Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier gennaio 2007

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di gennaio registra 6 nuovi casi: 5 morti per malattia ed 1 per "incidente". Il 2007 è iniziato con una serie di "morti da carcere" causate da malattia (anche Gianluca Concetti, morto nel carcere di Monza dopo aver sbattuto violentemente la testa contro il muro, aveva gravi problemi di salute). Un copione a cui purtroppo siamo abituati: il detenuto che si sente male, i soccorsi che spesso arrivano tardi, la ricostruzione (postuma) di una vicenda umana e di quadro clinico dapprima (evidentemente) trascurati. Quest’anno la medicina penitenziaria ha ancora meno soldi, nelle carceri la prevenzione sanitaria praticamente non esiste, i medici e gli infermieri scioperano, i centri clinici sono "l’ultima spiaggia" degli ammalati di Aids, gli Opg continuano ad essere "manicomi criminali" a quasi 30 anni dalla legge "Basaglia", e si potrebbe continuare a lungo. Ma forse è meglio lasciar parlare le storie del dossier…

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Sergio Pegoraro

60 anni

06 gennaio 2007

Malattia

Padova C.R.

Luciano Cologna

39 anni

15 gennaio 2007

Malattia

Taranto

Lionello Arnaldo Sartoris

54 anni

15 gennaio 2007

Malattia

Palmi (RC)

Detenuto italiano

40 anni

25 gennaio 2007

Malattia

Napoli (Tribunale)

Gianluca Concetti

40 anni

29 gennaio 2007

Incidente

Monza

Hajaj Derri

35 anni

29 gennaio 2007

Malattia

O.P.G. di Aversa

 

Assistenza sanitaria disastrata: 6 gennaio 2007, Carcere di Padova (Reclusione)

 

Sergio Pegoraro, di 60 anni, è stato trovato morto nella sua cella della Casa di reclusione di Padova verso le 15 del 06 gennaio 2007. Si presume che il decesso sia da attribuire ad un infarto. Pegoraro era in carcere da 12 anni, per omicidio, e la sua pena sarebbe terminata tra pochi anni. (Ristretti Orizzonti)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 15 gennaio 2007, Carcere di Taranto

 

Luciano Cologna, 39 anni, di San Severo, muore in cella. Era ristretto dal 16 settembre scorso, e pare sia deceduto in seguito ad un infarto. Avrebbe finito di scontare la pena il 2028 poiché aveva rimediato diverse condanne per vari reati fra cui anche quelli di omicidio e di estorsione, tutti commessi nel foggiano dove, comunque, non è considerato un elemento di spicco della mala.

Il decesso si è tinto di giallo anche perché l’uomo il giorno precedente era stato sottoposto ad alcuni controlli all’ospedale Moscati. Per fare chiarezza sulle cause della morte, il pm Pietro Argentino ha disposto l’autopsia che sarà effettuata dal professor Luigi Strada, docente di medicina legale dell’Università di Bari.

In seguito al tragico episodio, ieri la struttura penitenziaria è stata passata al setaccio. Le perquisizioni delle celle vengono effettuate periodicamente dagli agenti della Polizia penitenziaria ma quella di ieri era legata alla triste vicenda e a un altro episodio verificatosi ieri pomeriggio.

Sembrava che un detenuto avesse ingoiato una dose di droga e per questo è stato trasportato al Santissima Annunziata dove è stato sottoposto ad alcuni controlli e dimesso. A quanto pare si è trattato di un falso allarme. Stando a quanto si è appreso, durante la perquisizione non sarebbe stato trovato nulla di illecito. (Corriere del Giorno, 17 gennaio 2007)

 

Morte per cause da accertare: 15 gennaio 2007, Carcere di Palmi (RC)

 

Lionello Arnaldo Sartoris, 54 anni, muore al pronto soccorso del "Papa Giovanni XXIII", dove gli operatori del 118 l’avevano trasportato dal carcere di Palmi per cercare di prestargli le cure necessarie. Per l’uomo però, non c’è stato niente da fare: a fulminarlo è stato un edema polmonare acuto.

