"Morire di carcere": dossier dicembre 2004

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

A dicembre abbiamo raccolto le storie di 6 detenuti morti per suicidio, di 2 per malattia e di 1 per cause non accertate. Con questo aggiornamento il monitoraggio sulle "morti di carcere" avvenute nel 2004 è completato: nel sito sarà presto disponibile il relativo rapporto statistico.

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Detenuto bulgaro

40 anni

06 dicembre 2004

Suicidio

San Vittore (MI)

Fiorenzo, italiano

44 anni

10 dicembre 2004

Suicidio

Lodi

Francesca Caponnetto

40 anni

15 dicembre 2004

Suicidio

Messina

Giuseppe Ciarocchi

53 anni

15 dicembre 2004

Suicidio

Augusta (SR)

Calogero Alaimo

49 anni

16 dicembre 2004

Suicidio

Asti

Domenico Del Duca

26 anni

23 dicembre 2004

Non accertata

Secondigliano (NA)

Franco Scarpignato

39 anni

25 dicembre 2004

Suicidio

Messina

Angelo Vincenti

57 anni

27 dicembre 2004

Malattia

Livorno

Detenuto italiano

46 anni

30 dicembre 2004

Malattia

Rebibbia (RM)

 

Suicidio: 6 dicembre 2004, carcere di San Vittore (Mi)

 

Detenuto di nazionalità bulgara, 40 anni, si impicca al separé che divide il bagno e la cucina annesse alla cella, una stanza a due posti. Rinchiuso da mesi al terzo raggio, il padiglione ristrutturato di recente, l’uomo lavorava al "bettolino", il magazzino interno da cui passano cibi e oggetti acquistati dai compagni di sezione.

A loro, è la voce non confermata che arriva da piazza Filangeri, pare avesse confidato di ritenere ingiusta ed eccessiva la condanna appena presa: quattro anni di pena, per associazione per delinquere finalizzata al furti e alla ricettazione. Il sostituto procuratore di turno, Piero Basilone, ha disposto i primi accertamenti e i rilievi di rito. (Repubblica, 7 dicembre 2004)

 

Suicidio: 10 dicembre 2004, carcere di Lodi

 

Fiorenzo, detenuto italiano, 44 anni, originario di Varese, si impicca nella propria cella. Sembra che l’uomo, padre di due figli, fosse in attesa di poter tornare a casa per le festività natalizie, concessione che però gli è stata negata, nonostante il fatto che i reati per cui era stato condannato risalissero a parecchi anni addietro. In passato anche un fratello dell’uomo si era tolto la vita. La salma era stata portata nella camera mortuaria dell’ospedale Maggiore, a disposizione dell’autorità giudiziaria. (Il Cittadino, 14 dicembre 2004)

 

Il ricordo di un compagno di detenzione

 

Quando la disperazione arriva a livelli estremi può sfociare in un gesto disperato come la scelta di togliersi la vita. Questo è quanto è accaduto pochi giorni fa nel carcere di Lodi, dove un uomo di soli 44 anni si è impiccato alle sbarre della finestra. Conoscevo personalmente Fiorenzo, lo incontravo ogni giorno nello svolgimento della mia mansione di addetto alla spesa dei detenuti; scambiavamo qualche parola e col tempo lui aveva iniziato a parlarmi della sua situazione carceraria, delle sue problematiche di vita, lavoro, economiche, legate alla sua famiglia, alla quale era molto legato.

Sperava per le festività di ottenere un permesso premio da trascorrere in famiglia, ma la questione che più lo assillava era legata alla richiesta che aveva attualmente in corso per potere essere autorizzato al lavoro esterno, che per lui era una questione vitale, in quanto con lo stipendio che avrebbe guadagnato avrebbe potuto aiutare la famiglia che versava in gravi problemi economici.

