Scioperano tutti i direttori penitenziari

      

Niente visite, niente colloqui: sciopero al Coroneo
A Trieste la situazione è drammatica: detenuti di 25 etnie diverse e non esistono traduttori

 

Il Piccolo, 11 aprile 2003

 

Scioperano oggi tutti i direttori penitenziari d’Italia, si bloccano tutte le carceri e anche il Coroneo a Trieste. Dal direttore dipendono tutte le funzioni del carcere che oggi saranno ferme. Niente visite ai carcerati, niente colloqui, niente posta e pacchi, ferma pure l’amministrazione.

Garantiti solo i servizi essenziali: sanità, pasti, trasferimenti di sicurezza e scarcerazioni. Il direttore Enrico Sbriglia, assieme alla collega Graziella Palazzolo, hanno inviato una nota su carta del ministero della Giustizia in cui annunciano l’adesione allo sciopero e la possibilità di "eventuali disagi".

Lo sciopero, proclamato dal sindacato direttori penitenziari (Si.Di.Pe.), avviene in un momento cruciale del Paese che si trova a fare i conti con strutture carcerarie al limite, ma soprattutto con una progressiva riduzione dei finanziamenti.

Quest’anno poi ci sono stati tagli drastici. Paradossalmente il Coroneo, recentemente ristrutturato e che ora ospita la sezione femminile, è tra i migliori, nonostante ciò però la situazione, a detta dello stesso direttore è "esplosiva" viste le scelte "sconsiderate" del governo con questi tagli. "Noi chiediamo una cifra per funzionare dignitosamente – conferma Sbriglia – e ci danno un terzo dei soldi richiesti".

Un disagio che si ripercuote sui carcerati che a ottobre non potranno essere più pagati per i servizi interni (pulizie e pasti, che sono vitali), ma anche sul personale, sotto organico e stressato dai continui spostamenti e dalla carenza di mezzi (scarseggiano anche la carta per i fax o le lampadine).

Sbriglia, che in questi giorni è a Roma al ministero per cercare di sbloccare la situazione e per ottenere più fondi ha denunciato: "Se non arrivano soldi a ottobre cosa faccio chiudo il carcere?".

Lo sciopero riguarda in parte la situazione finanziaria, ma soprattutto le funzioni dei direttori. Questi ultimi chiedono che il governo un’adeguata nuova collocazione professionale, paragonabile a quella dei prefetti, con gli stessi avanzamenti di carriera e uguale trattamento economico viste le grandi responsabilità.

Tagli e precarietà creano una situazione esplosiva nelle carceri considerato che proprio il governo e in particolare Alleanza nazionale (di cui è esponente lo stesso Sbriglia, assessore comunale alla vigilanza) hanno portato avanti, come un fiore all’occhiello, la politica della sicurezza votando contro qualsiasi indulto.

Carceri piene, ma inadeguate e senza soldi. E le difficoltà si fanno sentire soprattutto in periferia, in carceri come Trieste. Che è stato sì ristrutturato ma che si trova in centro e con una popolazione carceraria tutta speciale.

Ci sono 230 detenuti, di cui 25-30 donne dopo la chiusura della struttura femminile di Udine. Di questi però almeno il 50-55% sono stranieri appartenenti a 20-25 etnie diverse. Iracheni, turchi, curdi, albanesi, ex-jugoslavi, italiani, zingari.

Un mix esplosivo viste le esigenze, le culture e le appartenenze diverse. Mentre per gli uomini la situazione, grazie anche ai lavori interni, è migliorata, le donne, appena trasferire, devono attendere il completamento della ristrutturazione.

Per ora ci sono solo poche celle, non ci sono luoghi per socializzare, per l’ora d’aria devono accontentarsi di un piccolo e stretto cortile. Il secondo lotto è stato messo in gara, ma servono almeno 250 mila euro per i lavori.

C’è l’infermeria, il direttore conferma che ci sono anche i medici specialisti anche per i tossicodipendenti. Ma nonostante le 20-25 etnie con le altrettanto diverse lingue non esistono traduttori.

Non sono contemplati e se anche il direttore volesse prenderli non ci sono i soldi per pagarli. Bisogna usare quelli del Tribunale. E gli agenti penitenziari si arrangiano a gesti.
Una Babilonia che grazie alle sbarre trasforma questo purgatorio in un inferno. Non si distinguono più il carceriere dal carcerato. Le voci non ufficiali, quelle dei volontari che si occupano degli "ultimi degli ultimi", denunciano la gravità della situazione e parlano di diritti negati.

Lo ha fatto recentemente Don Mario Vatta, il sacerdote degli ultimi che da 30 anni visita i carcerati, parlando di povertà a un convegno della CGIL. "Pasti distribuiti a ore pazze, mancanza di biancheria pulita, servizi mai attivati". Critiche e accuse che hanno suscitato una polemica durissima con il direttore Sbriglia che dopo aver scritto una nota ha anche mosso passi ufficiali per informare le autorità competenti.
Una polemica che ha coinvolto anche il vice di don Vatta alla Comunità di San Martino al campo. E ieri sono arrivate nuovi interventi di solidarietà e appoggio a don Vatta. Da parte del CNCA, Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza e infine dal candidato della Margherita alle elezioni regionali, Ettore Rosato. Un disagio interno che rischia di trasformarsi in miscela esplosiva.

 

 

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