Nativo di Bergantino, in provincia di Rovigo, gli ultimi 15 anni passati dentro e fuori le carceri, Lionello Sartoris era stato trasferito nel 2002 a Palmi dove stava scontando una condanna per vari reati che sarebbe spirata nel 2012. Nella sua fedina penale sequestri di persona e traffico internazionale di droga: il contatto con cellule brigatiste risale però al periodo trascorso nel Viterbese, dove l’uomo risulta aver frequentato militanti del terrorismo rosso.

In Calabria, Sartoris c’era arrivato 4 anni fa, dopo aver scontato una parte di pena nel carcere di Milano Opera. Proprio lì, nell’istituto di detenzione lombardo, il brigatista si era reso protagonista del tentato sequestro di un agente di polizia penitenziaria, a seguito del quale era stato disposto il suo trasferimento a Palmi. Dietro le sbarre della casa circondariale palmese, per Sartoris era iniziata una fase di abbandono e di isolamento dal mondo che probabilmente l’ha condotto alla morte.

Secondo quanto riferito infatti dalla stessa amministrazione penitenziaria, l’uomo, negli ultimi anni non ha mai ricevuto telefonate né visite di alcuno: le lunghe ore trascorse in celle, per il detenuto di origine veneta, era cadenzate da abbondanti pasti e da una quasi totale immobilità. Tutto questo fino a lunedì, quando un improvviso attacco di edema polmonare l’ha colpito portandolo quasi al soffocamento. E a nulla è valso l’immediato trasporto verso l’ospedale di Gioia Tauro, dove Sartoris è spirato alle 3 di mattina. La salma dovrebbe essere condotta al suo paese di origine, subito dopo le risultanze dell’autopsia. (Quotidiano di Calabria, 18 gennaio 2006)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 25 gennaio 2007, Tribunale di Napoli

 

Napoli: durante il processo l’imputato muore per un infarto. Un uomo, un quarantenne, ha avuto un malore mentre assisteva alla celebrazione del suo processo dalla cosiddetta "gabbia". Il detenuto è stato visitato dal medico di turno che non ha potuto fare altro che constatarne la morte. Ogni tentativo di rianimarlo è stato inutile. L’episodio è successo nell’aula di giustizia del Tribunale di Napoli, al Centro Direzionale. Il detenuto si è sentito male proprio durante il suo processo. Inutili i soccorsi. Secondo l’agenzia Ansa, sarebbero nate polemiche sul ritardo dei soccorsi. (Affari Italiani, 26 gennaio 2007)

 

Morte per cause accidentali: 29 gennaio 2007, Carcere di Monza

 

Gianluca Concetti, 40 anni, muore in carcere. Ha allagato la sua cella, in preda all’ennesima crisi, ed è scivolato sbattendo violentemente la testa. Quando agenti e infermieri hanno aperto la porta della cella, per Gianluca Concetti non c’era più niente da fare.

È morto sul colpo, lunedì pomeriggio. In carcere. Lui che, secondo i medici, in carcere non ci poteva stare per il suo stato di salute. Adesso sarà l’autopsia disposta dal sostituto procuratore del Tribunale di Monza Vincenzo Fiorillo, che verrà effettuata domani, a stabilire esattamente le cause del decesso. E aspetta ancora una risposta anche la relazione con cui i medici della casa circondariale di Monza, oltre due settimane fa avevano segnalato l’incompatibilità di Gianluca Concetti con il carcere.

Originario di Macerata, nelle Marche, divorziato e padre di una ragazzina adolescente, Concetti era stato trasferito dall’istituto di pena di Ancona tre settimane fa. A Monza ci sarebbe dovuto rimanere soltanto 30 giorni, nel reparto di osservazione psichiatrica voluto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria proprio per verificare la compatibilità o meno con la detenzione di malati psichiatrici. Concetti era dentro per minacce a pubblico ufficiale e per aver rapinato 90 euro a un parente. Era stato arrestato qualche giorno prima di Natale.