Le forme alternative alla detenzione troppo spesso sono complicatissime da ottenere, i tempi per una richiesta sono lunghissimi, l’esito è sempre incerto perché alla fine è sempre il magistrato che decide in maniera autonoma e questa attesa spesso diventa logorante per una persona che ripone tutte le sue speranze in un provvedimento che lo possa parzialmente restituire alla vita. Molto probabilmente questa persona non era abbastanza forte per sostenere una tensione di questo tipo e l’unica soluzione che ha trovato è stata quella di rinunciare alla vita.

I suicidi in carcere sono all’ordine del giorno, la percentuale delle morti in prigione è molto più alta in rapporto alla popolazione esterna; la pressione che deriva dalla privazione della libertà è fortissima e non sempre siamo in grado di mantenere quell’equilibrio che ci permette di continuare a lottare e vivere, tanto è grande la sofferenza e la disperazione che proviamo.

Personalmente la morte di questa persona mi ha molto turbato; lo avevo sentito poco tempo prima che succedesse l’irreparabile, era preoccupato per la mancanza di informazioni che riguardavano la sua pratica per il lavoro esterno. Come sempre lo avevo rassicurato dicendogli di stare tranquillo, che le cose stavano procedendo e che ci voleva del tempo, ma che ce l’avrebbe fatta. L’ho esortato a farsi coraggio, che presto la sua vita sarebbe cambiata. Ora posso pensare che già nella sua mente era entrata la sconvolgente decisione di togliersi la vita e quindi tutte le esortazioni, tutte le parole di incoraggiamento e di fiducia erano oramai inascoltate.

Dietro la morte di un uomo ci sarebbero tante cose da dire, da detenuto posso affermare che troppo spesso il sistema è di una durezza devastante, l’aspetto umano di una pratica - perché noi alla fine siamo delle pratiche, dei fascicoli - non viene in nessun modo preso in considerazione, i tempi di attesa per una risposta da un tribunale di sorveglianza sono lunghissimi e l’ansia per chi attende una decisione in merito a un beneficio diventa spesso distruttiva. In generale è minima la percentuale delle richieste che vengono accolte dai tribunali di sorveglianza e ogni volta che riceviamo una risposta negativa alle nostre speranze diventa un dramma per noi detenuti e per tutte le nostre famiglie che vivono con noi la nostra drammatica esperienza.

È con tanta amarezza che mi chiedo perché molti magistrati non tengano in considerazione anche l’aspetto umano nella valutazione della situazione di un detenuto, ma si limitino a un’arida applicazione della legge. (Il Cittadino, 30 dicembre 2004)

 

Suicidio: 15 dicembre 2004, carcere di Messina

 

Francesca Caponnetto, 40 anni, si uccide gettandosi da una rampa di scale. Francesca era sieropositiva e tossicodipendente, condannata per omicidio a scopo di rapina, alla "Bonnie & Clyde" l’8 gennaio 2001, in casa di un pensionato.

La donna era uscita di cella per alcuni controlli medici, ma era sfuggita al controllo della polizia penitenziaria mentre saliva una rampa di scale senza protezioni e si è gettata nel vuoto. È deceduta poi al pronto soccorso del Policlinico. In cella la polizia non ha trovato nessun biglietto per spiegare l’estremo gesto.

Era stata arrestata dalla squadra mobile insieme al convivente Antonino Bensaia il 20 gennaio 2001 per aver picchiato ed ucciso nella sua abitazione di Ganzirri il pensionato Nicolò Puleo, 76 anni dopo averlo legato e imbavagliato. Mentre lo picchiavano - aveva ricostruito la polizia - lei mangiava il formaggio appena comprato dalla vittima. Lo avevano lasciato morente e, con addosso orologi e preziosi in oro ed argento portati via al pensionato, erano andati in una vicina pizzeria a festeggiare. Francesca Caponnetto ed Antonino Bensaia il 7 giugno 2002 erano stati condannati all’ergastolo dal Gup Daria Orlando, nonostante la scelta del rito abbreviato. In appello avevano però ottenuto il 10 ottobre 2003 una riduzione a 20 anni di reclusione. (La Repubblica, 17 dicembre 2004)

