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Giustizia, sei giorni di sciopero nelle carceri
Il Manifesto, 7 settembre 2002
Il via è fissato per lunedì prossimo, 9 settembre, quando nelle carceri italiane oltre cinquantamila detenuti cominceranno sei giorni di sciopero per protestare contro il sovraffollamento e chiedere una serie di misure che migliorino la vita nelle prigioni. A Rebibbia, il carcere romano dal quale è partita l’idea della protesta, i detenuti rifiuteranno il cibo e si asterranno dai lavori interni, mentre a Napoli, nel carcere dì Secondigliano, si comincerà quasi sicuramente con la battitura delle scodelle contro le sbarre per proseguire poi con l’esposizione di striscioni e magliette all’esterno delle celle. E la stesse scene si ripeteranno a Opera (Milano), Sollicciano (Firenze), Regina Coeli (Roma), Sassari, e ovunque i detenuti decideranno di aderire alla protesta. Sono inoltre previste anche visite nelle carceri da parte di deputati e consiglieri regionali. "Andremo a vedere come procede la mobilitazione e nello stesso tempo a testimoniare la nostra attenzione alle richieste dei detenuti", spiega il presidente di Antigone Stefano Anastasia: "Lo facciamo anche in vista della manifestazione del 14 settembre, alla quale il mondo delle carceri vuole essere presente per ribadire che i problemi della giustizia non sono solo quelli che riguardano Silvio Berlusconi". Anche se è ancora presto per avere dati certi, il tam tam che da settimane rimbalza da un carcere all’altro fa pensare che l’adesione allo sciopero sarà molto alta. Un fatto che, nonostante i detenuti abbiano più volte ribadito nei loro documenti che si tratterà di una protesta "pacifica", sembra preoccupare non poco l’amministrazione penitenziaria, tanto che nei giorni scorsi il direttore del DAP Giorgio Tinebra ha convocato a Roma tutti i provveditori regionali, i direttori delle carceri e i comandanti dei reparti di Polizia penitenziaria per una serie di riunioni a porte chiuse. Nulla di speciale, ma Tinebra ha chiesto a tutti di vigilare per evitare che situazioni di tensione possano degenerare. Ma cosa chiedono i detenuti? Un documento diffuso ad agosto dall’associazione Papillon, proprio mentre il ministro della giustizia Roberto Castelli paragonava le carceri ad alberghi di lusso, poneva il problema del silenzio caduto attorno alle varie proposte di amnistia e indulto. E questo in una situazione di sovraffollamento che vede circa 57 mila detenuti vivere in carceri che ne possono ospitare al massimo 42 mila. Questioni che, tradotte in una piattaforma rivendicativa, hanno portato i detenuti a chiedere un indulto generalizzato di 3 anni (misura che consentirebbe l’uscita dal carcere di circa 15 mila persone); il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale; l’abolizione dell’ergastolo e la depenalizzazione dei reati minori; l’abolizione degli articoli 4 bis e 41 bis, l’aumento della liberazione anticipata a 4 mesi; un aumento delle misure alternative al carcere e l’espulsione dei detenuti stranieri che ne facciano richiesta. Tutti punti sui quali adesso i detenuti attendono una risposta dal mondo politico. Protesta dalle carceri
Liberazione, 8 settembre 2002
Un grido dall’interno del carcere. Lunedì inizia la protesta dei detenuti per una radicale messa in discussione del sistema penitenziario italiano. Promossa dall’associazione di cittadini carcerati "Papillon", da sempre impegnata nella denuncia dei diritti violati nelle celle, la mobilitazione proseguirà fino al 14 settembre e coinvolgerà cinquanta istituti di detenzione tra cui Opera, San Vittore, Le Vallette, Regina Coeli, Rebibbia, Favignana. Tra le richieste dei promotori: la riforma del codice penale a partire dall’abolizione dell’ergastolo e dalla depenalizzazione dei reati minori, l’ abolizione dell’articolo 41 bis, l’indulto generalizzato per tre anni, l’aumento delle concessioni delle misure