La prima udienza del processo era già stata fissata per l’inizio di aprile. L’attesa, dietro le sbarre. Ma in carcere, secondo i medici dell’istituto di via Sanquirico, una persona come Concetti non ci poteva stare. "Due giorni dopo il suo arrivo lo abbiamo visitato, insieme al medico internista. Ricordo ancora, era un sabato. Il signor Concetti era affetto dal morbo di Cushing che provoca importanti disfunzioni neurologiche, cefalea e disturbi visivi, obesità, ipertensione. Vista la particolare situazione e le condizioni del detenuto, abbiamo subito inviato al magistrato di Ancona una relazione con il nostro parere sull’incompatibilità alla detenzione - spiega Francesco Bertè, direttore sanitario del carcere monzese -, però da allora non abbiamo avuto risposte".

Nel frattempo sono passate più di due settimane. Concetti trascorreva le sue giornate nella cella che non divideva con nessuno, distruggendo qualunque cosa, faceva a pezzetti il materasso. Soltanto davanti a una sigaretta si tranquillizzava. Fino all’ultima crisi. E a quello che, secondo la ricostruzione effettuata dalla direzione e dai medici della casa circondariale di via Sanquirico, sarebbe stato un tragico incidente. Gli agenti e gli infermieri hanno raccontato di aver sentito un tonfo improvviso e di essere corsi nella cella di Concetti.

Un intervento immediato visto che le cinque celle singole del reparto di osservazione psichiatrica sono all’interno dell’infermeria. "Per ora non prendo posizioni, ho soltanto ricevuto una telefonata con cui mi hanno comunicato il decesso. È necessario aspettare i risultati dell’autopsia, che, comunque, potrà avvenire solo dopo il riconoscimento del corpo da parte dei familiari, e quindi non credo prima di giovedì", commenta l’avvocato di Gianluca Concetti, Paolo Micozzi. Questa mattina arriverà a Monza da Macerata con i parenti del detenuto. Per cercare la verità. (Il Giorno, 2 febbraio 2007)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 29 gennaio 2007; OPG di Aversa

 

Hajaj Derri, internato di 35 anni di origini marocchine, è morto nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. La morte è avvenuta il 29 gennaio scorso, per arresto cardiocircolatorio, ma si è appresa solo in queste ore. "Siamo preoccupati - ha dichiarato Dario Stefano Dell’Aquila, presidente dell’Associazione Antigone Napoli - dal progressivo deteriorarsi delle condizioni di vita degli internati negli Opg. Solo pochi mesi fa nell’Opg di Aversa si sono verificati due suicidi. Bisogna arrivare presto ad un disegno di legge per la chiusura e il superamento degli Opg. Nell’attesa, è necessario uno sforzo immediato per migliorare le condizioni di vita degli internati e avviare programmi di dimissioni protette" (Associazione Antigone Napoli, 8 febbraio 2007).

 

Morire da internati senza che il mondo lo sappia

 

Morire da internati senza che il mondo lo sappia. È accaduto ad un marocchino di 35 anni il cui nome in sigla è Hajaj Derri il 29 gennaio scorso nell’Ospedale psichiatrico di Aversa, deceduto per arresto cardiocircolatorio, e la notizia si diffonde solo ora. Una morte invisibile come altre nei mesi scorsi: tre persone da novembre ad oggi sono scomparse nell’Opg, uno dei due della Campania (l’altro è Sant’Eframo a Napoli), che complessivamente ospitano il 40% degli internati in tutta Italia.

