove dovrebbero essercene 130". A parlare Adolfo Ferraro, direttore dell’ospedale psichiatrico giudiziario "Filippo Saporito" di Aversa.

L’occasione macabra: un altro detenuto che sceglie di togliersi la vita all’interno del manicomio. Continua, con quella di ieri, una catena di disperazione che ha portato a cinque suicidi negli ultimi quattordici mesi (due negli ultimi venti giorni) presso il "manicomio criminale" normanno. Un carcere-ospedale dove le condizioni dei reclusi sono aberranti, come riconosce lo stesso direttore della struttura normanna.

A denunziare questo ennesimo triste episodio l’associazione "Antigone" Campania, che si occupa delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane. Quest’ultima morte risale a ieri pomeriggio, il secondo decesso in venti giorni. Si tratta di un uomo di 34 anni, originario della provincia di Salerno, internato nell’Opg di Aversa da circa un anno con la solita accusa che contraddistingue questi "pazzi": oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. L’uomo si è impiccato qualche minuto dopo essere tornato in cella a seguito della passeggiata.

"Questo è il quinto suicidio ad Aversa nel corso di 14 mesi - ha detto, in una nota, Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce dell’associazione - Solo venti giorni fa un internato si era tolto la vita in maniera analoga, mentre ad ottobre si è registrato un tentato suicidio. Complessivamente, tra suicidi e improvvisi decessi, contiamo 9 morti in poco più di un anno".

"Riteniamo indispensabile che si chiariscano le dinamiche di queste morti - aggiunge - e che ci si attivi, a livello politico ed istituzionale, per garantire, in attesa di una riforma che chiuda i manicomi giudiziari, degne condizioni di vita per gli internati in Opg". Parole che non trovano impreparato il direttore della struttura penitenziaria aversana Adolfo Ferraro che dichiara: "La vittima dell’altro giorno è una di quelle che non ha famiglia, ma poteva essere dimessa, come il 60% degli attuali internati, solo che l’Asl di appartenenza aveva dichiarato di non essere in grado di seguirlo. Negli ultimi tempi stava meglio ed è proprio questo stare meglio, questa consapevolezza maggiore del proprio stato che li porta al gesto estremo. Un gesto che, al di là di ogni retorica, costituisce il loro grido d’aiuto".

"Da parte nostra - continua Ferraro - evidenziamo continuamente (anche a rischio di sanzioni da parte dei superiori) la situazione. Attualmente abbiamo trecento internati a fronte dei centotrenta/centosettanta che la struttura potrebbe ospitare. Abbiamo più volte chiesto ufficialmente di far trasferire parte dei ricoverati presso altre strutture, ma non ci riusciamo. Ben venga l’intervento di Antigone, ma non si limitasse a contare i morti e ci dia una mano per risolvere la situazione anche attraverso la mobilitazione".

"Oggi - conclude il dirigente dell’amministrazione penitenziaria - potremmo dimettere il sessanta per cento degli internati, ma dal dicembre 2006 ad oggi la situazione non fa che peggiorare. Questi casi portano allo sconvolgimento anche degli operatori penitenziari che pure riescono a vanificare numerosi tentativi di suicidio. Sono direttore da 10 anni, ma solo in questi ultimi mesi, con questo carico e con l’assenza delle Asl stiamo giungendo alla tragedia. Facciamo di tutto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica. Significativa è stata l’esperienza teatrale napoletana, quando i pazienti hanno portato in scena Aspettando Godot. Un testo scelto non a caso. I malati continuano ad aspettare". (Caserta Oggi, 31 gennaio 2008)

 

Opg Aversa: internati sono qui perché costano meno

 

Adolfo Ferraro, psichiatra e direttore dell’Opg: "Un malato psichiatrico in una residenza protetta costa al Servizio Sanitario 180 euro al giorno, mentre nell’Opg solo 52 euro, questo spiega perché così tanti rimangono dentro".