 

Suicidio: 15 dicembre 2004, Carcere di Augusta (Siracusa)

 

Giuseppe Ciarocchi, 53 anni, originario di Messina, si uccide impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della sua cella. È accaduto nella IV sezione della Casa di Reclusione di Contrada Ippolito di Brucoli, alla periferia di Augusta. L’uomo, detenuto per reati comuni, ha deciso di togliersi la vita verso le 14.30, durante l’orario di piena attività del penitenziario, quando i detenuti sono impegnati in varie attività. Inutili i soccorsi subito prestati al detenuto da parte degli agenti di custodia.

L’uomo, secondo il referto del medico legale che ha esaminato il corpo, è deceduto per asfissia acuta. Ciarocchi era giunto lo scorso aprile nella Casa di reclusione di Augusta dove sarebbe dovuto restare ancora per pochi mesi prima di essere rimesso in libertà. La magistratura siracusana ha già disposto il dissequestro della salma, affinché sia consegnata ai familiari. (Gazzetta del Sud, 18 dicembre 2004)

 

Suicidio: 16 dicembre 2004, carcere di Asti

 

Calogero Alaimo, 49 anni, si uccide in carcere il giorno prima dell’inizio del suo processo. Da tempo sofferente di esaurimento nervoso, si è tolto la vita impiccandosi a una corda ricavata da un lenzuolo nella sua cella. Alaimo era accusato di aver ferito a un piede, con un colpo di pistola, un nomade che si era invaghito di una sedicenne sua parente. (Gazzetta di Mantova, 23 dicembre 2004)

 

Morte per cause non accertate: 23 dicembre 2004, carcere di Secondigliano (Napoli)

 

Domenico Del Duca, 26 anni, fine pena nel 2007, muore il 23 dicembre presso l’ospedale Cotugno, dove era arrivato, in coma, il giorno prima, proveniente dal secondo istituto di pena della città. Sulla sua morte è sino ad oggi regnato il completo silenzio (ne parla oggi Metrovie, l’inserto campano del manifesto). Del Duca, sieropositivo, era ricoverato nel centro clinico del carcere da settembre. Proveniva da un anno di internamento nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, perché soffriva di disturbi mentali. La notte del 21 dicembre si è barricato in cella, per un motivo apparentemente banale, una sigaretta negata. Gli agenti di polizia penitenziaria decidono di fare irruzione e utilizzano gli idranti per riportare l’ordine.

La cella viene inondata di acqua e ruggine, così come il suo occupante. Il ragazzo viene trasferito nella cella liscia, priva di ogni suppellettile, di un altro reparto. La mattina del 22 viene trovato in coma di primo grado dal medico di turno che ne dispone l’immediato ricovero in una struttura ospedaliera. Del Duca viene trasferito, sembra solo dopo alcune ore, presso l’ospedale Cotugno, specializzato per le patologie da Hiv, dove muore, il giorno successivo senza riprendere conoscenza.

Il suo referto parla di morte causata da crisi cardio-respiratoria (polmonite fulminante?), ma sul corpo non è stata disposta alcuna autopsia, indispensabile per chiarire i fatti. Non risulta che la Procura di Napoli abbia aperto un’inchiesta, né che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ne abbia disposto una interna per verificare le modalità dell’intervento degli agenti ed eventuali responsabilità. La morte di Del Duca è la quinta avvenuta nel carcere negli ultimi mesi del 2004. Nell’estate scorsa sono deceduti tre detenuti, tra cui Francesco Racco, che al momento della morte pesava appena 39 chili. Il 18 novembre, un detenuto di 31 anni, Francesco Pirozzi è morto di overdose all’interno del penitenziario. (Il Manifesto, 8 gennaio 2004)

 

Suicidio: 25 dicembre 2004, carcere di Messina

 