Denuncia l’associazione Antigone Napoli: "Solo pochi mesi fa - spiega Dario Stefano Dell’Aquila, presidente dell’associazione - nell’Opg di Aversa si sono verificati due suicidi. Siamo preoccupati dal progressivo deteriorarsi delle condizioni di vita degli internati. Negli Opg di Aversa e di Napoli non c’ è alcuna cura: gli psichiatri sono a contratto, con in media un’ ora al mese di assistenza psichiatrica a paziente, e il solo personale certo è quello di polizia penitenziaria". Negli Ospedali psichiatrici giudiziari - che hanno sostituito i manicomi criminali - sono internate circa 1.200 persone in tutta Italia, il 60% delle quali per reati contro la proprietà.

"Si tratta di persone - spiega Dell’Aquila - povere e prive di assistenza familiare, che, a causa di un disagio psichico, compiono un reato e si trovano a scontare decine di anni in quello che è un carcere a tutti gli effetti. La loro pericolosità sociale non è dovuta alla diagnosi medica, ma all’ assenza di luoghi alternativi di accoglienza. Accade così che centinaia di persone vivono in condizioni giuridicamente ed eticamente inaccettabili".

"Bisogna arrivare presto ad un disegno di legge - conclude Dell’Aquila - per la chiusura e il superamento degli Opg. Nell’attesa, è necessario uno sforzo immediato per migliorare le condizioni di vita degli internati e avviare programmi di dimissioni protette, costruendo un sistema integrato socio sanitario di accoglienza che punti all’ inclusione e all’ autonomia delle persone" (Redattore Sociale, 9 febbraio 2007).

 

Opg di Aversa: interrogazione di Francesco Caruso

 

Un internato immigrato di 35 anni, Hajaj Derri, è deceduto la settimana scorsa nell’Opg di Aversa. La notizia della sua morte, avvenuta il 29 gennaio, è stata resa nota da Francesco Caruso, che appena un mese fa si era recato in visita alla struttura penitenziaria e che in seguito alla visita aveva presentato un’interrogazione parlamentare sullo stato della struttura.

"Ho appena appreso, ha dichiarato il deputato indipendente del Prc, che un internato straniero è deceduto all’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Ritengo indispensabile, considerato la giovane età, le inaccettabili condizioni di detenzione in cui versano la maggior parte degli internati, e il fatto che solo nel mese di ottobre-novembre, si siano registrati due suicidi di internati, un indagine immediata, accurata e approfondita.

È indispensabile avviare un percorso che porti alla chiusura e al superamento degli Opg, e, in attesa dell’annunciato disegno di legge del governo, presenterò una proposta di legge in tal senso. Ma, in attesa che questo percorso di chiusura si compia, dobbiamo assicurare condizioni di vita dignitose agli internati e dimettere da subito quelli per i quali non sussiste alcun tipo di pericolosità sociale.

Avverto poi, ha concluso Caruso, maggiori responsabilità per gli internati di Aversa, che mi hanno confidato il loro malessere e la loro sofferenza. Ho il dovere di tutelare la loro fiducia. Si faccia chiarezza, subito, sulle cause di questo decesso. Lo chiedo alla magistratura, ma lo chiedo anche la Ministro della Giustizia." (Comunicato stampa, 11 febbraio 2007).

 

Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-02405, presentata da Francesco Saverio Caruso mercoledì 31 gennaio 2007 nella seduta n° 101

 