alternative alla reclusione, il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Delegazioni di parlamentari e consiglieri regionali di Rifondazione comunista entreranno lunedì nelle carceri per confrontarsi con le istanze dei detenuti. Per sabato i Disobbedienti stanno organizzando un corteo che da Regina Coeli raggiungerà la manifestazione nazionale dei "girotondini" per portarvi le denunce dei carcerati. "In un momento in cui si apre un pericoloso processo di privatizzazione del sistema carcerario e di sospensione di principi di legalità anche fuori dalle prigioni, vedi la legge Bossi - Fini, questa mobilitazione è di un’importanza fondamentale" osserva Titti De Simone che come deputata del PRC domani sarà nel carcere bolognese di via Dozza. "Un esempio dell’assurda situazione di abbandono e di degrado? A via Dozza, grazie a questo governo e al suo ministro di Giustizia, sono stati sospesi preziosi tentativi di coinvolgimento di associazioni di volontariato nelle attività di assistenza i reclusi". "Le carceri costituiscono uno degli elementi cruciali dell’attuale emergenza legalità" aggiunge Alberto Burgio, responsabile Giustizia di Rifondazione. "Inaudite sono le cifre del sovraffollamento, la fatiscenza degli edifici carcerari. Le intollerabili condizioni igienico sanitarie alle quali è costretta una popolazione carceraria, costituita in gran parte da migranti e da tossicodipendenti In quest’inferno sono rinchiuse tuttora tantissime persone sieropositive. La mobilitazione che comincia lunedì è assolutamente positiva proprio perché è dall’interno delle celle che sale la denuncia dello stato reale in cui versa un sistema carcerario che ha completamente smarrito l’obiettivo del reinserimento sociale dei detenuti". Intanto un giovane di 26 anni, Marco Pettinato, presidente della pro loro di Isolabella, alle porte di Torino, si è ucciso giovedì scorso in seguito a una condanna penale a quattro mesi per detenzione di pochi grammi di marijuana. Papillon fa sapere invece che proprio ieri, a Rebibbia un detenuto cardiopatico, S.P., è morto per infarto nel braccio G 11 dopo aver chiesto "un supporto di ossigeno che non gli è stato concesso". Il carcere romano parteciperà alla mobilitazione con uno sciopero del lavoro e uno sciopero del "carrello", ossia uno sciopero della fame a turno che durerà tre giorni. Le stesse modalità di protesta sono state annunciate anche dai detenuti dell’istituto di pena di Bari. "Lo sciopero dei detenuti - ha detto all’uscita da una visita a Rebibbia Paolo Cento, deputato Verde e ‘vicepresidente della commissione giustizia alla Camera - è un modo intelligente per sollevare il problema giustizia anche dal punto di vista di chi vive la condizione del carcere. La decisione del consiglio dei ministri delle carceri in leasing e la costruzione di altre due prigioni non sono risolutive del problema". Intanto! Papillon scrive in un comunicato: "Preghiamo tutti, ma proprio tutti, di non cercare di attribuire al nostro movimento apparentamenti con qualsivoglia girotondo o girotondino. Ripetiamo che vogliamo discutere apertamente con tutti i cittadini, qualunque siano le loro idee politiche, e questo faremo". Carceri, al via la protesta dei detenuti 48
istituti di pena in sciopero contro il sovraffollamento
Il Manifesto, 10 settembre 2002
Si scalda il fronte delle carceri. Da ieri in 48 istituti di pena è cominciata una settimana di sciopero, proclamata dai detenuti, contro il sovraffollamento e per la modifica del codice penale. Una protesta "pacifica ma determinata" che ha visto, a seconda delle situazioni, i detenuti fare lo "sciopero del carrello", ovvero rifiutare i pasti dell’amministrazione carceraria, o dare vita a manifestazioni più "sonore" come la battitura, divisa in due turni giornalieri, di scodelle e altri oggetti di metallo contro le sbarre delle celle. "Le condizioni dei detenuti sono notevolmente peggiorate e bisogna assolutamente