Franco Scarpignato, 39 anni, si impicca in cella la notte di Natale. Era in carcere per aver volutamente investito il suocero con la propria automobile. Il Sostituto Procuratore, Fabio D’anna, ha affidato al medico legale Giovanni Crisafulli il compito di effettuare l’autopsia sul corpo del detenuto. È il secondo suicidio, a distanza di pochi giorni, nel carcere di Messina. Nei giorni scorsi, infatti, una donna, Francesca Caponnetto, condannata a 20 anni per omicidio, si era lanciata dal terzo piano nella tromba delle scale del Policlinico, dov’era ricoverata. (Ansa, 27 dicembre 2004)

 

Interrogazione parlamentare presentata da Gianfranco Pagliarulo il 27.12.2004

 

Ministro della giustizia. Premesso che:

si è avuta notizia sulle agenzie di stampa di due suicidi di detenuti nel giro di sette giorni a Messina, il primo nel Policlinico Universitario della città, il secondo in cella;

del secondo suicidio si è avuta notizia solo oggi, pur essendo avvenuto, in base alle agenzie, la notte di Natale;

la piaga dei suicidi e degli atti di autolesionismo nelle carceri italiane si fa sempre più drammatica,

gli interroganti chiedono di sapere:

come mai, dopo il primo recente episodio, non siano state assunte misure idonee ad evitare il secondo suicidio, avvenuto pochi giorni dopo;

come mai si sia avuta notizia del secondo suicidio due giorni dopo l’evento;

quali siano le condizioni di detenzione nel carcere di Messina e se si possa ipotizzare un nesso fra tali condizioni e i due recenti suicidi;

come intenda operare il Ministro in indirizzo per arginare il triste e terribile fenomeno dei suicidi in carcere. (Atto Senato, 27 dicembre 2004)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 27 dicembre 2004. carcere di Livorno

 

Angelo Vincenti, 57 anni, di origini pugliesi, muore in cella durante la notte, forse ucciso da un infarto. Vincenti era rinchiuso in una cella della seconda sezione, doveva scontare una pena per associazione di stampo mafioso (aveva legami con la Sacra corona unita) e sarebbe uscito nel 2017.

Alle Sughere da due anni, era un tipo tranquillo e benvoluto (amava cucinare per gli amici) e soprattutto non risulta che avesse mai avuto problemi di salute, se si eccettua una specie di artrosi a un gamba. Fumava molto, sì, ma dal suo diario clinico non emergono sofferenze cardiache.

Alle tre della notte tra domenica e ieri l’uomo si è sentito male. "L’ambulanza è arrivata dopo appena dieci minuti" assicurano i sorveglianti delle Sughere. Poi la corsa all’ospedale, dove purtroppo l’uomo è morto. I figli sono stati avvertiti dalla direzione del carcere. Il magistrato di turno (il dottor Giuseppe Rizzo) ha ordinato l’autopsia. (Il Tirreno, 28 dicembre 2004)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 31 dicembre 2004, carcere di Rebibbia

 

Detenuto italiano, 46 anni, muore nella sua cella per Reparto G11, per una probabile insufficienza cardiaca. Il deputato dei Verdi Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, che ha visitato il carcere di Rebibbia, nuovo complesso penale, insieme al deputato del Prc Giovanni Russo Spena e al consigliere regionale Salvatore Bonadonna, ha dichiarato: "Nel carcere di Rebibbia è in atto una vera e propria emergenza sanitaria. Presenteremo un’interpellanza urgente al ministro Castelli per denunciare le condizioni di sovraffollamento in cui si trova il carcere di Rebibbia, che ha raggiunto i 1.600 detenuti e dove è sempre più difficile garantire il diritto alla salute. Un’emergenza che, come ci hanno riferito i detenuti della biblioteca Papillon, diventerà esplosiva se le aggravanti per i recidivi, comprese nella legge cosiddetta Salva-Previti, saranno definitivamente approvate dal Parlamento". (Il Messaggero, 2 gennaio 2005)

Atto Senato. Mozione 1-00312

 