"L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa è in una situazione di grave emergenza perché in un istituto con 130 posti, con una tollerabilità di 170, sono internate oltre 300 persone". Così Adolfo Ferraro, psichiatra e direttore dell’Opg campano da oltre 10 anni, spiega l’alto tasso di suicidi messi in atto dai ricoverati negli ultimi mesi e che, dopo l’ultimo caso avvenuto ieri, l’associazione Antigone ha denunciato.

"Sono anni, ormai, che cerchiamo di trovare una soluzione al problema - aggiunge Ferraro - ma il ministero della Giustizia sembra sordo alle nostre richieste di aiuto. Siamo arrivati ad avere anche 6 ricoverati per stanza e trattandosi di malati psichiatrici ciò è particolarmente grave. Se abbiamo avuto 5 suicidi in 14 mesi i tentativi di suicidio non si contano". "Il personale è rimasto numericamente lo stesso di quando gli internati erano 130-170 - spiega il direttore - dunque è sempre più difficile fare attività trattamentali. Siamo in grado di trattare circa 120 persone, per le altre non c’è speranza ed è così che nasce il desiderio di farla finita". "Sono inoltre sempre più numerose - racconta - le risse e i litigi che rendono la vita all’interno dell’ospedale veramente faticosa". Ferraro sottolinea poi come l’aspetto più grave è che il 60% dei ricoverati ad Aversa non è socialmente pericoloso, si tratta dunque di malati che potrebbero essere affidati ai servizi sociali "se - dice lo psichiatra - i servizi di salute mentale sul territorio accettassero di collaborare con noi. Purtroppo però un malato psichiatrico in una residenza protetta costa al servizio sanitario 180 euro al giorno, mentre nell’Opg solo 52 euro, questo spiega perché così tanti rimangono dentro". "L’ultima speranza che abbiamo, dopo tanti esposti e relazioni al ministero - conclude Ferraro - è che, come sempre accade dopo due-tre suicidi, via Arenula mandi gli ispettori. Si renderanno conto così della situazione insostenibile in cui i malati sono costretti a vivere". (Ansa, 31 gennaio 2008)

 

Malattia: 29 gennaio 2008, Carcere di Regina Coeli (Roma)

 

Un detenuto nomade di origine serba di 40 anni, Mija D., è morto, per cause ancora da accertare, all’interno della sua cella del carcere romano di Regina Coeli. L’episodio, reso noto dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni, è avvenuto nella serata di ieri. Secondo le informazioni raccolte dal Garante, alle 21.30 di ieri sera l’uomo - recluso in una delle celle della II Sezione del carcere romano, dedicata ai tossicodipendenti - si è sentito male. A nulla sono valsi i tentativi degli agenti di polizia penitenziaria, allertati dagli altri due compagni di cella della vittima, di rianimarlo.

Mija D., che risultava essere residente nel campo nomadi di Villa Gordiani, era arrivato a Regina Coeli ad agosto 2007 su ordine di custodia cautelare spiccato dal Gip di Rieti, che lo accusava di alcuni furti in appartamenti commessi nella zona reatina. Risultato tossicodipendente, lo scorso mese di ottobre aveva smesso di assumere metadone. La salma è stata messa a disposizione dell’autorità giudiziaria, che ha disposto l’autopsia per accertare le cause della morte. Nel pomeriggio di ieri, poco prima della crisi fatale, l’uomo aveva avuto un ultimo colloquio con i suoi familiari. "Auspico che la magistratura faccia, in tempi brevi, piena luce su questa vicenda" - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni. "Quale che siano le cause della morte di quest’uomo, resta tuttavia un dato di fondo inequivocabile: sono ancora tanti, troppi, i decessi che avvengono in carcere. E con il mancato trasferimento delle competenze della medicina penitenza alle Asl, quello alla salute resta uno dei diritti più discriminati dietro le sbarre". (Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni)

 

Per invio materiali e informazioni
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 3490788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

 

Precedente Home Su