Emergenza d'estate nellle carceri

 

E nelle carceri si pensa allo sciopero della fame

L’estate rende più drammatica l’emergenza, aumentano gli atti di autolesionismo

 

Corriere della Sera, 24 giugno 2003

 

La "conta della mezzanotte" è inchiodata a quota 56.124 detenuti presenti negli istituti il 23 giugno 2003 e, con l’estate ormai iniziata, la popolazione carceraria è destinata a gonfiarsi ancora di più. Con gli italiani in ferie, infatti, si allungano anche i tempi della giustizia-lumaca.

La richiesta di un permesso premio, la convalida di una liberazione anticipata, una richiesta qualsiasi al Tribunale di sorveglianza: tutto marcia al rallentatore, e nessuno si sogna di ottenere un cenno di risposta prima del mese di settembre. Così, oltre le sbarre, col caldo torrido scoppia anche la disperazione. A Milano, nel vecchio carcere di San Vittore, è pure scoppiata l’emergenza acqua potabile tant’è che il Comune ha dovuto organizzare d’urgenza una spedizione di 5 mila bottiglie (di plastica) di minerale e mobilitare un’autobotte per mettere in pressione le tubature.

Nel carcere della Dozza, a Bologna, Paride C. di 29 anni, accusato di spaccio di banconote false, si è ucciso al secondo tentativo di suicidio perché, informa l’associazione Papillon, non gli era stato concesso il premesso per andare al funerale della fidanzata. A Cagliari, nella fortezza di Buoncammino, Roberto S. di 37 anni, in carcere per un furto d’auto, si è tolto la vita mentre i compagni erano all’ora d’aria.

Ovunque si moltiplicano gli atti di autolesionismo che, fortunatamente, hanno conseguenze meno drammatiche: "D’estate s’interrompono i corsi, le scuole, i laboratori e così, insieme alla noia, arrivano i cattivi pensieri", conferma Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone. Nelle carceri italiane non si sente più il rumore dei ferri battuti contro le sbarre, per sollecitare quel provvedimento di clemenza invocato dal Santo Padre durante la sua visita in Parlamento.

"Piuttosto regnano silenzio e rassegnazione, ci sono le cure insufficienti per tossicodipendenti e i malati di Aids, si ripetono ogni giorno gli atti di autolesionismo", racconta il deputato verde Paolo Cento che sabato scorso è stato nel carcere romano di Rebibbia-Nuovo complesso, 1526 presenze contro una capienza ufficiale che si ferma a 900 posti. Cento lo ha anche spiegato ai detenuti: "L’indultino è stato il cavallo di Troia per fare saltare l’indulto".

Ma loro sanno bene che questo Parlamento non metterà mai insieme una maggioranza qualificata dei due terzi per varare un indulto vero e proprio o un’amnistia. La brace cova sotto la cenere, dunque. "E presto qualcosa accadrà", annuncia Riccardo Antonini dell’associazione Papillon che ha tesserato 4 mila detenuti: "All’ora d’aria si sta discutendo delle iniziative da prendere per rilanciare il dibattito sull’indulto.

E con questo intendo proteste non violente come la battitura, lo sciopero della fame e del carrello (il vitto dell’amministrazione, n.d.r.)". In carcere, poi, si lotta per un metro quadrato di spazio in più: la capienza normale è di 41.700 posti, quella "limite" di 46 mila unità, mentre le presenze effettive oscillano tra 56 e 57 mila detenuti.

E d’estate soffrono, in silenzio, anche 41 mila agenti della polizia penitenziaria che si sentono dimenticati dal Guardasigilli Roberto Castelli: "Ci ascolta ma poi non muove un dito", accusa il segretario generale del Sappe Donato Capece. E fa l’elenco delle richieste: "2000 assunzioni, perché capita anche che un solo agente debba controllare 100 detenuti; nuovi furgoni blindati per le traduzioni; radio portatili per comunicare e qualche certezza in più per i fondi destinati, sulla carta, all’edilizia carceraria".

 

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