Mozione presentata da Alessandro Battisti

martedì 23 novembre 2004, nella seduta n° 701

 

Battisti, Cavallaro, Boco, Bonfietti, Cortiana, Coviello, Dalla Chiesa, Dato, Dettori, De Zulueta, Di Siena, Donati, Falomi, Labellarte, Montagnino, Murineddu, Nieddu, Pascarella, Ripamonti, Salvi, Scalera, Sodano Tommaso, Soliani, Zancan, Liguori, Crema, Fabris

 

Il Senato, premesso che:

la situazione degli istituti carcerari in Italia è assolutamente precaria a causa di numerosi fattori: il sovraffollamento, la difficile situazione sanitaria, la mancanza dei fondi necessari, l’intasamento del sistema processuale;

secondo le stime degli operatori di settore e delle associazioni di volontariato la popolazione carceraria ad oggi è di 56.532 unità (Ministero della giustizia, giugno 2004) e supera di molto la capacità di accoglienza degli istituti di pena;

il numero degli operatori nei penitenziari è totalmente insufficiente per le esigenze dei detenuti e spesso essi sono costretti a turni di lavoro prolungati e scarsamente retribuiti, tali da influire sull’efficienza dell’attività svolta e da condizionare in maniera negativa il trattamento nei confronti dei detenuti;

la sproporzione tra il numero degli operatori e la popolazione carceraria rende di fatto impossibile un’adeguata sorveglianza dell’attività quotidiana dei detenuti;

molte strutture carcerarie italiane sono vecchie e ormai fatiscenti, in materia tale da esporre spesso i soggetti sottoposti a regime detentivo agli agenti atmosferici quali eccessivo calore nei mesi estivi, umidità e freddo nei mesi invernali o infiltrazioni di allergeni;

questi fattori esterni incidono per lo più sui detenuti anziani o già sofferenti di patologie preesistenti o successive alla restrizione penitenziaria;

lo stato decadente delle strutture, la scarsa igiene, conseguente all’eccessivo popolamento delle stesse e alla mancanza dei fondi per ripristinare condizioni accettabili, l’inadeguato smaltimento dei rifiuti organici sono la causa principale dell’invasione di alcune strutture da parte di ratti, parassiti e batteri;

queste precarie condizioni igienico-sanitarie sono la causa della ricomparsa all’interno delle strutture di patologie debellate quali, ad esempio, la scabbia e la tubercolosi e del crescente aumento registrato dei casi di infezione da virus Hiv ed epatite;

vi è un insufficiente numero di personale medico e paramedico specializzato in grado di diagnosticare per tempo l’insorgere nei detenuti di malattie a volte mortali;

vi è la pressoché totale mancanza di macchinari diagnostici moderni capaci di individuare patologie che gli operatori sanitari altrimenti non sono in grado di diagnosticare;

non vi è alcuno stanziamento di fondi per supplire a tali carenze;

constatato che:

una soluzione potrebbe essere rappresentata dal coinvolgimento, attraverso apposite convenzioni, di volontari medici, paramedici e psicologi che potrebbero fornire adeguata assistenza dal punto di vista sanitario e sotto forma di sostegno psicologico, ma al momento non è stata registrata alcuna intenzione di agire in questa direzione;

la manifesta intenzione da parte del Governo di riformare la legislazione vigente in tema di droghe, estendendo le sanzioni penali anche ai consumatori, e inasprendo le pene già esistenti, rischia, se trasformata in legge, di aumentare considerevolmente la popolazione carceraria, aumentando così il disagio e aggravando la situazione;

la modifica della normativa sull’immigrazione introdotta dalla legge Bossi-Fini incrementerà sensibilmente il numero dei detenuti extracomunitari;

oltre alla situazione igienico-sanitaria è oltremodo preoccupante anche la condizione psicologica dei soggetti sottoposti a regime detentivo, condizione che è la prima responsabile dell’aumento dei casi di suicidio, registrati nelle carceri in proporzione di circa 20 volte maggiore che all’esterno;