Caruso. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che: in data 28 dicembre 2006 l’interrogante si è recato in visita presso l’ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa "Filippo Saporito", che ospita circa 300 internati e ha visitato la Sezione cosiddetta "Staccata" e i reparti 5 e 6 della struttura; nell’Opg di Aversa, si sono registrati, nel 2006, due suicidi in soli trenta giorni, uno nel mese di ottobre e un altro nel mese di novembre; gli internati presentati nella sezione cosiddetta "Staccata" versavano tutti in condizioni di evidente degrado fisico, vestiti con abiti laceri e maleodoranti, presentando molti di loro segni di evidenti dermatiti e una ancora più evidente assenza di cura dell’igiene personale; la condizione di abbandono fisico non era legata a stati di scarsa lucidità psichica, visto che molti degli internati, durante il colloquio, si mostravano presenti a se stessi e, seppur in condizioni di disagio psichico, consapevoli dello stato di degrado in cui versavano; tra gli internati incontrati nel cortile ve ne erano, però, diversi che apparivano in stato di grave abbandono fisico e psichico, ripiegati su stessi e completamente assenti o impegnati in gesti ripetitivi nella completa indifferenza e assenza di personale medico; le celle di questi internati erano completamente spoglie, prive, cioè, al di là del letto e delle coperte, di ogni tipo di arredo o suppellettile, senza neppure un tavolo o delle sedie; la sala dei letti di contenzione è una saletta composta da tre letti adiacenti, rimasta immutata in questi anni, e alla quale ancora oggi si fa ricorso; dalla consultazione del registro è emerso che un internato Marco Orsini è stato costretto al letto di contenzione per oltre 11 giorni di seguito nel mese di dicembre c.a.; pur "ospitando" la struttura circa 300 internati vi è un solo educatore, a fronte di circa, 80 agenti di custodia; gran parte del personale infermieristico e quello psichiatrico è a contratto, con un monte ore di consulenza inadeguato ad ogni principio di cura; il personale di polizia penitenziaria che lavora in OPG non riceve una specifica formazione per persone con problemi psichici e proviene da ordinari istituti di pena; la cifra per il vitto che l’Amministrazione penitenziaria spende per ciascun internato è di appena 1,50 euro al giorno; si è verificata l’assenza di farmaci, in particolare il Depatox, per la cura di epatiti, e l’impossibilità o la difficoltà ad effettuare visite dermatologiche; in molte celle manca carta igienica e sapone; molti internati lamentano che non siano concessi i colloqui telefonici straordinari; nel mese di dicembre è venuto a mancare per lungo periodo il riscaldamento; i tempi di attesa per un colloquio con l’educatore professionale sono lunghissimi; i tempi di permanenza in Opg di moltissimi internati sono sproporzionati al tipo di reato addebitato e molti degli internati sono in proroga di misura di sicurezza; ad esempio, durante la visita lo scrivente ha incontrato Costantino Corona, internato da circa 30 anni, che era in un evidente stato di abbandono e di assenza di pericolosità sociale, dato che stentava a reggersi in piedi e che si comportava come un bambino di pochi anni; non vi è nessun raccordo tra amministrazioni penitenziaria, territori, istituzioni locali e Asl, per cui, anche in presenza di protocolli di intesa, gli internati si vedono prorogata la misura di sicurezza perché la pericolosità sociale dell’internato è data dall’assenza di strutture di accoglienza -:

se non ritenga opportuno, alla luce di quanto esposto, attivare una immediata ricognizione delle condizioni di internamento dell’OPG di Aversa e se non ritenga opportuno porre in essere atti e provvedimenti tesi a porre rimedio allo stato di abbandono e degrado in cui versano molti degli internati, in particolare quelli ristretti nella sezione "Staccata"; se esistano protocolli di intervento per internati costretti al letto di contenzione e quali direttive abbia il personale medico nel determinare modalità e tempi della contenzione; quanti siano, secondo le stime del ministero, gli internati in proroga di misura di sicurezza e se tale proroga sia accompagnata, invece, da una perizia psichiatrica favorevole alla cessazione della misura, nei sei Opg presenti nel nostro paese; se, contestualmente al sensibile miglioramento delle condizioni di detenzione che vanno almeno riportate a quanto prescritto dall’ordinamento penitenziario, il Ministro intenda adottare iniziative volte ad attivare percorsi di dimissione degli internati per i quali non sussista più la condizione di pericolosità sociale; se, come annunciato dalla stampa, il Governo abbia intenzione di presentare un progetto di legge per la chiusura e il superamento degli Opg.

 

 

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