fare qualcosa per migliorarle", è stato il commento pressoché unanime espresso dai parlamentari che ieri hanno visitato diversi istituti di pena, mentre il Verde Paolo Cento ha detto di voler proporre al presidente della commissione Giustizia Gaetano Pecorella di convocare i detenuti dell’Associazione Papillon, promotrice dello sciopero. "In quella sede - ha detto Cento - potranno esporre la piattaforma che stanno rendendo nota in questi giorni. "Anche questo è un aspetto importante e non più demandabile della giustizia". L’adesione. Su 205 istituti di pena sono 48 quelli che finora hanno aderito allo sciopero e, ovunque, le forme di protesta sono state il rifiuto del cibo e la battitura contro le sbarre. In Sicilia sono in sciopero 13 carceri su 26 e a Palermo i detenuti del Pagliarelli hanno rifiutato la colazione. Stessa cosa hanno fatto quelli di Messina, Siracusa, Termini Imerese, Agrigento ed Enna. In altri tre istituti dell’isola i detenuti hanno rinunciato al passeggio, mentre ieri sera alle 22 all’Ucciardone è partita la battitura delle inferriate. Battitura anche da parte dei 500 detenuti del carcere di Bari (ne potrebbe ospitare 250) e sciopero del "carrello" anche nelle Marche, nel carcere di Fossombrone. Battitura e sciopero della fame anche da parte dei 930 detenuti del carcere Dozza, a Bologna. Roma e Milano. Tra le carceri in agitazione ci sono anche quelle di San Vittore, a Milano, e Rebibbia, a Roma. E anche qui, come in altri istituti, ieri c’è stata la visita di parlamentari e consiglieri regionali. A varcare la soglia di Rebibbia (dove nei giorni scorsi un detenuto, S.P., è morto di infarto) ieri sono stati i parlamentari di centrosinistra Pietro Folena, Giovanni Russo Spena, Paolo Cento, l’assessore comunale alle periferie Luigi Nieri, il consigliere regionale Salvatore Bonadonna e il presidente della commissione comunale penitenziaria Lilli De Mauro. "La struttura è sovraffollata ha detto Folena - con 1.600 detenuti rispetto ai 1.100 della capienza prevista". "A Rebibbia - ha aggiunto Bonadonna - abbiamo visto celle piccolissime popolate da 20 detenuti, con lo scarico dei servizi igienici rotto". A Milano, invece, dove è entrata una delegazione del PRC, i detenuti hanno indossato una fascia nera in segno di lutto per la "morte della giustizia civile. La piattaforma. Oltre a protestare contro il sovraffollamento, i detenuti chiedono un indulto generalizzato di tre anni, l’abolizione dell’ergastolo, la depenalizzazione dei reati minori, l’abolizione degli articoli 4 bis e 41 bis, l’aumento della liberazione anticipata a quattro mesi e l’incremento delle misure alternative al carcere. Malati di Aids. Con gli scioperanti si schiera anche la LILA, Lega italiana per la lotta all’Aids, che lancia l’allarme sulle condizioni dei detenuti affetti dal virus HIV. A preoccupare in modo particolare l’associazione è "la decisione del ministro della Giustizia, Roberto Castelli, di abbassare di circa il 35 % l’esborso del pubblico sanitario nei penitenziari". Una decisione, prosegue la LILA, che "va al colpire in modo drammatico le persone HIV positive o in Aids, già abbastanza penalizzate dalla malattia stessa e dalla reclusione". La manifestazione del 14. Alla manifestazione sulla giustizia ci saranno anche loro, un nutrito cartello di associazioni che operano anche all’interno delle carceri. Tra le altre, il Gruppo Abele, Antigone, l’Arci, la Caritas, Ora d’Aria, la Conferenza nazionale volontariato e Forum droghe, che ieri hanno chiesto ai politici di fare in modo che problemi come l’impossibilità di svolgere attività fisica negli istituti di pena, di leggere, di stare tutti in piedi nella stessa cella e l’esclusione dell’80% dei detenuti dalle attività lavorative e scolastiche vengano risolti al più presto. Dalla manifestazione del 14 prendono invece le distanze i detenuti dell’Associazione Papillon.
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