considerato che:

tutti gli elementi esposti hanno portato a un allarmante incremento dei decessi nelle carceri in misura tale che, stando a quanto riporta il settimanale "Vita" (7 settembre 2004) pubblicando un dossier dell’associazione "Ristretti Orizzonti" e a quanto riporta l’associazione "Antigone", nel solo mese di agosto 2004 sono morte ben 11 persone per suicidio e malattia;

il 1º agosto, nel carcere di San Vittore, il signor Shi Ping, di nazionalità cinese, moriva di tumore; detenuto da 4 mesi, non conoscendo l’italiano non riusciva a comunicare con nessuno ("Il Due Notizie", settembre 2004);

il 4 agosto il signor Salvatore Tommasini, 44 anni, detenuto nel carcere di San Sebastiano, è morto al policlinico di Sassari, dove era ricoverato per un intervento a un occhio, a causa di un ematoma al cervello ("L’Unione Sarda", 5 agosto 2004);

il 7 agosto, nel carcere di Regina Coeli, un giovane detenuto italiano di 20 anni si è tolto la vita inalando il gas della bombola con cui cucinava in cella; si tratta del quarto suicidio in tre mesi negli istituti di pena romani: il 24 giugno un uomo di 40 anni si era tolto la vita, sempre con una bombola di gas, nel carcere di Rebibbia, nel quale a metà maggio altre due uomini si sono suicidati impiccandosi con i brandelli di un lenzuolo: il primo, 41 anni, era stato giudicato incapace di intendere e di volere dal Tribunale di Roma; il secondo si è ucciso nel momento in cui, credendo di aver scontato la sua pena, è venuto a conoscenza che lo aspettava un altro anno dietro le sbarre ("L’Unità" del 9 agosto 2004);

il 13 agosto il signor Pasquale Scognamiglio, 79 anni, si è impiccato nella sua cella del Centro clinico di Poggioreale ("Il Mattino", 23 agosto 2004);

il 13 agosto il signor Giovanni D’Andria, 38 anni, si è ucciso nel carcere di Vercelli con il gas della bomboletta, dopo che, stando a quanto afferma l’avvocato difensore, aveva ripetutamente manifestato l’intenzione di uccidersi, senza che fosse stata presa alcuna misura precauzionale ("La Stampa", 14 agosto 2004);

il 14 agosto il signor Nabil Arbi, 26 anni, di origini marocchine, è morto per arresto cardiaco a causa del caldo soffocante e dell’insufficiente circolazione d’aria, nella sua cella del carcere di Secondigliano, che condivideva con altre 6 persone ("Il Mattino", 23 agosto 2004);

il 16 agosto il signor Camillo Valentini, 50 anni, sindaco di Roccaraso, due giorni dopo il suo arresto per concussione, si è ucciso (il suicidio è stato decretato dal direttore del carcere di Sulmona, ma è in corso un’inchiesta amministrativa per stabilire le responsabilità della morte) nella cella dei "nuovi giunti" infilando la testa in un sacchetto di plastica e serrandosi la gola con le stringhe delle scarpe ("Il Corriere della Sera", 17 agosto 2004);

il 17 agosto alcuni detenuti del carcere di Poggioreale hanno scritto una lettera al quotidiano "Il Mattino" in cui denunciano che il signor Bruno De Martino, 36 anni, è stato trovato morto nel suo letto, dopo che il giorno precedente aveva accusato un malore evidentemente sottovalutato dagli operatori sanitari ("Il Mattino", 23 agosto 2004);

il 22 agosto il signor Vasile Tanase, 28 anni, di nazionalità rumena, si è impiccato con i lacci delle scarpe nella sua cella del carcere di Frosinone; nonostante fosse sotto tutela psichiatrica a causa di una forte depressione era stato lasciato solo e non gli erano state tolte le stringhe delle scarpe ("Il Messaggero", 24 agosto 2004);

il 26 agosto il signor Sergio La Scala, 28 anni, moriva in cella nel carcere di Como per un’embolia polmonare; i suoi compagni hanno denunciato che al ragazzo, nonostante lamentasse un malessere da circa una settimana, non era stata prestata alcuna cura da parte del personale sanitario che doveva far fronte alle esigenze di una popolazione carceraria di quattro volte superiore al massimo sopportabile per la struttura ("La Provincia di Como", 28 agosto 2004);

il 31 agosto il signor Massimo Peterle, 30 anni, si è impiccato nella sua cella del carcere di Belluno; in attesa di giudizio per un’accusa di violenza sessuale, prima di uccidersi ha lasciato un biglietto nel quale proclamava la sua innocenza;

nel mese di settembre altre 10 persone sono decedute nelle carceri italiane: il 1º settembre il signor Giuliano Giuggioli, 74 anni, moriva nel carcere di Padova apparentemente per un’allergia ("Ristretti Orizzonti", settembre 2004); il 2 settembre un detenuto rumeno di 40 anni si è impiccato in cella nel carcere di Lecco (Ansa, 7 settembre 2004); il 6 settembre un detenuto di origine bosniaca di 33 anni si impiccava in cella nel carcere di Sassari ("Radiokalaritana", 21 settembre 2004); il 7 settembre il signor Luca Visconti, 36 anni, si è impiccato con le lenzuola alla grata del bagno della sua cella del carcere di Livorno; è il terzo suicidio in tre mesi nel penitenziario delle Sughere ("Il Manifesto", 8 settembre 2004); l’11 settembre il signor Paolo Marchitiello, 44 anni, è morto in cella, nel carcere di Padova, per infarto cardiaco ("Il Mattino di Padova", 13 settembre 2004); il 15 settembre M.C., detenuto polacco di 45 anni, si impiccava con la cintura dei pantaloni all’interno della sala hobby della casa circondariale di Civitavecchia ("Il Messaggero", 16 settembre 2004); il 20 settembre un detenuto marocchino di 25 anni, sofferente di crisi depressive, si uccideva in cella: nonostante fosse sottoposto a regime di stretta sorveglianza, riusciva a eludere le misure di sicurezza del carcere di Sassari a causa dell’insufficienza degli operatori e si impiccava ("Radiokalaritana", 21 settembre 2004); il 22 settembre 2004 il signor Khemal Beaumot, algerino di 32 anni, moriva in cella, nel carcere di Piacenza, 7 ore dopo la cattura: l’uomo era stato trovato in possesso di cocaina, l’autopsia dimostrerà che ne aveva ingerito gran parte nel tentativo di sfuggire all’arresto; il 25 settembre il signor Angelo Sesana, 58 anni, agli arresti domiciliari nella sua casa di Como, a causa di un grave morbo, si impiccava nella camera da letto; il 28 settembre 2004 il signor Marcello Cavallini, 42 anni, tossicodipendente, moriva per overdose subito dopo l’evasione dall’ospedale Spallanzani di Roma, dove era stato ricoverato per accertamenti; l’uomo scontava una pena per rapina nella casa circondariale di via della Lungara a Roma ("Il Corriere della Sera", 29 settembre 2004),

impegna il Governo:

a stanziare i fondi necessari a sopperire alle carenze strutturali, igieniche e sanitarie delle carceri italiane;

ad aumentare il numero degli agenti di custodia e degli operatori in misura congrua alla popolazione carceraria in maniera tale da eliminare, o almeno limitare, le carenze organizzative date dalla mancanza di personale;

a fornire gli operatori sanitari dei penitenziari dei moderni mezzi diagnostici per la prevenzione di patologie gravi e letali;

a stipulare convenzioni con le associazioni e le organizzazioni di volontariato laddove esse possano sopperire alle carenze dell’amministrazione;

a fornire ai detenuti il supporto psicologico, psichiatrico, sanitario e religioso (secondo la religione di appartenenza dichiarata dal detenuto), laddove necessiti.